Titolo: La storia di Philip e di Chii-chan, la papera adottata
Fandom: Kamen Rider W
Pairing: Hidari Shotaro x Philip
Rating: G
Avvertenze: Slash
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: La lotta contro il crimine, si sa, non va mai in vacanza.
Questo Shotaro aveva sempre pensato, fin da quando lavorava con il Boss. Non c’era mai un attimo di pausa e quando la trovavi, sicuramente qualcosa sarebbe accaduto.
Note: Scritta per la
500themes-ita con il prompt “266. Completamente rapito”, per il COW-T 3.5 con il prompt "Famiglia" e ispirato ad un prompt della X Notte Bianca di
aerith1992.
WordCount: 1011
fiumidiparole **
La lotta contro il crimine, si sa, non va mai in vacanza.
Questo Shotaro aveva sempre pensato, fin da quando lavorava con il Boss. Non c’era mai un attimo di pausa e quando la trovavi, sicuramente qualcosa sarebbe accaduto.
Eppure era innegabile che, di tanto in tanto, un po’ di svago bisognava permetterselo, un po’ come premio per essere arrivati vivi fino a quel punto e un po’ per continuare a motivarsi.
Un bravo detective, un hard-boiled non ha mai bisogno di essere motivato. Vive perché sa che aiutare il prossimo è la cosa giusta, poco importa quando difficile sia riportare il sorriso sulle labbra di una splendida fanciulla bisognosa della sua spalla su cui piangere e…
Shotaro sussultò, tornando improvvisamente con i piedi per te.
La bella ragazza dei suoi sogni era appena svanita in una nuvoletta di fumo rosa e al suo posto era apparsa Akiko, stringendo in una mano la temibile ciabatta.
« Che cosa vuoi adesso? Sono impegnato a scrivere un rapporto importantissimo. » esclamò poi tentando di nascondere con velata indifferenza la lista della spesa.
« Ah-ah. Certo come no. Ora, se non ti dispiace, c’è un nuovo caso per te. » sbatté sul tavolo un fascicolo e Shotaro lo aprì, scocciato.
Rimase immobile per qualche secondo, prima di iniziare a ridacchiare, come per combattere contro una crisi isterica.
« Che cosa vuol dire? »
« Che il nostro cliente, Eiji, di nove anni, vuole che tu vada a cercare la sua papera. E’ nata da poco ed è scappata dal negozio di animali che gestisce la famiglia. E’ venuto qua disperato perché non vuole che il padre lo scopra. »
Shotaro rimane ancora in silenzio.
« Non andrò a cercare una papera. Mi rifiuto categoricamente. » furono le mie ultime parole prima di darle la schiena.
Con un sospiro profondo Shotaro si accucciò sulla sponda del fiume, dove notizie certe avevano intravisto la papera incriminata nemmeno un’ora prima. Il ragazzo osservò pigramente la corrente del fiume, chiedendosi quanti metri poteva fare un cucciolo di papera con l’acqua a favore.
Si tolse il cappello, grattandosi nervosamente la testa. Odiava quegli incarichi. Li detestava dal più profondo del cuore perché distruggevano le sue bellissime illusioni di detective hard-boiled e…
All’improvviso uno starnazzo attirò la sua attenzione, distraendolo nuovamente dalle sue fantasia e si guardò intorno, all’erta.
A meno di due metri da lui, in mezzo ai ciuffi verdi dell’erba, intravide una piccola palla gialla e, stando ben attento a non farla spaventare, Shotaro si avvicinò all’animale, stringendolo poi delicatamente fra le mani.
Sorrise leggermente, osservando la papera che si agitava debolmente fra le dita. A giudicare da come si strusciava contro le sue dita, doveva aver freddo e forse anche fame.
La poggiò delicatamente all’interno del suo giacchetto, infilandola nella tasca interna e poi tornò all’ufficio.
Quando Akiko gli aveva detto che avrebbero dovuto tenere la papera per un paio di giorni perché Eiji era ammalato, Shotaro si era limitato a sospirare.
Non voleva animali per l’ufficio, gli bastava già Akiko per quello. Seccato, anche quella mattina si sedette alla sua scrivania, senza preoccuparsi troppo della papera che girovagava felice per l’ufficio, starnazzando a più non posso la sua felicità.
E poi probabilmente l’animaletto doveva considerarlo una specie di “mamma” dato che ogni passo che faceva se lo ritrovava sempre dietro con più “quack!” nel cervello di quelli che riusciva a sopportare.
La sera prima Akiko e Philip gli avevano costruito una cuccia con della paglia in una scatola e Philip non aveva fatto altro che ignorarlo per il resto della serata, chiuso nel suo laboratorio intento a studiare tutto quello che esisteva sulle papere e a giocarci e a coccolarla.
Era andato a letto da solo e al mattino, quando si era risvegliato, Philip era già nel laboratorio.
Sospirando irritato dalle continue attenzioni che il fidanzato stava rivolgendo, decise di andare a lavarsi quando Philip pensò bene di scapicollarsi fuori dalla stanza, rischiando di travolgerlo.
« Shotaro! » urlò stringendo tra le dita la papera « Chii-chan sta male. » esclamò poi allungando le mani verso di lui per fargli vedere l’animale.
« Cosa? E’ impossibile e se anche fosse, io che cosa potrei fare? Non sono un veterinario! »
« Un veterinario! Ecco che cosa ci serve. »
Philip appoggiò la papera dentro il cappotto e poi si allungò per afferrare i due caschi sul divanetto.
« Forza andiamo! Accompagnami! »
« Ma io devo lavorare adesso! » tentò di protestare il più grande, senza alcun successo.
« Muoviti! E’ grave, l’ho appena studiato. E se Chii-chan dovesse morire? Giuro che non ti perdonerei mai più Shotaro. » si lamentò iniziando a tirarlo per il braccio, spingendolo poi di forza verso l’uscita.
« E va bene. Va bene andiamo. »
Shotaro afferrò il casco, infilandolo e appena si fu assicurato che anche Philip fosse in sella, partì a tutta velocità. Si ricordava di aver visto là vicino una clinica privata per animali e sperava anche che quella papera non avesse nulla di grave.
Quando arrivarono il fidanzato quasi scese con la moto ancora accesa e scomparve dentro la clinica.
Quella sera, di ritorno all’ufficio, Philip sorrideva. La papera, anzi, Chii-chan non aveva nulla di grave se non l’aver mangiato del cibo fuori dalla sua alimentazione e rimase per qualche minuto ad osservare il fidanzato che giocava.
Avrebbe voluto essere geloso di non essere più al centro delle sue attenzioni, vedere quello sguardo che prima di quel momento sembrava essere solo suo, vedere come Philip sembrava completamente rapito da un animaletto, ma in fondo andava bene così.
Voleva che Philip si sentisse in tutto e per tutto uguale agli altri ragazzi, voleva che provasse le stesse emozioni, le stesse esperienze di tutti gli altri sebbene ormai, di umano non aveva quasi più nulla.
Senza farsi vedere uscì di nuovo e raggiunse il negozio di animali di Eiji.
Comprò la papera perché ormai farla tornare là non era decisamente possibile. Ormai faceva parte della loro famiglia allargata e, dopotutto, anche lui si era affezionato a quella palla di piume gialle che gli zampettava sempre intorno, starnazzando ai suoi piedi in cerca di attenzioni.
Quando tornò a casa, stava sorridendo.
Era quello il suo luogo, la sua casa. Insieme a loro. Anche con Chii-chan.