[Arashi] Una sorpresa dietro l’angolo

Mar 05, 2013 21:55

Titolo: Una sorpresa dietro l’angolo
Fandom: Arashi
Pairing: Matsumoto Jun x Ohno Satoshi
Rating: NC17
Avvertenze: Slash
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Era strano per Jun cambiare la propria quotidianità. Non era abituato a fare cose che non faceva, sia perché odiava le sorprese e l’imprevedibilità sia perché era una persona abitudinaria, gli piaceva avere sempre le stesse cose da fare.
Note: Scritta per la 500themes-ita con il prompt “156. Silenzio soffocante” e per il COW-T3 di maridichallenge con il prompt “Viaggio”
WordCount: 3432 fiumidiparole

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Era strano per Jun cambiare la propria quotidianità. Non era abituato a fare cose che non faceva, sia perché odiava le sorprese e l’imprevedibilità sia perché era una persona abitudinaria, gli piaceva avere sempre le stesse cose da fare.
Ogni lunedì sera alle otto ad esempio, si fermava sempre al ristorante cinese all’angolo del suo condominio e prendeva sempre una zuppa, una porzione di riso e due biscotti della fortuna. Il sabato a pranzo si vedeva sempre a Shinjuku con sua sorella, mangiavano nel solito sushi bar e poi per le tre e mezza si separavano. Lei andava a prendere suo figlio all’asilo e poi tornava a lui.
Lui invece si fermava al caffè accanto al sushi bar e ci rimaneva per circa un’ora. Era un’abitudine strana, di cui non riusciva a spiegarsi il senso. Rimaneva seduto al solito tavolo accanto alla finestra, leggeva il giornale o guardava le persone camminare velocemente per le strade, così incredibilmente varie nel modo di porsi, di vestirsi che gli sembravano tutti diversi l’uno dall’altro.
Forse era grazie a quell’ora del tutto dedicata a sé stesso che riusciva a ricaricare le pile per il resto della settimana, per poi trovarsi di nuovo là il sabato successivo, come se il mondo girasse esattamente in quella maniera.
La sua vita era un circolo. Un lungo circolo che si chiudeva, immancabilmente. E così doveva andare per Matsumoto Jun. Non c’era altra soluzione.

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Anche quel sabato era seduto al tavolo e Jun aveva percepito fin da subito che c’era qualcosa di diverso. Eppure i tavoli e il bancone erano al loro posto e anche la televisione era sempre là. C’era solo più silenzio del normale, forse perché era l’unico cliente presente a causa della fitta pioggia che ormai tempestava Tokyo da un paio di giorni.
All’improvviso comprese che cosa c’era di strano. Alzò lo sguardo dal suo giornale e osservò il cameriere appena arrivato. Era nuovo e aveva l’aria un po’ strana, forse addormentata.
« Buongiorno. » esordì il ragazzo « Cosa le porto? »
« Il solito, grazie. » commentò Jun distogliendo lo sguardo.
L’altro rimase immobile al suo posto.
« Uhm. Io sono nuovo. Non credo di averla mai vista e non so… cosa ordina di solito. » replicò l’altro interrompendo di nuovo la sua lettura.
« Giusto. » meditò il cliente « Una tazza di caffè. Con panna. » aggiunse mentre il cameriere scriveva sul blocchetto la sua ordinazione.
Poi alzò la testa, sorridendogli e scappò dietro al bancone. Jun rimase perplesso da quel sorriso. Non era abituato a sorridere o ad intrattenere dei rapporti con altri esseri umani che non fossero rapporti di famiglia o lavorativi.
Si sistemò sulla sedia celando il suo improvviso disagio e poi tornò a leggere il giornale.

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Quel fine settimana Jun era fisicamente e mentalmente stanco. Salutò sua sorella con un bacio sulla guancia come sempre e poi diede un buffetto sulla testa di suo nipote. Erano iniziate le vacanze estive quindi al sushi bar ultimamente c’era anche lui e Jun era felice di vedere il bambino un po’ più spesso del solito. Era la copia sputata di sua sorella e non faceva altro che viziarlo.
Osservò i due attraversare la strada e poi dirigersi verso la stazione della metropolitana e lui tornò indietro superando il bar. Nelle ultime settimane c’era andato più volentieri del solito, forse perché c’era quel cameriere, Ohno, che lo affascinava e lo inquietava allo stesso tempo. Lui non era il tipo da abbordare qualcuno, tanto meno era quello che si faceva abbordare, eppure Ohno gli sorrideva in una maniera spontanea e sincera che gli faceva venire voglia di vederlo sempre felice e quell’aria pigra e indolente lo tranquillizzava, nonostante poi non facesse altro che muoversi per il locale, specialmente quando c’erano molti clienti.
Si fermò davanti alla vetrata, notando che fosse tutto pieno tranne il suo solito posto e fu tentato di andare a casa. Era stanco e sentiva una lieve emicrania iniziare a crescere nella sua testa e voleva solo dormire.
Quella settimana aveva dormito meno del solito per finire un progetto particolarmente importante e forse era per quello che si sentiva un po’ fuori dal mondo. Spostò lo sguardo e vide Ohno che lo stava fissando.
Gli sorrise, agitando leggermente la mano e poi gli indicò con un cenno della testa il tavolo, dove c’era scritto il suo nome. Gli venne da ridere nel pensare che quel cameriere gli avesse tenuto il posto prenotato.
Stringendo la valigetta in una mano entrò dentro al locale, facendosi avvolgere dall’aria fresca grazie all’aria condizionata e poi si sedette al suo posto, prendendo il giornale che era appoggiato accanto alla sua sedia, iniziando a leggere.
Dopo qualche minuto Jun sentì l’aroma del caffè penetrargli nelle narici e alzò la testa osservando Ohno appoggiare la tazza accanto al cento tavola e poi sorridergli ancora.
« Grazie per il posto. Con il trambusto che c’è oggi non l’avrei trovato. »
« Sei arrivato più tardi del normale Matsumoto - san. Iniziavo a preoccuparmi. »
« Ah no. » ridacchiò Jun « Ho accompagnato mia sorella e mio nipote alla stazione dopo pranzo, lei ha l’influenza e non voleva farsi in tragitto da sola. »
« Capisco. Bene. Io… torno a lavoro. » commentò poi stringendo tra le mani il vassoio e tornando al bancone.
Ohno, nonostante le apparenze, chiacchierava tantissimo. Sapeva che aveva tre anni più di lui, che dopo il lavoro ballava e che faceva degli spettacoli teatrali e che sapeva dipingere e cantare. Praticamente era perfetto in ogni cosa che faceva. Non aveva il diploma, quindi non aveva potuto fare carriera ma il lavoro da cameriere gli piaceva molto e non era sua intenzione cambiarlo.
Jun di solito lo ascoltava mentre sorseggiava il caffè o mangiava dei daifuku o semplicemente rimaneva minuti interi a fissarlo. Un po’ come in quel momento. Si perdeva nel suo mondo, come mai gli era capito prima di conoscerlo e con un sorrisetto ebete sulla faccia.
Dopo più di un’ora, Jun si prese coraggio e fece ciò che non aveva mai fatto prima di quel momento. Andò contro alle sue abitudini e ordinò una seconda tazza di caffè.
Ormai a quel punto tirò fuori il suo portatile e riprese a lavorare.

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Quando fu quasi vicino all’ora di cena Jun fermò di nuovo Ohno e il ragazzo si affrettò a raggiungerlo, sempre sorridendogli.
« Vuoi altro caffè Matsumoto - san? »
« No grazie. Io… mi chiedevo quando smettevi di lavorare. »
L’altro, perplesso, osservò l’orologio appeso sopra il bancone.
« Tra circa un’ora. Tu vai a casa? »
« Uhm. Io mi chiedevo se ti andava di cenare insieme. Stasera non mi va di cenare fuori da solo. »
« Va bene. Allora ti chiedo solo di aspettarmi pazientemente. »
Jun avrebbe voluto dirgli che lo avrebbe aspettato anche per altre quattro ore, ma si limitò ad accennare un sorriso imbarazzato e a chinare rispettosamente la testa.
L’ora passò più veloce del previsto e Jun si fece accompagnare quasi silenziosamente fino alla macchina, poco distante dal locale.
« Dove vuoi mangiare? »
Il più grande scosse le spalle, ridacchiando.
« A me va bene tutto Matsumoto - san. »
Jun sbarrò gli occhi di fronte a quella risposta e tentò di non farsi prendere dal panico cercando di tenere sotto controllo la sua ossessione dell’avere sempre tutto sotto controllo. Era una cena giusto? Solo una cena.
Avrebbero trovato facilmente un posto dove mangiare. Bastava solo aspettare qualche secondo e tutto si sarebbe risolto.
Ohno gli lanciò una veloce occhiata e poi guardò fuori dalla finestra.
« Ma adoro il ramen, la zuppa di miso e il sushi. » disse, stando ben attento a far risultare il suo tono casuale, come se non si fosse accorto del dramma interiore del suo cliente preferito.
« Perfetto. Conosco un ristorante a Yokohama che è buonissimo. »
Ohno sorrise ancora e poi osservò di nuovo Tkyo che sfrecciava fuori dal finestrino. Finalmente, dopo tutti quei mesi, il silenzio soffocante che sembrava attanagliarlo tutto il giorno e tutta la notte, si sarebbe un po’ attenuato.

**

Il viaggio fu relativamente breve, mangiarono fino a che non rischiarono di sentirsi male e poi Ohno propose una passeggiata sul lungomare, mentre si accendeva una sigaretta, beandosi della brezza marina serale.
Jun lo imitò, felice di vederlo così rilassato e camminarono l’uno accanto all’altro per un tempo che gli sembrò interminabile. Stava bene. Forse era quello che intendeva sua sorella ogni volta che gli diceva che era felice di vedere e stare con suo marito. Era qualcosa che esulava la sua comprensione, almeno fino a qualche ora prima.
Anche senza fare nulla, anche senza pretendere niente di più, si sentiva bene, come privo di qualunque sua ossessione o mania che gli schematizzavano la giornata.
« Grazie mille per la cena Matsumoto - san. Non c’era bisogno che pagassi anche per me. » esordì Ohno voltandosi verso di lui
« Oh. Tranquillo. Ma puoi anche smettere di chiamarmi con il -san, che ne dici Ohno - kun? » domandò poi tentando di sorridere a sua volta e di creare un’atmosfera piacevole.
« Matsumoto - kun mi piace. » affermò Ohno avvicinandosi a lui, camminando l’uno accanto all’altro « E sono davvero felice che tu mi abbia invitato a cena stasera. Era davvero tanto che non mi sentivo così bene. »
Jun vide il suo sguardo intristirsi e fu tentato di chiedere perché, di approfondire il discorso, ma un’altra parte di lui non voleva diventasse più triste. Si limitò quindi a prendergli la mano e a stringerla, cercando di moderare il proprio tremore e la propria agitazione.
« Va bene così Ohno - kun. Per qualunque cosa… ci sono io adesso. » mormorò con tono serio guardandolo negli occhi.
Il più grande ridacchiò, stringendosi ancora di più a lui e poi continuò a fumare.
Effettivamente, non c’era niente di più bello che godersi il mare di sera accanto ad una persona speciale.

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Il tempo era volato via come il vento e Matsumoto non avrebbe saputo dire con certezza come fossero arrivati a quel rapporto morboso che c’era fra di loro. Sapeva solo che non ne poteva più di rapidi e fugaci incontri a casa sua o in un love hotel vicino al bar. Avrebbe voluto qualcosa di più perché si sentiva svuotato ogni volta che si separava da Ohno e ogni volta che lo vedeva incamminarsi per un’altra strada.
Lo osservò rivestirsi, osservò quella schiena che aveva assaporato fino a pochi minuti prima, quella clavicola, quelle spalle che tutto avevano tranne che la femminilità a cui era abituato fino a qualche mese prima.
Osservò come la camicia scivolasse sulla sua pelle e i pantaloni neri che gli calzavano alla perfezione.
« Quando potremo rivederci Jun? » mormorò Ohno senza guardarlo.
Jun avrebbe voluto dirgli anche quella sera e avrebbe voluto dirgli che non voleva che se ne andasse, mai più. Ma lui non era tipo da smancerie e cose del genere e si vergognava a dire a voce alta cose di questo tipo.
Afferrò Ohno per un polso, trascinandolo di nuovo sul materasso accanto a sé, ascoltandolo ridere perché lo faceva stare bene. Sfiorò la pelle del petto, scivolando di nuovo lungo la pancia ancora scoperta e poi lo baciò, facendo scivolare la lingua dentro le labbra di Ohno, che rispose immediatamente al bacio, senza perdersi un solo secondo. Afferrò le spalle del più piccolo, spingendolo a stendersi sopra di lui e Ohno fece scendere le proprie mani verso la vita e poi sui fianchi, stringendo con forza, come volendo forzare i suoi movimenti. Jun rise contro le sue labbra e gli baciò il collo, mordendolo leggermente e sentì di nuovo le mani delicate dell’altro liberarlo del lenzuolo con cui si era coperto dopo la doccia scendendo sulla sua erezione, di nuovo dura.
Jun gemette contro la sua pelle, di nuovo calda ed eccitante, come se non l’avesse assaporata fino a pochi minuti prima e si lasciò andare alle sue carezze, fino a che, rendendosi conto di essere quasi arrivato al limite non si spostò. Avrebbe voluto prepararlo di più, ma proprio non aveva voglia di essere più premuroso. Si spinse dentro di lui velocemente, come se ne andasse della loro vita.
Sentire la voce roca di Ohno mentre gemeva il suo nome, Jun ne era convinto, era la cosa più eccitante ed erotica che avesse mai visto.
Portò la mano alla sua erezione, muovendola allo stesso ritmo delle proprie spinte dentro di lui, mentre gemeva sempre più forte e a voce più alta e spingeva il bacino verso di lui, tentando di volerne ancora e ancora.
Quando raggiunsero l’orgasmo di lasciarono di nuovo andare sul materasso e Ohno si coprì di nuovo con il lenzuolo di Jun.
« Sei un animale. » rise il più piccolo « Farò tardi a lavoro. »
« Attacchi fra un’ora, venti minuti e qualche manciata di secondi. Non farai tardi. » lo riprese il più piccolo con un sorriso.
L’altro non replicò e si lasciò andare contro di lui, abbracciandolo. Jun si allontanò.
« Satoshi, perché non vieni a vivere da me? » esordì con un nodo alla gola « Ci amiamo, stiamo insieme e io… vorrei vederti sempre, ogni giorno. »
Jun lo vide sbiancare e poi alzarsi in piedi, rivestendosi alla velocità della luce.
« Non lo so. Ti faccio sapere. Ora devo proprio andare. Ciao Jun. » mormorò Ohno con la voce che tremava.
Senza nemmeno rendersi conto di cosa era appena successo, Jun era rimasto solo nella stanza.

**

Sospirando contro l’emicrania che non lo stava facendo dormire, Jun si rivoltò nel letto un paio di volte. Era domenica e non doveva lavorare e per una volta avrebbe tanto voluto farlo invece. Non sentiva Satoshi da quasi quattro giorni ormai e il datore di lavoro gli aveva detto che era ammalato, ma Jun ci credeva poco.
Non era mai stato a casa sua in tanti mesi che si frequentavano, ma alla fine, anche se era mattina presto, il ragazzo era intenzionato a sapere la verità. Non sapeva perché avesse rifiutato la sua proposta, né perché fosse così agitato ma voleva saperlo. Si vestì in fretta e furia, dimenticandosi per una volta di tutti i sacri rituali che effettuava prima di uscire e, ad una velocità più alta di quella consentita, arrivò fin sotto casa di Ohno.
Entrò lentamente nel palazzo, girando fra tutti i piani perché non ricordava che il più grande si avesse detto a che interno abitava. Finalmente, al terzo piano, interno 34D trovò sul campanello il suo cognome. Si piazzò davanti alla porta, sistemò il giacchetto, tirò indietro i capelli che gli scivolavano sulla fronte e poi, facendosi coraggio, bussò più di una volta, fino a che Ohno non comparve sulla soglia.
Non lo vide sorpreso della sua presenza e forse tentò di considerarlo un bene. Di certo quel punto, qualunque cosa volesse nascondere, sarebbe uscita allo scoperto.
« Cosa ci fai qua? » domandò piano Ohno, la voce roca, mentre distoglieva lo sguardo.
« Sono qua per delle spiegazioni Satoshi. » il tono era decisamente meno arrabbiato e incisivo di quello che avrebbe voluto.
Jun era solo triste perché vedeva quello stesso sguardo disperato che non gli voleva più vedere. Aveva giurato a sé stesso e a lui che non lo avrebbe mai reso infelice eppure evidentemente con quella proposta che sembrava essere più che gioiosa lo aveva fatto sprofondare in chissà quale oblio.
« Entra dentro dai. Fa freddo a quest’ora. Ti preparo un po’ di caffè, lo vuoi? » accennò un sorriso « Ho anche della panna. »
« Sì, grazie. » mormorò imbarazzato mentre camminava facendosi spazio fra scatole e scatoloni.
Anche quella volta avrebbe voluto chiedergli spiegazioni, ma tenne a freno la curiosità e si guardò intorno. Era un appartamento modesto, arredato con toni di blu e bianco che si alternavano e si mescolavano in tutto quello che lo circondava. Il salotto era piccolo e dava direttamente sulla cucina, leggermente più grande.
Sulle mensole e i mobili poteva osservare le foto che lui e Ohno si erano fatti in quei mesi e anche altre foto che lo raffiguravano con un altro ragazzo.
Non c’erano altre persone in quella casa. Solo loro due e gli occhi di quello sconosciuto che sembravano scrutarlo fin nel profondo, come se lo stesse giudicando. Si sedette in cucina, osservando il più grande fare il caffè in silenzio.
Era sempre rilassante, nonostante tutto, guardarlo perché riusciva a tranquillizzarsi come non riusciva a farlo in nessuna maniera. Lo osservò versargli il caffè nella tazza e Jun la strinse fra le dita, bevendo lentamente.
« Mi dispiace. » esordì Jun senza fissarlo « Scusa se ti ho messo pressione, se ti ho creato un disagio con la mia richiesta. Non era mia intenzione intristirti o altro, io ero davvero felice di vivere con te. »
« Anche io lo so, non fraintendermi. » commentò Ohno in risposta « Mi hai preso alla sprovvista, io ho ancora una questione in sospeso e speravo di riuscire a chiuderla definitivamente, ma è stato più complesso del previsto. »
« E a causa dell’altro ragazzo nelle foto? »
Di nuovo Jun lo vide allargare gli occhi, ma questa volta accennò solo ad un sorriso triste.
« Sì. Abitavo qua con lui fino ad un anno e mezzo fa. » scosse le spalle « Avevo anche pensato di andarmene ad un certo punto, ho fatto le scatole ma poi non ho avuto il coraggio di farlo. La sua presenza era ancora troppo forte nonostante fossero passati già alcuni mesi. »
Di nuovo Jun si morse la lingua. Non era molto sicuro di sapere il resto della storia adesso che c’era dentro fino al collo.
« Lui è morto. Di malattia. E io non ero molto pronto, nonostante sapessi che sarebbe accaduto, prima o poi. Mi sono ritrovato qua da solo e… » il grande si interruppe, dandogli le spalle e prendendo dei profondi respiri « Scusa se l’altro giorno ti sono sembrato sgarbato e che non mi aspettavo una richiesta del genere e quindi non sapevo che cosa dirti, come fare con questa casa, cosa… »
Il più piccolo si alzò in piedi, abbracciandolo da dietro e stringendolo con tutta la forza che aveva fra le sue braccia. Nascose il volto fra i suoi capelli.
« Tranquillo. Se le cose stanno così non mi devi nessuna scusa. Mi dispiace. » ripeté ancora e Ohno si voltò fra le sue braccia, osservandolo negli occhi e baciandolo dolcemente.
« Avrei dovuto dirtelo subito ma io non ero pronto. E’ a me che dispiace. »
« Allora non voglio metterti pressione. A me bastava sapere che mi amavi ugualmente perché tu per me sei importante. Ti amo Satoshi ricordalo sempre. Aspetterò anche mesi o anni se tu me lo chiedi. »
Ohno sorrise di nuovo asciugandosi le lacrime e poi lo accompagnò verso la porta.
« Ti chiamo io, va bene? » sussurrò il più grande baciandolo ancora.
« Va bene. Ti amo. » ripeté come se volesse sincerarsi che l’altro avesse ben compreso le sue parole.
« Anche io. » replicò piano l’altro chiudendo la porta.
Ohno si guardò intorno, osservò ogni centimetro della stanza, impresse dentro di sé tutti i ricordi che riusciva a tenere e a stringere in una mano. Accarezzò i muro, sfiorò le lenzuola, guardò fuori dalla finestra e mise su l’ultima teiera di tè che avrebbe fatto.
La bevve lentamente, seduto in salotto, chiedendo perdono per la forza che non aveva avuto, perdono perché si era innamorato e quando si addormentò sentì come un abbraccio gentile che tanto lo riportava indietro al passato fargli compagnia, per tutta la notte.

**

La sera dopo, appena tornata dal lavoro, Jun non si aspettava di vedere Ohno che percorreva la strada del suo condominio con in mano del cibo cinese ad asporto. Sorrise.
« Che ci fai qua? Non mi hai chiamato. »
« Volevo farti una sorpresa. » sorrise di nuovo e Jun si sentì meglio, era un sorriso già più allegro di quello del giorno prima « Cinese di lunedì sera, alle otto, esattamente come piace a te. »
« Così mi fai passare per un pazzo. » finse di prendersela il più piccolo, ma l’altro non ci cascò e fece cenno di salire le scale.
« A me va bene. » lo fermò, sulla soglia del suo appartamento.
« Cosa? »
« Vivere con te. Mi va bene. Lo voglio. Ti amo. » esclamò tutto insieme Satoshi arrossendo e Jun fece scivolare a terra la cartelletta tanto era stupito e poi lo abbracciò di scatto, stringendolo a sé e trascinandolo in casa.
Lo baciò in ogni centimetro del volto e del collo visibile, facendolo ridere più forte e Jun non desiderò altro, che sentire la sua risata sempre e per sempre.
Era felice. Mai come si era sentito in vita sua.
In fondo sua sorella aveva ragione nel dire che ogni tanto si possono cambiare le proprie abitudini, perché c’è sempre una sorpresa dietro l’angolo che ci aspetta.
E lui la sua sorpresa più grande ce l’aveva fra le braccia e non l’avrebbe fatta scappare, mai più.

challenge: cow-t3, challenge: 500themes ita, pairing: ohno x matsumoto, fandom: arashi

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