Title: Hopping through Time
Fandom: Original
Pairing: none
Rating: Safe
Warning: none
Wordcount: 3480
Note: partecipa a #WRPG @ maridichallenge come RP della seconda settimana (
crossposted)
Summary: Quando Evelyn aveva deciso di unirsi alla comunità malavitosa della città, non aveva tenuto in conto della possibilità di ritrovarsi invischiata in un altro viaggio del tempo con scasso.
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La fortuna di essere nato in una delle più famose famiglie di cecchini era di sapere perfettamente la storia delle figure più influenti della malavita delle città più importanti; Axell non aveva avuto nessuna difficoltà ad identificare la donna misteriosa come Maddalena Hatrick.
Axell non aveva dubbi che Maddalena fosse una di quelle donne che non scherzano; una di quelle donne che ti ingannano con un sorriso, con voce suadente e posture sensuali, che sembra che vogliano giocare, e che ti appendono per le palle non appena commetti uno sbaglio.
L'ultimo che aveva sgarrato in fronte a Maddalena non ci aveva rimesso solo i gioielli; ci aveva rimesso lo sforzo di una vita, l'intero impero del sottosuolo che aveva costruito faticosamente con minacce, estorsioni e inseguimenti estenuanti. Era una favola nera molto nota, come "the Mad Hatter" aveva acquistato il suo nome, e fissata com'era con Alice nel Paese delle Meraviglie, forse non era completamente una coincidenza che il povero bastardo facesse White di cognome.
Maddalena Hatrick, nel suo completo a righine, un'espressione soddisfatta sul viso felino, sedeva maestosa e pericolosa al posto d'onore al tavolo a cui poco prima Bellicapelli stava apparentemente ripulendo i suoi amici dei loro risparmi. Aveva offerto loro da bere, li aveva fatti accomodare da perfetta padrona di casa, e stava aspettando che venissero serviti, ma Axell si sentiva sulle spine, aspettando che sganciasse su di loro la bomba.
Un'offerta irripetibile. Era così che Maddalena otteneva quello che voleva. L'impero di White le aveva lasciato abbastanza margine per permettere di spendere un sacco di soldi in una volta sola, come e quando voleva. Quando Axell aveva ricevuto quel biglietto e quella mazzetta vergognosa, aveva sospettato che fosse lei, il misterioso mandante. Cosa volesse proprio da lui però, quando aveva alle spalle un'intera famiglia di cecchini più stagionati, era un mistero irrisolvibile.
Be', non aveva importanza. Perché era Axell quello che stava sorseggiando Scotch al tavolo del Cappellaio Matto, aspettando che la follia si palesasse. Si chiese distrattamente se era così che si era sentita Alice, all'ora del tè.
La cameriera si allontanò col vassoio. Silenzio.
"Probabilmente vi starete chiedendo chi sono. Perché vi ho contattato in un modo così... inusuale," esordì Maddalena, chinandosi verso uno dei suoi scagnozzi perché le accendesse la sigaretta che le pendeva dall'angolo della bocca.
Axell sorrise. Non poté trattenersi. "Non essere modesta, Mads. Credo che chiunque in città conosca la fama del Cappellaio Matto. Anche se mio padre ripete spesso che dovresti farti chiamare Regina, con tutto il sangue che incrosta i tombini ultimamente. Ti ci vedrei a scrivere sul prossimo biglietto un bel 'tagliategli la testa'."
Maddalena ridacchiò, scuotendo la cenere dalla sigaretta. "Molto bene, mister Toft, vedo che in famiglia i suoi genitori fanno ancora fare i compiti ai loro ragazzi... Ma non vedo perché dovrei ricorrere alla violenza manifesta, quando la follia fa molta più paura."
Alla destra di Axell, Bellicapelli quasi si strozzò con il suo drink. "Il Cappellaio Matto è una donna?"
"Qualche problema, mister Kosmov?" chiese Maddalena con un sorriso. I suoi occhi però, erano di fuoco.
Bellicapelli, Kosmov, ebbe almeno la buona grazia di apparire imbarazzato, mentre cercava di coprire la gaffe nascondendosi dietro il bicchiere. "N-no, ero solo sorpreso, tutto qui," balbettò. Oh no, stava arrossendo? Adorabile.
"Vi ho chiamati perché ho un lavoro per voi," continuò Maddalena, tirando una boccata alla sua sigaretta e spostando lo sguardo sulla ragazza in giallo che sedeva silenziosamente alla destra di Kosmov. "Il vostro obiettivo si chiama John Anderson. Durante gli ultimi sei anni, è stato un tremendo fastidio per noi abitanti della Wonderland. Io e March abbiamo a lungo tentato di eliminarlo, ma non avevamo i mezzi per farlo. Dovete capire, la tecnologia era molto instabile," continuò, facendo un gesto ai suoi uomini.
L'uomo alla sua destra estrasse qualcosa dalla borsa che stava trasportando e l'appoggiò sul tavolo: era un piccolo congegno nero che sembrava un normale orologio da polso di plastica, di quelli vecchio stile che andavano di moda quasi cinquant'anni prima. La ragazza in giallo si irrigidì.
"Cheshire è stato così gentile da scovare per me certi gentiluomini che sono riusciti a fare progressi in questo specifico campo. Confido che lei sappia usare uno di questi congegni, miss Hutchcraft."
"Non lavoro più in questo campo," disse lei con fermezza, fissando il coso-orologio come se fosse un serpente.
"Non mi interessa," rispose serenamente Maddalena, tirando verso di sé il portacenere che riposava sul tavolo e schiacciandoci dentro la sigaretta. "Ho ricevuto una soffiata da uno degli avversari del corrente datore di lavoro di mister Anderson, ho le sue prossime fermate con un margine di errore di ventisette minuti, e non ho intenzione di lasciarmi sfuggire l'occasione di liberarmi di quel ratto. Se riuscirete a portare a termine il lavoro, le darò i contatti dei cari gentiluomini che mi hanno procurato il congegno. Avrei chiesto ai miei, ah, collaboratori, di occuparsene, ma non c'è nessun altro al mondo a cui affiderei una tale, delicata disinfestazione."
"Who you gonna call," mormorò Kosmov sotto voce alla sua destra.
Axell, sorpreso, dovette nascondere una risata con un colpo di tosse e un sorso di Scotch.
Forse quel tipo aveva un senso dell'umorismo, sotto sotto.
"Per voialtri," si rivolse loro Maddalena all'improvviso, "Il vostro compenso finale è la somma che avete ricevuto insieme all'invito, quadruplicata. Prendere o lasciare. Decidete ora."
Axell poteva quasi sentire il rumore degli ingranaggi nel cervello di Kosmov mentre faceva il calcolo del compenso finale; sentì definitivamente il rumore dell'aria che veniva improvvisamente espulsa dai polmoni per lo shock.
Era una bella sommetta, in effetti, avrebbe certamente fatto comodo. Ma Axell era troppo impegnato a risolvere un puzzle personale: aveva già visto un congegno simile a quello sul tavolo, ma, se aveva ragione, si trattava di qualcosa che non era ancora disponibile al pubblico, pericoloso ed eccitante---
"Viaggio nel tempo," concluse Axell ad alta voce. "E' per questo che non ci vuoi pagare in anticipo. Non avresti possibilità di recuperare il denaro, se ci ammazzano nell'antica Grecia coi tuoi risparmi in tasca."
Maddalena sorrise. Miss Hutchcraft fece una smorfia. Kosmov, che aveva avuto un leggero, attraente sorriso sulle labbra, evidentemente impegnato a immaginare come avrebbe potuto spendere l'intero gruzzolo, divenne improvvisamente molto serio.
"Viaggio nel tempo," ripeté, scettico.
"Viaggio nel tempo," gli fece eco Axell, divertito dal suo scetticismo. Kosmov era probabilmente sulla scena da molto tempo, per essere abbastanza bravo da essere convocato dal Cappellaio per un incarico tanto importante, ma era evidente che era completamente fuori dal giro.
Viaggiare nel tempo non era qualcosa che facevano tutti, ma Axell sapeva che prima o poi la tecnologia sarebbe diventata abbastanza stabile da permettere un'organizzazione più sensata di squadre specializzate in missioni attraverso il tempo. Era successo con l'industria dei sogni, quarant'anni prima; era solo normale che succedesse la stessa cosa con una risorsa del genere. Quanto sarebbe stato fico, essere tra i primi a viaggiare in squadra?
"Io accetto," disse Axell, sorridendo.
"Quanto è stabile la tecnologia di cui stiamo parlando? Non voglio trovarmi nel bel mezzo della Grande Guerra solo perché un cretino ha invertito il flusso di cronotoni per sbaglio," chiese seccamente miss Hutchcraft, la ciocca azzurra che le dondolava sulla guancia.
"Molto stabile. E potente. Il mio team mi assicura che la riserva di uh, qualunque cosa sia che fa funzionare il congegno su cui stanno lavorando, è sufficiente a farla arrivare nell'epoca di cui ha bisogno, miss Hutchcraft," la rassicurò Maddalena. Non stava sorridendo; di qualunque cosa stessero parlando, era qualcosa di estremamente importante e serio. "Ha da fidarsi solo della mia parola, purtroppo."
Miss Hutchcraft sembrò pensarci per un lungo secondo. Poi annuì.
"No, scusatemi un secondo. State veramente credendo a questa- cosa del viaggio del tempo?" chiese Kosmov. Dal suo tono traspariva una leggera nota di panico. Probabilmente li credeva tutti pazzi. Axell poteva praticamente leggergli in faccia che l'unico motivo per cui non si era ancora alzato dal tavolo era la promessa di tutti quei soldi. Era probabilmente cresciuto povero. E quel guardaroba certamente richiedeva una certa manutenzione.
Certo che quella cravatta era di un verde veramente spettacolare. Quanti negozi aveva girato per trovare una seta che si abbinasse così perfettamente al colore dei suoi occhi? Non doveva essere stato facile. Magari l'aveva fatta tingere su commissione...
"Il viaggio nel tempo è una cosa che esiste, tesoro. Fidati di me," lo punzecchiò Axell, dandogli un buffetto amichevole sulla spalla.
"Tesoro dillo a tua sorella," sbottò Kosmov, per poi finire il suo Scotch. Era ovviamente ancora dubbioso riguardo alla faccenda.
"Temo che casa mia sia un sausage fest. Però scommetto che casa tua è perfetta."
Kosmov non reagì all'ultima battuta; si limitò a sospirare e a ri-appoggiare il bicchiere vuoto sul tavolo. "Qualcosa mi dice che mi pentirò della mia decisione. Del resto, ho l'impressione che la posta in gioco sia troppo alta per rifiutare. Accetto l'incarico."
Gli identici sorrisi di Maddalena e di Axell erano per due motivi molto diversi.
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Un time-jumper, tre cellulari a connessione inter-temporale, un foglietto di carta con su tre coordinate spaziotemporali e un fondo di martini erano tutto quello che quella donna, Maddalena, si era lasciata dietro.
Quando Evelyn aveva deciso di unirsi alla comunità malavitosa della città, non aveva tenuto in conto della possibilità di ritrovarsi invischiata in un altro viaggio del tempo con scasso.
Pensava di aver chiuso con quella vita di merda. Non che non si fosse iscritta all'accademia di sua volontà; tutto era meglio piuttosto che avere sua madre che le ronzava intorno come un'ape, chiedendole se non era giunto il momento di trovarsi un buon partito, e iscriversi alla facoltà di Fisica Spazio-Temporale di Harvard era praticamente stato un sogno che si avverava.
Ogni tanto ripensava ai primi giorni in seguito all'incidente, giorni luttuosi in cui la consapevolezza di essere incastrata in un passato lontano quasi due secoli, completamente sola e abbandonata a se stessa, non era ancora completamente penetrata. Aveva ricevuto addestramento per adattarsi ad una situazione del genere; con il tempo se n'era fatta una ragione. Era un rischio che tutti correvano e di cui erano consapevoli, quando si iscrivevano all'albo dei Time-Jumper. Almeno era rimasta incastrata in un'epoca in cui esistevano i vaccini, i servizi igienici al chiuso, e internet.
Un'epoca in cui il viaggio nel tempo non era ancora stato scoperto, o così pensava. Purtroppo nelle pagine scientifiche ufficiali apparentemente avevano riportato solo fatti risalenti a quando la scoperta che il viaggio nel tempo era possibile era stata resa nota al pubblico, perché quel Time-Jumper era definitivamente autentico.
Se lo rigirò tra le dita, analizzando i dati che il minuscolo sensore del suo anello stava inviando ai suoi AR-glasses. Purtroppo il software di Augmented Reality era troppo fuori aggiornamento per darle tutte le informazioni di cui avrebbe avuto bisogno (non poteva esattamente utilizzare un software vecchio di duecento anni su quel tipo di hardware), ma da quel poco che riusciva a leggere, il congegno funzionava.
"Adesso ho capito perché la chiamano il Cappellaio Matto; è completamente fuori di testa," borbottò Kosmov, da qualche parte dietro di lei. Appena miss Hatrick era uscita dalla porta, l'uomo era scattato in piedi, era andato a farsi un refill di Scotch al banco, era tornato indietro, e da quel momento non era stato fermo un secondo. Era almeno un quarto d'ora che borbottava tra sé e sé di quanto quell'incarico fosse una bufala, di come non potesse credere che degli adulti credessero che il viaggio nel tempo fosse possibile, di come non potesse credere di aver accettato un lavoro simile, ed Evelyn onestamente cominciava ad averne le tasche piene, delle sue lagne e di Toft che stava palesemente divertendosi un mondo a dargli corda.
"Potevi evitare di accettare, se credi davvero che sia una tale stronzata," sbottò Evelyn, finalmente girandosi. Toft era in piedi appoggiato al bancone che se la rideva sotto i baffi, mentre Kosmov a un certo punto si era allentato la cravatta e tirato su le maniche della camicia. Sembrava nervoso.
"E rifiutare tutti quei soldi? Voi avreste rifiutato?" esclamò Kosmov incredulo, gesticolando, incurante dello Scotch che stava volando fuori dal bicchiere.
Toft fece spallucce. "Non ho davvero bisogno di soldi. Se il lavoro si fosse rivelato noioso avrei rifiutato, ma questo? Sarei il primo Toft a viaggiare nel tempo."
"Se davvero il Cappellaio ha quello che dice di avere, per me tutti quei soldi non hanno assolutamente valore," replicò Evelyn, accendendo distrattamente uno dei cellulari procurato da miss Hatrick. Uh, una delle applicazioni era un rilevatore di coordinate temporali. Non erano in un formato che le fosse familiare. Difficile dire dove e quando sarebbero finiti.
Ignorando Kosmov che continuava a blaterare oltraggiato, Evelyn lanciò a ciascuno uno dei cellulari, ficcando il proprio in borsetta. "Tenetelo in un posto sicuro, potrebbero servirci se rimaniamo separati per un qualunque motivo. Sono a connessione inter-temporale, per cui dovrebbero funzionare in qualunque punto della linea temporale universale."
"Connessione inter-temporale? Ma che vaccate vai dicendo? Ehi, ma mi stai ascoltando?"
Si alzò, allacciandosi il Time-Jumper al polso e immettendovi le coordinate della prima destinazione. Offrì la mano a Toft, che la accettò sorridendo, una scintilla di eccitazione negli occhi, prima di afferrare Kosmov per il polso, che ancora stringeva il bicchiere semivuoto di Scotch.
"Spero siate pronti a un po' di scossoni, dubito fortemente che sarà un viaggio in prima classe."
Premette il tasto di accensione, e sentì la familiare sensazione di cadere nel vuoto.
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Qualcuno lo aveva rivoltato come un calzino. Non c'era nessun'altra spiegazione all'improvviso malessere che lo aveva colpito come una mazza chiodata. Era come se un'enorme mano invisibile l'avesse strizzato, costringendo il suo stomaco a contrarsi e mozzandogli il fiato.
Aveva quasi paura a muoversi, ad aprire gli occhi. Era inginocchiato su un duro, stabile, meravigliosamente solido pavimento, ed era bagnato e freddo, e non voleva nemmeno pensare allo stato dei suoi poveri pantaloni, ma aveva paura che se si fosse alzato avrebbe vomitato di nuovo, ed era un'esperienza che decisamente non voleva ripetere.
"Figuriamoci se lo scettico non soffriva di mal di tempo," borbottò una voce femminile - Miss Hutchcraft- alle sue spalle.
"Non sia così dura con lui, miss Hutchcraft," sentì rispondere Toft. Ilya quasi schizzò fuori dalla propria pelle quando sentì una mano calda appoggiarglisi sul collo, ma realizzò che era solamente l'altro uomo che si era inginocchiato di fianco a lui, quando lo sentì parlare molto più da vicino.
"Anzi, a proposito, visto che dobbiamo lavorare insieme io sarei favorevole a lasciar perdere le formalità. Posso darti del tu? Io sono Axell."
"Evelyn."
"Splendido nome. Il tuo, zucchero?" chiese Axell, strofinandogli gentilmente la schiena. Ilya avrebbe preferito bruciare all'inferno piuttosto che ammettere che lo stava facendo sentire meglio, ma Axell era caldo, faceva freddo, e lui era solo in maniche di camicia, perché aveva lasciato la giacca appesa alla sedia.
"Ilya," rispose, la voce ruvida come carta vetrata. Fantastico.
"Ilya," ripeté Axell con un sorriso nella voce. "Adesso ci credi che si può viaggiare nel tempo?" lo prese in giro, aiutandolo a tirarsi in piedi.
"Posso credere a tutto quello che ti pare, se mi togli le mani di dosso," sbottò Ilya, allontanandolo con una manata. Guardandosi in giro, vide che erano nel bel mezzo di un vicolo buio. Non molto utile per capire dove erano, o quando, se davvero avevano viaggiato nel tempo. "Dove siamo?"
Evelyn, quasi fluorescente nell'oscurità nel suo abitino da cocktail giallo, raccolse quello che sembrava un brandello di quotidiano da terra e gli diede una spolverata. Ilya trattenne la voglia di urlare. Sembrava che fossero finiti in un film di fantascienza di seconda scelta.
"Martedì 10 settembre 1889, quasi sicuramente Londra," annunciò Evelyn mostrando il giornale; era una copia del Times. "Vi dice niente?"
"Sherlock Holmes?"
"Be', il periodo è quello. Temo che Mister Holmes non sia mai esistito," commentò distrattamente Evelyn, frugando nella borsetta. Ne estrasse una manciata di quelli che sembravano bottoni blu elettrico, e ne lanciò uno a Ilya e uno ad Axell. Quella ragazza sembrava avere una fissazione per lanciare oggetti. "Hard Light Cloth. Non è davvero tessuto, ma si comporta come tale, basta non pensarci troppo. Battete le mani tenendolo sul palmo per attivarlo. Non sono sicura che funzionino ancora, sono sei anni che sono nella mia borsa a fare muffa, ma non esco mai senza qualche capsula di riserva."
"Che cosa sono?" chiese Ilya, esaminando il suo più da vicino. Sembrava davvero un bottone. Aveva anche i buchi per farci passare il filo.
Invece di rispondere, Evelyn batté le mani. Il suo abitino giallo fu immediatamente sostituito da un vestito molto più ingombrante e sofisticato, giallo e nero, apparso apparentemente dal nulla.
"Sono probabilmente un po' decalibrati, ma almeno non è Valentino 2242," sospirò la ragazza facendo una smorfia e risistemandosi il vestito. All'espressione confusa dei due uomini, sbuffò. "Lasciate perdere. Cambiatevi anche voi, dobbiamo cercare Anderson. Hatrick ha detto che abbiamo solo una ventina di minuti per trovarlo prima che parta per la prossima missione."
"D'accordo, ma come facciamo a trovarlo?"
"I cronotoni lasciano una traccia. E' estremamente difficile da rilevare, questo affare," batté un dito sul collare del vestito, che aveva la forma familiare degli AR-glasses che indossava pochi minuti prima, "contiene un software in grado di rintracciarla. Basta domande ora, usate quei dannati affari."
Axell eseguì. Jeans e maglietta furono sostituiti da un completo sotto ad un lungo cappotto. Ilya fece lo stesso, e si ritrovò strizzato in un simile completo tre pezzi di un tessuto decisamente più spesso di quello in cui si trovava pochi minuti prima. Difficile dire di che colore fosse, col buio pesto che faceva. Si vedevano a stento i contorni delle cose, nella foschia e nella luce nebulosa dei lampioni e della luna che filtrava dalle nuvole. Più che Sherlock Holmes, a Ilya veniva in mente Dr. Jekyll e Mister Hyde-
Un grido di donna dall'altra parte della strada gli gelò il sangue nelle vene. La mano di Ilya volò automaticamente alla pistola. Lanciò un'occhiata agli altri due: erano entrambi tesi in maniera simile. Si scambiarono un'occhiata e si precipitarono fuori dal vicolo, verso il nugolo di curiosi che si era già raccolto intorno alla stradina da cui era venuto lo strillo.
Ilya vide con la coda dell'occhio un poliziotto che tentava di sbarrare la strada ad Evelyn. "Mi perdoni signorina, non è il caso che lei veda un simile scempio."
"Cos'è successo?" chiese Axell, in un tono sorprendentemente serio e grave, prendendo Evelyn sottobraccio con estrema scioltezza.
"Un altro omicidio, ahimè. Speravamo che dopo Luglio scorso si fosse finalmente fermato, ma..." il poliziotto iniziò. Aveva l'aria stanca.
"Ci sono stati altri omicidi in questa zona? Che orrore," continuò Axell. Evelyn si stava toccando il collo, un'espressione preoccupata sul volto. C'era qualcosa che non andava con il software? O aveva rilevato una traccia di cronotoni? Forse non era il caso di rimanere a chiacchierare con un poliziotto, in un momento del genere. Non avevano molto tempo.
Il poliziotto sembrò oltraggiato dall'ignoranza di Axell. "Signori, venite per caso dalla campagna? Come non avete sentito delle orrende stragi di Whitechapel?"
A quel nome, la mente di Ilya fece finalmente il collegamento che gli mancava. "Jack lo Squartatore," esclamò sorpreso.
"Sì, qualche giornalaccio gli ha dato quel soprannome. Per vendere, sa. Ma qui non c'è niente da ridere, qui ci sono persone che muoiono. L'omicidio di questa notte è particolarmente terribile, non siamo ancora riusciti ad identificare il corpo... è stato completamente smembrato."
"Oh, ma è terribile. Caro, torniamo a casa, sono terribilmente spaventata," esclamò Evelyn, in un tono monocorde pochissimo convincente, trascinando entrambi gli uomini per un gomito verso l'altro lato della strada.
Il poliziotto fece le sue scuse per aver "spaventato la signora", e si allontanò di tutta fretta per tornare dai suoi colleghi. Evelyn si accigliò.
"Cosa è successo? Ti ho visto fare una faccia, mentre il poliziotto parlava," la invitò Ilya a parlare.
Evelyn scosse la testa. "Lo abbiamo perso. Il software ha rilevato la crono-traccia, e l'ha persa immediatamente. Non è nella zona, lo swipe è regolato su due chilometri. Non ho idea di che cosa sia successo. L'unica spiegazione è che il nostro uomo è arrivato in questa epoca e se n'è andato immediatamente."
"Potrebbe averci visto," ipotizzò Axell.
"Vorresti dire che sa chi siamo?"
"Sa chi siamo, sa che siamo sulle sue tracce. Non mi viene in mente nient'altro. Cosa dici, Ilya?"
Odiava dargli ragione, ma Axell aveva ragione. "E' probabile che chiunque abbia dato la soffiata al Cappellaio l'abbia data anche al Dormouse. Perché no, del resto? Chi vive di spionaggio non è interessato a chi arrivano le informazioni, solo a chi è disposto a pagarlo."
"Merda," imprecò Evelyn. "Be', non tutto è perduto. Abbiamo ancora due tappe," disse, mostrando loro il Time Jumper ancora allacciato intorno al suo polso, ben nascosto dal polsino merlettato del complicato vestito.
"Giusto. Dove si va?" chiese Axell, decisamente troppo giulivo per i gusti di Ilya.
"Non ne ho la più pallida idea," rispose altrettanto allegramente Evelyn, afferrandoli per il polso.
Ilya non ebbe nemmeno il tempo per prendere fiato prima che il congegno infernale si attivasse, rubandogli la terra da sotto i piedi.