[Biscottini Gufici] Ripper Street

May 22, 2013 15:24


Attenzione!
State per leggere una roba delirante che finge male di essere una recensione.
Si segnalano abusi di terminologia inglese because of reasons, definizioni improbabili seguite del tutto arbitrariamente da questo segnetto qui → ™, hashtag mutuati da Twitter (che non ho), (cit.) come se piovessero, nonché notazioni da slasher che potrebbero turbare… Beh, se vi fate turbare da una roba come lo slash, è meglio che nelle mie pagine non ci mettiate proprio piede, pulcini miei



Ripper Street

[Questo è un indecente tentativo di spam per convincervi a guardarla, amarla ed awware male insieme a me
Questa recensione è completamente SPOILER FREE]

Londra, Whitechapel, 1889.
Mentre lo spettro di Jack the Ripper ancora aleggia sull’East End, ci troviamo a seguire le indagini della Divisione H di Scotland Yard. Al comando troviamo l’ispettore Edmund Reid (Matthew McFadyen), coadiuvato dal fedele sergente ed ex militare Bennett Drake (Jerome Flynn); ad assistere i due poliziotti nelle indagini c’è il chirurgo americano ed ex Pinkerton, Homer Jackson (Adam Rothenberg), il quale possiede avveniristiche conoscenze forensi e vive in un bordello.
Ognuno di questi tre uomini nasconde un segreto oscuro nel proprio passato, segreti che verranno svelati nel corso degli otto episodi che costituiscono la prima stagione della serie [Nota: i titoli degli episodi sono BELLI].

Chiariamoci subito: Ripper Street non è esattamente il capolavoro dell’anno, per tutta una serie di svariati motivi che metterò in luce a breve.
Tuttavia, a parte rare eccezioni (Robin Hood, sì, sto parlando con te, e sappi che nasconderti dietro a Merlin non ti salverà!), gli inglesi “anche quando non fanno un cazzo, lo fanno bene” (cit.): le capacità recitative ci sono, e sono ottime; le sceneggiature, seppur modeste, funzionano; la ricostruzione storica della Londra vittoriana è abbastanza fedele e si appoggia ad eventi realmente accaduti per dipanare le trame verticali dei vari episodi. Ovviamente, alcuni dettagli sono stati romanzati: l’ispettore Edmund Reid ha davvero capitanato la Divisione H in quegli anni, ma il suo dramma personale è stato inventato di sana pianta dagli autori della serie; così come la figura ricorrente di Frederick Abberline, che, però, rispetto ad esempio alla rappresentazione che ne ha dato Johnny Depp in “From Hell” (specificazione per le fangirls: qui è vecchio e passa il tempo a seminare zizzania gratis), risulta più fedele alla sua controparte storica.

Ho letto recensioni osannanti, un po’ troppo per essere obiettive, e critiche distruttive, anche queste a mio parere abbastanza gratuite; cercherò di mettere in luce sia i pregi, sia i difetti, anche se, a conti fatti, a me questa serie è piaciuta.
Cito qui corsivamente una lamentela che ho letto spesso, riferita a questa serie: il fatto che sia iper-infarcita di violenza. Ecco, devo ammettere di non saper come rispondere a questa obiezione, perché, se non posso negare che ci siano momenti forti, d’altro canto queste scene non mi hanno turbata più di tanto; sinceramente, mi sento peggio in questi giorni, ché sto rivedendo le prime stagioni di C.S.I. New York all’ora di cena e vorrei morire ogni volta in cui fanno un’autopsia e ho pure in lista d’attesa Hannibal, ahahah! #diversamente astuta (cit.)
Probabilmente, è tutta colpa di G.R.R. Martin e di Game of Thrones, che mi stanno rendendo una stronza insensibile (cit.). [In compenso, vi confesso che ho pianto come una fontana alla fine di How to Tame Your Dragon. #no shame]

A) Gli attori/I personaggi

Sarò breve: per quanto concerne la mia miserevole opinione in merito, gli attori sono tutti bravissimi.
Avevo deciso di seguire questa serie per un motivo molto valido di nome Matthew McFadyen, ma anche Jerome Flynn è una mia vecchia conoscenza, dal momento che recita ottimamente la parte del mercenario Bronn in Game of Thrones. Tuttavia, la vera celebrity crush rivelazione della serie, per me, è stata Adam Rothenberg.
Partiamo dal presupposto che, a scanso di eccezioni notevoli, quando attori americani e britannici si trovano a lavorare insieme, i secondi asfaltano i primi senza neanche metterci troppo impegno. Qui, invece, abbiamo quasi la situazione opposta, in cui Rothenberg non solo si rivela tranquillamente all’altezza dei due colleghi, ma, a volte, riesce a ricavarsi un suo momento sotto ai riflettori anche quando il copione non è dalla sua parte; inoltre, dà prova di grande versatilità nel passare fluidamente dal monologo drammatico alla scenetta comica.
Insomma, qualche mese fa non sapevo nemmeno chi fosse ed ora lo amo è entrato nella mia Onorabile Lista dei Prestavolto: se non è un attestato di stima, questo…

Per quanto riguarda i personaggi, li ho trovati scritti abbastanza bene, l’evoluzione sia dei protagonisti, sia dei comprimari è coerente con se stessa, anche quando risulta inaspettata e, quasi, contraddittoria, come nel caso di Fred Best, il giornalista del The Star, che, a mio parere, è il più umano e interessante fra i recurring characters. [Fandom, perché lo ignori? #judging you]
Certo, magari si poteva evitare di mandare avanti la trama in un paio di punti facendo commettere La Cazzata del Millennio ™ all’altrimenti assennato ispettore Reid, o abusando dell’odioso device del “Facciamo irruzione da soli in un posto sconosciuto mentre ci sta scorrazzando libero un sicario sadico e privo di scrupoli!1!”, ma, in confronto a certi script che neanche i macachi sotto allucinogeni, direi che possiamo promuovere la caratterizzazione dei personaggi con voti più che buoni.

B) Le trame

Non ho sbagliato a scrivere, ho solo intenzione di distinguere tra le trame verticali delle varie puntate e la trama orizzontale che si dipana nel corso della prima stagione.

I casi di puntata non sono eccelsi, anzi: la maggior parte della trama verticale è sostenuta dalle interazioni fra i tre protagonisti o, in alternativa, fra uno o più di loro con il comprimario illustre dell’episodio; la BBC, fedele al fatto di avere “due set, sedici attori ed un solo ombrello” (cit.), ha castato tutte le guest stars da Luther, Game of Thrones, The Pillars of Earth e Doctor Who, perciò, fra le amene attività che si possono svolgere nel caso la puntata vi annoi, c’è il consueto “Indovina Chi e Dove?”, tanto caro agli spettatori abituali delle miniserie inglesi.

A mio parere, l’episodio migliore è The Good of This City (01x04), in cui trama orizzontale e trama verticale si amalgamano al meglio, senza contare che c’è un eccezionale confronto/scontro tra Reid e Jackson che mi ispira angry!sex a palate, ma sono sicura che questo facevate a meno di saperlo, yay!

La poco contesa palma di Bruttura Anticlimatica va, invece, a The King Came Calling (01x03), episodio che giunge a vette di noia pura quasi paragonabili a The Blind Banker, con la fortuna che, almeno, TKCC dura la metà. Però, tanto per confermare il detto di Plinio secondo cui “anche dalle storie pessime si può imparare qualcosa”, questa oscena puntata mi ha fatto scoprire l’esistenza delle Molly Houses e ispirato un racconto a tema, che non so quanto impiegherò a scrivere, ma tant’è.

Il vero finale di stagione è A Man of My Company (01x07), in cui succedono cose che non posso raccontarvi perché ho giurato di non spoilerare. Questo episodio ha avuto la possibilità di scalzare la 01x04 dalla cima della lista dei preferiti, ma poi… C’è stato l’Evento, quello che gli sceneggiatori hanno messo solo e soltanto perché avevano il pepe al culo che gli chiudessero la serie alla prima stagione e volevano fare gli splendidi piazzando il classico Plot Twist Balordo ™ che-nessuno-si-sarebbe-mai-aspettato e uccidendo una delle mie neonate OTP, turpi e malcreati (cit.)!
Il pepe al culo degli sceneggiatori è, inoltre, il motivo per cui è stato appiccicato il presunto season finale What Use of Our Work (01x08), che serve unicamente a dipanare il subplot orizzontale dell’ispettore Reid e far fare l’ennesima figura di palta solenne a nonno Abberline.

Passando alla trama orizzontale, non si può dire che gli sceneggiatori si siano consumati troppo le meningi per escogitare i tre Oscuri Segreti ™ dei protagonisti: quello di Reid è vagamente sgamabile, senza contare che, visto il season finale posticcio, tornerà a tormentarci nella seconda stagione; quello del sergente Drake rimane farraginoso, nonostante abbia un intero episodio dedicato (The Weight of One Man’s Heart, 01x05), perciò non dubito che avrà un altro amorevole strascico nella prossima stagione. A conti fatti, il passato più interessante era quello di Jackson, che però è stato spiattellato tutto nella 01x07, con Fenomenali Risvolti Tragici sull’andamento della storia, quindi l’unica possibilità che intravvedo per il suo destino futuro è quel ferale procedimento, tipico dei serial americani alla canna del gas, della c.d. Continuità Retroattiva(*).
Che R’hollor ci scampi e liberi, for the script is dark and full of plotholes.

Concludo annunciandovi che le riprese della seconda stagione sono in corso a Dublino, i tre protagonisti restano confermati (al momento), gli episodi saranno di nuovo otto, ma, questa volta, ci si focalizzerà sugli eventi storici del 1890. Gli accenni a trame orizzontali brutte, tipo l’ennesimo Serial Killer Imprendibile finché-non-fa-la-Cazzata-con-la-c-maiuscola, per ora, ci sono stati risparmiati.

Nota di demerito: i casi di puntata sono noiosetti, mentre la trama orizzontale è stata rigurgitata tutta insieme sullo spettatore, perché OMG, CI CHIUDONO LA SERIE!1!

Nota di merito: io starei lì a guardare quei tre cretini per ore intere
. E, comunque, l’ambientazione vittoriana ha avuto il suo gran peso sul parametro Gradimento Personale, per essere totalmente onesti.

(*) Continuità Retroattiva è un'espressione che è stata coniata da Ewan, recensore di Scrittevolmente.
Serve ad indicare quella perniciosa abitudine degli sceneggiatori, soprattutto americani (e italioti, of course: non sia mai che si venga meno alla nomea di sciattoni copiando qualcosa di buono!), di introdurre nella continuity della storia un personaggio, di solito parente di uno dei protagonisti, fondamentalmente a casaccio e senza che costui/costei sia mai stato nominato prima -neanche se è, ad esempio, l’amato fratello della protagonista, season finale di My Little Pony: FiM #series 02 docet-.

Un esempio di Continuità Retroattiva sensato è tutta la vicenda di Dawn, la sorella minore di Buffy nell’omonimo telefilm.
Un esempio di Continuità Retroattiva brutto, insensato e superfluo, visto che è servito per due miserevoli episodi, è l’improvvisa comparsa della sorella, divorziata ed incinta, di Joe Dubois in Medium. Sorella di cui nessuno, inclusi gli sceneggiatori fino al malsano momento in cui hanno avuto la folgorazione spero effettiva per lo script, conosceva l’esistenza.

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