Feb 18, 2011 13:15
La prima volta che Justin va in guerra lo fa perché lo vuole. Perché ricorda le urla terrorizzate di sua madre davanti al televisore, perché ricorda Kitty tremare tra le lacrime mentre racconta di come avesse pensato che non li avrebbe mai rivisti.
Kitty che è una delle persone più forti che conosca, che lo teneva tra le braccia quando erano piccoli e faceva sparire tutte le paure.
E non c’è nulla di più importante, per Justin, della sua famiglia - è un prerequisito dei Walker, probabilmente - e quindi non è davvero una decisione.
Vuole proteggere la sua famiglia e vuole fare qualcosa, qualsiasi cosa, per essere sicuro che nessuno possa farle del male.
La prima volta che Justin va in guerra è pronto a tutto, è sicuro di sé e mosso dalla voglia di aiutare.
La seconda volta che Justin va in guerra lo fa per dovere. Non può scappare in Messico (Kevin aveva ragione, ovviamente, e Justin l’ha sempre saputo, ma non era esattamente nelle sue migliori capacità mentali in quei giorni) e non può non presentarsi.
Però decide che deve rimettersi in piedi, che deve rendere la sua famiglia orgogliosa di lui, prima di partire (perché potrebbe non esserci tempo dopo, Justin potrebbe anche non tornare) e quindi va alla clinica, lavora sodo per stare meglio, per migliorare.
E ce la fa. Non è facile, ma ce la fa. A volte vorrebbe riprendere, a volte è troppo difficile farcela senza, ma poi si ricorda della sua famiglia e riesce a trattenersi.
La seconda colta che Justin va in guerra è stanco, ma vuole tornare a casa dalla sua famiglia e mostrare loro questo nuovo Justin, quello che ha imparato ad amare in quei sei mesi prima della partenza.
La terza volta che Justin va in guerra lo fa perché ne ha bisogno. Non lo fa per nessun’altro, né perché glielo hanno chiesto, lo fa per se stesso.
Lo fa perché stare a casa con Rebecca è diventato ingestibile, perché Robert non c’è più e Holly… oh Holly.
Si sente un codardo e sa che Rebecca non lo perdonerà così facilmente, che con questa decisione rischia di mettere a repentaglio il suo intero matrimonio, la sua stessa vita… eppure deve farlo. Deve farlo per ritrovare quel Justin che sa cosa vuole dalla vita, che non passa ore ed ore la notte sveglio a ricordare le brande con affetto.
La terza volta che Justin va in guerra è determinato e sicuro e spinto da una forza che non sa nemmeno di avere. Vuole aiutare i suoi compagni, vuole servire l’esercito e l’America.
E per nessun’altro se non se stesso.
La prima volta che torna a casa dalla guerra, Justin è distrutto.
È un guscio vuoto, privo di emozioni e sentimenti. La sua testa e le sue orecchie risuonano del rumore degli spari e delle esplosioni, dei lamenti dei feriti e del silenzio dei morti.
È a casa, ma non riesce a capire di essere tornato. È a casa, ma si sente ancora in Iraq, in Afganistan, ovunque ma non lì, e questo lo distrugge.
Le droghe rendono tutto più facile, però, e Justin si lascia andare in quel mondo fittizio in cui tutto va bene, in cui Justin non è solo un fallimento, ma qualcuno di importante.
Il Justin che è partito per la guerra e non è mai più tornato.
La seconda volta che torna a casa dalla guerra, Justin è ferito.
La sua gamba fa così male che non riesce a respirare a volte, ma non è del dolore che Justin ha paura - quello passerà, lo sa, e magari nel frattempo dovrà sopportare le pene dell’inferno, ma ce la può fare. Quello di cui Justin ha paura è di ricadere di nuovo in quel buco, di lasciarsi andare, di non mantenere il controllo.
E cerca di aggrapparsi a qualsiasi cosa possa trovare, rifiutando le pillole che Rebecca e sua madre continuano a dargli. Fino a che non ce la fa più, fino a che non riesce più a tenersi da nessuna parte.
«Riuscirai ad alzarti di nuovo, non ti preoccupare,» gli mormora Rebecca una sera, accarezzandogli i capelli e Justin le crede. Le crede perché ha bisogno di farlo.
E quando, mesi dopo, riesce finalmente a guardare una pillola senza provare il desiderio di ingoiarla si dice che sì, ce l’ha fatta.
La terza volta che torna a casa dalla guerra, Justin è Justin.
E non è probabilmente il modo migliore per spiegarlo, ma non riesce a trovare un’altra parola che abbia lo stesso senso. La sua famiglia è rotta in mille piccolissimi pezzettini, ma lui si erge su di loro, finalmente completo, finalmente giusto.
Non è perfetto, perché Rebecca non c’è e questo lo uccide, ma è di nuovo lui. È di nuovo quel ragazzo che cinque anni prima era partito per una guerra la cui grandezza non poteva comprendere, e forse è anche meglio.
Per una volta tocca a lui rimettere in piedi i Walker, raccogliere i loro cocci infranti sul pavimento e restituire loro una forma accettabile (quella forma che ha imparato ad amare nella sua vita).
E magari ci vorrà del tempo, ma dopo cinque anni di esperienza nel rimettere a posto se stesso, Justin crede di potercela fare.
!fanfiction,
fandom: brothersandsisters,
character: justin walker,
*cow-t