Titolo: Two hearts (o anche "There was supposed to be porn but then feelings happened")
Autore:
chibi_saru11Beta: ///
Fandom: Avengers (2012)
Personaggi: Steve Rogers, Tony Stark, Virginia "Pepper" Pots
Pairing: Steve/Tony
Word Count: 4000 (Fidipù)
Rating: NC-17 (PFF VERY LIGHT. IO E IL PORN NCLPF)
Warning: PWP (che è PORN WHAT PORN?) Spoiler possibili per il Trailer degli Avengers e Capitan America. (Devo contare anche Iron Man 1?). TONY FEEEEELS
Riassunto: Questo doveva essere del porn. E POI TONY HA COMINCIATO AD AVERE FEEEELINGS. E basta. No, nemmeno io lo so come ci siamo finiti a 4K
Disclaimer: Oh, andiamo. ANDIAMO. Secondo voi se avevo la Marvel facevo accadere Civil War? NO NO NO PERCHE' IT WOULDN'T HAVE BEEN WORTH IT *piange*
Note:
1. Boh, questa fic è cresciuta come un mutante. Stranamente.
2. Scritta per il prompt AVENGERS Tony Stark/Steve Rogers, cuore artificiale per il Quinto Pornfest di
fanfic_italia. YAAAAAY \o/
Probabilmente c’erano molte persone che dicevano che Tony e Howard erano incredibilmente simili - aveva sentito qualcuno dire anche che sembravano due sosia - e probabilmente, all’inizio, Steve aveva pensato la stessa cosa.
Quando si era svegliato in un mondo che non conosceva, in un tempo che non era il suo ed era così confusionario, e aveva visto il viso di Tony Stark probabilmente aveva cercato in lui qualcosa di familiare, la presenza dell’ennesimo amico che aveva perso mentre dormiva.
(Aveva letto gli articoli di giornale, aveva letto la biografia e poi si era rifiutato di rileggerli. Non sapeva gli articoli, ma sapeva per certo che quella biografia era piena di menzogne, esagerazioni e velati complimenti immeritati. Howard era stato suo amico, uno dei suoi più cari amici, ma questo non aveva mai voluto dire che Steve fosse cieco o che non sapesse quale fosse il vero carattere di Howard.)
In realtà Tony e Howard erano così incredibilmente diversi. A volte Steve aveva l’impressione che Tony facesse di tutto, almeno inconsciamente, per non farlo notare.
Era come se una parte di lui volesse attenersi agli standard che il mondo - e probabilmente Howard - gli avevano messo addosso e un’altra parte si dimenasse come un bambino arrabbiato perché voleva (con una forza e una disperazione commovente) staccarsi dall’ombra di suo padre.
Non molti riuscivano ad osservare Tony abbastanza bene da rendersi conto della seconda parte: normalmente Tony allontanava chiunque osasse solo paragonarlo a suo padre senza lasciare il tempo di comprendere l’errore.
Ci aveva provato anche con Steve, ovviamente, e se non fosse stato per gli Avengers, probabilmente ci sarebbe riuscito.
Steve non si era mai nemmeno sognato di dire che fosse perfetto - nonostante quello che gli avessero detto il Professor Eskrine e Howard, qualche volta - era semplicemente un ragazzino che veniva da Brooklin e certamente non il simbolo della perfezione umana, e quando si era svegliato non aveva sentito altro se non la rabbia: la rabbia per il suo appuntamento mancato, per la sua vita distrutta, per il mondo che era andato avanti senza di lui.
Avrebbe voluto prendere a pugni qualcuno, qualcosa (e parecchi punching bag ne avevano subito le conseguenze) e Tony (che a volte sembrava aver perfezionato l’arte del fare arrabbiare il prossimo) era un bersaglio facile.
Si erano odiati, inizialmente, con una forza che Steve non era mai stato in grado di razionalizzare (e forse non ci aveva mai nemmeno pensato troppo) perché era stato più facile che imparare a conoscersi.
Steve lo chiamava Signor Stark, anche se sapeva perfettamente che Tony odiava quel titolo perché gli ricordava troppo Howard, e Tony lo prendeva in giro quando non riusciva a far funzionare bene la televisione o il suo comunicatore.
Capitan America e Iron Man non si comportavano meglio sul campo di battaglia e sebbene Clint, Bruce e una memorabile volta persino Natasha avessero cercato di farli andare d’accordo, continuavano a non sopportarsi.
(Thor rideva e diceva che il loro legame era più forte di quanto chiunque potesse comprendere. “Asgard considera cotali relazioni sacre” aveva detto e nessuno aveva davvero capito, quindi avevano scelto di ignorarlo. Thor era probabilmente il più intelligente di tutti loro.)
E poi… poi Steve non ne era esattamente sicuro. Lui aveva cominciato ad abituarsi a quel mondo che era e non era il suo e Tony… non sapeva cosa fosse successo a Tony, forse si era semplicemente reso conto che si stava comportando come un bambino di tre anni, e in qualche modo, da qualche parte lungo il percorso, avevano cominciato a chiamarsi Tony e Steve ed erano diventati amici.
Ed era stato allora che Steve si era reso conto che no, no, Tony e Howard non avevano nulla in comune.
Aveva voluto bene ad entrambi, ma questo non voleva dire che non poteva rendersi conto delle differenze sostanziali tra i due.
Entrambi si focalizzavano completamente nel loro lavoro, perdendo di vista tutto il resto; entrambi erano nati per il palcoscenico, entrambi erano dei geni.
Eppure dove Howard era solo determinazione ed egocentrismo e charm e sicurezza, Tony a volte si guardava intorno come se non sapesse esattamente cosa fare, come se non fosse certo di essere nel posto giusto.
Tony era esitante nel rapporto con le persone a cui teneva davvero, sempre spaventato di fare la cosa sbagliata (rassegnato al fatto che prima o poi sarebbe accaduto) e Steve sapeva che questo era un lasciato di Howard.
Lo faceva arrabbiare, lo faceva incredibilmente arrabbiare, perché per tutta l’amicizia che lo aveva legato ad Howard, Tony ormai era diventato una presenza molto più importante di quanto Stark Senior fosse mai stata. Eppure era anche un qualcosa che li rendeva due persone completamente diverse, un tratto che aveva resto Tony più umano, più Tony.
La verità era che, in qualche modo, erano in quello stadio in cui sarebbe stato facile diventare qualcosa di più che semplici amici - così facile - e Steve… Steve lo voleva.
Ci aveva messo un po’ ad abituarsi alla visione moderna sull’omosessualità (non aveva mai realmente avuto nulla contro i gay, ma era difficile a volte ricordarsi che non erano più gli anni ’30, che ora era quasi normale camminare mano nella mano con una persona dello stesso sesso) e ora si rendeva conto che c’erano certi comportamenti, certi atteggiamenti che lui e Tony adattavano normalmente che non potevano essere letti in nessun’altra maniera.
A volte Steve si avvicinava più di quanto fosse necessario all’altro o Tony lasciava la sua mano sulla sua spalla per troppo tempo e c’erano altre mille piccole cose che gli facevano pensare che sì, questa cosa - qualsiasi cosa fosse - non era a senso unico, Tony voleva la stessa cosa che voleva lui.
Poi però Tony si ritraeva, rigido, come se Steve fosse troppo caldo e se ne andava velocemente.
Era… era confusionario, estremamente confusionario.
Steve non aveva molta esperienza - l’unica relazione degna di questo nome che aveva avuto era stata con Peggy e se non fosse stata lei a prendere l’iniziativa probabilmente sarebbero rimasti a litigare perché Steve non aveva compreso cosa Howard e Peggy intendessero con fonduta - e non sapeva come chiedere, se poteva chiedere.
Avrebbe potuto chiedere alla signorina Pots - Pepper, giusto, gli aveva detto di chiamarla Pepper - magari, giusto per non mettere Tony in imbarazzo, per non rovinare la loro amicizia, ma non sapeva cosa chiederle: sono io che sto interpretando male o anche il tuo capo vorrebbe andare a cena fuori con me?
E se poi magari si era immaginato tutto? Se magari era solo che Tony era una persona aperta e Steve voleva vedere nei suoi comportamenti qualcosa di più?
C’erano troppi se e troppi ma e troppi… era troppo e non poteva rischiare così.
E stava pensando di rinunciare, di continuare a far finta di non provare niente perché andava bene così. Andava… andava bene così.
E poi tutto era andato in malora quando qualcuno - e Steve non aveva nemmeno avuto il tempo di capire esattamente chi - li aveva attaccati e lui e Tony si erano ritrovati da soli, bloccati sotto un cumulo di macerie con Tony che sanguinava da qualche parte nel petto - e Steve stava un po’ iperventilando, possibilmente, ma non era mai stato particolarmente bravo a guardare le persone a cui teneva soffrire senza poter far nulla.
Il punto era che Tony doveva togliersi la maglietta e fargli vedere dove si era fatto male. Ne aveva bisogno, doveva controllare quanto fosse grave, quanto fosse profondo, se doveva premergli contro qualcosa per frenare il flusso di sangue, se doveva riprovare ad uscire di lì per poter portare Tony all’ospedale, se…
«Steve!» lo richiamò la voce di Tony - che era a metà tra il divertito, l’esasperato e un qualcosa che non riusciva a capire - «sto bene, calmati capitano» e stava ridacchiando, anche mentre si teneva il petto con una mano (il petto che stava sanguinando, Steve pensava fosse un dettaglio importante) e assumeva un colore pericolosamente bianco.
No. Semplicemente non era possibile.
«Tony, togliti la maglietta» ordinò, portando una mano in avanti per eseguire lui stesso il comando, ma Tony scattò, quasi impercettibilmente. Steve aggrottò le sopracciglia.
«Ho immaginato tante volte queste parole uscire dalla tua bocca,» disse l’altro, cercando di sdrammatizzare il tutto «ma no, non credo che lo farò Steve. Sai perché? Perché sto bene! Benissimo, infatti. Tu e Pepper avete questo problema e non riuscite a fare a meno di preoccuparvi, che è ridicolo, ma probabilmente l’unica ragione per cui mi state ancora intorno e…»
«Tony. Spogliati.» e Tony era abbastanza intelligente da capire quando non c’era niente di scherzoso nella sua voce.
Ora, Steve vorrebbe dire a sua discolpa che tutti gli articoli che aveva letto di cosa era accaduto prima del suo risveglio gli erano stati passati da Tony o, quando Tony ancora l’odiava, da Pepper, quindi se c’era qualcosa che Tony (e quindi Pepper) non aveva voluto che Steve sapesse… sarebbe stato facile tenerlo all’oscuro.
E Steve non aveva mai realmente indagato a fondo su come fosse nato Iron Man, né su cosa muovesse l’armatura, e Tony indossava sempre magliette scure a collo alto o camice e… sì, insomma.
Steve non aveva mai saputo nulla del reattore, e ora che poteva vederlo, poco sopra il taglio sul petto di Tony…
Ancora certe volte non poteva fare altro che stupirsi per gli avanzamenti tecnologici che quel mondo aveva fatto. Alzò una mano, fermandola a pochi centimetri dalla luce blu che teneva in vita Tony.
Oh, wow.
Tony stava blaterando tutta la spiegazione e Steve lo stava ascoltando con un orecchio - catalogando tutte le informazioni realmente importanti (tipo il come, il perché, il modo in cui funzionava) - ma quando Steve sfiorò lo stesso con un dito l’altro smise di parlare (per un attimo sembrava aver anche smesso di respirare).
Rimasero per qualche secondo in silenzio e finalmente Steve abbassò lo sguardo verso il taglio. Non era particolarmente grave, come Tony gli aveva detto, ma non era nemmeno qualcosa che potevano ignorare completamente. Se fossero rimasti lì troppo a lungo sarebbe diventato un problema.
«Non la visione che ti eri immaginato, mh?» disse Tony, improvvisamente, e c’era un torno di scherno nella sua voce, qualcosa che l’altro utilizzava solamente contro se stesso. Steve si costrinse a prestare attenzione.
«Un tempo c’erano milioni di persone che si ritrovavano eccitate alla sola idea di Tony Stark a petto nudo,» continuò, ridacchiando «ora… beh.»
La mente di Steve, alimentata dal siero, era abituata a prendere vari indizi, apparentemente non collegati tra di loro, unirli e arrivare ad una soluzione, era come funzionava la sua testa, ma non era certo che questa volta fosse arrivata alla soluzione corretta.
Non poteva essere… Tony non poteva pensare…
Però era Tony, e se c’era qualcuno che poteva preoccuparsi di una cosa simile era proprio lui. Steve inspirò, chiudendo gli occhi.
«Tony,» cominciò, ma prima che potesse continuare sentirono la voce di Hulk sopra di loro che urlava:
«HULK SOLLEVA!»
E poi c’erano Thor e Clint che sorridevano e Tony che si era rimesso la maglietta ad una velocità davvero sorprendente.
Steve si morse il labbro, ma non disse nulla.
Il giorno dopo Steve andò da Pepper.
Aveva pensato che forse avrebbe fatto meglio ad andare direttamente da Tony, ma l’altro sembrava deciso ad ignorare la sua esistenza e quindi lui avrebbe portato in campo le armi pesanti. Gli sembrava solo giusto.
«Capitano,» lo salutò lei, annuendo, e Steve si passò nervosamente una mano tra i capelli.
«Uhm,» disse, intelligentemente «se io devo chiamarla Pepper, lei dovrebbe chiamarmi Steve… se non è un problema e non…» “non hai la minima idea di come si parla ad una donna, vero?” gli aveva chiesto una volta Peggy ed era doloroso realizzare che era così ancora adesso.
Pepper, come Peggy e Natasha, sembrava trovarlo divertente però e sorrise, annuendo e facendogli segno di sedersi. Steve lo fece, sollevato.
«Cosa posso fare per te, Steve?» chiese lei, accavallando le gambe «si tratta di Tony, vero? Sapevo che c’era qualcosa che non andava, stamattina non è stato abbastanza insopportabile e…»
Steve non l’avrebbe mai interrotta in condizioni normali (non era educato) ma questa era un’emergenza. O qualcosa di simile.
«Io… sì, è Tony, lui…» abbassò lo sguardo, indeciso su cosa dire esattamente (perché magari non aveva pensato bene a questo suo piano, ma ormai era in ballo) «ieri ho visto il reattore.»
Pepper chiuse la bocca, piegò la testa di lato e rimase così per qualche secondo prima di annuire. Steve non aveva idea del perché avesse annuito, ma lo prese come un segno che lo spingeva a continuare a parlare.
«Probabilmente sono arrivato alla conclusione sbagliata, capita, ma… ci sono volte in cui Tony sembra… avere dei…. Sentimenti? Ehm… nei miei confronti?»
«Me lo stai chiedendo, Steve?» e uhm, magari? Steve non aveva la minima idea di cosa stava facendo.
Prese un respiro profondo.
«Forse? No? Sì? Quello che voglio dire è che a volte sembra che Tony provi per me quello che io provo per lui, ma poi si sposta subito dopo e se ho capito male va bene, va benissimo, non importa. Però ieri… ieri Tony mi ha detto qualcosa quando ho visto il reattore e… se è per quello che Tony non…» si fermò, perché a quel punto davvero non sapeva più che cosa dire e aveva finito tutto il coraggio che aveva. Pepper rimase in silenzio.
Per un attimo Steve si disse che sì, si era sbagliato, che era lì e Pepper ora avrebbe riso o lo avrebbe guardato con pena e… e sarebbe andato bene, perché era sempre meglio Pepper che Tony.
E poi l’altra parlò: «Sapevo che… però…» mormorò tra sé e sé, prima di guardarlo in viso «ti ringrazio per aver portato alla mia attenzione questo problema. Mi aspetto che tu mi aiuterai anche nella soluzione.»
Steve annuì freneticamente perché ovviamente era disposto ad aiutare. «Cosa devo fare?»
Pepper sorrise, come se trovasse Steve adorabile. «Nulla per ora, la prima fase spetta a me.»
Steve se ne andò che non aveva ben capito cosa fosse successo, ma con la convinzione di essere riuscito ad ottenere qualcosa di importante.
Il che era grandioso, perfetto! Ora doveva solo capire cosa fosse.
Due giorni dopo - due giorni in cui Steve era stato indeciso se chiamare Pepper almeno quindici volte ed era stato sul punto di andare a cercare Tony almeno trenta - fu l’altro ad andare da lui.
Steve era in camera sua, sdraiato sul letto che leggeva un libro (o meglio, che provava a leggere un libro, ma davvero con pochi risultati) quando qualcuno bussò alla porta.
Steve non alzò gli occhi dal libro pensando che probabilmente era Clint o Thor che volevano convincerlo a giocare alla Wii in salotto quando si rese conto che chiunque fosse entrato non aveva ancora spiccicato parola.
Si spostò verso la porta, notando finalmente Tony, appoggiato allo stipite della stessa un poco timidamente (e Tony non si mostrava mai timido, non così apertamente).
Si mise velocemente a sedere, mormorando un «Tony» di saluto. L’altro si morse il labbro.
«Pepper mi ha detto che mi stavo comportando come un’idiota, è stata molto esaustiva,» disse, come se fosse tutta la spiegazione di cui Steve aveva bisogno (probabilmente era così) «e non è che sia una novità, cioè a detta di Pepper - e di molti altri, ne sono certo - mi comporto sempre come un idiota e…»
Steve si alzò, e questo sembrò fermare qualsiasi cosa l’altro avesse in mente di dire. Steve si chiese cosa, esattamente, Pepper avesse detto a Tony, se gli aveva detto anche cosa Steve pensava di lui.
Si rese conto che probabilmente era così e non era nemmeno troppo arrabbiato.
Si avvicinò ancora, guardando mentre Tony si mordeva il labbro, ma non si spostava. Doveva essere abbastanza ovvio per qualcuno con un poco di esperienza cosa stesse per fare Steve.
«Se non vuoi…» disse, piano, perché se l’altro non avesse voluto si sarebbe fermato. Se l’altro avesse dato anche il minimo cenno di non volerlo - di non volere Steve - lui si sarebbe tirato indietro e non avrebbe mai provato ancora.
Qualunque fosse la ragione del rifiuto, Steve non avrebbe mai fatto nulla che l’altro non voleva.
«Non è che non voglio, Steve!» sbottò Tony, improvvisamente infuriato e lui non poté fare a meno di fare un passo indietro, come se l’altro l’avesse colpito «come credi che non… credi che ci sia qualcuno nell’intero universo che non vorrebbe? Guardati!»
«A me non interessa l’intero universo,» si affrettò a dire Steve perché… perché non era solo una veloce sc-(un giorno Steve sarebbe riuscito almeno a pensarlo) che voleva, era molto molto altro e sapeva che non sarebbe riuscito ad accontentarsi di qualcosa di meno.
«Certo che voglio, Steve! Io ti…» e poi si bloccò, perché Tony Stark non aveva la minima idea di come gestire i suoi sentimenti, Steve lo sapeva bene. «Ma tu sei tu e io sono… non ho nemmeno un cuore, praticamente! Ho una cosa fosforescente che mi tiene in vita e…»
E poi Steve era stanco e gli aveva poggiato una mano sulla bocca, costringendolo a zittirsi.
«Ma il fatto che questo reattore ti tiene in vita non è la prova che tu abbia un cuore?» gli chiese Steve, piano, cercando di farlo ridere. «E poi non… sai chi è l’unica persona che odia Tony Stark? Sei tu. Sei… non so perché tu hai detto “tu sei tu” in quel tono, sai quante persone mi trovano troppo antico? Troppo conservatore? Troppo vecchio? Nessuno è perfetto e tu devi… devi smetterla di pretendere così tanto da te stesso.»
Abbassò la mano, finalmente, permettendo a Tony di parlare.
«Pepper ha detto la stessa cosa,» disse finalmente, «sul fatto che questo sia la prova che io abbia un cuore. Penso lo intendesse in maniera ironica, sai com’è Pepper ma…»
Tony si fermò, da solo, guardandolo e per un attimo Steve pensò di sporgersi in avanti e baciarlo, ma non lo fece.
Spostò la mano sul fianco di Tony, giocando con il lembo della maglietta, e l’altro si irrigidì immediatamente.
«Per favore?» chiese, piano, e l’altro chiuse gli occhi prima di annuire.
Steve sollevò la maglietta, rimuovendola piano, scoprendo il petto di Tony e il reattore, che risplendeva come la prima volta che l’aveva visto.
Se un giorno si fosse spento… se un giorno si fosse spento Tony sarebbe morto? Era un pensiero così spaventoso… così… avrebbe potuto perdere Tony prima ancora di averlo conosciuto.
Perso come tutto il resto della sua vita.
Lasciò cadere la maglietta a terra, continuando a guardare quel piccolo affarino con attenzione. Voleva impararne la forma, la dimensione, il colore… voleva sapere tutto, assolutamente tutto, su quel maledetto aggeggio.
«Uhm,» disse Tony, piano, come se avesse paura di interrompere «non è che io voglia… ma… Steve? Cosa…?»
E poi si sporse in avanti, poggiando un bacio leggero sul reattore. Era freddo - era strano, una cosa così importante non sarebbe dovuta essere calda? Una cosa così importante… - e Tony trattenne il respiro per davvero.
Steve spostò la bocca sull’attaccatura, in quel lembo di pelle che circondava il reattore e baciò anche quella, posando una scia di tocchi su tutto il contorno.
«Questo… sono quasi certo che questo non dovrebbe essere eccitante, tu che baci il mio cuore artificiale o qualsiasi cosa si…» stava dicendo Tony, ma Steve non lo stava ascoltando.
Con un poco di esitazione provò a leccare il reattore, velocemente. E Tony rilasciò un gemito.
Steve si voltò a guardarlo, sorpreso.
«Non… non posso realmente sentirlo, ma guardarti… Dio, Steve…» e poi Tony lo stava prendendo ed era ovvio che volesse costringerlo a dargli un bacio, quindi lui lo fece.
Non era un bacio indeciso o lento, dopotutto uno di loro era Tony Stark e la parola lento probabilmente nemmeno esisteva nel suo vocabolario.
Tony lo spinse contro di sé con forza e disperazione e Steve rispose al meglio che poteva, cercando di seguire i movimenti di Tony, cercando di fargli fare quel gemito che aveva fatto poco prima.
Tra i due non era mistero che il più esperto era Tony, le cui conquiste erano listate su Vanity Fair in ordine cronologico in uno speciale di due pagine e mezzo, ma Steve non voleva… Steve non voleva che l’altro dovesse accontentarsi. Voleva dargli tutto quello che poteva, voleva essere perfetto, come tutti gli dicevano che era.
Tony non sembrava starsi lamentando ora, mentre lo spingeva con forza verso il letto, sbottonandogli allo stesso tempo i pantaloni.
Steve avrebbe dovuto fermarlo, forse, perché non era certo che fossero riusciti a risolvere davvero la questione, ma non poteva. Non poteva far altro che seguire Tony e stringerlo più forte a sé e pensare Tony Tony Tony Tony.
Caddero sul letto con un tonfo, e Tony si mise a cavalcioni sopra Steve, togliendogli velocemente la maglietta e poi scendendo a prenderli un capezzolo tra i denti.
Steve portò una mano sulla nuca di Tony e un’altra sul suo fianco.
«Steve,» stava dicendo Tony, spostandosi a mordergli il collo e strusciando l’erezione contro la sua «Steve, così… sei così perfetto sotto di me… non posso,» e poi aveva dato un colpo di bacino più potente, e Steve aveva gettato la testa all’indietro, la bocca aperta e il respiro ansimante.
«Ti piace? Mh? Quante altre persone ti hanno ridotto così?» parlava piano, soffiando le parole sulla pelle arrossata del suo collo e Steve sarebbe potuto venire anche solo per questo.
Poi Tony aveva infilato una mano dentro i suoi boxer. «Sei già così duro…»
«Ton…» aveva provato, Steve, e la sua voce era tre volte più rauca del normale. Tony sembrava apprezzare.
«Sei così eccitante che io… quante persone, Steve?» chiese di nuovo Tony, e in qualche modo sembrava importante per lui, quindi Steve si costrinse a rispondere.
«Nessuno,» disse, piano «ness- AH, Tony solo tu, so-» e a quel punto non poté dire nient’altro perché Tony lo stava baciando. Un bacio pieno di lingua e denti e così perfetto che Steve si lasciò andare contro di esso, senza rendersi nemmeno conto che Tony gli aveva tolto i pantaloni e i boxer.
«Solo… Steve, tu mi ucciderai tu…» mormorò, piano e Steve avrebbe voluto ascoltarlo, ma Tony era troppo vestito.
Invertì le loro posizioni velocemente, baciando nuovamente il reattore mentre costringeva Tony ad alzare i fianchi e gli rimuoveva i pantaloni.
Era ovvio che Tony si trovava ancora a disagio quando Steve prestava troppa attenzione al reattore, e quindi Steve si concentrò quasi totalmente su di esso, mentre Tony gli stringeva le gambe intorno alla vita.
«Steve…» disse, «AH, Steve… devi… lubrificante? Profilattici? Qualcosa?» chiese Tony e Steve si rese conto che… che no, no, non aveva nessuno dei due.
Non aveva mai realmente pensato che sarebbero arrivati lì così presto, che avrebbe avuto Tony sotto di lui, ansimante.
Arrossì, poggiando un ultimo bacio sul reattore.
«Non ho nulla,» sospirò, perché avrebbe voluto… avrebbe voluto tante cose.
«Non dovreste essere sempre preparati voi Boy Scouts? I Boy Scouts c’erano al tuo tempo o…» cominciò Tony.
Steve accarezzò la pelle intorno al reattore e aggrottò le sopracciglia. «Tony» disse e l’altro annuì.
«Giusto, concentrarsi,» mormorò, prima di sorridere «beh, è un vero peccato, ma possiamo fare altro, anche senza nulla» concluse alla fine, portando una mano sull’erezione di Steve.
Lui ricambiò prendendo il mano il sesso dell’altro e presto si stavano masturbando a vicenda, mentre Steve continuava a lasciare piccoli baci intorno al reattore. Concentrando tutte le sue (poche) attenzioni rimanenti su di esso.
Era una parte di Tony, quella che lo teneva in vita, e non c’era niente di brutto in esso. Forse era solo troppo fragile, troppo piccolo per il ruolo che aveva. Steve avrebbe voluto proteggerlo in qualche modo. «Tony, Tony, Tony» bisbigliò su di esso, piano, con riverenza e Tony sopra di lui fece qualcosa a metà tra una risata ed un singhiozzo e Steve si ripromise di farlo più spesso.
Steve venne per primo, com’era probabilmente normale, e Tony resistette ancora un altro po’ prima di seguirlo.
Si lasciarono cadere sul letto, sfiniti, e Steve spostò una mano sul reattore, immediatamente.
«Oddio,» disse Tony - anche se non sembrava arrabbiato o preoccupato e Steve si tranquillizzò - «sarai anche peggio di Pepper, ah?»
Steve non sapeva cosa volesse dire, ma annuì comunque.
Avrebbero dovuto parlare ancora, perché, Steve lo sapeva, Tony non era ancora realmente convinto e il giorno dopo avrebbe provato ad allontanarlo nuovamente. E poi avrebbero litigato e Steve avrebbe probabilmente dovuto chiamare Pepper per avere un aiuto, ma ora, con il cuore reale e quello artificiale di Tony sotto la sua mano… a Steve andava bene così.