schifezzine gerfra 2

Feb 07, 2016 21:02




«Mare» dichiara Francis come se stesse sottolineando la cosa più ovvia dell’intero universo, sfogliando pigramente il catalogo di un’agenzia di viaggi e soffermandosi sulle spiagge candide e le acque cristalline di un resort in Polinesia.

«Montagna» ribatte Ludwig senza battere ciglio, ammirando le dettagliate foto degli interni di uno chalet completamente in legno in mezzo alla neve delle Alpi.

«Mare, non c’è proprio nessuna discussione» ribadisce di nuovo Francis, voltando il catalogo per farlo vedere all’altro, indicando con aria sognante la piscina idromassaggio con vista sull’oceano.

«Montagna, non c’è nemmeno bisogno di dirlo» Ludwig va avanti senza nemmeno guardare il catalogo di Francis, mostrandogli in tutta risposta le foto delle terme in mezzo alla neve.

«Ma in montagna fa troppo freddo» ribatte immediatamente Francis e nello stesso, identico istante Ludwig se ne esce con un «ma al mare fa troppo caldo». Entrambi si guardano sconvolti, chiudendo di scatto i rispettivi cataloghi mentre per la seconda volta la stessa frase viene pronunciata esattamente nello stesso istante: «stai scherzando?»

«Ma il mare è così bello! Pensa a quanto sarebbe bello fare il bagno insieme in quell’acqua così limpida e cristallina!»

«Ma la montagna è molto meglio! Pensa alla cioccolata calda e al caminetto acceso e-»

Entrambi si zittiscono a metà di quel confronto verbale, rimanendo in silenzio per i secondi necessari ad elaborare i pensieri che stanno attraversando la loro mente.

Francis abbandona il catalogo dei resort polinesiani mentre nella sua testa si forma l’immagine di Ludwig completamente nudo che fa l’amore con lui davanti al camino acceso; Ludwig quasi lancia via il suo catalogo quando l’immagine di lui e Francis che fanno l’amore sulla spiaggia gli attraversa la mente.

«Forse la tua idea non è poi tanto male» esclamano entrambi all’unisono, per la terza volta, prima di alzare lo sguardo sull’altro e sorridere divertiti.

«Allora mare?» chiede Ludwig con un sorriso speranzoso.

«Allora montagna?» domanda Francis con la felicità dipinta sulle labbra.

#7

«Sono sicuro che tuo padre mi odia» mormora Ludwig quasi come se sperasse di non essere ascoltato, sistemando con precisione maniacale le posate in tavola - uno dei coltelli era troppo, troppo, troppo, troppo spostato di mezzo millimetro verso destra ed era davvero troppo difficile sopportarne la vista senza impazzire.

«Non dire sciocchezze» ride Francis, approfittando del momento di pausa per stampargli un bacio veloce sulle labbra, prima di tornare ad occuparsi della cena che sta preparando da mezzo pomeriggio; «invece ti adora già».

Ludwig non ricorda di chi sia stata l’idea di invitare il padre di Francis - il terribile padre di Francis, quello che lo terrorizza da morire, quello che ha lavorato come poliziotto fino a qualche mese fa, prima di andare in pensione, quello che ha il porto d’armi e tiene la pistola sempre con sé - a cena da loro. Non se lo ricorda minimamente ma è piuttosto certo di non essere stato lui a proporre una pazzia simile.

«Non è vero. Mi odia perché non sono andato da lui a chiedere il permesso di sposarti» borbotta Ludwig con lo sguardo basso, sistemando per la quattordicesima volta una forchetta che era nella stessa identica posizione di poco prima. Perché sì, il padre di Francis è uno di quei padri all’antica che avrebbe voluto che Ludwig andasse a chiedere la mano di suo figlio prima di sposarlo - e Ludwig non ne aveva la più pallida idea, altrimenti l’avrebbe sicuramente fatto.

Qualsiasi cosa pur di non infastidire il, già facilmente irritabile, padre di suo marito.

«No che non ti odia, devi solo lasciargli un po’ di tempo per fargli dimenticare che cosa avresti dovuto fare e non hai fatto» Francis non può fare a meno di ridere nel vedere l’espressione improvvisamente in preda al panico di Ludwig.

«Oh, Dio, quindi è vero che mi odia! Mi ucciderà, io lo so che mi ucciderà!»

#8

Ludwig si sveglia da solo, nella stanza illuminata dalla luce del sole che filtra dalla finestra semi aperta; il letto è vuoto e il respiro lieve di Francis, che di solito gli fa compagnia dal momento in cui apre gli occhi fino a quando si addormenta, è assente. Ludwig tenta di tirarsi a sedere ma il capogiro che lo coglie gli impedisce di muoversi anche soltanto di qualche centimetro - la testa gli gira, la gola gli brucia ed è sicuro di avere bisogno di una trentina di pacchetti di fazzoletti per poter andare avanti tutta la giornata.

«Oh, ti sei già svegliato? Dovresti dormire ancora un po’, tesoro» la voce di Francis lo raggiunge dalla porta e Ludwig si volta a guardarlo con un’espressione a dir poco incredula dipinta sul viso.

«Come- cosa ci fai già sveglio?» la sola idea che Francis possa svegliarsi da solo prima di mezzogiorno basta a sconvolgerlo e a destabilizzarlo: non è mai successo, mai, nemmeno una volta e Ludwig non riesce a credere che l’altro ci sia davvero riuscito.

«Ieri sera hai cominciato a sentirti male e stamattina non ti sei svegliato da solo come al solito» Francis si avvicina a lui quel tanto che basta da posargli un bacio sulla punta del naso, prima di sistemare il vassoio della colazione - con una brioche e un bicchiere di spremuta d’arancia - sul letto, al fianco di Ludwig; «ho portato a spasso i cani e ti ho preparato la colazione».

Ludwig passa i successivi dieci minuti a fissare Francis con la bocca spalancata, senza riuscire a dire neanche una parola; si riscuote soltanto quando suo marito scoppia e ridere e gli stampa un altro bacio sulla guancia: «che c’è, che ho fatto di così strano?»

«Hai portato a spasso i cani. Ti sei svegliato per portare a spasso i miei cani» ripete Ludwig come se stesse cercando di metabolizzare il concetto; «ti sei sforzato per svegliarti presto soltanto per portare a spasso i miei cani».

«E per prepararti la colazione» puntualizza Francis, sistemandosi meglio tra le sue gambe e convincendolo a prendere un morso di brioche.

«.. Mi ami davvero così tanto?» Francis ride di più e Ludwig passa il resto della giornata con un sorriso stupido stampato sulle labbra.

Il vento fuori casa è così tanto forte che i rami e le cime degli alberi sbattono tra di loro, provocando un rumore terribilmente inquietante - o almeno questo è quello che prova Francis, accoccolato accanto a Ludwig sul divano e stretto tra le sue braccia.

«Non mi piace il vento» commenta dopo qualche istante, sollevando appena il viso per riuscire a guardare Ludwig; «non mi piace il vento così tanto forte».

«Hai paura?» domanda l’altro semplicemente - e Francis si ritrova a pensare per l’ennesima volta quanto ama quel suo modo di comportarsi, quanto ama quel suo modo di chiedere delle cose che di norma lo farebbero infuriare con l’atteggiamento più calmo e tranquillo dell’universo. Come se gli stesse chiedendo qualcosa di tanto semplice e niente affatto vergognoso.

«Non ho davvero paura» si affretta comunque a precisare, cogliendo l’occasione per tirarsi meglio a sedere e sorridendo nel sentire Ludwig stringerlo comunque più forte; «è solo che non mi piace sentire il rumore dei rami che frusciano. Non so spiegarti perché».

«Per me è lo stesso quando ci sono i tuoni» commenta semplicemente Ludwig, sorridendo appena quando Francis volta il viso quel tanto che basta per sfiorargli la guancia con le labbra in un piccolo bacio incredibilmente dolce.

«A volte siamo un po’ due bambini, non credi?» sorride Francis contro le sue labbra mentre Ludwig lo stringe ancora più forte e finisce per farlo sistemare sulle sue gambe - con grande gioia di Francis che si lascia abbracciare e si preme il più possibile contro il suo petto.

«Sì, lo penso anche io. Non posso dire che mi dispiaccia, però».

«Perché non mi fai dimenticare il vento» mormora Francis ad un passo dalle sue labbra, sfiorandole pianissimo e sorridendo nel sentire il sospiro spezzato di Ludwig; «mentre io ti faccio dimenticare i tuoni? Ti sembra un buon piano?»

«Il migliore che io abbia mai sentito».

«Ho sempre pensato che avresti voluto vedere ogni singola commedia romantica esistente sulla faccia della terra» è tutto quello che riesce a dire Ludwig quando Francis gli mette tra le mani la scintillante nuova edizione de Il Re Leone.

«Caspita» commenta ironicamente Francis, lanciando all’altro uno sguardo a dir poco divertito; «quanto mi conosci bene, Ludwig».

«Non dire così!» si difende immediatamente l’altro, finendo di sistemare il lettore dvd e di spostare il divano in modo che entrambi possano guardare comodamente la televisione; «è solo che non mi aspettavo volessi vedere un cartone animato».

«.. Un cartone animato» ripete Francis come se Ludwig l’avesse appena insultato, stringendo al petto la custodia del dvd; «un cartone animato? Vuoi dirmi che non ami questo film?»

«A dire la verità non l’ho mai visto».

«Tu cosa?» la custodia quasi gli cade dalle mani mentre Ludwig lo fissa con un’espressione imperscrutabile, come se non avesse appena detto la frase più folle dell’intero universo; «non hai mai visto Il Re Leone? Mai? Neanche una volta?»

«Andiamo, Francis, è solo un cartone animato, non credo di essermi perso chissà quale capolavoro» commenta Ludwig, ignorando il respiro bruscamente trattenuto di Francis e lo sguardo assassino che l’altro gli sta lanciando.

«Non hai la più pallida idea di quello che stai dicendo, Beilschmidt» ed è in quel momento, quando sente il proprio cognome, che Ludwig sa di essersi cacciato in un guaio enorme.

«Allora, che cosa ne pensi ora?» domanda Francis un’ora e mezza dopo con un sorriso innocente, accoccolandosi meglio contro il petto del proprio marito. Ludwig non risponde per cinque interi minuti, cercando di trovare le parole giuste per esprimere quello che prova - possibilmente senza dare troppa soddisfazione a Francis.

«.. Mufasa» è tutto quello che riesce a dire - con un singhiozzo di dolore e gli occhi pieni di lacrime; «Mufasa!»

«Lo so, tesoro, lo so» si limita a rispondere Francis, accogliendo tra le proprie braccia un Ludwig particolarmente provato; «prima o poi il dolore passerà».

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