Titolo: You could be happy
Fandom: Arashi
Pairing: Matsumoto Jun/Ohno Satoshi
Rating: Safe
Avvertenze: Slash
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Jun si chiuse la porta di casa alle spalle con più violenza di quella che avrebbe voluto. Lasciò cadere a terra la borsa, abbandonò le scarpe nell'ingresso senza nemmeno preoccuparsi di sistemarsi e lanciò il cappotto e la sciarpa sul divano.
Note: Scritta per il maribingo di maridichallenge con il prompt 4. “You could be happy - Snow Patrol” e per il COW-T con il prompt “Compassione”
Jun si chiuse la porta di casa alle spalle con più violenza di quella che avrebbe voluto. Lasciò cadere a terra la borsa, abbandonò le scarpe nell'ingresso senza nemmeno preoccuparsi di sistemarsi e lanciò il cappotto e la sciarpa sul divano.
Si guardò intorno.
L'appartamento era stranamente silenzioso e Jun si ritrovò a sospirare da solo.
Avrebbe dovuto averci fatto l'abitudine ormai. Erano già quasi quattro mesi che si era ritrovato da solo, per sua scelta d'altronde. Non avrebbe dovuto lamentarsi. Non avrebbe dovuto sentirsi solo. Non avrebbe dovuto sentirsi così male ogni volta che apriva la porta di casa e vedeva solo le proprie cose.
Si passò le mani sul volto e per un secondo gli sembrò che tutto remasse contro di lui.
Le riprese per i programmi televisivi che finivano ad orari improbabili, la sua famiglia che continuava a chiedergli della sua vita privata, le interviste, le coreografie da imparare e il concerto da organizzare, Jun sentiva come se potesse scoppiare da un momento all'altro.
Non aveva un momento per sé stesso da mesi ormai. Ogni giorno c'era qualcosa da fare, qualcuno da chiamare, persone da sistemare ed era stanco.
Era semplicemente stanco e avrebbe voluto mettersi a letto e dormire per almeno due giorni di fila e risvegliarsi e avere finalmente di nuovo il controllo della propria vita, ma sapeva che non era possibile.
E si odiava per non riuscire a trovare sé stesso, per essere così debole, per lasciarsi abbattere in quella maniera e non trovare la minima energia per combattere e tirare fuori le unghie e i denti.
Con un altro sospiro si diresse verso la cucina. Non aveva voglia di mangiare cibo precotto, ma era anche troppo stanco per mettersi a cucinare qualcosa, sebbene sapesse che cucinare lo avrebbe distratto dai propri pensieri.
Frugò nella credenza, recuperando l'ultimo pacco di ramen precotto e mise l'acqua nel bollitore. Rimase appoggiato al tavolo, in silenzio, per tutto il tempo. Mentre aspettava l'acqua, mentre aspettava che il ramen finisse di cuocersi e poi si sedette.
Girò mestamente le bacchette nella ciotola, lasciandosi andare ad un altro sospiro profondo, iniziando poi a mangiare.
Improvvisamente gli era passata la fame, ma doveva mangiare.
Anche quella mattina Aiba gli aveva chiesto se andasse tutto bene perché aveva notato che aveva perso chili. Jun sorrise a quel pensiero. Aiba era sempre il primo che si accorgeva quando c'era qualcosa che non andava nel gruppo ed era sempre il primo che si preoccupava e si prodigava per fare qualcosa per tirare su il morale.
Stava continuando a girare le bacchetto quando il campanello suonò ripetutamente. Jun guardò immediatamente l'ora e si chiese chi diamine potesse essere alle due di notte e borbottando si avvicinò alla porta.
Quando la aprì Jun si irrigidì immediatamente. Di fronte a lui c'era Ohno appoggiato malamente contro lo stipite della porta.
Non era ubriaco, Jun poteva vederlo tranquillamente, ma... diciamo un bel pezzo oltre la sbronza ecco.
« Umh... Satoshi? » chiamò poi.
L'altro alzò di scatto la testa, come se non si fosse reso conto che Jun aveva aperto la porta e gli sorrise.
E di nuovo Jun si sentì come se fosse completamente alla deriva, come se di nuovo non avesse il controllo di sé stesso e delle proprie azioni.
« Oh, Junji! » esclamò poi.
« Sssssh. » lo rimproverò Jun afferrandolo per un polso e trascinandolo in casa, chiudendogli la porta alle spalle « Cosa urli, sono le due di notte, dormono tutti. »
Ohno ridacchiò piano, portandosi la mano alla bocca.
« Scusa, scusa. » sussurrò.
Jun sospirò pesantemente, tirandosi indietro i capelli.
« Non devi bisbigliare. Puoi parlare a voce normale. »
« Mh. » commentò l'altro togliendosi le scarpe e barcollando verso il salotto.
Jun lo vide fermarsi in mezzo al salotto e aprire le braccia, inspirando a pieni polmoni l'aria fredda della notte che veniva dal balcone aperto.
Rimase in silenzio, continuando ad osservarlo, poi si voltò verso di lui, con il suo solito sorriso sbieco.
« Sei riuscito a togliere l'odore dei miei solventi. » mormorò poi.
“E non perché io lo volessi, idiota.” si ritrovò a pensare Jun, senza rispondere.
« Hai sempre odiato quell'odore. »
“Non è vero. Era solo una delle cose che dicevo quando ero arrabbiato ma non volevo ferirti.”
« Deve essere stato difficile mandarlo via. » continuò Ohno.
“Nemmeno così tanto. E la cosa mi spaventa da morire.”
Jun continuò a rimanere in silenzio perché non era sicuro di come sarebbe uscita fuori la propria voce.
Da quando si erano lasciati per Jun era stato difficile interagire con Ohno. A lavoro riusciva a malapena a mantenere un tono fermo, solo perché non aveva intenzione di far preoccupare troppo Aiba o Sho.
Ohno gli rivolgeva la parola solo per lo stretto necessario. Niente di più di un “Allora dopo questa canzone dobbiamo cambiarci i vestiti, giusto?” o un “Il tuo manager ti sta cercando, richiamalo”.
E Jun sapeva che non avrebbe dovuto starci male, che non avrebbe dovuto continuare a sentire la sua mancanza, che era stato lui a lasciarlo perché Ohno si era comportato come uno stronzo dopo anni che stavano insieme.
Eppure non poteva impedirselo. Non riusciva a non guardarlo e a non pensare a quanto fosse bello, a quanto gli mancasse, a quanto volesse anche solo un abbraccio e continuare a rimanere stretto fra le sue braccia per tutto il tempo che aveva ancora da vivere.
Ohno si avvicinò lentamente a lui e Jun rimase immobile vicino alla porta, inghiottendo saliva che non aveva e sentendo la gola raschiare per quanto era secca.
« E' stato così semplice per te Jun? » sussurrò poi.
Jun continuò a rimanere in silenzio, non sapendo che cosa dire. Non voleva sentirsi in colpa perché era stata tutta colpa di Ohno se si ritrovavano in quella situazione.
Colpa sua e di Nino.
Ma più colpa di Ohno, perché da Nino un comportamento del genere poteva aspettarselo, ma non da Satoshi.
« Perché sei venuto qua? » si limitò a chiedere facendo un passo indietro.
« Volevo vederti. »
Ecco quale era il problema con Ohno. Quale era sempre stato il problema con Ohno. Era diretto e schietto, senza mai preoccuparsi di addolcire un discorso, di preoccuparsi dei sentimenti altrui.
Quando Ohno diceva qualcosa, era sempre quella e non tornava indietro. Parlava quando aveva i pro e i contro di ogni cosa e non si rimangiava mai quello che diceva.
Jun abbozzò comunque una risata amara.
« Ci siamo visti fino a tre ore fa. » brontolò sapendo perfettamente che il discorso dell'altro era completamente diverso.
Infatti Ohno si avvicinò ancora di più, spingendolo piano contro il muro.
« Volevo vederti. » ripeté poi calando il tono sull'ultima parola e Jun sentiva come se il cuore avesse potuto scoppiargli nel petto.
« Ci siamo lasciati Satoshi. » si limitò a dire.
Ohno alzò lentamente una mano, accarezzandogli il viso e Jun non riuscì ad impedirsi di fremere sotto il suo tocco.
« Ci siamo lasciati Satoshi. » mormorò di nuovo, come se quelle parole avessero potuto proteggerlo dalla catastrofe che si stava abbattendo su di lui.
« Non mi interessa. Ti amo. »
« Satoshi, non... »
Il più grande si alzò sulle punte dei piedi e poi lo baciò. Fu un bacio lento, tenero al quale Jun non aveva nessuna possibilità di resistere.
Aprì leggermente la bocca, ricambiando il bacio perché era l'unica cosa che voleva fare da sei mesi a quella parte. Volevo solo baciarlo, sentirlo di contro di sé, sentire la sua pelle, le sue mani che lo toccavano.
Satoshi gli mancava, giorno dopo giorno. Avrebbe voluto andare da lui e dirgli che potevano trovare una soluzione, che poteva sforzarsi di ignorare il fatto che Ohno si fosse scopato Nino nella loro stanza d'albergo alle Hawaii, sforzarsi di ignorare Nino che era tornato a comportarsi con Satoshi come se fosse di nuovo una sua proprietà.
Ma era orgoglioso Jun.
Non avrebbe mai fatto la prima mossa, nemmeno se quello avesse significato rimanere tutta la vita lontano da lui.
Ohno continuò a baciarlo, passandogli una mano dietro al collo, tirandolo ancora di più contro di sé, passandogli una mano sul petto, slacciandogli piano la camicia.
« Ti amo. » mormorò ancora Ohno allontanandosi leggermente da lui, continuando a sfiorargli la pelle nuda con i polpastrelli ruvidi.
Jun avrebbe potuto riconoscere il suo tocco fra mille. C'era qualcosa che rendeva le mani di Satoshi impossibile da confondere. Forse l'odore acre delle pitture, forse quello dei solventi, forse i piccolo calli che aveva perché passava tutte le ore libere a dipingere o a disegnare o a ballare.
C'era qualcosa nel calore della sua pelle, qualcosa che lo attirava e di cui non riusciva a fare a meno.
« Satoshi, sei ubriaco. »
« Sono solo sincero. » si limitò a dire l'altro baciandolo ancora « E mi dispiace Jun. Mi dispiace per tutto quello che ho fatto, mi dispiace averti fatto del male. »
Jun sentì improvvisamente come la bolla d'aria intorno alla sua testa fosse improvvisamente esplosa, facendolo tornare di nuovo alla realtà.
« Mi hai tradito. Con Nino. Qui siamo ad un livello ben più alto di un semplice “mi hai fatto del male” e lo sai Satoshi. »
« Ti prego Jun. » continuò poi « E' stato... »
« Un errore? Un incidente? Un caso? » lo interruppe Jun sentendo di nuovo la rabbia montargli nel petto e no, non si sarebbe fatto muovere a pietà dallo sguardo di Ohno.
Era stanco di sentirsi in colpa per cose che non aveva fatto Jun.
« No. » scosse la testa l'altro « No. Era voluto. Perché avevamo litigato e io volevo solo sfogarmi e... non pensavo che sarei finito a letto con Nino. Volevo distrarmi e... sono uno stupido immaturo Jun e so che ti ho fatto più male di quello che io potrò mai immaginare, ma ti amo. » le parole di Satoshi erano spezzate dal fiato corto, dall'ansia di voler parlare, dalla rabbia per non riuscire ad esprimersi, perché era fatto per ballare e cantare e disegnare e non per ballare.
E Jun riusciva sempre a capirlo. Riusciva a capirlo anche quando smozzicava le parole, quando iniziava i discorsi e li lascia a metà, quando si imbarazza e cambiava argomento.
Riusciva a capirlo quando lo vedeva ballare e poteva comprendere il suo stato d'animo quando dipingeva, semplicemente osservando la postura del suo corpo.
E Jun sapeva che per Ohno era lo stesso. Anche Satoshi riusciva a comprenderlo dal mio accento nella voce, dal modo in cui camminava, perfino da che cosa aveva deciso di indossare quel giorno.
Erano destinati. Si amavano e Jun lo sapeva.
Non c'era nessuno che avrebbe potuto completarlo più di quanto faceva Ohno, renderlo più felice e allo stesso tempo più miserabile, come in quel momento.
Jun socchiuse gli occhi, allungando involontariamente le mani e stringendole sulla felpa del più grande, tirandolo verso di sé.
« Come faccio a dimenticare te e Nino che scopate? » sussurrò poi piegando la testa e nascondendo il viso nel suo collo « Come faccio Satoshi? »
« Non devi. » rispose il più grande stringendolo a sé e baciandogli una tempia « Non ti chiederò di dimenticarlo. Non ti chiederò di far tornare tutto come prima, perché so che è impossibile e so di aver fottuto tutta la nostra vita. Ti chiedo solo di darmi un'altra possibilità. »
Jun alzò lentamente la testa, guardando Ohno negli occhi occhi e lo vide con gli occhi lucidi e si rese conto che tremava leggermente, come se potesse scoppiare a piangere da un momento all'altro.
Sospirò ancora, passandogli le mani fra i capelli e sul viso e Ohno allora socchiuse gli occhi, abbandonandosi contro di lui e contro i suoi tocchi leggeri, come faceva sempre e come avrebbe sempre fatto.
« Ti è piaciuto? » chiese poi Jun in un bisbiglio roco, quasi temesse la risposta.
L'altro rimase ad occhi chiusi, mentre Jun continuava ad accarezzarlo e poi scosse la testa.
« No. »
« Perché no? Tu e Nino... » Jun si interruppe, cercando le parole per esprimersi « Prima di me e te, avete già fatto sesso. »
« Jun... perché ti fai del male in questa maniera? » mormorò poi Ohn, guardandolo quasi con pietà, con compassione, come se all'improvviso fosse Jun quello disperato che stava implorando per il suo perdono.
E a Jun non piaceva essere compatito. Non gli era mai piaciuto. Aveva passato anni a farsi compatire, dopo il brutale rifiuto di Sho, dopo che il compagno gli aveva spezzato il cuore e i suoi migliori amici non facevano altro che guardarlo così come si guarda un cucciolo abbandonato sull'autostrada.
« Perché mi merito la verità se devo di nuovo tornare a fidarmi di te. » rispose piano, senza essere certo di aver mantenuto la propria voce ferma e stabile come voleva.
« Non mi è piaciuto perché non eri tu. »
« E in questi mesi... tu e Nino non... »
« No. » Ohno scosse la testa, accennando un sorriso triste « Io e Nino non ci parliamo dopo quel giorno, Jun. » mormorò poi tirandogli indietro i capelli.
Jun sbatté gli occhi un paio di volte, perplesso. Era impossibile. Ogni volta che li vedeva Nino non faceva altro che tormentare Ohno, stuzzicarlo, parlargli, toccarlo.
« Cosa...? »
« Ho un talento per rovinare la vita delle persone a cui voglio bene. Quando... » Ohno si allontanò da lui, sospirando, nel suo precario equilibrio « ...quando ero con Nino ho detto il tuo nome. Non il suo. »
E Jun non faticò nemmeno un secondo a credergli. Forse era il tono disperato di Ohno, forse erano le sue lacrime sul viso, forse era il fatto che si era semplicemente presentato sbronzo a casa sua, ma Jun gli credette e provò improvvisamente pena per Nino.
Ohno era stato il primo amore per Nino. Ohno era tutto quello intorno a cui Nino ruotava, quasi raggiungendo livelli di malata morbosità.
Jun sapeva che cosa aveva voluto dire per Nino quando Ohno e Jun si erano messi insieme. Sapeva il dolore che aveva provato perché c'era già passato con Sho.
Jun sapeva che Nino non si sarebbe mai più comportato con lui come un tempo, che non ci sarebbe stata più la complicità di un tempo ed era stato un prezzo che Jun aveva pagato a caro prezzo.
E poteva immaginare cosa doveva essere stato per Nino tornare di nuovo a fare sesso con l'uomo che, in un modo o nell'altro, avrebbe amato per sempre e sentire il nome di un altro.
Di nuovo quel sentimento di compassione che tanto odiava lo invase completamente.
Nulla di tutto quello era giusto.
Non era giusto per Ohno, per Nino, per sé stesso. Avrebbe voluto chiamare Nino e dire qualcosa, qualunque cosa per consolarlo, ma sapeva che l'altro non lo avrebbe ascoltato.
« Perché... perché allora Nino...? »
« E' il suo modo per farmela pagare Jun. Per continuare a tenerti lontano, ma non parlandomi appena usciamo dalla stanza. Ho fottuto tutto, Jun. E non c'è nessuna speranza che io torni amico di Nino, ma non voglio perderti. Ti amo. E so che tu mi ami. Ti prego, io... »
Jun lo abbracciò di nuovo e inspirò profondamente, più volte, cercando di fare ordine nel proprio cervello, senza riuscirci.
« Non ti prometto nulla Satoshi. »
« Ma ci proverai? Ci proveremo, di nuovo? » chiese ancora « E' troppo pardi per ricordarti come eravamo? Quanto eravamo felici? Quanto ci amiamo? »
« Non lo so. »
Ohno si morse un labbro e di nuovo Jun sentì come il proprio cuore si fosse di nuovo infranto al suolo, dopo le mille fatiche fatte per cercare di rimetterlo a posto.
« Jun... »
Jun si chinò verso di lui, baciandolo ancora e ancora e poi si passò le mani sul viso, non riuscendo a guardare Ohno, immobile in mezzo alla stanza.
« Non lo so Satoshi. Davvero, non lo so. »
Jun poté vedere come l'altro non avesse smesso di piangere, ma Ohno gli sorrise. Si avvicinò di nuovo a lui, accarezzandogli una guancia e dandogli un leggero bacio sulle labbra.
« Ti amo. » sussurrò con voce rotta da un singhiozzo.
« Lo so. E ti amo anche io. »
L'altro annuì.
« Mi dispiace. »
« Lo so. » ripeté di nuovo Jun senza sapere che altro dire « Lo so Satoshi. »
Jun lo guardò in silenzio mentre si asciugava gli occhi e le guance e Jun avrebbe davvero voluto dire che lo perdonava, che tutto poteva tornare come prima, che bastava l'amore e tutte quelle stronzate là, ma sapeva anche che avrebbe mentito.
Sapeva che non era vero, perché lo aveva detto anche Ohno.
Satoshi aveva mandato a puttane la loro vita e le cose non sarebbero mai più tornare come prima.
« Ci penserò Satoshi. » gli promise accompagnandolo verso la porta « Te lo prometto. »
Ohno annuì, sorridendogli tristemente ancora una volta e fu come se potesse leggere nei suoi occhi la propria risposta.
Non ci sarebbe riuscito a perdonarlo. E lui lo sa già.
Si morse un labbro a sangue, per impedirsi di scoppiare a piangere in quel momento perché una parte di sé lo sapeva già che non sarebbe tornato sui propri passi.
Ohno si fermò sulla porta di casa aperta e si voltò di nuovo.
Lo abbracciò, stringendolo con forza e Jun lo sentì ansimare per trattenere i singhiozzi contro il suo collo.
« Grazie Jun. »
« Per cosa? » sussurrò Jun, di nuovo senza capire.
L'altro lo baciò ancora, piano.
« Per essermi stato accanto per tutti questi anni. »
Jun socchiuse di nuovo gli occhi e continuò a rimanere fra le braccia di Ohno. Non era pronto, non ancora, a lasciarlo andare.
Strinse le mani sulla sua schiena, serrando gli occhi.
Fu Satoshi il primo ad allontanarsi e di nuovo Jun si sentì svuotato, come se ancora una volta il più grande si fosse preso parte di sé e glielo avesse strappato via dal petto.
Jun ricevette un altro sorriso triste.
Poi, senza aggiungere altro, Jun lo osservò scendere traballando le scale e, di nuovo, quando chiuse la porta di casa, si rese conto che in quel momento era finita.
Di nuovo.
Di nuovo Ohno scompariva dalla sua vita.
Di nuovo lui si trovava a pezzi.
Osservò l'ora. Era tardi, ma probabilmente Hiroki o Shun erano svegli.
Forse quello che gli serviva in quel momento, non era altro che una buona dose di alcol mischiata a pietà, compassione e pena.
Forse si sarebbe ripreso.
Forse un giorno avrebbe dato quella seconda possibilità ad Ohno, ma non era quello il momento adatto per pensarci.
Ci avrebbe pensato domani.
Come sempre.