Titolo: Ombre Cinesi
Fandom: RPS - DOREMIdan (jrock)
Personaggio: Makoto
Pairing: Makoto/Reika
Prompt: 037 - Udito
Rating: PG-13
Conteggio Parole: 1152
Disclaimer: Non possiedo niente, se non la mia immaginazione.
Warning: Slash. Ci siamo capiti.
Tabella:
[Link] Ombre Cinesi
(Prompt #37 - Udito)
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Tornare a casa Kanzaki per le vacanze - o per qualsiasi occasione non vacanziera (il richiamo della signora Tomo era quanto mai perentorio nonché imprescindibile; il ritorno improrogabile) - era sempre stato un rischio, fin dai primi giorni a Tokyo, i giorni dei capelli tinti di rosso con poche ciocche arricciate, il cerone spesso e bianco, e il rossetto tutto sbavato.
I giorni dei quattro piercing alla bocca, che ora, da un po', non portava più.
Se era stato pericoloso in quei giorni, chiaramente non poteva che essere ancora più pericoloso adesso - in una scala da uno a dieci il pericolo di quei giorni si configurava in un solido sette, e comprendeva il lancio di materiale assortito: padelle, scarpe, il codice del diritto civile di proprietà di Ryutaro, eccetera - adesso probabilmente sfiorava il nove.
Perchè presentarsi - quand'anche non in full make-up e con numerosi piercing in meno - alla porta di casa Kanzaki, mano nella mano con l'esile, alto e rosa-crinito fidanzato non poteva certo essere una passeggiata. O forse sì?
Makoto non ci avrebbe scommesso neanche un centesimo bucato.
Il suo rapporto con la madre era sempre stato ai limiti del surreale.
Quasi quasi s'aspettava di trovarla sempre sul punto di suicidarsi per il disonore di aver partorito una tale disgrazia.
Oh, non che la signora Tomo fosse contro le coppie di persone dello stesso sesso, oh no, non le avrebbe giovato alla pubblica reputazione (non che la signora Tomo provasse molto interesse per quello che il mondo pensava di lei. Tuttavia, provava un interesse quasi morboso riguardo qualsiasi cosa il mondo potesse provare per Makoto, anche se ci teneva a far capire che fosse esattamente il contrario).
Tuttavia, il fatto che Makoto tornasse giustamente a casa - nell'intervallo di un giorno tra una tappa e l'altra di un tour - per l'appunto mano nella mano col fidanzato, sicuramente non deponeva a suo favore.
Tutto questo Makoto lo sapeva eccome. Aveva ripetutamente provato a dissuadere Reika dal volersi avventurare nel covo del lupo, ma aveva ahimè fallito in virtù dell'incrollabile, estenuante, adorabile ottimismo del suo uomo.
Un uomo che in condizioni normali portava un cappellino con orecchie da orso, si truccava gli occhi di rosa acceso e non perdeva occasione per sorridere e interpellare i propri gatti nel più becero dialetto del Kansai.
Insospettabilmente, era andato tutto 'quasi' bene, dove per quasi s'intende che Tomo aveva tentato il suicidio, che Makoto l'aveva ancora una volta salvata; che Tomo aveva ostentato un burbero cipiglio durante l'intera cena; e che infine ancora Tomo aveva urlato acidamente ai due giovani, intenti a salire le scale per ottenere un po' di meritato riposo e solitudine - e magari un bagno caldo - che NON AVREBBE TOLLERATO PORCHERIE NELLA SUA CASA, CHIARO?!
"Chiaro, chiaro" aveva ribattuto Makoto dal ciglio delle scale, nel frattempo sollevando un sopracciglio malizioso in direzione di Reika.
Ora, non che sia consigliabile o particolarmente rispettoso infrattarsi in ogni dove nella casa parentale, credo che questo sia ormai fuor di questione.
Né i giovani avevano intenzione di indulgere nei più lascivi piaceri della carne. Il pensiero di Tomo pronta a comparire sulla loro porta armata di ascia bipenne era abbastanza per smorzare il più ardente dei fuochi.
Avevano però pensato di potersi permettere un bagno caldo, insieme, per una volta in una vicinanza quasi casta e semplicemente intima, rilassante.
Si erano quindi rinchiusi nel bagno al piano di sopra, avevano riempito la vasca di acqua bollente, tirato giù la tapparella della finestra che dava sul giardinetto posteriore, e, finalmente soli, avevano iniziato le abluzioni.
Tomo, sfiancata da tanto urlare e agitarsi, si era recata nel giardinetto. La sera era fresca e con un maglione indosso si poteva tranquillamente sostare all'esterno, nel piccolo giardino retrostante, e osservare le poche stelle visibili nel riquadro di cielo, incasellato tra le mura delle altre case.
Sicuramente, assorta nell'osservare appunto quel miscuglio di luci quasi eterne, e gli intermittenti occhieggiare di aeroplani di passaggio, non si aspettava invece quel teatrino di ombre cinesi che le toccò piuttosto testimoniare.
La luce era accesa nel bagno al piano di sopra, e sullo schermo della tapparella abbassata due figure si stagliavano.
Le loro voci - seppure sufficientemente basse - giungevano comunque perfettamente percettibili nel silenzio della sera.
"...ma Mako... è enorme... non riesci neanche a prenderlo in mano..."
Tomo si fermò all'improvviso, il respiro strozzato in un rantolo mortale. COSA stavano facendo quei due svergognati senza Dio nel SUO bagno al piano di sopra?
Giunse una risatina di Makoto.
"...beh, per cosa pensi che sia stato creato?..."
Un breve silenzio, durante il quale la signora Tomo tentò disperatamente di riprendere il respiro. Inutilmente. Sopraggiunto rigor mortis.
"Ma Mako, così finiremo per scivolare!"
Risate di Reika.
"...ecco" riprese la sagoma di Makoto dietro la tapparella "mettiti così.... ecco..."
Con un immenso sforzo la signora Tomo riuscì a riprendere fiato, un respiro doloroso e bruciante come se avesse trascorso mezz'ora in apnea, nel disperato tentativo di riemergere prima di annegare. Una vena iniziò a pulsare sulla sua tempia.
Quella DISGRAZIA di suo figlio.
In piedi ignudo davanti a una finestra APERTA.
A dire sconcezze di fronte all'intero quartiere.
La signora Tomo, un attimo prima apoplettica, era risorta in tutta la sua inumana furia.
Quasi non udì il "ohh... così..." estremamente soddisfatto di Reika, prima di rientrare in casa, con gli occhi iniettati di sangue e salire le scale quattro alla volta.
"MAKOTO!" urlò, più tenebrosa e solenne del giudice degli inferi (e sicuramente più spaventosa).
Il silenzio congelò qualsiasi attività fosse in atto nel bagno.
"MAKOTO!" urlò di nuovo, spalancando con uno scatto feroce la porta, che rimbalzò contro la parete e rischiò di travolgerla. "TI HO DETTO CHE NON TOLLERO PORCHERIE IN QUESTA CA..." l'ultima sillaba le si strozzò in gola.
Makoto, già in pigiama e tutto pulito profumato, pettinato e struccato - insomma ormai dimostrava non più di quindici anni - era inginocchiato accanto alla vasca, con le maniche del pigiama a righe rimboccate, e strofinava alacremente la schiena di Reika con un enorme - GIGANTESCO - pezzo di sapone scivoloso.
"Sì mamma?!" disse, sbattendo perplesso le palpebre.
Tomo si portò una mano alla gola, discretamente mortificata - ma assolutamente decisa a non farlo sapere.
"Scusi signora, forse stiamo usando troppa acqua?" sorrise Reika, il ritratto pacioso e rilassato di una persona perfettamente a suo agio.
"Ah... no… ma certo che no" borbottò Tomo battendo velocissimamente in ritirata.
E così l'avevano fregata, pensò minacciosamente, introducendosi nella camera nuziale per cambiarsi per la notte.
Ma lei li avrebbe colti sul fatto, nella loro ignominiosa impudicizia.
Così borbottando, si mise a letto, decisa a fingere soltanto di dormire, per poter allungare l'orecchio sulla parete dietro la testiera - confinante con quella della stanza di Makoto.
Avevano vinto una battaglia, forse. Ma non la guerra.
E su queste note marziali, si addormentò di piombo.
*