[Fanfiction] "L'ora del tè"

Jan 30, 2011 13:29

 Titolo: L'ora del tè
Fandom: Sherlock BBC
Rating: NC17
Pairing: Sherlock/John
Wordcount: 1591(fiumidiparole )
Prompt: SHERLOCK (BBC) John/Sherlock, "Bussano alla porta." "Non importa." per il 4# p0rn fest di fanfic_italia 
Avvertimenti: Slash, Lemon, Linguaggio, Masturbazione, PWP (non aspettatevi trama, non ce n'è manco un briciolo)
Disclaimer: I personaggi non sono miei, purtroppo e tutto ciò che ho scritto non è mai avvenuto e probabilmente mai avverrà.
Betareader: rei_hino88 che me l'ha gentilmente riletta al volo.
Dedicata a: naripolpetta il prompt è tuo, per cui mi sembra giusto dedicartela XD ed a mikamikarin perché è la sua gentile consorte e mi ha incitata su Twitter XD
Nota 1: ero profondamente stressata, sono profondamente stressata. Prendetela per quella che è, non lo so che cos'è, è qualcosa, sicuramente è p0rn, sicuramente è PWP e sicuramente l'università mi brucia i neuroni. 
Note 2: Li vedete gli avvertimenti, sì? C'è un pizzichino-ino linguaggio, cioè è una lemon, fine. Specifico perché in altri posti (non su LJ) mi è capitato di veder chiamate 'volgari' lemon che NON lo erano, per cui d'ora in avanti quando nelle mie fic saranno presenti parole poco delicate, metterò 'linguaggio'. Bah, mondo dallo stomaco delicato.

John non era sicuro di come fosse successo; si era disteso sul divano dopo un’estenuante giornata di lavoro, con un braccio sulla testa e gli occhi chiusi, pesanti.
Sherlock, poco dopo, era salito su di lui come un felino affamato, sembrava davvero fuori di sé, aveva gli occhi freddi - come sempre - ma le pupille innaturalmente dilatate, qualcosa non andava nel suo modo di fare.
Era troppo tempo che non risolveva un caso e in quei giorni si stava decisamente annoiando.

Improvvisamente John si sentì stringere il colletto della camicia, Sherlock lo tirò verso di sé con forza. Il dottore non ebbe tempo di reagire, si ritrovò con le labbra del coinquilino sul collo e oh… non poté pensare altro… soltanto, oh.
Erano morbide ed eccitanti, la lingua percorreva la sua gola, risaliva sulla mandibola e scorreva fino all’orecchio, leccandone sensualmente il lobo. Ma dov’era finito l’autocontrollo di Sherlock? Che ne era della sua sociopatia di cui si faceva tanto vanto?
Non poteva far a meno di chiedersi il perché di tutte quelle azioni. Quei pensieri furono prontamente cancellati dalla mano del compagno terribilmente vicina al cavallo dei suoi pantaloni.
No, ehi, che cazzo significava? Solo perché si stava annoiando lui era il rimpiazzo? O un divertimento qualunque per quella giornata grigia e noiosa?
“S-Sherlock?” la sua voce tremò appena, nell’intento di ricavare spiegazioni, ma in cambio ricevette soltanto un ringhio.
“C-che vuoi fare?”
“Riesci sempre ad interrompermi, eh John?” Sherlock si alzò con la schiena, distaccandosi dal suo volto e Watson non poté far a meno di darsi dello stupido. Ma perché era così idiota? Non poteva star zitto, una volta tanto?
Abbassò gli occhi, scorrendo dal collo di Sherlock fino alle sue mani; erano esattamente sulla sua stessa cintura dei pantaloni e la stavano slacciando. John tremò e sentì un brivido attraversargli la schiena. Sherlock Holmes si stava slacciando i pantaloni davanti a lui. Soltanto quel gesto riuscì a procurargli un’erezione immediata ed un bisogno di masturbarsi fuori da ogni eguale, ma si trattenne. Non poteva dargli soddisfazione, non poteva cedere alle sue avances soltanto perché gli era venuta - a LUI - voglia di fare sconcezze. Senza neanche consultarlo, per giunta.
John si rimangiò ogni pensiero iroso nei suoi confronti non appena sentì il rumore della zip dei pantaloni del coinquilino abbassarsi velocemente, dalla patta intravedeva il gonfiore in mezzo a quelle splendide gambe e, oh sì, lui lo desiderava. Sentiva l’esigenza di toccarlo, di strappargli via quei boxer e possibilmente anche quel sorrisetto saputello dalla bocca; voleva sentirlo gemere, voleva sentirsi più forte ribaltando la situazione. Ma i fatti dimostravano che mentre Sherlock era lì, che si calava lentamente le mutande - toglieva il respiro - lui stava semplicemente osservando, senza né dire, né fare niente.
Era idiota, era semplicemente un idiota, o forse aveva terminato persino le definizioni da auto infliggersi.
“Non sei autorizzato a fare di me ciò che vuoi, Sherlock,” riuscì a dire, - cercando di recuperare un po’ di dignità maschile - con la voce completamente spezzata dall’eccitazione.
“A me sembra proprio il contrario,” rispose l’uomo, ammiccando in mezzo alle sue gambe. Cazzo, la propria erezione l’aveva tradito; la bastarda era lì, svettante tra le sue cosce e si poteva intravedere perfettamente dai pantaloni. Sherlock l’aveva fregato ancora, lui era ben capace di mandare la sua dignità nel cesso, sempre che ce l’avesse mai avuta una dignità da quando era arrivato a Backer Street.
L’uomo, finalmente, si tolse completamente le mutande, mettendo a nudo il suo sesso ben eretto e con la punta lucida, probabilmente già umida di pre-orgasmo. A John non era sempre chiaro il perché Sherlock riuscisse ad eccitarsi con così tanta facilità, ma poco importava, aveva voglia di accoglierlo nella sua bocca e succhiarlo fino a farlo gridare e venire.
I pensieri del detective, per una volta, non distavano molto dai suoi.
“Scommetto, John, che tu non vedi l’ora di prenderlo in bocca, non è vero? Cosa ti trattiene? Oh, già, il solito discorso dell’’orgoglio maschile’. Mi dispiace, ma il tuo istinto ti tradisce perché, laggiù, il tuo piccolo amico sembra pensarla diversamente. Scommetto che ti piacerebbe se avvicinassi di forza la tua bocca al mio membro e ti costringessi a prenderlo, leccandolo dalla punta fino ad accoglierlo completamente. Dopo ci prenderesti gusto e cominceresti a leccarmelo a ritmo serrato, sperando che uggioli il tuo nome tra le lacrime e i sospiri. Ma la tua parte razionale non vuole farlo, non vuole darmi questa soddisfazione.
A cosa ti serve resistermi, John, quand’è così palese che in realtà vuoi farlo, lo desideri. Lo vedo…” cacciò una mano nei suoi pantaloni e Watson sussultò “lo sento.”
Concluse la frase aprendo i pantaloni di John e cominciando ad accarezzargli l’interno delle gambe, fino a risalire al suo membro, accarezzandolo sopra la stoffa.
“Bastardo,” sussurrò tra i denti il dottore; lo fregava sempre, sempre. Ogni-fottutissima-volta.
Al diavolo. La mano del compagno gli abbassò le mutande e oh, aveva preso ad accarezzarlo e l’unica cosa che riusciva a fare, era guardare di scorcio il membro di Sherlock così dannatamente eretto. Se avesse continuato a fissarlo avrebbe cominciato ad aprire la bocca nella speranza che si riempisse con quello. Si faceva schifo, parecchio schifo.
Si sottometteva a lui così facilmente, che per qualche secondo pensò che Moriarty avesse ragione: era davvero il suo cagnolino.
La mano di Sherlock scorreva su di lui, passando dal pene ai testicoli, per poi tornare a scorrere sulla lunghezza passandovi leggermente le dita. Era una tortura; quelle dita lunghe ed affusolate lo stavano torturando. Non poteva ribellarsi, alzava il bacino più che poteva, pregava che la mano di Holmes lo prendesse e lo masturbasse sempre di più, fino a farlo venire. Voleva venire, cazzo. Non riusciva a pensare ad altro.
Le dita del compagno scorsero pericolosamente sulle sue natiche, fino ad infilarsi, leggere, in mezzo ad esse. Le sentiva accarezzargli la parte sensibile tra il suo anfratto caldo ed i suoi testicoli e pensò che fosse la tortura peggiore - e migliore - che Sherlock potesse fargli.
John vide il suo volto chinarsi su di lui. L’uomo si piegò ed allungò la lingua per lambirgli un capezzolo, leccandolo e tracciandone con la punta piccoli cerchi. Era devastante quel connubio di azioni, tra gli ansimi e la poca facoltà di ragionare che gli era rimasta, si chiese da dove diavolo venisse tutta quella conoscenza sul sesso da parte del coinquilino.
Non aveva mai fatto una scopata del genere e tutto ciò si doveva assolutamente ripetere.
Vide una mano di Sherlock scomparire, si stava toccando. Lo guardò con la coda dell’occhio mentre era tornato a masturbare sia lui che se stesso, passava le dita sul glande e poi scendeva di nuovo, un gesto consecutivo, ritmico.
“S-Sherlock!” venne con un gemito strozzato, riversandosi nella mano del compagno. Holmes non fece niente, non si mosse di un millimetro, attese una sua reazione.
John non riuscì a resistere, sapeva che quella di Sherlock era una fottutissima tattica; allungò un braccio e gli afferrò una natica - decisamente, Sherlock Holmes aveva un bel fondoschiena, era una cosa di cui doveva tener conto - e lo attirò a sé, finché la sua bocca non corrispose all’altezza del membro dell’altro.
“Sapevo che non avresti resistito,” sussurrò Sherlock, e John sentì le sue mani artigliarsi ai suoi capelli. Lo accolse in bocca e Dio, era duro, aveva un odore forte, decisamente non troppo invitante, ma era di Sherlock e lui, in verità, aveva sognato milioni di volte di farlo. Si era toccato in solitudine fin troppe volte per non approfittare e cazzo, chi se ne fregava dell’orgoglio maschile!
Leccò la punta, leccò l’intera lunghezza, l’accolse nella sua cavità, si mosse con decisione ed i fianchi dell’altro puntavano sempre più verso di lui; gli aveva afferrato le natiche, le aveva accarezzate lievemente per poi stringerle, erano paradisiache. Lui era paradisiaco.
Aveva dei fianchi meravigliosamente stretti, aveva una voce meravigliosamente profonda - più del solito - ed eccitate. Adorava la sua voce, adorava come pronunciava il suo nome; era sempre sospirato, profondo, quasi impercettibile. Riusciva soltanto a cogliere l’iniziale, ma sentirlo così, sentirlo detto dalle sue labbra, sentirlo con quella voce di una persona ormai prossima all’orgasmo, era veramente appagante.
I fianchi di Sherlock ondeggiavano in avanti sempre più ritmicamente, la sua presa si era fatta più forte.
“Cazzo!” aveva gridato il detective, gettando la testa all’indietro e facendo ancor più perno sulle gambe, divaricandole.
Sherlock venne nella sua bocca, spingendo con più intensità per una seconda volta ed invocando, con voce roca, il suo nome. John ingoiò una parte di seme - per quanto fosse stato piacevole, non poteva dire che aveva un gusto poi tanto buono, ma non lo rivelò a Sherlock - e si pulì la bocca con il dorso della mano, tornando a sdraiarsi sotto di lui. Si sentiva un po’ sconvolto.
Si sentì un poco più pesante, Sherlock era completamente disteso su di lui - John pensò di essere un materasso, o qualcosa del genere - e sentì il contatto caldo delle sue labbra contro il suo collo.
“Visto che-” Sherlock interruppe il discorso, un rumore sordo raggiunse le orecchie di entrambi, un battito ripetitivo.
“Bussano alla porta.”
“Non importa.”
“Ma se è Lestrade?”
“Non m’interessa.”
“Ma se è Mrs Hudson?”
“Aspetterà.”
Bussarono ancora, Sherlock mugugnò qualcosa contro il suo collo, riprendendo a baciarlo e facendo scorrere una mano tra le sue gambe - per la seconda volta in quella giornata, John gridò al miracolo. -
“Dannazione, Sherlock!” gemette, artigliandosi alla sua schiena ed inarcandola leggermente.

*

Mrs Hudson bloccò il pugno a mezz’aria per poi tornare a tenere la tazza di tè con due mani. Non avrebbe bussato oltre. Dai gemiti che sentì seguire, intuì che Sherlock avesse trovato un rilassante migliore del tè.
Scese le scale ridacchiando.
Lei sapeva. Lo aveva sempre saputo.

personaggio: sherlock holmes, personaggio: john watson, slash, fan fiction

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