Per questo post sono andata leggermente a ritroso nel tempo, mancava ancora uno dei tre fratelli Massala all'appello e quindi ho pensato bene di sfruttare anche il suo punto di vista.
Questo post, o almeno la prima parte, e pronta da decenni ormai, ma mi sono ritrovata a dover giostrare tre lotti differenti per far si di avere una qualche continuità temporale nel gioco e ho dovuto rimontare tutto un'infinita di volte per non perdere fatti per strada.
Per chi si aspettava nuovi risvolti nella vita dell'erede inutile, purtroppo dovrà pazientare ancora un po'...non troppo in realtà, perchè ho davvero bisogno di sfollare il folder di Fraps prima che imploda.
>>>>
-------------------------------------------------
Essere la terza della lista non è certo un compito facile: per quanto io mi sforzassi, sapevo che non sarei mai potuta essere brillante come mio fratello Chai o un'artista come Tikka.
Ovviamente però ho anch'io le mie qualità nascoste (ad esempio nessuno ha MAI rifiutato un mio bacio, vero sorellina?) e ho tentato di sfruttarle al meglio...
Mio padre è sempre stato un fanatico della famiglia, decisamente troppo protettivo, ma c'e da dire che qualcosa e riuscito a passarmi.
Ho sempre cercato di non essere da meno dei miei fratelli, ho imparato a dipingere per rendere felice mia madre...
e studiato fino a notte fonda per entrare tra i migliori studenti a scuola.
Avrei voluto andare alla scuola privata (adoravo quella divisa!), ma i soldi scarseggiavano. Ad esempio: ho sempre dovuto indossare gli abiti smessi di mia sorella e quindi mi sono sempre dovuta accontentare di prendere lo scuolabus della pubblica.
Diciamo che mi e andata bene, visto che, altrimenti, non so come avrei potuto conoscere Pecan. Ovviamente, attaccare discorso non fu un'impresa facile.
Sarà che il suo aspetto incuteva un certo timore, ed era risaputo da tutti che quelle cicatrici risalivano a prima che venisse adottato da una famiglia del quartiere.
Fortunatamente, grazie ai miei instancabili tentativi di un qualsiasi tipo di conversazione, la nostra amicizia fece progressi...
Qualche mese più tardi, papà ricevette una promozione al lavoro. Non appena seppi che il suo orario comprendeva anche il pomeriggio mi precipitai al telefono per invitare Pecan a studiare a casa mia.
Pecan mi confidò che era preoccupato per l'arrivo degli esami e io, colsi l'occasione al volo proponendo di organizzare dei pomeriggi di studio a casa mia.
…durante i quali non mancai di mostrargli i capolavori dipinti da mia madre...
…e, ovviamente, un paio di altre cose, mentre quel nerd di mio fratello era impegnato con i suoi libri in salotto.
Era chiaro che Pecan non sarebbe stata una cosa passeggera. O almeno sarebbe durato finche papà fosse rimasto al lavoro fino a sera.
Ma, ovviamente, la fortuna doveva finire prima o poi!
Un pomeriggio ricevetti una telefonata da Pecan: era stato ammesso ad un college fuori città con tanto di borsa di studio! Un'opportunità da non rifiutare.
Ero furiosa! E tutte le promesse che mi aveva fatto?
Non che lo studio non mi interessasse, ma i miei piani erano leggermente diversi... e non sarebbe stato certo un college a fermarmi!
Papà era il problema...lui.. be', lui non era più lo stesso dopo la morte della mamma e sapevo che non mi avrebbe mai lasciata andare.
Chiamai Gwen, l'unica tra le mie amiche a conoscere la situazione, i suoi consigli mi erano sempre stati di grande aiuto e io dovevo escogitare qualcosa.
Gwen, cercava di consolarmi, ma certo: "troverai qualcun altro" non era esattamente quello che volevo sentirmi dire.
In compenso fu papà a trovare qualcosa. Seguendo il consiglio dello strizzacervelli consultato dopo il funerale, continuava a passare il tempo al telefono con i suoi conoscenti.
Alla fine, qualcuno pensò di passare, di persona, a sentire come stava.
Un giorno dovrò ringraziare Victoria non solo per aver salvato la vita sentimentale di mio padre, ma anche la mia!
Fu cosi che presi coraggio e chiesi a papà il permesso di andare al college. Dovetti promettere di telefonargli almeno un milione di volte al giorno ed una serie di altre regole militari, ma alla fine, complici Victoria e Chai, riuscimmo a convincerlo a farmi partire!
Una volta arrivata al campus pensai bene di prendermi una piccola rivincita su Pecan, starmene per conto mio e tenere il muso per un po'.
I miei propositi andarono a monte nell'attimo in cui Pecan allungò una mano per accarezzarmi.
Quando poi, qualche giorno più tardi, tento di scusarsi per avermi lasciata, decisi che il mio era un comportamento decisamente infantile ed era l'ora di smetterla.
Durante la pausa estiva del primo anno Pecan ne approfittò per andare a trovare la sua famiglia adottiva.
Rimasta sola, decisi di accettare l'invito di mia sorella e passare un paio di giorni in un albergo fuori città.
Alla fine del weekend Tikka insistette per riaccompagnarmi all'aeroporto, ma lungo la strada si fermò davanti ad un piccolo cottage in periferia.
Mia sorella era stata piuttosto vaga su come e dove vivesse dopo la laurea, ma non fui affatto sorpresa quando mi disse che ormai abitava lì da qualche mese e non da sola.
In quel momento Sinjin era al lavoro, ma, mi confidò Tikka, sarebbe stato felice se fossi riuscita a venire al matrimonio!
Una volta tornata al campus trovai Pecan ad aspettarmi; si era addormentato sul divano in sala comune, ma non resistetti alla tentazione di svegliarlo per raccontargli le ultime novità.
Le cose andavano per il meglio per la mia famiglia e volevo condividere con lui la mia felicità.
Tornai a casa la primavera successiva, il giorno delle nozze faceva già caldo e il giardino del cottage di Tikka era una distesa di petali bianchi.
Alla fine della cerimonia corsi ad abbracciare mia sorella, raggiante nel suo abito di seta stampata: sapevo di non averla mia vista cosi felice.
Metà della mia vita universitaria era ormai passata. Anche Pecan, nonostante il suo carattere schivo si era ambientato nel dormitorio.
Il fatto che non fossi più l'unica a riuscire a strappargli un sorriso fu più difficile del previsto da accettare. Senza contare le occhiate che gli lanciavano altre ragazze e che mi facevano letteralmente imbestialire.
Lo studio non faceva altro che appesantire la situazione e l'unica con cui mi confidassi era Tikka che, durante interminabili telefonate, ascoltava pazientemente le mie paranoie.
Un giorno, poco prima degli esami di fine anno, stanca e stressata dallo studio, finii per riversare tutta la mia frustrazione su Pecan. Lo accusai di trascurarmi senza motivo, lui mi chiese di calmarmi e io scoppiai del tutto finendo per fare un'assurda scenata nel bel mezzo della mensa.
I giorni seguenti ero distrutta. La sessione d’esami andò malissimo lasciando un'orribile nota negativa sul mio libretto e, pur sapendo di aver sbagliato, non riuscivo a trovare una spiegazione plausibile per il mio comportamento, né, tanto meno, le parole giuste per scusarmi.
Non volendo peggiorare ulteriormente la situazione, mi limitavo ad osservare Pecan da lontano .
Ancora una volta fu lui a fare il primo passo, l'unico che riuscisse a vedere al di la del mio stupido orgoglio.
Come se la discussione non fosse mai avvenuta mi chiese di accompagnarlo a comprare un regalo per sua madre in una nuova pasticceria poco lontano dal campus. Ammutolita mi limitai ad annuire: sapeva che avevo un debole per i dolci e non avrei mai rifiutato.
Mentre salivo sul taxi diretta all'appuntamento mi chiesi ancora una volta come avrei articolato le mie scuse.
Pecan mi invitò ad un tavolo dove, confusa, iniziai a balbettare qualcosa, ma fui interrotta dall'arrivo del cameriere e da un delizioso esempio di pasticceria francese. Pecan scrollò le spalle e si limito a farmi cenno di assaggiare.
Mentre fissavo inebetita il mio piatto fece scivolare una piccola scatola di velluto sul piano, fu a quel punto che mi cadde la forchetta per terra rimbalzando rumorosamente sul pavimento lucido.
Pecan non era mai stato terribilmente loquace, di solito ero io che riempivo i suoi silenzi con le mie chiacchiere inutili, ma quella sera parlò senza prendere fiato, tanto che quando lasciammo il locale non aveva toccato cibo.
Era meraviglioso e terrificante sapere che aveva bisogno di me quanto io di lui e non osai interromperlo finche non arrivammo al dormitorio.
.....a quel punto decisi che era arrivato il momento di smetterla con le parole.
Da quel giorno Pecan prese l'abitudine di passare sempre qualche minuto, la sera, a raccontarmi qualcosa di lui o fare progetti per il futuro.
La fine del quarto anno arrivò anche per me e io insistetti per dare una festa di laurea e salutare degnamente il resto dei coinquilini.
Quando ormai la festa volgeva al termine Pecan mi prese da parte. Mi disse che le sue non erano state soltanto chiacchiere, le sue parole avevano un peso e non mi avrebbe lasciata andare.
Lo abbracciai rassicurandolo: non sarei andata da nessuna parte senza di lui!
------------------------------------------------
Si può dire che le due sorelle Massala siano sistemate.
Tikka, la donna dell'errore irreversibile, cioè colei che ha dovuto cambiare 4 dormitori perchè dopo un po' che stava da qualche parte, automaticamente il lotto mi andava in tilt. Credo che prima o poi anche la sua dimora corrente crollerà, ma, per ora, tendo a giocarci il meno possibile e per periodi estremamente brevi.
Dhania che e una specie di benedizione del mondo simmico, visto che la sua barra delle aspirazioni ha subito veramente poche variazioni da quando lo scuolabus ha scaricato Pecan davanti a casa Massala... un po' monotona, ma sicuramente facile da gestire (parla a Pecan, flirta con Pecan, trascina il povero Pecan nella cabina per le foto...)
Dal prossimo post in poi l'obiettivo e un'eventuale terza generazione.. di bimbi complessati, probabilmente, visto il padre che si ritroveranno ad avere.