Summary: Ora è là fuori che lo aspetta, controllando ogni due minuti l’orologio, diventando un po’ nervoso man mano che il tempo scorre. È un nervoso positivo, in un certo senso, che nasconde una leggera ansia nel vederlo. Meglio, nel trascorrere una serata solo con lui. È questo che gli ha promesso.
Words: 1,576
Genre: Fluff, Romantic, Slice Of Life
Pairing: Steve Rogers/Tony Stark
Rating: PG-13
Warnings: Missing Moments, One-Shot, Slash
Notes: Scritta sul prompt "
Eskimo kiss" per il San Kinkino del
kinkmemeita. Alias: Quello che succede quando non so che fare e mi annoio, specialmente di sabato sera xD L'idiozia di 'sta fic è qualcosa di inspiegabile a parole, basta dirci che ci sono anche I PINGUINI. E ho detto tutto.
Enjoy! (?)
Steve non ha idea di cosa volesse dire Tony quando gli ha dato appuntamento alle sei e mezza di sera all’uscita posteriore della Stark Tower, precisando di vestirsi pesante.
‹‹ Pesante? Perché pesante, Tony? ››
‹‹ Non voglio che ti becchi un malanno, poi è con me che Fury se la prende, lo sai. ››
‹‹ Be’, non credo che stasera la temperatura si abbasserà così tanto... ››
‹‹ Steve. Pesante. Ci vediamo alle sei e mezza. Puntuale. ››
‹‹ Spero per te che lo sarai! ››
Fatto sta che l’altro si è reso irraggiungibile per tutto il pomeriggio, e Steve alla fine s’è arreso e s’è infilato un pile sotto il giaccone, giusto per precauzione, perché con Tony non si sa mai.
Ed ora è là fuori che lo aspetta, controllando ogni due minuti l’orologio, diventando un po’ nervoso man mano che il tempo scorre. È un nervoso positivo, in un certo senso, che nasconde una leggera ansia nel vederlo. Meglio, nel trascorrere una serata solo con lui. È questo che gli ha promesso.
Quando Tony arriva sono quasi le sette, ma alla fine non conta, perché come al solito gli va incontro con un largo ghigno sulle labbra, che riesce a far dimenticare tutto il resto all’uomo con la postura da militare che immediatamente si gira nella sua direzione, come se fosse stato chiamato. E magari un po’ è vero.
‹‹ Ehilà, pronto? ›› gli chiede, lasciandogli un leggero bacio sulla guancia.
Steve arrossisce immediatamente, ma miracolosamente riesce a non distogliere lo sguardo. Un traguardo.
‹‹ ... E scattante. ›› conferma, sorridendo a sua volta.
‹‹ Andiamo allora. ››
Tony lo precede in un parcheggio a sette piani proprio dietro l’angolo, e sulle prime Steve pensa che il programma della serata preveda una cena a quelle a cui l’altro lo ha abituato in uno dei ristoranti più alla moda di Manhattan. Il pensiero a dirla tutta lo turba un po’, e mentalmente si domanda se non sembrerà fuori posto, vestito in quella maniera, con un paio di pantaloni poco formali ed un pile addosso. Al momento non si ricorda nemmeno se i due capi siano intonati o meno. Tony ha provato a spiegargli come funziona questa storia dell’accoppiamento dei colori, ma onestamente lui non c’ha capito molto. Più che altro, non ne riesce ad afferrare il senso.
Sta per chiedergli conferma del suo ragionamento quando di colpo vede apparire davanti ai suoi occhi un elicottero, una grande “S” disegnata proprio sopra all’ampio vetro. Immerso nei suoi pensieri, non si è accorto che hanno preso l’ascensore fino all’ultimo piano e poi sono saliti per una breve rampa di scale che li ha portati sul tetto. Una brezza fredda e dispettosa lo colpisce proprio in quel momento alla nuca, come a sottolineare dove si trovano.
‹‹ ... Tony? ›› domanda incerto, perplesso di fronte a quell’elicottero che sembra incutergli un assurdo timore.
‹‹ Sali. ›› ribatte l’altro sinteticamente, rivolgendogli un cenno veloce col capo e andando già a prendere il proprio posto ai comandi.
Steve sospira e si accomoda sul sedile del passeggero, con la curiosità che adesso si è sostituita allo sbigottimento.
‹‹ Dove stiamo andando? ››
‹‹ Tra... un’oretta lo vedrai tu stesso. Fino ad allora... rimarrà una sorpresa. ››
‹‹ Okay... ›› si limita a rispondere, ché tanto ormai l’ha imparato, insistere non porta a nulla, è solo fiato sprecato.
Tony mette in moto e si solleva sopra Manhattan, lasciandosi in breve tempo i grattacieli alle spalle.
Durante il viaggio non parlano per niente, in parte per l’alta pressione che tappa loro le orecchie, in parte - o forse soprattutto - perché Steve si addormenta di lì a poco, con la testa poggiata sulla spalla dell’altro. Tony sorride appena quando capisce, e alza leggermente il riscaldamento nell’abitacolo, per far sì che il freddo non turbi il sonno dell’altro. Lui preferisce così. Contrariamente a quanto la gente possa credere, gli piace il silenzio. Anche se come ne ha occasione lo riempie sempre di parole.
È solo quando ormai ci sono che scrolla leggermente le spalle, per farlo svegliare. Operazione che richiede più impegno di quanto ne avesse inizialmente preventivato: Steve ha il sonno pesante, anche se non si direbbe.
‹‹ Stevie... Stevie, siamo arrivati, sveglia... ››
‹‹ Mprf... ››
‹‹ Dài, non ho fatto tutta questa strada per niente... ››
Ma l’altro continua a dormire. Così Tony ricorre alle maniere brusche. Lo spinge leggermente di lato, scrollandoselo completamente di dosso.
‹‹ C-Cosa...? ›› balbetta Steve, strabuzzando gli occhi un paio di volte per capire cosa gli stia mai succedendo.
‹‹ Siamo arrivati, Capitano. ›› ridacchia lui in risposta, proprio l’attimo prima di atterrare, abbandonando lentamente l’elicottero su una superficie alquanto ruvida, cosa che contribuisce a far svegliare l’altro in maniera definitiva.
Si guarda attorno e per un attimo crede di esser stato accecato o qualcosa del genere, perché tutto ciò che vedono i suoi occhi è... bianco. Simile a quando si fissa il sole così a lungo che poi qualsiasi altra cosa sembra essere fatta di luce. Poi si gira verso Tony e tutto torna normale.
‹‹ Dove...? ›› fa per domandare, ma ancora una volta l’altro lo precede.
‹‹ Scendi e lo vedrai. ›› è la risposta, con una breve aggiunta: ‹‹ Copriti, è freddo fuori. ››
Steve non capisce, ma a questo punto fa come gli è stato suggerito. Si imbacucca per bene e lo raggiunge davanti al portellone. Che Tony spalanca dopo un paio di secondi, precedendolo fuori e girandosi poi verso di lui, il sorriso che si allarga da un orecchio all’altro.
‹‹ Benvenuto all’Antartico! ››
L’informazione impiega qualche momento perché Steve la registri appieno, talmente è assurda. All’inizio pensa sia uno scherzo, in qualche astruso modo. Tony ne sarebbe capacissimo, ed ha tutti i mezzi che vuole a sua disposizione. Ma quando lo raggiunge, scendendo i gradini e toccando il suolo, realizza che è tutto vero, sono al Polo Sud. È talmente sconvolto che non riesce a pronunciar parola prima di qualche secondo.
‹‹ Tony... So che può sembrare... strana, come domanda, ma... Cosa ci facciamo qui, esattamente? ››
‹‹ Festeggiamo! ›› è la risposta, pronunciata con la stessa dose di entusiasmo e spontaneità, come se fosse una cosa scontata.
‹‹ ... Cosa, esattamente? ››
‹‹ Ma come cosa, San Valentino, no? ››
‹‹ ... E cosa c’era di sbagliato in... New York? ››
‹‹ Oh, New York! È così… banale, Steve! Tutti quanti vogliono festeggiare San Valentino a New York! Volevo fare una cosa un po’ originale. ››
‹‹ Beh, di originale è originale, su questo non c’è dubbio. Ma ancora mi sfugge perché venire qui. Voglio dire, è tutto deserto intorno, giusto? O mi sono perso qualche aggiornamento recente? ››
‹‹ È... più o meno deserto, sì. Ma in realtà il motivo vero è un altro, Stevie... ››
‹‹ E quale sar-- ››
Ma Tony non gli fa finire la frase, ancora una volta. Anche se stavolta è diverso. Perché non sovrappone le proprie parole a quelle dell’altro, ma gli chiude le labbra, appoggiandoci piano le sue, e sorridendo al contatto, facendo sì che anche la punta dei loro nasi si baci, in un certo senso. Steve trattiene il fiato per qualche secondo, preso alla sprovvista, poi si rilassa, liberando anche lui un piccolo sorriso. E vorrebbe non parlare, ma la sua curiosità ha la meglio, anche questa volta.
‹‹ Cos’era questo? ›› sussurra sulle labbra dell’altro, guardandolo negli occhi.
‹‹ Oh, lo chiamano Eskimo kiss... ›› gli risponde, sempre in punta di voce, come se parlare normalmente potrebbe disturbare qualcuno o qualcosa. Probabilmente il silenzio assoluto che sembra regnare in quel posto.
‹‹ Interessante... ››
‹‹ Non trovi anche tu? E volevo sperimentarlo dal vivo, nel suo... ambiente naturale... Ecco perché siamo venuti qui, Steve... ››
‹‹ Oh, una ricerca sul campo, quindi? ››
‹‹ Esatto... ››
‹‹ Mmm... Quindi ti servono più prove, a sostegno della tua... tesi? ››
‹‹ Possibilmente, sì... ››
‹‹ Hai una tenda? ››
‹‹ A forma di igloo. ››
‹‹ Restiamo qui stanotte? ››
‹‹ Se vuoi... ››
‹‹ Che domande... ››
Il sorriso di Tony si allarga ancora di più mentre gli getta le braccia attorno al collo e lo bacia di nuovo, questa volta lasciando gli Eschimesi e i loro modi di fare da parte.
Una serie di piccoli e scattanti brividi gli si propaga lungo tutta la spina dorsale, e lui si abbandona a quella sensazione, chiudendo gli occhi e dimenticandosi di tutto il resto, le mani che già scorrono frenetiche sul petto dell’altro. Che all’improvviso ridacchia e lo ferma.
‹‹ Aspetta, abbiamo compagnia. ››
‹‹ Oh, non fare lo scemo, non c’è nessuno qui... ››
‹‹ Girati e guarda tu stesso... ››
Sulle prime è tentato di non farlo, ma quando si accorge che Steve in effetti non lo sta più considerando si costringe a lasciarlo andare.
‹‹ Vediamo, cosa diav-- ›› comincia mentre si volta, salvo poi interrompersi a metà frase.
Davanti a loro, ad una decina di metri di distanza, un piccolo manipolo di pinguini li sta osservando con una certa attenzione. Per un momento che sembra durare almeno mezzo minuto nessuno si muove o emette verso di alcuna natura, in una scena che con un altro setting ricorderebbe quella di un vecchio western.
Poi Tony scoppia a ridere, seguito subito dopo da Steve.
‹‹ Andiamo, Capitano... ›› sghignazza, lottando per non soffocarsi ‹‹ abbiamo una tenda da montare e una ricerca da portare avanti. ››