Prima di iniziare a postare le cosine dell'anno nuovo sarebbe bene fare un po' pulizia degli avanzi dell'anno passato, e ce ne sono parecchi perchè sono stata come al solito culopesa e non ho finito tutto ciò che mi ero riproposta di fare.
La storia che segue è stata scritta a settembre (o forse era ottobre, e forse era il giorno della scadenza... *coff coff*) per la fantastica iniziativa di
Criticoni Il Ballo in Maschera. Ognuno dei partecipanti invitati doveva scrivere un o più storie spacciandosi per qualcun altro degli iscritti e riuscire a fare in modo che gli investigatori non lo scoprissero. Sì, insomma, un casino. Però io non sono stata scoperta, anzi! Ho vinto una caterva di riconoscimenti che mi frutteranno una recensione su Criticoni, basilarmente, e tanti banner.
Io mi sono spacciata per
sarabakanashimi e ho scritto una tentacle!Holmes/Watson ambientata nel suo mondo steampunk. Temevo fosse una cagata, invece pare essere venuta bene e ne sono molto orgogliosa. :) Ovviamente non aspettatevi una storia scritta secondo il mio stile, perchè non c'entra proprio nulla...
Per leggere tutte le altre storie che hanno partecipato al Ballo in Maschera andate
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Titolo: Il caso della capsula perduta
Fandom: Originale*
Parte: 1/1
Rating: Generale
Conteggio parole: 1830
Warning: AU
Disclaimer*:Tecnicamente i diritti d'autore sulla saga di Conan Doyle sono scaduti, pertanto segnalo questo racconto come originale.
Note: scritta per il Ballo in Maschera. Maour, riconoscimi!
Il caso della capsula perduta
Correva l’anno di grazia 1889, e precisamente eravamo da poco entrati nel mese di settembre quando, nell’appartamento che io e il mio caro amico Holmes dividevamo al 221B di Baker Street, ricevemmo la visita della signorina Wilkinson.
Era una bella giornata, baciata da un caldo sole tardo estivo che io, come i miei affezionati lettori possono ben immaginare, non avevo mancato di apprezzare. Dopo i lunghi e grigi giorni di pioggia che il Generatore di Tempo Causale aveva riservato alla numerosa popolazione di Londra era un piacere ammirare un cielo azzurro, e avevo anzi colto l’occasione per godermi una lunga passeggiata per le strade del luminoso primo livello senza l’ansia di infangarmi le scarpe e l’orlo dei pantaloni.
Certo non si poteva dire che il mio coinquilino fosse del mio medesimo, radioso umore. Quando tornai a casa lo trovai seduto alla finestra, sprofondato nella lettura del Times; ad un’osservazione più attenta i miei occhi colsero le tracce umide che i tentacoli, allora raccolti sotto di lui, avevano lasciato sul tappeto del soggiorno.
“Vedo che hai provveduto a tuffarti nella vasca da bagno al primo spiraglio di sole,” lo punzecchiai, non senza una punta di ironia nella voce. Erano giornate liete e aizzare, seppur con cautela, i suoi malumori riservava spesso risvolti ludici che tutti possono facilmente intuire, mettendosi nella mia posizione.
Holmes, come avevo previsto, emise un grugnito irritato.
“Un solo giorno di sole e subito l’aria si fa irrespirabile. Era necessario, dico io, inserire nel generatore temperature così elevate? Eppure lo sanno che, per noi, uscire con un caldo simile è deleterio. Per non parlare di quella polvere maledetta, che si annida in ogni piega e in ogni ventosa… Hai idea di quanto tempo sia dovuto rimanere nella vasca per riprendermi?”
Sorrisi di fronte a tanta riottosità. Sapevo che le giornate umide e uggiose erano le preferite di Holmes, ma ero altresì consapevole che uno spiraglio della luce artificiale del sole non avrebbe potuto procurar gran male nel suo umore, così incline alla malinconia se lasciato ad avvizzirsi nell’inoperosità.
“D’altro canto sembra che a te il bel tempo non dispiaccia affatto, anzi,” riprese, abbassando il giornale e scrutandomi attentamente. “Una passeggiata per le strade del primo livello, e lunga direi,” constatò, tornando a dedicarsi alle proprie letture. “Affatto inusuale, d’altronde, in un uomo tanto incline al romanticismo e al sentimentalismo.”
Mi accigliai. Sapevo bene che i miei slanci d’affetto non erano spesso condivisi dal mio amico - per forma, non per contenuto - e mi aveva ripetuto in numerose occasioni come i miei resoconti delle sue avventure subissero decisamente troppo l’influsso delle mie emozioni, ma mi irritava sentirmi denigrare così, quasi che l’essere di animo sensibile fosse da considerarsi uno spregio o un’offesa.
Mi stavo preparando a perorare la mia difesa, dunque, quando bussarono alla porta. Un secondo dopo la signora Hudson fece capolino nella stanza, annunciando una visitatrice per “il signor Holmes”. Il mio amico le fece cenno di farla accomodare e io capii al volo che qualsiasi screzio sarebbe stato rimandato a più tardi, di fronte alla possibilità di un lavoro.
L’entrata in scena della signorina Wilkinson, perché così si qualificò la giovane donna tra le lacrime non appena varcò la soglia, fu una di quelle difficili da scordare. Era una donna dall’aspetto curato ed elegante, il cui viso allungato incorniciato da morbidi riccioli biondi le dava l’aria innocente di una bambina. Era alta e pareva solita ad un portamento perfetto, come si conveniva ad ogni gentil signora della nostra metropoli; tuttavia le condizioni in cui versava al momento del suo ingresso erano pessime. I capelli, raccolti sulla nuca, erano in disordine e alcune ciocche sfuggite al fermaglio ricadevano con incuria sul suo collo. Il leggero vestito azzurro che indossava era spiegazzato, come se si fosse vestita di fretta, e le lacrime mal celate dietro alla mano guantata le rigavano il volto copiosamente. Dagli occhi profondamente arrossati avrei detto che versasse in questo stato da più di un giorno.
“Scusatemi, signori, se mi presento di fronte a voi così prostrata,” mormorò, mentre io mi affrettavo a farla accomodare su una sedia. “Ma dovete comprendere che da giorni la mia vita è appesa a un filo.”
Scorsi distintamente la scintilla dell’interesse brillare negli occhi di Holmes.
“Non sprechiamo dunque altro tempo, signorina Wilkinson,” disse, allungando un tentacolo per afferrare la propria pipa ed affaccendandosi per accenderla. “Da quanti giorni il vostro fidanzato non vi dà notizie di sé?”
La donna lo fissò esterrefatta. Era evidente che fosse ben poco preparata al genio intuitivo di Holmes, per quanto la sua fama l’avesse condotta fino a noi. Nascosi per cortesia un sorriso, afferrando il taccuino per gli appunti.
“Da otto giorni,” rispose la nostra cliente, asciugandosi con un fazzoletto le guance pallide. “Non sono mai stata tanto in pensiero.”
“Suvvia, non fatevi pregare. Scendete nei dettagli,” la esortò Holmes, inspirando profondamente il fumo dalla pipa.
“Ecco, vedete… Un anno fa incontrai per questioni di pura casualità Herbert Bright. Mi colpì subito, perché era ed è ancora un uomo dall’aspetto imponente e dallo sguardo deciso, per quanto possieda gli occhi azzurri più dolci in cui abbia mai guardato. Ci innamorammo all’istante. Fu un colpo di fulmine e di sfortuna al medesimo tempo.”
“Perché di sfortuna?” chiesi.
La donna si mosse nervosamente sulla sedia.
“Herbert è un mutante,” confessò poi. “Vedete, io vengo da una famiglia molto benestante e dalle visioni molto conservatrici. Sapevo fin dall’inizio che mio padre non avrebbe mai appoggiato un matrimonio simile.” Fece una pausa, poi riprese. “Ci frequentammo segretamente per mesi, finché non mi propose di scappare con lui e di sposarci a dispetto delle restrizioni dei miei genitori. Sono consapevole del fatto che questo significasse lasciare tutto ciò che possiedo e abbandonare la vita agiata che ora conduco per andare a vivere nel primo livello sotterraneo. Non si può permettere di più, capite… Ma non mi importava, né mi importa tutt’ora.”
“Non siamo ancora giunti al vostro problema, però,” la incalzò Holmes. Gli rivolsi un’occhiata di rimprovero che non notò, o finse di non notare.
“Sì,” ammise lei, prendendo fiato. “Otto giorni fa mi arrivò la sua ultima comunicazione.” Trasse dalla propria tasca un foglio ripiegato con cura, che si incurvava ancora agli angoli per essere stato chiuso troppo a lungo in una capsula della posta pneumatica. “Mi annunciava la sua decisione di confidare al padre della nostra relazione. Mi disse che mi avrebbe scritto subito dopo il colloquio per informarmi della sua reazione e per determinare il mio piano di fuga. Ciononostante non ho più avuto notizie. Capite bene perché da quel giorno vivo in pena.”
Le misi una mano sulla spalla. Comprendevo bene la sua ansia. Fortunatamente ero certo che Holmes avesse avuto un’idea.
“Vi prego, aiutatemi a scoprire cosa gli è successo, se sta bene o se qualcosa è andato storto!” lo implorò la donna. “Sarei andata io stessa ad indagare, ma una ragazza come me non può aggirarsi sola per certi quartieri di Londra… Non sarebbe conveniente, capite…”
“Questo signor Bright, o il vostro futuro marito, se posso avere l’ardire di chiamarlo così,” proruppe inaspettatamente Holmes, “dimora abitualmente al secondo livello sotterraneo, non è forse vero?”
Ancora una volta l’espressione sul volto della signorina Wilkinson si tinse di stupore.
“Lo conoscete, dunque?”
“Certamente no. Non vedo come potrei.”
La giovane donna aprì la bocca per controbattere, ma parve ripensarci e tacque.
Holmes, intanto, si era alzato ed era strisciato agilmente fino alla finestra, dalla quale ora osservava il lento scorrere del traffico del pomeriggio.
“Signorina Wilkinson, ritengo che il vostro problema di vitale importanza si risolverà in meno di quanto pensiate. Per la precisione direi domani mattina alle nove e quindici circa.”
“Ma come…?” balbettò la donna, ma Holmes si affrettò ad andarle incontro e a farle segno di alzarsi.
“Fidatevi di me, la situazione è in mio controllo. Avrete le notizie che aspettate domani mattina. Nel frattempo vi consiglierei di preparare le vostre cose, in caso foste ancora decisa per quella…fuga d’amore, sicuramente molto romantica.”
Non potrei definire la scena in altro modo che non questo: il mio amico Holmes, portato all’esagitazione dal caso della signorina Wilkinson, la afferrò per un braccio e, senza complimenti, la guidò fuori dal salotto, fuori dalla porta, e la invitò ad uscire. Quando tornò indietro gli rivolsi uno sguardo profondamente confuso, al quale rispose lasciandosi cadere mollemente sul divano.
“Questi casi inesistenti mi sfiancano,” sospirò, tendendomi un tentacolo. “Vieni a sederti accanto a me, Watson, mio caro amico. Abbiamo un discorso in sospeso.”
Il suo comportamento mi lasciò tanto perplesso da ridurmi al silenzio e all’obbedienza. Presi posto al suo fianco e, pochi secondi dopo, sentii due tentacoli arrampicarsi lievi all’altezza del mio polpaccio. Il gentile strofinio delle ventose sopra ai miei pantaloni mi riscosse.
“Holmes, ma cosa…?”
“Ti senti sentimentale, oggi. Ho pensato di indulgere in attività che si confacciano al tuo umore.”
“Ma non possiamo!” esclamai. “Holmes, la cliente che è appena uscita…”
“È una povera isterica,” mi interruppe, finendo la mia frase. “Se avesse speso in ricerche il tempo che ha passato a piangere in questi giorni avrebbe trovato da sola la risposta al suo quesito.”
“E quale sarebbe?” domandai, roso dalla curiosità.
“Si dà il caso che otto giorni or sono il tubo della posta pneumatica che collega il quartiere di St. Giles, nel 2/S, ai livelli superiori sia stato interrotto da una colata di fango, causata dalle pesanti piogge. Per lo stesso motivo, e per la scarsa considerazione che la nostra società continua ad avere per alcune delle sue razze, i lavori di rimessa in funzione non sono iniziati fino a questa mattina.”
“Dunque è questo il motivo per cui la signorina Wilkinson non ha ricevuto risposta!”
Holmes annuì.
“Sarai felice di sapere che le capsule sono state sbloccate nel primo pomeriggio e raccolte, pronte per essere recapitate al mittente domattina nel più breve tempo possibile. Tenendo in considerazione l’ubicazione dell’attuale dimora della signorina Wilkinson, dovrebbe ricevere il messaggio che tanto aspetta alle nove e un quarto del mattino. Questo se i miei calcoli sono esatti, e di solito lo sono.”
Lo fissai ammirato e divertito. Vedergli risolvere un caso senza nemmeno avere bisogno di indagare mi affascinava per alcuni versi più che vederlo in azione sul serio.
“E ora, dottore,” riprese il mio amico, facendo salire uno dei tentacoli che ancora aleggiava attorno al mio polpaccio sopra il ginocchio, in un gesto che sarebbe risultato ben poco conveniente se avessimo avuto compagnia, “gradirei abbandonare tutte queste ciance e questi piagnistei femminili per concentrarmi sulla profondità di un animo sensibile. Conosci qualcuno disposto ad aiutarmi? Gradirei oltremodo che la persona in questione avesse le guance un po’ rosate dal sole della giornata. Sai, si addice molto di più al genere d’uomo che voglio indagare…”
I miei lettori non sentiranno il bisogno che io prosegua nel racconto e d’altronde ciò che seguì non si confà affatto ad essere narrato qui; perciò sarà meglio che lo si lasci sfumare così nella memoria del sottoscritto.