EDIT: IL PROMPT MEME È CHIUSO
non si possono inviare altri prompt o fill
MA
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Provò di nuovo la sensazione che la sua anima venisse svuotata di ogni cosa e riempita di ciò che faceva più comodo a Loki, che il suo corpo eseguisse ogni singolo ordine senza che lui avesse alcuna autorità su di esso, che la sua vista, per quanto potente, venisse oscurata in risposta a un semplice schiocco di dita.
No. La sua affermazione decisa attraversò il silenzio con un fragore assordante. Rifiuto.
E rimanere a morire?, fu la pronta replica del semidio, che era evidente si aspettasse una simile reazione. Nulla potrà salvarti dalla furia omicida di Victor. È davvero ciò che vuoi?
Clint avrebbe voluto scoppiare a ridere, una risata amara, del tutto priva di umorismo. Che cosa me ne verrebbe dall’accettare? Perdere completamente me stesso? Preferisco morire.
Nel silenzio che seguì il prigioniero ebbe l’impressione che Loki stesse sorridendo, anche se non avrebbe saputo spiegarsene la ragione. La mia proposta non è meschina come credi, agente Barton. Niente magia, questa volta. Ciò che ti chiedo è di servirmi di tua sponte e in cambio ti risparmierò la vita.
Clint fu sul punto di ribattere con una battuta poco carina, ma mise da parte l’opzione prima che il semidio potesse vederla nel suo cervello. Doveva ipotizzare che gli avrebbe dato ascolto, altrimenti non gli avrebbe offerto un accordo così illogico. Sei davvero convinto che, una volta libero, sottostarei alle tue regole?
Le persone non cambiano, agente Barton. Gli occhi di Loki si aprirono all’improvviso, sospesi nell’aria di fronte ai suoi, nonostante la benda, e lo fissarono attraverso le ciglia scure, ridotti a due fessure. Il nocciolo del tuo cuore rimarrà sempre lo stesso: sporco, vile, impaziente di sottomettersi agli ordini di qualcuno per timore di quello che accadrebbe se agisse di propria volontà. Per timore di prendersi delle responsabilità. È la tua natura, e lo sai, così come sapevi che venire da me avrebbe significato cadere in una trappola. Eppure sei venuto e sai perché? Perché eri in cerca del tuo padrone.
Il prigioniero scosse con violenza il capo per rigettare quelle parole e lo sguardo penetrante del semidio, ma senza successo.
Incapace di distogliere gli occhi dai suoi, si immerse in quelle iridi dal colore così intenso, così conturbante, e percepì di nuovo la pelle liscia di Loki sotto le dita, sentì di nuovo il suo profumo pungente nelle narici, rivide quello sguardo puntato su di lui, che non lo abbandonava mai, mai mentre lo baciava, mai mentre spingeva. Mai.
Io sono il tuo padrone. Nella voce del semidio si insinuò una punta di malizia che, ancora una volta, sbatté in faccia a Clint, come uno schiaffo, la presenza di Loki all’interno della sua mente. Aveva scorto i suoi ricordi di quelle notti, era troppo tardi per fare finta di niente. Credimi, la magia può fare molto, ma una parte di te dev’essere consenziente per consentirle di avere un effetto così… sorprendente. Torna da me, Clint.
Il modo in cui pronunciò il suo nome di battesimo - non “Clint Barton” o “agente Barton”, soltanto “Clint” -, la voluttà sfacciata del suo tono, ogni sottinteso, oscenamente esplicito, a quelle memorie che lui avrebbe voluto seppellire e non riesumare mai più, contribuivano a fargli perdere il controllo.
Era stanco, stanco di essere tormentato, stanco di essere preso in giro, stanco che qualcuno giocasse con il suo cervello.
Vattene, fu quasi un sospiro. Lasciami in pace.
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A mano a mano che la frase volgeva al termine, la voce del semidio si affievolì gradualmente sino a diventare inudibile e alla fine Clint rimase solo con se stesso.
Abbassando la testa, aderì al petto con il mento e si chiese quanto tempo avrebbe resistito.
“Una parte di te dev’essere consenziente per consentirle di avere un effetto così… sorprendente”.
Loki rispettò la parola data e non si ripresentò, mentre Doom venne cinque volte, a intervalli irregolari che, in ogni caso, in mancanza di uno strumento per scandire lo scorrere delle ore, Clint non avrebbe potuto calcolare.
Quando era svenuto, il semidio lo medicava e ricostituiva la sua pelle ustionata, ma non si curava di ripristinare le sue energie e lui era sempre più spossato, sempre meno testardo.
La terza volta che gli fece visita, Victor iniziò a porgli delle domande.
E a ogni quesito Clint stringeva i denti, così forte che di tanto in tanto temeva sarebbero caduti, e si concentrava sul digrignarli per riuscire a ignorare la voce di Doom e l’occhio della telecamera su di sé, che gli ricordava troppo quello vigile di Loki.
Poi Victor lo colpiva senza pietà e brani di pelle gli si staccavano dal corpo come stracci andati a fuoco e il dolore era così straziante che si domandava perché, perché non si arrendesse a pronunciare quell’unica parola che avrebbe potuto salvarlo. Ma il suo orgoglio si ribellava, Clint taceva e perdeva i sensi e ogni volta riaversi era più difficile.
Le uniche ragioni per cui non era ancora morto erano la magia guaritrice di Loki e il cibo che avevano cominciato a somministrargli periodicamente.
Quando rifletteva, nella solitudine della sua cella, si sorprendeva a valutare la proposta del semidio con crescente interesse. Per la verità non era propriamente interesse, quanto più consapevolezza che la sabbia della sua clessidra diminuiva di giorno in giorno - se di giorni si poteva parlare, laddove si trovava - e che la sua unica speranza risiedeva nell’ultima persona che avrebbe desiderato affrontare.
Hawkeye voleva vivere, Clint Barton voleva vivere.
«Loki». La sua voce, rauca ma ferma, gli ferì l’udito, tanto parve assordante nella totale assenza di rumore che albergava la sua prigione. Tentennò, consapevole di avere la telecamera puntata addosso, e rilasciò il respiro che non si era reso conto di trattenere. Aveva perso, ma Loki aveva già vinto da tempo. Dal principio, forse. «Parlerò… ma solo con Loki».
Nello studio di monitoraggio, Victor fissò l’espressione orgogliosa di Clint, la testa alta, la mascella rigida, non tremante. Se non avesse indossato la benda, Doom era certo che avrebbe visto i suoi occhi sfolgorare di coraggio.
«Perché chiede di te?» volle sapere senza neppure voltarsi. Sapeva che Loki era alle sue spalle, perché era sempre dove gli conveniva essere.
Il semidio lo affiancò e accarezzò con un dito il profilo del prigioniero. «L’agente Barton mi conosce bene» commentò con fare enigmatico, la bocca curva in un sorriso soddisfatto. «Ho già posseduto il suo cuore, una volta, e incantesimi di questo genere non sono così semplici da spezzare. È legato a me, che lo voglia o meno, e una parte di lui mi obbedirà sempre, mi cercherà sempre».
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La derisione era evidente nel suo tono e i suoi occhi ebbero un guizzo canzonatorio; Doom interruppe il contatto fisico con lui con un passo indietro e picchiò con l’indice sul monitor, che ronzò nervosamente e si colorò di grigio per un momento prima di tornare normale. Victor sorrise appena, non ancora del tutto abituato all’effetto che il suo potere sortiva sulle macchine. «Mi basta avere quelle informazioni» lo freddò, indifferente al suo umorismo. «Ma niente scherzi».
Loki se n’era già andato. «Ovviamente».
Nella cella, Clint aveva contato un intero minuto e stava iniziando a sospettare di essere stato ingannato un’altra volta, quando il semidio prese forma dal buio, come se il suo corpo fosse intessuto di tenebra.
Gli strappò dal volto la fascia nera, accese le luci con uno schiocco di dita e gli sorrise, un sorriso che voleva dire “bentornato” ma anche “sei mio”. «Hai fatto una scelta saggia, agente Barton».
Senza attendere una sua replica, Loki disegnò dei simboli arcani nell’aria con la punta delle dita e con le labbra diede forma in silenzio a parole che Clint non conosceva. L’aria sembrava vibrare attorno alla sua bocca e alle sue mani e un lampo verde si accese nei suoi occhi, socchiusi per la concentrazione.
Di colpo, in sincronia perfetta, le catene si aprirono con uno scatto metallico e caddero a terra, facendo tremare il pavimento con un tonfo sordo.
Per la prima volta da non aveva idea quanto Clint aveva braccia e gambe libere e le testò immediatamente, incurante del dolore che lo straziava a ogni gesto, ovvia conseguenza del lungo periodo di immobilità.
Dopo i primi secondi di gioia inesprimibile per la ritrovata libertà, la coltre illusoria si dissipò e Clint ricordò di non essere affatto libero, ma cinto da catene ancora più robuste di prima.
Si volse con lentezza verso il semidio, che si era limitato a guardarlo in silenzio, e annuì, un veloce cenno del capo, un saluto da soldato. Sputò l’obbedienza come fosse vomito, ma non riusciva del tutto a pentirsi di aver scelto di vivere e si sentiva ancora più disgustato di se stesso. «Agli ordini, signore».
Loki lo soppesò con lo sguardo per un lungo momento, un’occhiata mirata a indicargli l’onnipresente Hawkeye che torreggiava su di lui, che allargava la voragine nel suo animo, mirata a ribadire che le persone non cambiano mai.
Clint, però, non ne aveva bisogno. Lui sapeva, aveva sempre saputo.
Si era limitato a fingere di non esserne cosciente per anni, ma aveva smesso quella notte, ormai lontana anni luce, in cui Natasha era svenuta tra le sue braccia a causa sua.
Clint Barton e Hawkeye non erano entità separate. Clint era Hawkeye, Hawkeye era Clint.
«Inginocchiati» disse il semidio. Un invito, più che un ordine.
Clint chinò il capo e obbedì, cadde ai suoi piedi. Loki appoggiò una mano sulla sua testa, gli accarezzò i capelli con gentilezza, poi strinse la presa di scatto e lo costrinse a levare il mento, a incrociare i suoi occhi. «Chi sono io, Clint?»
Usò di nuovo il suo nome, solo il suo nome, in quel modo in cui era in grado di arrivare a toccare l’angolo più nascosto del suo cuore.
Clint non voleva rispondere, non voleva che la sua bocca si riempisse di quelle parole, ma non aveva altra scelta. Aveva già oltrepassato il punto di non ritorno e non c’era possibilità di tornare indietro. Aveva due sole alternative. Padrone e carnefice.
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«Il mio padrone» fece eco Clint.
Loki mise a nudo i denti candidi in un sorriso predatorio, e la telecamera ruotò su se stessa fino a che il suo occhio non fu diretto verso la parete.
Clint non aveva bisogno di vederlo piegarsi su di lui - un’aquila in picchiata verso un falco, troppo piccolo e debole per spuntarla - per prevedere cosa stesse per accadere, così come Victor non aveva bisogno di quel trucco con la telecamera per indovinarlo.
Spense il monitor, inservibile finché avesse mostrato soltanto un muro grigio, proprio mentre la risata del semidio si diffondeva distorta attraverso gli altoparlanti.
Fury fissò l’uomo attraverso la vetrata a specchio, che gli consentiva di guardarlo senza però essere visto di rimando. Ciononostante, aveva l’impressione che il prigioniero potesse captare il suo sguardo, perché rivolse il capo nella sua direzione, lo inclinò di lato e sogghignò, canzonatorio.
«Non ha detto una parola?» si informò il direttore dello S.H.I.E.L.D., la voce bassa e cauta, malgrado all’uomo fosse impossibile ascoltarlo.
Maria Hill non rispose subito ed evitò d’incrociare il suo unico occhio. Quando si decise a replicare, riservò al terzo occupante della stanza un’occhiata di sottecchi: «Soltanto una volta. Ha chiesto dell’agente Barton».
Nicholas dirottò immediatamente la propria attenzione verso Clint. «E tu non gli hai parlato, vero?»
«Senza il suo permesso, direttore?» L’uomo scosse la testa. «Naturalmente no».
Fury assentì in un movimento secco, ma Clint sapeva che non si fidava completamente di lui, non dopo che aveva ingannato Natasha, era sparito per mesi in Latveria ed era tornato portando con sé Loki in catene e la notizia che Doom era stato ucciso in uno scontro contro il semidio. Non l’aveva sospeso dal servizio, ma preferiva tenerlo a distanza dalle aree riservate dell’organizzazione, meno la cella di Loki, perché era stato a contatto con lui per più tempo di chiunque altro, purché fosse sempre sotto la sorveglianza di un altro agente.
«Se dovesse accadere qualcosa - qualsiasi cosa - mi aspetto di essere contattato immediatamente» ordinò il direttore con fare perentorio, ma stava guardando Maria, che si limitò ad annuire, obbediente.
Clint era compromesso, a lui non si poteva affidare un compito tanto importante.
Mentre Nicholas lasciava la stanza, la donna gli rifilò un’occhiata di scusa, ma lui si limitò a scrollare le spalle e a scrutare Loki al di là della parete di vetro.
Il comportamento di Fury era comprensibile, nemmeno Clint si sarebbe fidato di se stesso, non subito, non dopo così tanti mesi - aveva scoperto di essere rimasto in prigione per tre mesi e mezzo -, non dopo tutte le menzogne che il semidio avrebbe potuto avergli inculcato in testa.
Loki incrociò il suo sguardo e sorrise di nuovo.
Clint non aveva mentito quando aveva detto al direttore di non avergli rivolto la parola, perché non aveva bisogno di parlare ad alta voce per comunicare con lui. Rispose al suo sorriso, senza incertezze, senza paura, senza vergogna. Credi ancora che le persone non possano cambiare?
Il semidio socchiuse gli occhi. Hai un motivo che mi convinca del contrario?
Dicevi che non ti avrei disobbedito, gli fece notare Clint, eppure pare che io abbia ingannato il Dio dell’Inganno. Sono cambiato. Sono il carnefice, adesso.
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«Signore! Fury! Il prigioniero, Loki, sta ridendo, signore!»
Di tutte le reazioni, Clint non si aspettava uno scroscio di risa di proporzioni tali che il semidio non riuscì neppure a rispondergli prima che fosse cessato.
Infine, nel preciso istante in cui Fury faceva irruzione nella cella con i vendicatori al seguito, Loki si passò una mano sul volto, si calmò e sollevò di scatto la testa verso il vetro, verso di lui. L’eccesso di risa lo aveva spossato e reso più pallido di prima, ma non sembrava sconfitto.
Clint provò una sgradevole sensazione alla bocca dello stomaco, la stessa che serpeggiava dentro di lui quando Hawkeye allargava la voragine con le unghie.
Ne sei davvero sicuro, Clint?
Chiedo scusa per l'alta randomità del fill, ma che posso farci? E' uscita così. XD Qui l'html è messo molto meglio (quantomeno l'italics è dove dovrebbe stare, ecco XD). Spero che sia piaciuta almeno un pochino <3
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