Titolo: Alla 'Bond'.
Autrice:
sorella_erba .
Fandom: Sherlock BBC.
Personaggi/Pairing: Sherlock Holmes, John Watson.
Rating: G/per tutti.
Warning: //
Disclaimer: Skerlock e John non mi appartengono. Sono della BBC -- o meglio, sono di sir Arthur Conan Doyle e poi della BBC.
Note: questa fanfiction è stata ispirata dal prompt "Sherlock, John, Bond night" della community
sherlockfest_it. L'iniziativa è adorabile e, preparazione esami permettendo, mi piacerebbe scrivere dell'altro.
Ah, l'occhio esperto (e maniacale) noterà che mi sono concessa il lusso d'inserire una citazione (riarrangiandola) del film "Sherlock Holmes" del 2009, con RDJr. e Judesie ♥
Sherlock è un fulmine.
Gli basta una semplice, rapida occhiata per interpretare e organizzare in un perfetto ordine cronologico la lunga lista di dettagli e particolari che, tempestivamente, non manca di leggere in una persona - sia essa defunta o ancora in vita (per sua immane fortuna, dato che per Sherlock ogni individuo attualmente respirante è un caso in meno cui dedicarsi e una notevole dose in più di noia e insofferenza e odio).
A quanto pare, quella stessa velocità che dimostra nel risolvere casi si scarica anche nelle più - a detta dello stesso consulente investigativo - tediose attività di routine, fra le quali John si permette d'inserire l'assurda quantità di ore che immola alla tecnologia, ore che potrebbero e dovrebbero essere votate alla pulizia della casa, a una regolare visita al supermarket dietro l'angolo e magari al cercarsi un lavoro meno precario che gli consenta di pagare bollette possibilmente non scadute di già un mese. John non sa, comunque, se quei commenti che gli arrivano puntuali più di un orologio svizzero facciano davvero parte di ciò che Sherlock chiama 'il mio modo di lavorare'. Perché postare (John si sente ridicolo a utilizzare termini così internettiani) ogni due per tre aggiornamenti sul forum del suo sito non può essere lavoro, così come non lo sono, per l'appunto, le sarcastiche risposte stracolme di arroganza, prepotenza e pomposità. Perché, principalmente, non contengono nulla che non porti a pensare che ciò che fa non sia altro che cazzeggio allo stato brado.
E di fatti gli arriva la corposa, maiuscola e puntata conferma.
IO. SONO. ANNOIATO.
E visto che anche le sue lattine di birra stanno correndo il rischio di essere investite dalla schiacciante noia che attanaglia Sherlock (sebbene abbia un nuovo caso per le mani con tanto di cadavere - e finalmente!, ha esultato quel pomeriggio Holmes mentre tornavano a casa), John decide di chiudere il suo portatile, lasciarlo a scaldare il letto al suo posto e riproporre di persona a Sherlock quanto gli ha scritto sul blog. Scende la rampa di scale velocemente, temendo il peggio (il suo portafogli è decisamente al verde, non può permettersi un'altra confezione di ottima birra tedesca), ma trova Sherlock disteso sulla poltrona al contrario, con le lunghe gambe che molleggiano pendendo dallo schienale. Ha il viso illuminato dalla luce dello schermo del portatile che tiene poggiato sullo stomaco; nessuna traccia di rossore, né sulle guance né sul naso né sulla fronte. John, come ha già fatto parecchie altre volte, si chiede se sia umano e se, soprattutto, nonostante le spiccate abilità mentali, il cervello di Holmes non si sia fermato ai dodici anni.
«Serata Bond,» annuncia con impeto, «e non voglio sentire scuse. Devi staccare gli occhi da quel computer. Come tuo dottore-»
«Per attaccarli allo schermo di un televisore? Che logica di ferro.»
«Come tuo amico,» repentino, lo sguardo di Sherlock lo punta e lo segue, accompagnato da un sopracciglio arcuato, «devi sconnettere un momento dal tuo mondo. Scendere fra noi comuni mortali-»
«E i vostri tremendamente monotoni pensieri…»
«… non può farti che bene. Una volta ogni tanto» termina John, calcando sulle parole con forza. Si ricorda poi della motivazione urgente per cui si è deciso a scendere in cucina. S'incammina a passo spedito in direzione del frigorifero e, aprendolo, trova la confezione, comprata la stessa mattina, ancora integra, con tutte e sei le lattine di birra avvolte nel cartone. Un'ondata di sollievo e si diffonde dal centro del suo petto e gli arriva alla gola, liberandosi in un sospiro colmo di gratitudine.
«Mi lusinga il fatto che mi reputi un essere superiore, John. È per questo che ho lasciato la tua birra intatta.»
John evita di ribattere, le sole risposte che si formano nella sua testa sono dotate di parole assolutamente prive di gentilezza e sarebbe ipocrita e, ancor peggio, infantile da parte sua lanciar contro Sherlock simili invettive; il sorriso di vittoria che sfodererebbe lo farebbe sprofondare nella vergogna per aver ceduto ed essere caduto di stile.
«Non ci credo che tu non abbia mai visto un Bond» dice, cambiando discorso, dopo essere tornato nel soggiorno con una birra in mano ed aver preso posto nella poltrona libera.
«Credi seriamente che possa interessarmi?»
«Ti somiglia.»
Sherlock gli punta il viso con occhi fermi, uno sguardo che per la sua fissità glaciale vorrebbe essere minaccioso, ma sortisce l'effetto opposto, data la posizione in cui si è arrangiato.
«Non insultare la mia attuale conoscenza del grigio universo umano, John. Non giudico ciò che non conosco.»
«Allora facciamoci questa serata film, no? Così potrai sollazzarti con le tue maligne analisi.»
«Sono veritiere,» s'imbroncia Sherlock. «E comunque conosco il personaggio di James Bond nonostante non abbia visto i film. A questo punto mi chiedo se sia tu a non avere sufficiente conoscenza di quello che vuoi propinarmi. Oppure - e questa potrebbe essere l'ipotesi più attendibile - è la mia personalità che non sei arrivato a… carpire.»
«Ti prego, evita. Non sarai la persona più normale del mondo, ma ciò non significa che sia impossibile capirti. Effettivamente, la sola cosa che condividete tu e Bond potrebbe essere la maniera con cui affrontate il crimine. Con i tuoi atteggiamenti puerili non saresti capace di sedurre una donna» dice John con aria sufficiente.
«Molly» controbatte semplicemente Holmes. «Anche se la reputo più una bambina che una donna.»
John sbuffa col naso e stringe le labbra, prima di passarvi sopra la lingua. «Fame.»
«Mh, anch'io. Preparami un sandwich» ordina Sherlock, evitando di prestare attenzione all'espressione scioccata e offesa di John.
«Prego?» L'acuto con cui ha formulato la domanda ha un che di ridicolo.
Sherlock batte due parole sulla tastiera del suo notebook prima di dedicarsi a osservare con divertimento visibile le sopracciglia assurdamente arcuate di John.
«Ti ho chiesto di prepararmi un sandwich,» ripete, scandendo le parole come se stia spiegando a un bambino che una caramella più una caramella fanno due caramelle.
«No, Sherlock, tu non hai chiesto. Tu stai pretendendo» risponde secco John. «Sai cosa? Tocca a te preparare qualcosa da mangiare. Ieri ho cucinato io.»
«E tu ti fidi di me? Potrei mettere qualcosa nella tua cena per ripicca. Sei sempre così acido.»
«Non lo faresti.»
«Credi?»
«Non oseresti.»
«Dici?»
Si guardano negli occhi per qualche istante, uno visibilmente infuriato, l'altro con una beata espressione rilassata. Poi urlano all'unisono: «Mrs Hudson!»
***
«È la cosa più assurda che abbia mai visto.»
«Questo è quello che dico io dopo aver letto le nostre avventure.»
«John, sei tu che le trasformi in avventure degne di un libro di racconti per bambini. Le mie indagini sono scienza e meritano un resoconto razionale, non una narrazione da romanzo rosa.»
Il disappunto nelle parole di Sherlock si manifesta e si sfoga nel morso che lascia al panino al tonno preparato da Mrs Hudson. John lo guarda vagamente contrariato mentre mastica il boccone con astio.
Tutto sommato, nonostante Sherlock abbia apparentemente più difetti che pregi, sa essere di buona compagnia. È infantile, testardo, pungente, viziato, sfacciato, pretenzioso, arrogante, e per fortuna: John si è così abituato ai suoi atteggiamenti discutibili che non ricorda neanche più le serate trascorse nel suo vecchio appartamento dall'altra parte di Londra, in cui la sola cosa che gli riempiva le orecchie era il silenzio e il solo compagno disposto ad ascoltarlo era quel blog che ora riempie con le stravaganti e avvincenti avventure in stile James Bond che è costretto (ma neanche tanto) a condividere con il suo coinquilino - perché lo sono, checché ne dica Sherlock.