Tutte le bimbe qui sono per la challenge ora in corso per
it100 :DD! (per cui è tutto preso e copincollato senza vergogna alcuna, wattà!)
Titolo: How searching for the calm
Rating: PG
Conto Parole: 214
Personaggi: Sherlock, John
Pairing: nessuno
Avvertimenti: nessuno
Challenge: Special #9
Prompt-regalo: Step out of the shadows (Kasabian)
Loro lo prendono, lo assorbono, lo fanno loro; sono gelose e non vogliono lasciarlo andare, ma lui ne ha un assoluto bisogno, o scoppierebbe.
Da quando è tornato dalla guerra, ha sperimentato un solo modo per sfuggire a tutte quelle ombre nere che nei sogni cercano di agguantarlo per trascinarlo con loro: innanzitutto alzarsi dal letto per impedire che quelle lunghissime dita scure lo strozzassero, uscendo dal materasso come liane velenose; mettere a bollire un caffè che tanto non berrà mai, ma gli piace l’odore che lo calma appena; metterlo nella sua solita tazza e appoggiarla davanti al computer; far finta di scrivere e aspettare l’alba. Non che gli piaccia particolarmente veder sorgere il sole, ma ha uno strano effetto calmante.
Ora che abita con “Sherlock Holmes 221b Baker street (occhiolino)”, quando si risveglia sudato, col pigiama appiccicato e le urla che raschiano in gola, si infila le ciabatte e va in camera di Sherlock, perché sa che lo troverà sveglio.
“Hai risolto il caso?”
Si appoggia alla porta e guarda le sue dita congiungersi, i suoi occhi illuminarsi. Lui lo guarda a sua volta e gli fa segno di sedersi sul letto, perché lui ama profondamente il suo pubblico.
“No, però sono vicinissimo alla soluzione. Vieni qui che ti spiego.”
Decisamente meglio del buttare via litri di caffè.
Titolo: Every possible solution
Rating: PG-13
Conto Parole: 272
Personaggi: Sherlock, John
Pairing: Sherlock oneside
Avvertimenti: slash oneside
Challenge: Special #9
Prompt-regalo: A little taste of what may come - A mere glimpse of what has gone (The Smashing Pumpkins)
È fastidioso quando si ha una così alta stima di se stessi da cercare di cancellare tutto ciò che, in un qualche modo, non si riesce a comprendere appieno.
Da alcuni giorni guardare John è come avere tra le mani un cubo di Rubik incollato, con le facce che non si riescono a muovere. Lo guarda e non riesce a catalogarlo, non riesce a metterlo in un barattolo ed etichettarlo, e quello è sempre stato il modo in cui ha affrontato la realtà, non averla così strettamente sotto il proprio controllo è disarmante, vagamente angoscioso, assolutamente irritante. Lo guarda e non prova odio, non prova disgusto, non prova compassione per il suo ridotto intelletto - c’è altro e questo altro non ha nome, perché non si chiama rispetto o altri sinonimi. Vuole essere abbastanza vicino a lui da sentirne il calore corporeo per assicurarsi che non prenda troppo freddo perché non vuole germi per casa e vuole essere abbastanza vicino da dominare i suoi pensieri perché non si occupi di altro, in fondo non ha un cervello così grande per permettersi troppi pensieri per volta. Non c’è un nome che conosca per tutto questo, non è ossessione perché lui la conosce bene e quella non fa caldo.
L’unica è avvicinarsi al dato sconosciuto, scavare per trovare il maggior quantitativo di numeri e dati; baciarlo per sapere cos’è, il suo secco rifiuto per comprendere cosa non sarà.
“… devi aver capito male di nuovo, Sherlock.”
Non lo si può considerare un vero fallimento, in fondo non sapeva neppure cosa fosse la materia prima; niente gli impedisce di guardarlo andare via con un certo disappunto.
Titolo: It's Christmas, freak
Rating: PG
Conto Parole: 300
Personaggi: Sherlock, John, Lestrade, Donovan, Anderson
Pairing: nessuno
Avvertimenti: nessuno
Challenge: Special #9
Prompt-regalo: It only happens once a year (Belle & Sebastian)
Dopo cinque anni di frequenza più o meno assidua (il che potrebbe essere preso come dato per la densità criminale a Londra), Lestrade crede di conoscere Sherlock quel tanto che basta per affermare, con abbastanza sicurezza, che non c’è granché di umano in quell’uomo. Non nell’accezione più negativa del termine, ma mette a tutti quella paura che metterebbe un cyborg sfuggito persino al controllo del proprio creatore. La gamma di sentimenti che prova è pari a quella delle espressioni del suo viso. Per lui ha sempre provato timore misto ad un gran senso di pena, sperando in continuazione che qualcuno lo aiutasse. Se avesse un figlio, si preoccuperebbe per lui appena poco più di quanto faccia con Sherlock.
Per questo lo rassicura così tanto la presenza del dr. Watson. C’è in lui abbastanza tranquillità da quietarlo, abbastanza sangue freddo per sopportarlo, abbastanza adrenalina sopita per seguirlo e fare in modo che non si ammazzi.
“È Natale.”, sospira rassegnato davanti ad una tazza enorme di caffè americano, i gomiti appoggiati sulla scrivania dello studio, dopo aver compilato i documenti dell’ultimo omicidio risolto. A volte è contento di non avere una famiglia, almeno non ha nessuno da deludere in certe occasioni.
“Già. Auguri Lestrade.”, sospirano in coro Anderson e Donovan, roteando gli occhi.
“Che palle.”
“Già.”
“Facciamo qualcosa?”
“Mc Donald’s?”
“Chi offre?”
“Anderson. Mi deve una cena.”
“E Lestrade che c’entra?”
“Non rompere e offri.”
Stanno per mettere la giacca, quando arriva John, seguito da uno Sherlock particolarmente arrabbiato.
“Buon Natale!”
Ha uno stupido cappellino in testa e almeno tre vassoi in mano, e anche Sherlock.
“L’ho costretto, non sarà di buon umore per tutto il giorno.”
John appoggia pasticcini e tramezzini sulla scrivania, dopo aver tolto tutte le cartelle e i documenti di mezzo.
“Miracoli di Natale, eh, freak?”, dice la Donovan ironica, ficcandosi velocemente in bocca la prima cupcake.
Forse Lestrade può davvero smetterla di preoccuparsi.
Titolo: Fixing pieces
Rating: PG
Conto Parole: 288
Personaggi: John, Harry
Pairing: nessuno
Avvertimenti: nessuno
Challenge: Special #9
Prompt-regalo: You can start to make it better (The Beatles)
“Lo so benissimo che le tue sono solo visite di cortesia obbligate.”
Harry si sta sforzando di non bere, ma i suoi attacchi d’ira sono identici a quelli che aveva con quindici birre in vena, solo che adesso la voce è più ferma, dura, con una nota vagamente isterica, certamente più seria, e questo la rende più inquietante del solito.
John si chiede a che pro sforzarsi per recuperare qualcosa - qualsiasi cosa ci sia stata prima - con lei.
“Lo so che ti hanno spedito qua mamma e papà.”
Li ha sempre chiamati così, anche ora che i rapporti sono saltati per aria con la dinamite.
“No, non lo hanno fatto. È il mio giorno libero, ho voglia di vedere mia sorella, ne ho il tempo. Tutto qua, semplice e lineare.”
Ripone la giacca ed evita il suo sguardo d’odio come eviterebbe una pallina da tennis lanciata a tutta velocità-
“Non ne hai mai avuto.”
“Ora ne ho, e ne ho bisogno.”
“Bisogno, Hamish?”
Lo chiamava col suo secondo nome per cercare di irritarlo quando erano piccoli, prenderlo in giro per veder esplodere quel fratellino così bravo da irritarla.
“Sì.”
John teme di starsi sforzando solo per se stesso, perché sente il profondo bisogno di riaverla, perché sa perfettamente cosa c’era prima, cosa si è annullato, ma vuole solo ricominciare, riprendersi i cocci per incollarli nelle forme malfatte e storte di sua sorella Harry.
“Parlare con te mi ha sempre divertito molto, e so che anche tu hai bisogno di parlare.”
Harry increspa appena un sorriso, lo guarda e scoppia a ridere. “Da quando sei così intuitivo?”
John ricambia il sorriso - meno malizioso, più disteso e calmo; prende una sedia di fronte a lei, senza smettere mai di guardarla.
“Te l’ho detto con chi vivo, no? Mi deve aver contagiato.”
Titolo: Never a brilliant idea
Rating: PG-13
Conto Parole: 128
Personaggi: Sherlock, John
Pairing: Sherlock/John
Avvertimenti: vaghissimo slash
Challenge: Special #9
Prompt-regalo: Can't make good decisions (The Strokes)
Già l’idea di per sé di andare a vivere con Sherlock Holmes non è stata proprio la migliore che abbia avuto nella sua vita. Nemmeno l’idea di - innamorarsene? Invaghirsene? Non esistono verbi meno imbarazzanti? Farselo piacere è altrettanto disgustoso. Beh, insomma, neppure quella è stata proprio la sua migliore pensata.
“John, che hai?”
“Mh?”
“Niente, sembravi assorto in un qualche profondo dilemma, a giudicare dall’espressione, dalle rughe della fronte, dallo sguardo da pesce.”
È così vicino che i capelli più ribelli del boccolo che ha sulla fronte gli danno fastidio agli occhi. È così vicino che anche se lo baciasse potrebbe spacciarlo per incidente.
Ma vaffanculo, in fondo lui ha invaso l’Afghanistan, di idee imbecilli ne ha già avute e una in più o una in meno non farà differenza.