[Inazuma Eleven GO] aratama - prologo; a boy with the sky in his eyes

Mar 12, 2016 18:31

Titolo: aratama - prologo; a boy with the sky in his eyes
Fandom: Inazuma Eleven GO
Personaggi: Shindou Takuto, Matsukaze Tenma
Rating: SAFE
Prompt: Sereno [COW-T 6]
Wordcount: 1640
Avvertimenti: AU, Sovrannaturale
Note dell'autrice: Scritta per il COWT 6.

Shindou si richiude la porta della piccola casa alle spalle e si lascia andare a un lungo e stanco sospiro, la sua è una stanchezza che si porta dietro da giorni ormai. Con questo sono già dieci casi di malattia nel giro di qualche settimana.
Non si è mai vista una cosa del genere. Il medico del villaggio continua senza sosta a cercare erbe, preparare tisane o qualsiasi cosa per limitarne i sintomi ma per il momento non riesce nemmeno a stabilire quale sia la causa dell'epidemia.
In realtà, non si può neanche parlare di una vera e propria malattia. Chi ne è affetto inizia a delirare - si dice che veda cose che non sono reali - e impazzisce del tutto nell'arco di appena qualche giorno. Entra poi in uno stato di incoscienza e rimane così, il sonno disturbato da una forte febbre che non accenna a diminuire.
Shindou ha cercato informazioni presso altri villaggi, tramite missive, spedizioni di due o tre uomini, perché per prima cosa ha bisogno di capire che diavolo è questa cosa, altrimenti il medico potrà fare ben poco. Ma nessuno, neanche i villaggi più a nord ai piedi delle montagne sembrano averne sentito parlare.
La prima cosa che avevano pensato, oltre che una qualche epidemia, che potesse trattarsi di un avvelenamento, ma non sembra esserci nessun punto comune ai dieci malati - devono essere stati nel caso avvelenati tutti allo stesso modo - e si sono già accertati che le acqua del fiume siano pulite. Shindou non sa più dove andare a sbattere la testa e intanto uno dopo l'altro gli abitanti del villaggio cadono preda del morbo misterioso. È impotente e questo gli fa crescere dentro una frustrazione inimmaginabile. Sei il figlio del capo del villaggio, dannazione, devi pur trovare una soluzione!
La paura dilaga e ormai non c'è giorno che non si porgano preghiere al tempio per allontanare questa cattiva sorte. Le anziane del villaggio sostengono che sia una punizione da parte di una qualche divinità di cui hanno attirato l'ira. Ma i rituali di purificazione non hanno funzionato e se anche così fosse, cosa devono aver fatto per scatenare tanta rabbia?
Per Shindou, in ogni caso, ciò che rimane da fare ora è assistere come può tutti coloro a cui serve aiuto, continuare a indagare sui sintomi della malattia per risalirne alla fonte e svolgere anche qualche mansione in giro per il villaggio, dato che la cattiva sorte ha voluto che gli affetti siano proprio capifamiglia, contadini, indispensabili per la situazione economica del piccolo agglomerato urbano, che diventa precaria ogni qualvolta giunge l'inverno.

È un pomeriggio nebbioso quando decide di scendere per qualche ora giù al fiume. Di solito c'è sempre Kirino insieme a lui, ci vanno per far passare il tempo quando al villaggio c'è ben poco da fare, ma ultimamente ha molti pensieri per la mente e ha bisogno di schiarirsela un po' stando da solo. Sua madre sostiene che si stia preoccupando troppo per questa faccenda dell'epidemia e forse ha anche ragione. Ma non può farne a meno, anche se sa che al momento può fare ben poco. L'istinto di addossarsi tutte le responsabilità è un brutto vizio che ha preso da suo padre.
Il fiume non è tanto lontano dal villaggio, una camminata scendendo la collina di quindici minuti al massimo. O anche solo cinque, se la si fa correndo, ma lui non ha alcuna fretta, per cui la strada la farà con calma. Considerando anche che la nebbia si sta facendo più fitta e sta calando fino a valle, se si mettesse a correre adesso rischierebbe di inciampare sul terreno roccioso e potrebbe pure spezzarsi l'osso del collo. Decisamente l'ultima cosa di cui ha bisogno al momento.
Sopra di lui il cielo è grigio, pieno di nuvole che minacciano di far piovere. È abbastanza certo che entro sera verrà giù un acquazzone, spera solo che non troppo presto - vorrebbe rimanere tranquillo almeno un'ora o due in riva al fiume.
Lo rilassa, sdraiarsi sull'erba e chiudere gli occhi ad ascoltare lo scrosciare regolare dell'acqua che scorre. Avrà perso il conto di quante volte si è ritrovato ad addormentarsi lì e ad essere svegliato da Kirino, all'ora ormai di tornare indietro con il sole già calante all'orizzonte. Oggi si accontenterà di appoggiarsi a uno degli alberi sulla sponda e di rilassarsi un po', senza mettersi a dormire.
Il fiume, fatta eccezione quando vi si reca la mattina presto, è sempre deserto e ringrazia profondamente che lo sia anche adesso. Per quanto intrattenere conversazioni con altri sia sempre piacevole, non è una cosa di cui ha voglia al momento, nemmeno se fosse con Kirino stesso. La corrente è un po' più forte del normale, lo capisce dal rumore insistente dell'acqua scrosciante ma a lui poco importa. Non si avvicinerà al bordo più di tanto. Si limita solo a sedersi tra le radici del suo albero preferito e appoggia testa e schiena alla corteccia, chiudendo gli occhi.
Sono giorni che non riesce a riposarsi, neanche quando la sera si distende a letto per dormire. Non passa una notte tranquilla da settimane, il suo sonno risente della costante preoccupazione e senso d'ansia che porta con sé di continuo. Questa storia della malattia lo sta consumando nel profondo e non può fisicamente andare avanti così. Venire al fiume è l'ultima opzione che gli è rimasta, spera che almeno qui troverà un po' di pace, giusto un paio d'ore.
Sta per entrare in uno stato di dormiveglia - i propositi di non addormentarsi che se ne vanno in frantumi - quando al suo orecchio giunge un rumore. Il lieve tintinnio di un campanellino.
Si irrigidisce, subito sull'attenti, e con un'occhiata furtiva senza farsi notare si guarda veloce intorno. Sull'altra sponda del fiume scorge un'ombra che avanza avvolta dalla nebbia.
Come diavolo ha fatto a notarlo prima?
Si alza di scatto e porta la mano al pugnale che ripone nascosto nelle tasche interne del suo abito, perchè in questi tempi di guerra si deve essere pronti a qualsiasi evenienza. È incerto se estrarlo oppure no. Indietreggia di qualche passo portandosi dietro alla corteccia dell'albero, facendosi scudo di questa.
Cerca di distinguere la figura - ora fattasi più piccola, come se si fosse accovacciata - che intravede malamente attraverso la coltre di nebbia. È solo quando questa si schiarisce un po' che può quantomeno vedere il volto dell'inatteso ospite. Un ragazzino, con ogni probabilità più o meno della sua stessa età. Shindou tira un piccolo sospiro di sollievo, senza comunque abbassare troppo la guardia.
Il giovane ha il viso sottile, i capelli nocciola raccolti in due curiosi piccoli turbini in cima alla testa e ha un'espressione assorta, le palpebre socchiuse. Sta osservando il fiume con un interesse quasi peculiare. Shindou è abbastanza sicuro di non averlo mai visto prima.
Dal rumore di schizzi che arrivano al suo orecchio, quel ragazzo deve avere una mano immersa nell'acqua gelida, giocherellando in silenzio. Nonostante il suo sguardo, non sembra essersi ancora accorto della sua presenza.
A quel punto le spalle cominciano finalmente a rilassarsi. Non crede che quel ragazzo rappresenti una minaccia - si augura solo di non pentirsi del suo giudizio un po' affrettato. Prende un respiro e apre la bocca per parlare, pronto a venir fuori da dietro l'albero. Vuole sapere chi sia e che diavolo ci stia facendo lì con questo freddo - si chiede come faccia in pieno inverno a stare con le mani in acqua con tale disinvoltura. Ma l'altro si alza in piedi e lui si ferma di botto.
C'è qualcosa, una sensazione a rigirargli lo stomaco, che lo blocca e non sa se sia positivo o no. La nebbia si fa sempre meno fitta ora che il vento leggero la sta portando pian piano più giù e Shindou comincia ad avere la piena visuale sul giovane. Trattiene il respiro.
È la prima volta che vede degli abiti tanto raffinati, il tessuto bianco e oro del kimono a coprirgli elegantemente il corpo minuto. Le larghe maniche che pendono non fanno che snellire ulteriormente la sua figura e dalla fascia rossa stretta in vita si accorge che pendono degli ornamenti, tra cui un campanellino che suona al più piccolo dei movimenti. Deve essere quello che ha sentito prima. Il ragazzo prende a passeggiare lungo l'argine, gli zoccoli di legno che battono sul terreno costellato di pietre. Il tintinnio del campanello prende a essere regolare.
Dall'eleganza con cui si muove, dal vestiario indubbiamente costoso, Shindou si chiede se non sia un qualche aristocratico o addirittura qualcuno della corte - ma cosa verrebbe a fare una persona del genere in un luogo come quello, dimenticato quasi dagli dei stessi?
L'aura che percepisce intorno a quel ragazzo va forse oltre la semplice regalità che traspare da ogni dettaglio della sua figura. È qualcosa di surreale, quasi misterioso, che non riesce a cogliere a pieno. Qualcosa che non gli permette neanche di proferire parola. Inizia quasi a dubitare che lo stia vedendo davvero.
Potrebbe attraversare la sponda, saltando di pietra in pietra, e facendo attenzione a non cadere in acqua potrebbe raggiungerlo. Potrebbe fermalo, per sapere da quale villaggio - o città, dato l'apparente lignaggio - proviene. Potrebbe assicurarsi che non si tratta di una sua mera fantasia. Invece Shindou rimane in silenzio, senza quasi poter muovere un muscolo, nascosto a guardare il profilo esile che fa per allontanarsi.
Proprio quando gli è più vicino, nota i suoi occhi liquidi, distanti, limpidi come l'acqua del fiume che scorre tra di loro. Sono di un azzurro intenso che sembrano aver dentro il cielo stesso, quasi avesse rubato lui il manto sereno e avesse lasciato loro quello uggioso che porterà pioggia. Trattiene il respiro. In un guizzo quelle iridi brillano ancora di più e Shindou potrebbe giurare che i loro sguardi si siano incontrarti, solo per un attimo.

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