Titolo: Why are you my remedy?
Fandom: Percy Jackson e gli dei dell’olimpo
Pairing: Gareth Mahe x Nico Di Angelo
Rating: NC17
Avvertenze: Slash, Soulmate!AU
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: C’erano dei giorni che erano diversi dagli altri. Che ti svegliavi e sapevi che qualcosa sarebbe cambiato, nel bene o nel male.
Nico non avrebbe saputo spiegarlo, seduto innervosito su una sedia di una grande stanza circolare, mentre non riusciva a smettere di grattarsi il braccio.
Lo sentiva.
Note: Scritta per il COW-T4 di
maridichallenge con il prompt “Supernatural!AU” e per la
500themes-ita con il prompt “172. Promesse infrante”
WordCount: 11.365
fiumidiparole La prima parte della storia si trova *
qua*
Gareth rimase inchiodato alla sedia, sentendo come lentamente il respiro e il battito avessero ripreso il proprio ritmo naturale.
Era lui.
Il ragazzo che vedeva sempre dal tatuatore. Il ragazzo che aveva le braccia rovinate da graffi e lividi, da sangue rappreso e che sembrava essere sempre sul punto di morire.
Non era mai riuscito a dimenticarselo, a toglierselo dalla testa. Era andato avanti negli anni cercando di fingere che fosse un’altra la sua vita.
Donne, alcol, feste. Tutte diverse, tutte finte, tutte troppo perfette perché lui le sentisse davvero sue. Non era il suo mondo e lo sapeva bene.
E Nico (adesso finalmente poteva dare un nome a quel volto che lo tormentava) aveva espresso a voce alta e senza vergogna tutto quello che pensava anche lui.
Sapeva dove abitava.
Doveva conoscerlo. Sentiva che era diverso da tutti quanti gli altri, che valeva davvero la pena spendere un po’ del proprio tempo per lui.
Quando lo aveva visto per la prima volta negli occhi aveva sentito una scarica elettrica scivolargli lungo tutto il corpo.
Era la prima persona con la quale gli capitava.
Il tatuaggio prudeva e lo odiava ancora di più. Forse avrebbe dovuto semplicemente smettere di farlo.
Era ipocrita da parte sua dire di voler essere un avvocato che difendeva i diritti altrui se poi faceva finta di essere un soulmate.
Si girò verso Bianca, un po’ abbattuta da quell’incontro - scontro con quello che, evidentemente, era il fratello minore.
Doveva seguirlo. Un istinto primordiale dentro di lui si muoveva, scalpitando come una bestia in gabbia, come un animale feroce che le catene non riuscivano più a tenere a bada. Aveva bisogno di vederlo, di sentirlo, di percepirlo, di farlo proprio.
Aveva bisogno di capire perché si sentisse così strano, anche se era un soulless. Aveva letto tutto il leggibile sulla condizione di quelli come lui.
E nessuno, nessuno affermava di aver sentito il legame dei soulmate formarsi anche se non avevano un tatuaggio.
Si chiese se il nome che avrebbe dovuto spuntare su di lui fosse proprio quello di Nico, si chiese come sarebbe stata la loro vita se avessero avuto entrambi il tatuaggio.
Si sarebbero incontrati prima? Nico sarebbe stato meno tormentato? Più sereno?
Doveva ottenere quelle risposte. Doveva vederlo, ancora e ancora e ancora.
« Emh, Bianca, io adesso devo andare. Sai, ho un impegno e… »
« Sì. Certo. Ci vediamo domani a lavoro Gareth. » si alzò anche lei e, esattamente come il fratello, scomparve nel giro di una manciata di secondi.
Gareth raggiunse il più velocemente possibile i sobborghi, entrando nel palazzo in cui entrava da quasi undici anni per aggrapparsi ad un miraggio di vita che non avrebbe dovuto possedere.
Si guardò intorno. La porta della stanza del tatuatore era aperta e di Nico non c’era traccia. Da una porta al suo lato vide uscire un ragazzo che aveva solo intravisto in quegli anni.
Sembrava che nei suoi occhi ci fosse il mare, erano verdi come le costiere cristalline.
« Ehi, scusa, una domanda. » lo fermò con il fiatone « Sto cercando un ragazzo. Si chiama Nico di… qualcosa che non ricordo, sai dove posso trovarlo? »
Lui alzò un sopracciglio, guardando la ragazza accanto a lui, che scosse le spalle.
« Sì, si trova al piano di sopra. Al 5B. Ma… sei un suo amico? »
« Oh… umh… diciamo conoscente. Poco fa stava parlando con sua sorella e… sì, devo consegnargli un messaggio. »
« Sorella? Non sapevo che Nico avesse una sorella e poi come fa Nico a conoscere un soulmate puro? » chiese lei con voce dura afferrandogli il polso e scoprendoglielo « Lui non li frequenta quelli come voi. »
« Beh, mettiamola così. Io devo parlare con lui perché è molto importante che lo faccia. Ok? Non voglio fare nessuna retata o spia o quello che stai pensando te. Gli devo parlare. Tutto qua. »
Percy annuì, facendo un cenno con la mano e Gareth salì al piano di sopra, aprendo la porta dell’appartamento 5B.
Nico era seduto sul davanzale della finestra, intento a fumare una sigaretta. Lo vide sospirare, come se in un certo modo sapesse che stava per arrivare.
Gareth sentiva una debole fiamma dentro di sé che si stava scaldando sempre di più. Si sentiva il petto in fiamme e la gola secca, come se avesse visto qualcosa che stava aspettando da tanto e tanto tempo.
Nico era perfetto, anche se sapeva che era solo lui a vederlo in quella maniera. Era alto e secco, i capelli neri e lunghi, gli occhi scuri e cerchiati dalla mancanza di sonno, le magliette gli cadevano addosso larghi e sfatti, le ossa sporgenti, le gambe magrissime, quasi anoressiche.
Sentiva il respiro affannato e non riusciva ancora a formulare delle frasi di senso compiuto. Nico si voltò verso di lui e Gareth si sentì come inchiodato al muro da quegli occhi neri e scuri e profondi come gli abissi più neri.
« Cosa vuoi? Sparisci. »
« No. Io… io devo parlarti, devo sapere delle cose. »
Lui scese dal davanzale, avanzando a grandi passi verso di lui, minaccioso ed inquietante come il figlio della morte in persona.
« E perché? Non pensi di avermi già rovinato abbastanza la vita? A causa tua… » si fermò, passando una mano sugli occhi « Vattene. Non voglio avere niente a che fare con te. »
Gareth lo fissò. Era così incredibilmente giusto quello che stava provando, così incredibilmente perfetto il tumulto nel suo petto che non riuscì a capire perché non avesse il suo fottuto nome tatuato sul braccio.
Lo voleva. Lo voleva per tutta la vita. Inesorabilmente.
Si chinò in avanti baciandolo sulle labbra, quasi con violenza. Sentì Nico irrigidirsi contro di a Gareth gli strinse le mani intorno ai fianchi, stringendo le dita intorno alle sue ossa, tirandolo contro di sé.
Nico fece per divincolarsi, ma Gareth lo strinse a sé con più forza, baciandolo ancora e ancora, aprendogli la bocca con la lingua, sfiorando la sua, sentendolo che iniziava a smettere di opporre resistenza.
Gareth scivolò sul suo collo, mordendolo e baciandolo, facendo scivolare le mani sotto la sua maglietta, sfiorandogli la pelle nuda e ruvida. Sentì il fiato spezzarglisi in gola e tornò a baciarlo, come se solo facendolo riuscisse a respirare veramente.
Lo toccò con più forza, desiderando sentirlo ancora più vicino a lui, ancora più suo. Lo voleva così tanto che non riusciva nemmeno a rendersi conto dei gemiti di Nico contro il suo orecchio.
Si eccitò ancora di più. Continuando a baciarlo lo trascinò verso la porta, chiudendola con un calcio e spingendoci contro Nico.
Nico era animato da una disperazione che non aveva fine e lui invece da un senso di inadeguatezza che lo accompagnava da quando era piccolo. Gareth sentiva le sue dita sfiorarlo con violenza, come se volesse punirlo di qualcosa che lui non conosceva. Si accasciò contro la porta, lasciandogli poi la massima libertà di azione.
Gareth lo spogliò velocemente, perché di quello di stava parlando.
Sesso.
Semplicemente sesso. Non c’era amore nei loro gesti, non c’era passione, ma solo rabbia. Lo spogliò e lo ammirò nudo, in tutta la sua imperfezione che ai suoi occhi lo portava ad essere il ragazzo più eccitante della terra intera.
Si avventò ancora su di lui, mordendolo, baciandolo, marchiandolo, delineando le cicatrici e le ferite, chiedendosi quante volte il suo stesso sangue aveva macchiato quella pelle, quante volte Nico si era procurato da solo un dolore sufficiente da superare il dolore che si portava dentro.
Gareth sentì le dita di Nico stringersi fra i suoi capelli, spingendolo verso il basso e il più piccolo sorrise contro la pelle tesa del suo addome.
Si rialzò in piedi, afferrandolo fra le braccia, stupendosi di quanto fosse incredibilmente leggero.
« Cosa… fai? » ansimò Nico tentando, inutilmente, di riprendere il controllo del proprio corpo.
Gareth non gli rispose, entrando nella sua camera da letto, spingendolo contro il materasso cigolante e rovinato. Montò sopra di lui, riprendendo a baciarlo e fu in quel momento che Nico lo fissò di nuovo negli occhi.
Iniziò a spogliarlo e dopo i primi secondi di stupore Gareth lo aiutò, rimanendo nudo sopra di lui. Il calore della pelle di Nico sembrava bruciarlo, così come bruciava qualcosa dentro di lui.
Scese ancora sulla sua pelle, sentendo Nico muoversi sotto di lui come un animale. Strinse in una mano la sua erezione, circondandola con le dita, avvicinando alla punta la propria lingua, torturandolo lentamente.
Nico tentò di spingere il bacino in avanti, cercando di avere qualcosa di più e sussultò quando, all’improvviso, Gareth iniziò a prepararlo, spingendo un dito dentro di lui, distraendolo allo stesso tempo con la lingua sulla sua erezione.
Nico si lasciò andare, distendendosi sul materasso, completamente sottomesso alle attenzioni di Gareth su di lui.
Sentì un dito penetrarlo lentamente, entrando ed uscendo con una lentezza che lo stava facendo impazzire, seguito poi da un secondo e da un terzo che, ritmicamente, si muovevano alla stessa velocità della bocca bollente di Gareth intorno alla sua erezione.
Continua a stringergli i capelli e poi lo strattonò via, prima che potesse venirgli in bocca. Voleva godersi Gareth fino in fondo, sentirlo completamente, perché solo in quel momento riusciva a sentirsi finalmente a posto.
C’era qualcosa, qualcosa nello sfiorarsi della loro pelle, qualcosa nei loro sguardi, qualcosa che Nico non riusciva a capire che lo mandava in estasi.
Era davvero lui il Gareth che aveva tatuato sul polso. Ne era sicuro.
Abbandonò la testa all’indietro, circondando la vita del più piccolo con le gambe, tirandolo verso di sé e Gareth non lo fece più aspettare.
Nemmeno lui riusciva più a controllarsi, a tentare di fingere di avere una morale quando si sentiva solo un animale.
Iniziò a penetrarlo, sentendo il corpo di Nico aprirsi indietro alla sua erezione si spingeva dentro di lui, lentamente, dolorosamente, completamente.
Gareth ansimò nello stesso istante di Nico, quando entrò fino in fondo e rimasero fermi un attimo. Il più grande mentre tentava di stabilizzare il proprio respiro, di abituarsi a quella presenza, il più piccolo mentre tentava di controllare le propri emozioni, amplificate all’ennesima potenza, godendo come mai gli era capitato in tutta la sua vita.
Iniziò a spingere, cercando di non farsi travolgere, di rimanere concentrato sul viso e sul corpo di Nico, sui suoi gemiti e sui suoi ansimi.
Ci provò. Con tutte le sue forze. Ma quando la presa delle gambe di Nico intorno alla sua vita si fece più forte e quando sentì le sue unghie penetrargli nelle spalle, Gareth non ci vide più.
Il ritmo dei suoi movimenti si fece sempre più forte, sempre più accelerata, aiutata dall’incrementarsi dei gemiti di Nico, da quella voce roca ed eccitante che non faceva altro che chiamare il suo nome, a voce sempre più alta.
Infilò una mano fra i loro corpi, afferrando la sua erezione, muovendo velocemente la mano, beandosi del suo gemito roco quando venne. Gareth lo osservò, abbandonato sul materasso mentre respirava affannosamente, e desiderò sporcarlo, farlo suo, completamente.
Venne dentro il corpo di Nico, accasciandosi poi al suo fianco.
Nico si spostò, allungandosi verso il comodino, afferrando una sigaretta, coprendosi con il lenzuolo, rimanendo adesso a distanza di sicurezza, mentre lo fissava, ancora ansimante.
Gareth lo guardò a sua volta. Di nuovo i suoi occhi si fecero impenetrabili, inesplorabili. Se fino a poco prima era riuscito a leggere dentro parte di lui, i suoi desideri e ciò che voleva dirgli, adesso non ci riusciva più.
Gareth fissò Nico, sudato e stanco che fumava accanto a lui.
Adesso che dentro di lui qualcosa si era calmato, il ragazzino sentiva solo una vaga sensazione di completezza inondargli il petto.
Si sentiva bene con lui, non gliene fregava niente di tutto il resto, tatuaggio o non tatuaggio.
Dal primo momento in cui lo aveva visto negli occhi, aveva sentito qualcosa smuoversi dentro il cervello. In quel momento il fuori dentro di lui si era placato, ma lo sentiva.
Era come una debole fiammella che deve essere protetta da ogni soffio di vento che si alzava.
Si avvicinò a lui, sperando che questa volta non si allontanasse di nuovo, come prima. Nico rimase fermo, ma non lo fissava in viso.
Gareth seguì il suo sguardo e vide che Nico era intento ad analizzare il suo (finto) tatuaggio. Osservava i contorni della scritta che Gareth sapeva andavano schiarendosi, giorno dopo giorno.
A breve avrebbe dovuto tornare dal tatuatore.
Alzò gli occhi, aprendo leggermente la bocca per iniziare un discorso, ma Nico si alzò a sedere, spegnendo la sigaretta nel posacenere sul comodino.
Gareth lo guardò ancora, cercando di imprimesi nella mente ogni dettaglio della sua schiena, osservando delle cicatrici bianca e degli altri graffi che non aveva idea come avesse potuto procurarsi.
Osservò le sue vertebre sporgenti, i suoi fianchi, risalente fino alla testa, i capelli neri e lunghi e disordinati che ricadevano sulle sue spalle e sulle sue braccia stranamente muscolose.
Era talmente preso a riempirsi gli occhi, che quando non si rese conto che Nico si era di nuovo concentrato su di lui.
« Vado a farmi una doccia. » mormorò, poi sulla soglia della stanza si voltò verso di lui « Ah, per favore, puoi evitare di farti vedere di nuovo? Grazie. » concluse uscendo e chiudendosi dietro la porta del bagno.
Gareth rimase fermo immobile. Era talmente stupito da una tale richiesta che non era riuscito a spiccicare parole.
Nico sembrava un’altra persona fino a due minuti prima. Osservò il proprio tatuaggio e lo odiò così tanto che gli parve di impazzire.
Doveva saperlo. Doveva sapere se Nico, sul suo polso, portava il suo nome oppure no.
Doveva sapere se era vero che si stava davvero, oltre ogni logica, formando un legame, oppure se era solo la sua immaginazione.
**
Nico osservò il soffitto.
Il motivo per cui odiava avere a che fare con delle persone era perché c’era sempre qualcosa che stonava in lui, qualcosa che gli impediva di legarsi realmente a qualcuno.
Il suo carattere introverso, il suo aspetto inquietante, la sua anoressia, il suo autolesionismo, il suo drogarsi di pillole. L’abbandono di suo padre, la morte di sua madre, il suo essere un soulbroken.
C’era sempre qualcosa.
Qualcosa di sottofondo che gli impediva di lasciarsi andare.
Non gli piaceva che qualcuno conoscesse così tanto di lui. Che si avvicinasse a lui. Che gli parlasse o lo toccasse.
Si creava sempre una sorta di aspettativa, un qualcosa come un piccole “dare e avere”. Io faccio qualcosa per te, tu fai qualcosa per me.
Come in prigione.
E lui odiava sentirsi obbligato, in difetto o in debito. Non gli piaceva.
Dopo la scottatura con Percy era convinto che mai nessuno sarebbe riuscito ad avvicinarlo così tanto da farlo sentire di nuovo inadeguato.
Socchiuse gli occhi. Il suo udito si concentrò sul respiro lento e profondo di Gareth, sdraiato accanto a lui.
Dopo il loro primo incontro Gareth era entrato nel bagno, pretendendo di vedere il suo tatuaggio. Nico aveva visto qualcosa nei suoi occhi, aveva visto la disperazione e la sete di conoscenza.
Avevano discusso, poi Gareth se ne era andato via di corsa, rivestendosi velocemente e sbattendo la porta di casa sua. Quella scena gli ricordò per un secondo suo padre che se ne andava per sempre, abbandonando lui e sua madre quando aveva notato che si grattava troppo il polso.
Nico non aveva mai fatto vedere a nessuno il suo tatuaggio.
Solo sua madre conosceva il nome che celava costantemente sotto le garze e le bende e i polsini. Era il suo segreto. La sua vergogna. Il proprio essere spaccato a metà. Il suo incubo più feroce.
Aprì di nuovo gli occhi.
Poi Gareth era tornato.
Ancora e ancora e ancora e, maledizione, ancora e ancora.
Se lo trovava sempre in giro. Non parlavano quasi mai, se non sporadiche conversazioni su qualche cibo ad asporto volesse mangiare (e Nico ripiegava quasi sempre sul cinese, perché era quello più economico. Le poche volte che mangiava.). Anzi. Gareth parlava e lui lo ascoltava in silenzio. A Nico non piaceva parlare di sé stesso e della propria vita.
Gareth si era insinuato nella sua vita con lentezza e determinazione. Con il passare dei giorni si era reso conto di cercare la sua presenza, di bramarla. Di correre verso la metropolitana perché voleva anche solo vederlo di fronte al suo appartamento che lo aspettava.
Il resto del mondo passava in secondo piano quando focalizzava su di lui i propri pensieri. Tutto il dolore che aveva patito gli sembrava nulla in confronto. Quando lo pensava e non lo vedeva, gli sembrava di essere rinchiuso in una bara privo di ossigeno.
Respiravano solo quando lo vedeva.
Si era reso conto che Gareth era diventato indispensabile. Avrebbe voluto avere per sempre la certezza di rientrare a casa e trovarcelo.
Facevano quasi sempre sesso.
Sentirlo dentro di sé lo rilassava. Godeva, perché sapeva che dentro di lui era l’unica cosa giusta che sapesse fare, e si tranquillizzava.
Osserva i morsi e i graffi che procurava a Gareth e si sentiva leggermente ripagato degli anni in cui lui aveva sofferto a causa del loro passato.
Averlo intorno, in silenzio, lo faceva stare bene.
Era quando parlava che iniziavano i problemi. Discutevano. Per ogni stupidaggine, perché Nico era troppo testardo e Gareth troppo… troppo… troppo Gareth.
Non c’era un modo per descriverlo.
Era sempre sé stesso. Cristallino e limpido come l’oceano dopo una tempesta. La sua allegria, il suo ottimismo, il suo incrollabile buon umore lo mettevano a disagio.
Come poteva essere una persona come lui ad essere stato o ad essere attratto da una persona che era cupa e che viveva nell’ombra.
Osservò il polso coperto.
C’erano un sacco di disegni astratti intorno a quel nome. Un sacco di linee, di curve, di disegni, di ghirigori.
Gareth era così. Complesso e incredibilmente solare. Come il suo tatuaggio.
Gli diede le spalle.
Ma non poteva essere davvero Gareth la persona che aveva scritto sul polso. Lui ce l’aveva già una persona del destino.
E non era il suo nome quello tatuato sul suo braccio.
Si girò di nuovo. Fissò Gareth che dormiva a pancia in giù, il viso rivolto verso di lui, il braccio sinistro attaccato al viso.
Fissò di nuovo il suo tatuaggio. Avrebbe voluto strapparglielo dalla pelle perché…
Nico assottigliò gli occhi, interrompendo i suoi pensieri. Li serrò per un paio di secondi, sbattendoli più volte. Probabilmente era colpa del buio.
Si avvicinò a lui e controllò ancora.
Nessun tatuaggio.
Nessun nome.
La sua pelle era liscia e perfetta, come quella del braccio destro.
Accese la luce, afferrandogli il braccio e osservandolo meglio, ignorando le proteste di Gareth che si era svegliato di soprassalto.
Quando il più piccolo vide che cosa stava facendo lo spintonò via, stringendo il polso al petto. Nico girò lo sguardo verso di lui, togliendosi i capelli da davanti al viso.
« Sei un soulless. » ringhiò « Sei un maledetto soulless. E… e… fingi di essere un soulmate. »
Si alzò dal letto, afferrando una sigaretta. La testa gli girava e non riusciva a pensare a nulla.
Le cose cambiavano sempre quando si entra in contatto con altro persone.
Si cambia. In ogni modo possibile ed esistente.
Ormai si era abituato a ragionare come se in casa sua vivesse un’altra persona, una persona irraggiungibile, per il quale era solo un piacevole passatempo.
Quel tatuaggio gli aveva impedito di rendersi realmente conto di quello che in quei due mesi si era creato.
Si era costruito un legame.
Sempre più spesso gli capitava di fermarsi durante il giorno, perché si sentiva incredibilmente appagato o felice o si ritrovava a pensare in termini giuridici. Ogni tanto gli sembrava perfino di vedere sua sorella Bianca seduta ad una scrivania, accostata ad una ragazza molto più grande, vestita elegantemente, con uno chignon stretto sulla testa e lo sguardo severo, ma dolce mentre guardava la sorella.
Aveva pensato che fosse solo la propria immaginazione, una sua fantasia. Si era convinto che non potesse essere davvero Gareth, la propria connessione con lui perché era impossibile. Era sicuro che lui non fosse destinato a lui, quindi come poteva crearsi un legame con chi non è tuo?
Invece l’assenza del tatuaggio cambiava tutto. Tutto assumeva un’altra prospettiva, una prospettiva più felice e più agghiacciante e più terrificante allo stesso tempo.
Gli faceva paura.
Adesso che aveva davanti Gareth e lo vedeva con altri occhi, gli sembrava che tutto il suo mondo si stesse rovesciando.
A Nico non piacevano i cambiamenti. Non radicali in quella maniera. Non quando non poteva o non riusciva a controllarli.
« Perché non me lo hai detto? » sibilò piano, il respiro affannato.
« Perché non volevo dire a voce alta di essermi innamorato di te quando tu sul polso porti il nome di qualcun altro. » ammise Gareth a voce bassa, guardandolo negli occhi.
E Nico percepì il suo dolore. Lo percepì realmente, come se fosse il proprio. Come se quel pugnale invisibile si stesse spingendo davvero nel suo cuore e non in quello di Gareth.
Era un riflesso del legame. Il legame che si forma fra soulmates solo guardandosi negli occhi. Quello che gli permetteva di comprendere l’uno i sentimenti dell’altro, di capirsi anche senza parole, di sentirsi completi, senza nessuna reale motivazione apparente e scientifica.
Nico si avvicinò lentamente, montando sul letto, sedendosi faccia a faccia su di lui, intrecciando le gambe intorno alla sua vita, iniziando a baciarlo lentamente, voracemente. Nico sentì le dita sfiorargli la schiena nuda, toccarlo, stringerlo con una possessività tale che lo faceva stare incredibilmente bene.
Nico si sentiva a posto con il mondo solo quando le loro pelli erano l’una a contatto con l’altro, solo quando erano nella stessa stanza, solo quando poteva osservarlo negli occhi e capirlo. Capirlo davvero, realmente.
Si baciarono e Gareth scivolò sul suo collo, mordendolo e baciarlo e Nico lo lasciò fare. Si lasciò toccare e baciare per un tempo che gli parve infinito, ma in cui il mondo intorno a loro aveva smesso di girare.
Nico si allontanò per riprendere fiato. Si sentiva come se fosse un asmatico a cui gli mancava l’aria.
« Hai davvero bisogno di un tatuaggio che sanguina per dire che mi ami? » sussurrò piano sulle sue labbra.
« E tu hai davvero bisogno dell’assenza di un tatuaggio per dire che mi ami? » replicò altrettanto piano Gareth accennando un sorriso.
« No. » rispose Nico « Non ne ho bisogno. Ti amo. » sussurrò.
« Allora nemmeno io ne ho bisogno. Ti amo Nico di Angelo. E non me ne frega niente se sopra quel polso tu hai o meno il mio nome. Io so che tu sei mio e che lo sarai per sempre. So che lo sei stato e so che niente potrà mai farmi perdonare per aver spezzato il nostro legame nel passato. Non so perché siamo in questa situazione, ma la cosa più importante è che adesso sei qua e che io ti amo così tanto che non posso nemmeno respirare quando non ci sei. »
La sensazione di calore si fece più forte dentro Nico. Si sentiva come galleggiare in una bolla d’acqua che non sarebbe esplosa molto presto. Si sentiva quasi al sicuro là dentro, protetto da tutto il resto. Si sentiva felice, ma non sapeva se erano le proprie sensazioni o se era contagiato da quelle di Gareth.
Si allontanò leggermente, rimanendo seduto su di lui, mentre veniva abbracciato.
Si tolse il polsino, facendo cadere a terra le garze sporche di sangue e con suo stupore vide che il sangue aveva smesso di uscire dalla ferita.
L’ammasso di carne e sangue adesso era solo una ferita ancora aperta, ma leggibile. Si riuscivano a distinguere i contorni di ogni disegno, di ogni lettera.
“Gareth” era scritto là, in bella vista.
« Ma… quando ci siamo messi a letto sanguinava. Non era così. » mormorò Nico stupito.
Gareth alzò il polso e vide che lentamente si stava formando qualcosa.
« Anche io ero sicuro che dieci minuti non ci fosse nulla. »
Rimasero in silenzio a guardare le loro pelli mutare così velocemente da fargli credere di essere completamente pazzi.
Sul polso di Nico la scritta aveva finalmente raggiunto la normale forma che ogni soulmates portava addosso come marchio.
Sul polso di Gareth la scritta aveva appena finito di spuntare. Solo un nome. Nessun disegno, nessuna linea o cerchio.
Nico lo guardò negli occhi, stupito, e si sentì come se una macchina lo avesse appena investito. Gli mancò il fiato per una manciata di secondi e sentì come se qualcosa dentro il suo petto scivolasse via, come se ci fosse una sottilissima cordicella dorata che lo connetteva con il cuore di Gareth.
Si sentì come mai gli era successo in vita sua.
Fissò Gareth, stupito quanto lui.
Nessuno in tutto il mondo sapeva che un legame spezzato si potesse formare di nuovo.
Ma che Gareth fosse speciale e insistente e ottimista, Nico ormai lo aveva capito.
E adesso quel terribile cambiamento a cui pensava prima, non lo spaventava più. Anzi. Lo rendeva felice.
Adesso che aveva Gareth al suo fianco, sapeva che nessun passo avrebbe mai potuto essere più lungo della gamba.
Era finalmente completo.