Title: White Russian
Fandom: Original
Pairing: none
Rating: Safe
Warning: none
Wordcount: 1800
Note: partecipa a #WRPG @ maridichallenge come RP della terza settimana (
crossposted), per il prompt messaggio
Summary: La sera prima Maddalena aveva mandato loro un sms con delle nuove coordinate. Corrispondevano alla piazza del Senato, per cui si stavano avviando in quella direzione. Per essere sicuri, aveva programmato il software perché la notificasse quando una nuova traccia veniva identificata nella linea temporale. Non lo avrebbero mancato questa volta. Per niente al mondo.
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Passare da una linea temporale all'altra era come attraversare uno specchio e cadere in un buco simultaneamente, ma senza davvero muoversi di un millimetro. Era la sensazione più paradossale che Axell avesse mai provato, e al suo secondo viaggio non aveva ancora deciso se lo trovava piacevole o meno.
Questa volta l'oscurità era stemperata dal candore della neve che copriva la strada e ogni superficie orizzontale. Faceva così freddo che Axell poteva vedere il proprio respiro condensarsi in piccole nuvolette biancastre nella fioca luce dei lampioni.
Erano su un ponte, sul bordo di una lunghissima strada dritta. Il fiume, che la incrociava perpendicolarmente, scorreva lentamente sotto di loro, uno spesso strato di ghiaccio che ne rivestiva le rive. Il vociare dei cocchieri, lo scricchiolio delle ruote delle carrozze e gli zoccoli dei cavalli erano gli unici suoni che riempivano l'aria gelida.
"Abbiamo bisogno di vestiti veri," fu il primo commento di Evelyn, stringendosi addosso il misero scialletto che era apparso insieme al resto della mostruosità vittoriana in giallo e nero che ancora aveva addosso, inutilmente. "La cosa brutta dell'Hard Light Cloth è che non tiene caldo proprio per niente."
"Ce n'eravamo accorti," borbottò Ilya. Si era appoggiato al parapetto del ponte e stava respirando molto lentamente attraverso il naso. Sembrava che il secondo viaggio lo avesse trattato un po' meglio; se non altro era atterrato in piedi, almeno, e non sembrava sul punto di rimettere l'anima. Era solo un po' verdastro, e batteva i denti.
"Come se non bastasse, non riesco a trovare la traccia di Anderson!" esclamò stizzita Evelyn, scuotendo la collana-AR. "Non riesco a capire. Sono sicura di aver inserito correttamente le coordinate, siamo nel posto giusto. Almeno in teoria dovrei già avere informazioni sulla posizione e invece- nulla. Zilch. Nada. Come se non fosse mai atterrato sulla linea temporale."
"Com'è possibile?" chiese Ilya, girandosi verso di lei. "Non può essere un errore del software?"
Evelyn scosse la testa. "Ho appena provato a riavviare tutto, e il programma di auto-diagnosi integrato nell'hardware non ha riportato problemi."
"E' un bel problema," commentò Axell, che nel frattempo cominciava a non sentirsi più le dita delle mani. "Ma rimanere qui impalati in mezzo alla neve sicuramente non migliorerà le cose. Propongo di cercare un posto caldo in cui discutere il piano di azione."
"Mi sembra un'ottima idea," ammise Evelyn, con un sorriso infreddolito. Senza molte cerimonie, si sporse sul ciglio della strada e bloccò un passante frettoloso afferrandolo per il braccio.
"Mi scusi," la sentì chiedere Axell. "Sa per caso dove possiamo trovare una locanda a buon prezzo?"
L'uomo, un giovane infagottato in un pastrano scuro che gli arrivava fino alle ginocchia, la guardò perplesso qualche secondo, prima di risponderle qualcosa in una lingua incomprensibile, un'espressione dispiaciuta in volto.
Ci mancava solo la barriera linguistica, pensò Axell, scoraggiato. Improvvisamente Ilya, che fino a cinque secondi prima era afflosciato contro il parapetto, chiaramente ancora provato dal viaggio nel tempo, si raddrizzò, e parlò allo sconosciuto nella stessa incomprensibile lingua, un'espressione di leggera sorpresa sul viso.
Evelyn e Axell si scambiarono uno sguardo, mentre Ilya intratteneva una rapidissima conversazione con lo sconosciuto.
"Russo?" chiese Axell, tirando a indovinare. Evelyn fece spallucce, osservando con un mezzo sorriso il loro compagno di avventure. Si scambiarono ancora qualche frase, poi il giovane consegnò qualcosa ad Ilya, fece un cenno di saluto e proseguì per la sua strada.
"Mi sembra di essere in mezzo ad un romanzo di Dostoevskij," commentò Ilya quando si fu riavvicinato, con una risatina perplessa. "Però abbiamo avuto fortuna; il tipo apparentemente ha un amico che possiede una locanda nella zona, che sta aiutando un gruppo di altri giovani del quartiere a sistemarsi per qualche notte, quindi possiamo intrufolarci senza problemi," indicò il pezzo di carta che lo sconosciuto gli aveva dato.
"Cosa gli hai detto?" chiese Axell, curioso.
"Mi sono inventato che dobbiamo stare a San Pietroburgo solo per una notte, ma che abbiamo bisogno di vestiti pesanti perché ci hanno rubato le borse. Ha detto che non c'è problema, quindi possiamo rifugiarci lì," continuò Ilya, indicando un edificio lontano nella strada dritta.
"San Pietroburgo?"
"Sì. Siamo proprio sulla prospettiva Nevsky. Non me n'ero accorto perché prima stavo guardando il fiume, ma siamo sulla Mojka. Mentre stavo parlando mi sono girato e ho riconosciuto lo Strovanov," indicò l'imponente palazzo rosa sull'angolo della strada, "Se proseguiamo in quella direzione a un certo punto dovremmo arrivare alla Neva," spiegò, gesticolando animatamente e parlando troppo velocemente.
"Be' almeno non moriremo di freddo," commentò Evelyn.
All'improvviso, un cellulare squillò. Per un momento nessuno si mosse, perché era così incongruo rispetto al contesto che Axell pensò di esserselo immaginato. Ma il telefono continuava a squillare.
Finalmente Ilya si infilò una mano in tasca, ed estrasse uno dei telefoni che Maddalena aveva consegnato ad Evelyn, e rispose, mettendo in vivavoce.
"Ah, finalmente avete risposto. Per un attimo ho temuto che foste finiti nel bel mezzo della rivolta decabrista e che non riusciste a sentire la suoneria," commentò gioiosamente Maddalena all'altro capo della linea. Prima che uno di loro avesse il tempo di rispondere qualcosa, continuò. "Ma non ho tempo per i convenevoli. Sono terribilmente dispiaciuta di informarvi che vi ho dato delle informazioni sbagliate. Purtroppo Mike è più utile che intelligente, e mi ha dato delle coordinate sbagliate. Avete diciotto ore prima che Anderson vi raggiunga, per cui dovrete trovarvi qualcosa da fare per passare il tempo."
"Mike?" chiese Ilya, confuso.
"Mike Turner. E' il nostro informatore più prezioso. E' lui che ci ha fornito le coordinate per incastrare Anderson. E' in viaggio, sapete, e a un certo punto si è accorto di un losco figuro che lo stava inseguendo. Non lo ha ancora ucciso, per fortuna, ma chissà quando succederà? In ogni caso, ci ha dato l'elenco completo delle tappe del suo itinerario, solo che qualche incompetente ha sbagliato a trascriverle. Mi dispiace davvero molto."
"Nessun problema, almeno avremo tempo per recuperare le forze," rispose Evelyn.
"Non che avessimo un piano d'azione," borbottò Ilya a mezza voce.
"Sono perfettamente consapevole del fatto che la missione che vi ho affidato è terribilmente difficile da portare a termine, ma del resto non vi ho ancora fornito nessun tipo di informazione utile, giusto? Non potevamo rischiare intercettazioni," continuò Maddalena. Sembrava che stesse parlando da sola, o forse pensando a voce alta. "Ma non vi preoccupate, entro la terza tappa avrete tutto ciò che vi serve. Tra qualche ora vi manderò una foto di Mike Turner. E' probabile che lo vedrete, oggi. Buona serata!"
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Evelyn doveva ammettere che San Pietroburgo era una gran bella città. Nonostante il freddo e il chiasso nelle strade, il fatto che tutti gli edifici fossero molto bassi e le strade molto larghe, dava un'impressione di ariosità che raramente le metropoli avevano.
Peccato che Evelyn odiava il freddo. Visceralmente. Lo sentiva anche intabarrata nella vecchia pelliccia che la moglie del proprietario le aveva regalato, impietosita dalla loro (finta) storia di viandanti derubati.
Evelyn conosceva un po' di russo, ma non abbastanza da intrattenere una conversazione. Era davvero una fortuna che Ilya fosse con loro. Aveva passato tutta la serata a fare loro da interprete tra gli avventori della locanda che si erano incuriositi abbastanza da rivolgere loro la parola, ed era riuscito a convincere Alexandr Nikolaevich, il padrone di casa, a cedere loro una delle stanze più spaziose.
Non che avesse dormito un granché. Il letto era uno solo, per cui avevano dovuto condividere, e tra Axell che cercava di rubare tutte le coperte, e Ilya che sembrava intenzionato ad accaparrarsi tutti i cuscini, Evelyn si era ritrovata praticamente circondata. Era la prima e ultima volta che stava in mezzo a quei due.
"Notizie di Maddalena?" chiese ad Axell, che camminava di fianco a lei. Ilya era qualche passo più avanti, apparentemente impegnato a fare un confronto della mappa mentale della Pietroburgo che conosceva, e della città vecchia.
"Non ancora. Stanno cominciando a congelarmisi le chiappe. Sono già le undici e mezzo. A che ora aveva detto che ci avrebbe mandato il messaggio con la foto?" rispose, nascondendo uno sbadiglio dietro una mano guantata.
"Verso le undici. Ma non fidarti dell'ora di quei cellulari, è tremenda."
La sera prima Maddalena aveva mandato loro un sms con delle nuove coordinate. Corrispondevano alla piazza del Senato, per cui si stavano avviando in quella direzione. Per essere sicuri, aveva programmato il software perché la notificasse quando una nuova traccia veniva identificata nella linea temporale. Non lo avrebbero mancato questa volta. Per niente al mondo.
Avevano ormai raggiunto l'enorme piazza che si affacciava sul Neva, quando Axell richiamò la sua attenzione toccandole il braccio.
"Ah, ecco il messaggio di Maddalena," esclamò Axell, estraendo il cellulare dalla tasca e mostrandoglielo. Mike Turner era un uomo di mezza età con l'aria di uno che si beccava sempre i lavori più ingrati del mondo, i capelli biondo topo e un maglione orrendo.
"Bene. Speriamo che non si sia mimetizzato troppo bene, e che Anderson non lo becchi prima di no-"
Ping.
"Ehi, non è quel tipo?" chiese Axell, indicando.
Evelyn alzò lo sguardo. Dall'altra parte della piazza, proprio sotto la statua equestre, un uomo stava consultando un libro. Un uomo dall'aria stanca e i capelli biondo topo. Sbatté le palpebre. Dopo il primo errore, non si aspettava che le coordinate fossero così precise, ma non poteva sbagliarsi. Era proprio l'uomo della foto. Il che voleva dire che-
Ping.
-anche Anderson doveva essere nei paraggi. Non avevano idea di che faccia avesse, per cui avevano bisogno di tutti gli occhi disponibili per individuare persone dall'aria sospetta. Si girò verso Ilya, per comunicargli istruzioni, e improvvisamente le mancò il fiato.
Ilya aveva negli occhi uno sguardo che Evelyn conosceva bene; era lo sguardo del predatore che aveva preso di mira la preda, il cecchino che aveva trovato il momento adatto per il colpo, la frazione di secondo tra il battito del cuore e il respiro che era l'ingrediente segreto per un centro perfetto. Aveva la pistola sguainata, uno stridio dissonante nella piazza innevata, e la mascella rigida, il dito sul grilletto, pronto a sparare dove chiunque poteva vederlo.
Rapida come un fulmine, Evelyn lo colpì al polso, facendogli perdere la presa sull'arma. Ma prima che potesse rimproverarlo, afferrarlo per il bavero della giacca e scuoterlo finché la sua misera pelle si fosse staccata dalle sue inutili ossa, Evelyn commise un errore di calcolo, di cui non poteva prevedere la gravità.
Era normale istinto di qualcuno che per vivere cacciava prede umane, controllare la posizione della preda per ripristinare l'inseguimento in un altro momento. Non aveva nessuna ragione per non farlo. Eccetto che questa volta la preda sapeva perfettamente chi aveva alle calcagna, e sapeva perfettamente il vantaggio che aveva sul proprio inseguitore.
Evelyn guardò Anderson, e vide Adam, un sorriso malevolo sulle labbra, prima di sparire in una piega del tessuto spazio-temporale, come l'oscura visione, incerta e dubbia, di un demone durante un'alluvione.