Titolo: The only word I want hear
Fandom: Hey!Say!Jump / KAT-TUN
Pairing: Kamenashi Kazuya x Takaki Yuya
Rating: NC17
Avvertenze: Slash
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Non era raro per Yuya uscire con i suoi senpai ed era ancora più raro uscire con Kame, ma quella era una sera diversa dalle altre.
Note: Scritta per la Maritombola di
maridichallenge con il prompt “Ascensore”, per la
500themes_ita con il prompt “145. Ricordi misteriosi”
WordCount: 1823
fiumidiparole **
Non era raro per Yuya uscire con i suoi senpai ed era ancora più raro uscire con Kame, ma quella era una sera diversa dalle altre.
Per qualche mese aveva cercato di contenere quel tumulto che si agitava dentro di lui, che gli graffiava il petto e per la maggior parte del tempo credeva anche di essere riuscito nel suo intento.
Aveva cercato di mantenere un rapporto non troppo distaccato con Kame, ma si erano comunque avvicinati, finendo per diventare amici, forse fin troppo, ma a quel punto non era più riuscito a contenersi del tutto.
Alla fine però aveva ripreso ad evitarlo come se fosse il portatore di qualche malattia mortale e potenzialmente infettiva.
Una delle ultima volte che si erano visti erano finiti a letto insieme e Yuya tentava ancora di ricordarsi come c’erano arrivati a quel punto. Erano seduti sul divano di Kame, a ridere e a scherzare sulla fine delle riprese del film di “Gokusen”, forse bevendo un po’ di whisky, perché Yuya non desiderava il giorno di ricordare come si era sentito bene in compagnia del suo senpai.
Non voleva ricordare la voce dolce del ragazzo, non voleva ricordare come la sua sola vicinanza lo facesse sentire debole e improvvisamente accalorato.
Poi erano passati dagli scherzi innocenti a delle amichevoli carezzi, mentre Yuya lo prendeva in giro chiamandolo “senpai”, così come faceva nel film. Alle carezze erano seguiti dei baci travolgenti, il cui solo pensiero gli faceva sentire le labbra infuocate e lo stomaco attorcigliato.
Quella serata aveva risvegliato in Yuya sentimenti che credeva di aver abilmente seppellito sotto impegni lavorativi e la convinzione che fra di loro non avrebbe mai potuto esserci nulla, nemmeno quei ricordi misteriosi che in quel momento gli affioravano alla mente, circondati come da una leggere nebbia che gl’impediva di avere una visione più chiara dei propri sentimenti, di quelli di Kame e di quella serata.
Quella sera era stato tutto diverso. Aveva sentito per la prima volta la delicatezza di quelle mani, l’avidità di quelle labbra, il calore del suo corpo premuto contro il proprio e la voce roca di Kame mentre gli ordinava di chiamarlo per nome perché lo eccitava terribilmente.
Il mattino dopo si era ritrovato da solo nella camera di Kame, accompagnato da un bigliettino di scuse, dove il più grande gli chiedeva di non pensare alla notte appena passata e da una colazione ormai fredda.
Yuya si era raggomitolato sul letto, stringendosi addosso le coperte e il cuscino che sapeva ancora dell’odore di Kazuya, cercando di imprimere nella sua mente quegli odoro perché sapeva che non li avrebbe più sentiti e infine aveva pianto.
Infine, solo dopo molte ore, si era alzato e si era rifugiato nella sua casa, dove sapeva che nulla avrebbe potuto ferirlo. Nei mesi successivi non si erano né visti, né sentiti. Voleva solo evitarlo, perché sapeva che il solo vederlo lo avrebbe fatto solo soffrire e Yuya era stanco di guardare i propri sentimenti mentre venivano calpestati e dilaniati.
C’era già passato e non voleva più, anzi, non riusciva più a sopportare quelle emozioni troppo forti per essere ignorate.
E non comprendeva come in quel momento si ritrovasse chiuso nell’ascensore dell’appartamento di Kame, mentre guardava nervosamente il pavimento e mentre il più grande invece sembrava incredibilmente a suo agio, come se mesi prima non gli avesse strappato il cuore dal petto e non lo avesse gettato a terra, pestandolo con tutta la forza che possedeva.
Kame gli aveva solo chiesto di vedersi quella sera e la cosa che in quel momento odiava più di tutte era stata la propria mancanza di una dignità. Appena aveva visto il nome del senpai sul display non aveva nemmeno aspettato che arrivasse al secondo squillo e aveva risposto al telefono.
E così si trovava in quel momento davanti alla porta di Kame attendendo che quest’ultimo trovasse le chiavi di casa, frugando nella grande borsa che si portava sempre dietro.
Entrato in casa si tolse le scarpe, infilandosi le ciabatte degli ospiti e seguendo il padrone di casa fino in salotto, sedendosi poi sul divano, agitandosi sul suo posto come se fosse un studente al suo primo esame.
Osservò Kame muoversi tranquillamente nella propria casa, parlare senza che riuscisse a distinguere per bene il suo delle sue parole, mentre preparava del caffè e cercava le bustine di zucchero.
Chinò immediatamente lo sguardo sulle proprie unghie, mangiate e distrutte mentre era, in silenzio, nella macchina del più grande. Guardare Kame gli dava pace e al tempo stesso lo innervosiva perché non sapeva mai che cosa sarebbe successo.
E lui non sapeva mai come comportarsi quando era nervoso, perché la maggior parte delle volte combinava solo casino e più o meno era quello che era accaduto con Yuya. Ogni tanto aveva degli sprazzi di memoria riguardo la sua prima e ultima volta che era stato con Kame. Ricordava che, ubriaco, per il nervosismo aveva iniziato a straparlare, di come era bello, di come stava bene con lui e di come gli volesse fin troppo bene. Kame aveva ridacchiato e poi se lo era portato a letto, lasciandolo da solo il giorno dopo come si fa con una prostituta.
Più o meno era stato in quel modo che si era sentito e avrebbe voluto solo estirpare quei ricordi dalla propria mente e gettare tutto nel cesso.
Sentì lo sguardo di Kame fisso su di sé e arrossì furiosamente. Aprì la bocca per un paio di secondi, ma poi la richiuse, in tempo perché Kame si avvicinasse e gli porgesse la tazza di caffè bollente.
« Sempre amaro, vero? » gli chiese sorridendogli.
« Uhm. Sì, certo. » borbottò piano il più piccolo « Uh… Kame, posso farti una domanda? » domandò poi, il tono più roco di prima.
« Certamente. » il più grande si sedette accanto a lui, sorseggiando il caffè « Perché sei così nervoso? Sembri a disagio. »
Yuya alzò finalmente lo sguardo su si lui, senza parole.
« Forse perché tre mesi fa abbiamo fatto sesso e io il mattino dopo mi sono svegliato scoprendo che mi hai scaricato con un biglietto? Kazuya, comprendo che tu non mi ami, che volevi divertirti e tutto il resto e lo accetto, davvero. Solo che… potevi semplicemente dirmelo, siamo grandi e so prendermi la responsabilità delle tue azioni. »
Kame lo fissò, stringendo leggermente le dita sulla tazzina, poi accennò un altro sorriso e posò la tazza sul tavolino davanti a lui. Si portò le mani davanti al volto, puntellando le dita l’una contro l’altra, come se stesse pensando ad una risposta per l’esame più importante della sua vita.
« Stavo pensando a dir la verità. Ho sempre cercato di tenere un atteggiamento distaccato con i miei kohai, tentato di non farmi trascinare troppo perché sarebbe stato deleterio. Ho sempre cercato di non far ricadere su di loro i miei lamenti o di non innamorarmi perché sapevo che a causa di Jin non sarei stato in grado di renderli veramente felici. Con te invece non ci sono riuscito, è stato più forte di me. Credimi quando ti dico che lasciarti solo con un biglietto è stata la cosa più difficile della mia vita. »
« E questo cosa vuol dire? » sussurrò Yuya con tono roco, come se non riuscisse del tutto a respirare.
Kame accennò un sorriso, uno di quelli che il più piccolo adorava e di cui non riusciva a fare a meno e che gli era incredibilmente mancato in quelle settimane in cui non si erano visti. Il più grande si avvicinò a lui e senza aggiungere altro si sporse verso il suo viso, baciandolo e passandogli una mano dietro al collo, per stringerlo verso di sé.
Yuya aveva pensato a molte cose riguardo un suo futuro incontro con Kame. Aveva pensato che non sarebbe stato più così stupido e che non gli avrebbe dato più la soddisfazione di vederlo abbandonarsi contro la sua bocca e la sua bocca, ma in quel momento aveva il cervello completamente disconnesso dal resto del corpo.
Si lasciò baciare e accarezzare, perché gli sembrava semplicemente la cosa più giusta da fare in quel momento e perché in fondo non aveva più nulla da perdere. Le mani di Kame scivolarono sotto i suoi vestiti, spogliandolo lentamente e lasciandolo nudo sul suo divano, iniziando a mangiarlo con gli occhi e con la bocca, mentre Yuya non riusciva più a controllare la propria voce.
Fece scivolare la mano in mezzo ai capelli di Kame, impegnato a stuzzicargli i capezzoli, spingendolo a scendere più in basso, sentendo la propria erezione pulsare quasi dolorosamente dopo quelle poche carezze.
Ma il più grande non aveva intenzione di dargli immediatamente quelle soddisfazioni e si lasciò quindi ricadere di schiena sul divano, facendo cenno a Yuya di muoversi verso di lui, occasione che l’altro non si fece ripetere due volte.
Montò sopra Kame, sedendosi sul suo inguine, muovendo il bacino contro di lui, sentendo le dita dell’altro scivolare su di lui, muovere la mano in un lento e ritmico movimento dall’altro verso il basso, mentre con il pollice si assicurava di continuare a farlo godere.
« Kazuya… » ansimò Yuya continuando a muoversi contro l’erezione dura del più grande e contro la sua mano « Vuoi ancora che ti chiami “senpai”? » domandò sorridendogli maliziosamente.
L’altro accennò un nuovo sorriso, iniziando a prepararlo, con la stessa lentezza con la quale la mano scivolare su e giù su di lui e Yuya iniziava davvero a perdere la coscienza del posto dove si trovava.
« Perché no? Mi ecciti quando mi chiami in quel modo. » sussurrò pieno al suo orecchio.
L’erezione del più grande lo penetrò quasi senza preavviso. Piano piano, certo, ma era come se per Yuya fosse la prima volta che facevano sesso insieme. Lo sentì entrargli dentro lentamente fino a che non lo riempì del tutto e Yuya non riuscì a trattenersi oltre che iniziò quasi immediatamente a muoversi su di lui, sentendo le sue mani che si muovevano sul suo corpo e sentendo le sue dita che lo eccitava, secondo dopo secondo.
Venne sul suo stomaco dopo una manciata di minuti, mentre nell’appartamento si sentivano solo i gemiti e solo le loro voci e i loro respiri mischiati, come se fosse per davvero un’unica entità che si stava fondendo.
Sentì il più grande venire dentro di lui, sentì le dita di Kame affondargli nei fianchi e si accasciò su di lui, stremato, con i muscoli delle cosce che gli dolevano.
« Ti amo. » sussurrò Kame al suo orecchio.
« Anche io. Erano mesi che desideravo sentirtelo dire. »
Il più grande lo abbracciò, come se non dovessero allontanarsi mai più.
« Ora che sei con me, non devi più temere di soffrire. »
« Lo so Kazu, lo so. » mormorò sbadigliando e rialzandosi faticosamente in piedi « Ora andiamo a letto, che ne dici? »
L’altro ridacchiò sommessamente e annuì, seguendolo fino in stanza. Yuya ebbe solo il tempo di appoggiare la testa sul cuscino che crollò addormentato, ma questa volta sapeva bene che il mattino dopo non ci sarebbe stato un biglietto a svegliarlo, bensì la felicità e l’amore di Kazuya.