Titolo: I dont’ know how to love, don’t ask me why
Fandom: RPF J-Actor
Pairing: Tono Kazayuki x Miyata Eiji
Rating: NC17
Avvertenze: Slash, Age difference
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Si stava bene là, alla fin fine, quel paese era stato fin da subito un posto che riusciva a tranquillizzarlo. E anche in quel momento, osservando il cielo blu ricoperto di stelle, si sentì già meglio.
Note: Scritta per la
500themes-ita con il prompt “215. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore” e per le Bad Wrong Weeks indette da
maridichallenge.
WordCount: 2259 fiumidiparole
**
Eiji socchiuse gli occhi, infilando lentamente la propria mano nei pantaloni, iniziando a toccarsi.
Sapeva perfettamente che tutto quello avrebbe dovuto già essere finito, che non avrebbe portato a nulla, ma non riusciva a resistere. Mosse la mano velocemente, desiderando solo raggiungere il suo scopo e liberarsi da quel peso che gli opprimeva il petto ormai da troppi anni. Serrò gli occhi con forza, ripensando con altrettanta intensità a quando non c’era la propria mano intorno alla propria erezione, ma quella di un altro uomo e così come era stato improvviso il suo desiderio di toccarsi, altrettanto improvvisamente venne, raggiungendo l’orgasmo.
Miyata rimase immobile a fissare il soffitto, il respiro pesante, gli occhi lucidi, la voglia di andare da qualche parte ad urlare per sfogare tutta la sua frustrazione, ma rimase in silenzio. Si passò le mani sul volto, poi, senza pensarci due volte, raggiunse la veranda della piccola casa a due piani che aveva ricevuto in dotazione, decidendo di fumarsi una sigaretta.
Si stava bene là, alla fin fine, quel paese era stato fin da subito un posto che riusciva a tranquillizzarlo. E anche in quel momento, osservando il cielo blu ricoperto di stelle, si sentì già meglio.
Si sedette meglio sulla sedia a dondolo, un regalo del suo processore, continuando a fumare, bevendo dalla bottiglia la birra che aveva abbandonato là dopo cena.
Quando si era diplomato all’Accademia di polizia, Miyata aveva deciso di andarsene il più lontano possibile, interessandosi solo a mettere più chilometri possibili fra lui e Tono Kyokan, dicendosi che solo così avrebbe potuto far pace nella sua mente e nel suo cuore.
Aveva sempre pensato che il detto “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore” fosse perfettamente adatto a lui e senza guardarsi indietro si era fatto mandare in una piccola stazione di polizia in un villaggio rurale di Okinawa.
All’inizio, quando era seguito dall’unico poliziotto in servizio prossimo alla pensione, aveva pensato che prima o poi si sarebbe annoiato. L’età media era troppo alta per essere classificabile e non c’era nessun tipo di divertimento a cui era abituato a Tokyo.
Con il passare delle settimane invece aveva scoperto quando pesante potesse essere lavorare là. Essendo l’unico poliziotto nel raggio di chilometri, si ritrovava a muoversi in bicicletta da una parte all’altra, quasi senza un attimo di respiro.
Aveva ancora scoperto di trovarsi bene, più di quanto si era immaginato. Lavorava per tutto il giorno e quando tornava a casa era stanco morto, talmente stanco che quasi non riusciva a pensare, lasciando quindi il pensiero di Tono e di quei mesi che aveva passato all’accademia in un angolo sperduto del suo cuore.
Si dondolò un po’ sulla sedia. Nei cinque anni che aveva passato là molti dei suoi amici erano passati a trovarlo e così lui aveva fatto durante le ferie.
Yuhara aveva fatto carriera come investigatore mentre Sekine era sempre attivo nella zona di Shibuya. Gli faceva piacere vedersi con loro. Era bello scambiarsi informazioni, aneddoti, scherzare e ridere come facevano ai vecchi tempi.
Invece di Tono nessuna traccia. Aveva sentito da Seo, che era entrato come vice istruttore all’accademia, che aveva continuato ad insegnare, quasi senza parlare con loro, ignorandolo come se non lo conoscesse.
Eiji avrebbe davvero voluto sapere che cosa gli passava per il cervello, anche dopo cinque anni.
Se pensava a quei mesi in cui lo aveva avuto tutto per sé, si sentiva così male che rischiava di chiudersi in bagno a rimettere. Si era sentito un cretino per mesi. Aveva stupidamente pensato che Tono fosse sinceramente interessato a lui, prima di scoprire che probabilmente non era altro che un sostituto della moglie, un giocattolo da utilizzare quando le serate nei dormitori erano troppo noiose.
Eppure Miyata sentiva di non rimpiangere quasi nulla, se non avergli tenuto nascosto il fatto che lo amava.
Era quasi sicuto che Tono lo avesse scoperto o intuito anche da solo, ma non ne avevano mai parlato, né Eiji era mai stato così voglioso dal farglielo sapere.
Sbuffò, tornando sulla terra, spegnendo la sigaretta nel posacenere e si alzò in piedi, stiracchiandosi. Il giorno dopo avrebbe dovuto lavorare tutto il giorno dato l’imminente festival estivo, quindi avrebbe fatto bene a tornare a dormire e a riposare, sgombrando la mente da tutti i pensieri molesti.
Stava quasi per rientrare in casa quando un’ombra catturò la sua attenzione, ferma proprio accanto al campanello. Allungò una mano senza spostarsi verso l’interno della casa, afferrando una torcia e la pistola, illuminando poi la zona, chiedendo a voce alta chi fosse.
La figura non rispose, ma Eiji non aveva bisogno di nulla per riconoscerlo.
Tono non era cambiato quasi per niente negli ultimi anni e vedendo il suo sguardo impassibile, per un secondo gli sembrò di essere tornato indietro nel tempo, al giorno della cerimonia, quando li aveva salutati senza dirgli una sola parola.
Eiji ricordava molto bene quel giorno, quando se ne era andato dalla scuola sentendo il suo sguardo che gli bruciava sulla schiena.
« K-Kyokan! » esclamò infilando la pistola in tasca e raggiungendo il cancello « Cosa ci fai qua a quest’ora della notte? »
Lui si guardò intorno, sospirando.
« Passavo di qua. »
« E’ venuto da Tokyo a piedi? Fino ad Okinawa? » esclamò Eiji, stupito.
« No, io… » l’uomo sospirò, massaggiandosi una tempia « Posso entrare? » domandò alla fine.
« Ah! Sì. Certo. » aprì nervosamente il cancello, facendogli strada poi verso l’interno della casa « Mi dispiace per il disordine. Sto tutto il giorno fuori e… »
« Non fa niente. » lo interruppe Tono togliendosi le scarpe « Dopotutto non mi aspettavi, è normale. »
« Già, io… » Eiji si morse un labbro « Vuoi una birra? Altrimenti qua vicino c’è un conbini che hai distributori automatici, purtroppo non ho fatto la spesa. »
« Cosa intendi per “Qua vicino”? » chiese Tono con un sorrisetto divertito « Non ho visto niente nel giro di centinaia di metri e mi sono perso più di una volta per venire qua. »
« Beh, ormai mi sono abituato. » replicò il più piccolo ridacchiando « Il conbini è dall’altra parte del paese, dista solo due o tre chilometri. In bicicletta ci metto massimo dieci minuti. »
« Va bene la birra grazie. »
« Siediti pure dove vuoi. » esclamò a disagio Eiji afferrando i panni che aveva abbandonato sul divano e gettandoli malamente nello sgabuzzino « Io… vado a prendere la birra. »
Osservò Tono con la coda dell’occhio che si sedeva sul divano e si guardava intorno e ritornò da lui con due birre fresche e due bicchieri. Ne aprì una, versandola prima a lui e poi la versò per sé stesso.
« Ti sei ambientato bene? » domandò Tono per spezzare il silenzio.
« Ah! Sì. Mi piace qua. E’ tranquillo, anche se c’è sempre tanto da fare. Poi la settimana prossima c’è il festival estivo, si festeggiano ancora le divinità minori locali, quindi una festa in grande. »
« Immaginavo che avresti fatto una vita del genere. » mormorò l’uomo bevendo la birra lentamente.
« Sì? Ah, ho saputo che Yuhara è diventato un detective. Cioè, ha superato l’esame stando all’ultima mail che mi ha scritto. Credo che tu l’abbia ispirata molto Kyokan. »
« Non sono più il tuo Kyokan, Miyata. Non chiamarmi così. »
Eiji sorrise, scuotendo le spalle.
« Mi piace. Penso che ti chiamerò così per sempre. »
« Non c’è nulla che io possa fare per farti cambiare idea, vero? »
« Assolutamente nulla. »
Tornarono in silenzio, intorno a loro solo il costante rumore delle cicale e delle rane, che ormai per Eiji era entrato a far parte della vita quotidiana.
« Direi che è ora di lasciarti stare. Domani devi sicuramente lavorare e io… »
« Puoi rimanere qua se vuoi. » lo interruppe precipitosamente Eiji stringendo le mani sul bicchiere « Davvero, nessun disturbo. » si alzò in piedi, aprendo l’anta scorrevole dell’armadio a muro nel corridoio, tirando fuori un futon.
« Cosa fai? »
« Stendo il tuo futon nella stanza degli ospiti. E’ un po’ che qualcuno non ci dorme, ma non è così male. »
« E tu, con il lavoro… »
« Ah, nessun problema. Vado e svolgo le mie normali faccende. Poi domani a pranzo e a cena possiamo andare in paese, ci sono dei ristoranti buonissimi. »
Tono sapeva che tutto quello era assurdo e grottesco, che non avrebbe mai dovuto andare là, ma ormai era troppo tardi per tirarsi indietro. Oppure, semplicemente, dopo tutto quel tempo era stanco di scappare e di combattere contro i fantasmi del passato.
« Va bene. Vuoi una mano? » domandò poi indicando il futon.
« Sì. Grazie. » gli rispose Eiji sorridendogli.
Qualche ora dopo Tono si svegliò a causa del canticchiare di qualcuno. Si alzò su un gomito, arrancando verso la porta scorrevole, osservando poi una signora che stava facendo le pulizie.
Lei si voltò verso di lui, sorridendogli e inginocchiandosi subito davanti a lui.
« Tu dei essere Tono-san, vero? » domandò « Il mio nome è Shizue, faccio le pulizie per Miyata-san, è un giovanotto sempre così impegnato che se non ci fosse qualcuno sarebbe sommerso dai panni e dal disordine. »
Tono sorrise, alzandosi e inchinandosi a sua volta.
« Quindi… Miyata-san non è in casa? » domandò poi un po’ allarmato.
« No, certo che no. E’ uscito presto, come tutte le mattine. Ah! » si alzò di nuovo, andando verso la cucina.
Tono la seguì, riuscendo finalmente ad intravedere la casa di Eiji, che la notte prima era completamente stravolta, come se ci fosse passato un tornado.
« Accomodati pure Tono-san. Miyata-san mi ha chiesto di prepararti qualcosa per la colazione come benvenuto. Sai, lui non è molto portato per la cucina. Sto cucinando qualcosa di freddo da lasciarvi in frigo. »
« Non c’era bisogno di scomodarsi per me, non credo che rimarrò così a lungo. »
« Eh? Davvero? Miyata-san mi ha detto che si sarebbe fermato per un po’ di tempo. »
Tono chinò lievemente la testa, in segno di scuse e poi decise di mangiare qualcosa.
Iniziava a sentirsi a disagio e non comprendeva perché. Si odiava. Aveva permesso che andasse tutto in malora prima di Eiji e in quel momento desiderava solo tornare all’accademia a quando tutto era più semplice anche se lui era uno studente ed Eiji uno studente.
Si lasciò andare contro lo schienale del divano e socchiuse gli occhi. Non voleva fare altre cazzate con Eiji, altrimenti avrebbe bruciato qualunque possibilità di parlargli.
Quella sera, rientrati a casa dopo il ristorante, Eiji sembrava di ottimo umore. Era affascinante mentre fumava la sua sigaretta, con i vestiti civili che non gli aveva mai visto, osservando i muscoli delle sue braccia, la camminata un po’ trasandata, il suo profilo che era sempre perennemente sorridente, mentre chiacchierava seduto sulla sedia a dondolo nella veranda.
Continuò a fissarlo in silenzio anche quando smise di chiacchierare. E Tono non riusciva a comprendere perché non riuscì a fermarsi.
Si sporse verso di lui, afferrandolo per un braccio e baciandolo. Vide la sigaretta scivolare sul pavimento e se per un secondo temette di aspettare un rifiuto, dovette ricredersi.
Eiji ricambiò il bacio, stringendogli le braccia intorno al collo, stringendolo con forza a sé, come se non sapesse distinguere fra sogno e realtà.
Barcollarono verso l’interno, scivolando a terra dopo pochi passi e Tono sentì che in fondo quello che gli era mancato di più negli ultimi anni era proprio Eiji. Non solo il suo corpo, non solo i suoi gemiti, non solo la sensazione di completezza mentre entrava dentro di lui e sentiva le sue unghie artigliarsi sulle sue spalle, ma Eiji nella sua essenza più totale.
Stava bene con lui, si era ritrovato fin troppo bene quella sera, quella notte con lui.
Quando venne dentro di lui Tono sentì che tutti i pezzi erano tornati al proprio posto. Eiji a terra ansimava con gli occhi chiusi e lui si sedette accanto a lui, la schiena appoggiata al muro osservandolo.
« Non me lo sto di nuovo sognando, vero? » sussurrò piano Eiji.
« Cosa? »
« Questo. Non l’ho sognato, vero? Tu… tu sei davvero qua, vero? »
« Sì, certo che sono qua. »
Eiji si portò le mani al volto, il respiro ancora pesante.
« Sei venuto qua solo per questo? » mormorò poi senza guardarlo.
Tono sbarrò gli occhi, chiedendosi in realtà quanto dolore gli avesse causato fino a quel momento con il suo silenzio e con le sue parole non dette e decise che da quel momento in poi avrebbe detto sempre e solo la verità ad Eiji.
« No. Non mi sarei fatto tutto questo viaggio solo per del sesso. Sono venuto qua perché mi mancavi, perché non ho fatto altro che pensare a te in questi cinque anni. »
Eij si alzò a sedere di fronte a lui, scrutandolo come se dovesse leggere nel suo viso chissà quale verità.
« C’è anche da dire che io e te ci passiamo di quasi trent’anni e se tu mi dicessi che non hai intenzione di frequentarmi, che magari vuoi un coetaneo, io allora mi farò da parte. Non devi crearti scrupoli nel dirmi la verità. » lo osservò, prima di dargli un colpo sulla testa « Stai di nuovo piangendo. Non posso crederci! »
« No, io… » prese un profondo respiro « Tono, io ti amo. Da quando sono entrato all’accademia fino adesso. Io… pensavo di dimenticarti venendo qua, ma non è stato così e vederti qua, sentirti dire queste cose… »
In uno slancio ci affetto si buttò verso di lui, abbracciandolo.
« Sono felice che tu sia finalmente arrivato. » sussurrò piano.
Lentamente, tentando di tenere a bada il disagio, Tono ricambiò quella stretta.
« Anche io sono felice di essere riuscito a fare il primo passo, Eiji. »
Rimasero fermi là, senza dirsi altro, senza fare altro, semplicemente appagati dall’essersi parlati e di poter finalmente credere in qualcosa.