Summary: Così stamattina s’è svegliato di malavoglia e ha continuato a fare ogni cosa più o meno passivamente, più seccato che altro da tutta la situazione.
Words: 1,496
Genre: General, Slice of life
Pairing: Robert Downey Jr./Chris Hemsworth
Rating: PG
Warnings: Missing Moments, One Shot
Notes: Questa l'avevo scritta quasi un mese fa, subito dopo il D23, ma per ragioni di scazzo l'avevo lasciata da parte insieme ad altre cose. Però alla luce
di queste dichiarazioni di Chris Evans ho pensato che fosse il momento giusto per tirarla fuori e pubblicarla. Ormai sono nella mente di Robert, rassegnatevi tutti quanti u_u (e LOL ho adorato loro due vicini, così tanta è
la differenza di altezza tra Thor!Chris e Rob x'D)
Enjoy!
~
Quando Joss glielo aveva detto, il giorno prima, Chris c’era rimasto male, anche se ovviamente non l’aveva dato a vedere, limitandosi invece ad una vaga scrollata di spalle, come se non gli importasse. Aveva annuito e voltato i tacchi, subito dopo aver scoccato una brevissima occhiata al suo omonimo, che dal canto suo lo guardò come se si sentisse in colpa, cosa che a Chris fece un po’ stringere il cuore, dal momento che non dipendeva in alcun modo da nessuno di loro due. E neanche da Joss, a dirla tutta. Era semplicemente un problema di rispetto del programma. Le riprese non si potevano interrompere neanche per un giorno, neanche perché era sabato, neanche per la pubblicità del film stesso. La premiere di Captain America era stata un’eccezione, perché era già largamente preventivata e loro stavano girando ancora ad Alberqueque, che dista decisamente meno rispetto a Cleveland.
Così stamattina s’è svegliato di malavoglia e ha continuato a fare ogni cosa più o meno passivamente, più seccato che altro da tutta la situazione. L’unico fatto positivo è che rivedrà Tom dopo un paio di settimane, e questo non può essere che un bene, tutto sommato, perché stare con lui lo fa star bene, a prescindere da Chris. È un rapporto diverso, il loro, ben mutuato dall’essere fratelli sullo schermo. Certo, sa benissimo che Tom la vede diversamente, ma la sua fortuna è che il ragazzo inglese è fin troppo ben educato, cortese e puro per tentare qualsiasi altra cosa, o men che mai per lamentarsi o essere invidioso del suo rapporto con l’altro ragazzo. Ogni volta che li vede insieme Tom se ne rimane in disparte, sorridendogli debolmente come i loro occhi si incrociano, e basta, null’altro. Non avesse già troppi casini per la testa gli avrebbe già parlato, ché sa che non è giusto nei suoi confronti. Ma per un motivo o per un altro trova sempre il modo di rimandare la questione.
Quando arriva al punto di incontro designato trova ad attenderlo soltanto Robert, o per meglio dire Tony Stark. Perché sì, lui c’ha provato, davvero, a distinguere l’uomo dal personaggio - un simile errore sarebbe da principianti - ma in questo caso è proprio una battaglia persa. Sono la stessa entità, è inutile negarlo. Lo vede davanti a sé ed ancora una volta ne ha la conferma. È lì, il mento per aria, gli occhiali da sole su come da copione, le braccia incrociate sul petto. Si illumina tutto quando lo vede arrivare, sorridendogli - o meglio, ghignandogli - a trecentosessanta gradi. Lui si limita a sospirare rassegnato, ché avrebbe tanto preferito qualcosa - qualcuno - di più tranquillo. Ma tant’è. Si avvicina e gli posa la mano sulla spalla.
‹‹ Good morning. It’s just you? ››
Per risposta riceve un pugno sul petto. Davvero, è impossibile.
‹‹ Just me. For now. It’s strange, isn’t it? ››
Decisamente. Soprattutto perché okay, lui arriva sempre più o meno puntuale, ma Robert… Robert è un caso patologico. È sempre maledettissimamente in ritardo. Anche alla premiere di Captain America. Anche alle riunioni di produzione. Anche sul set, quando tutta la strada che deve compiere sta nei trecento metri che separano il capannone dalle loro stanze. È giunto alla conclusione che Robert arriva in ritardo perché Tony Stark arriva in ritardo. E lui può farlo perché è consapevole che tutti pendono più o meno dalle sue labbra. Purtroppo.
‹‹ Yeah... It really is. You’ve been here for long? ››
‹‹ Five or ten minutes. I… ›› si interrompe a metà, corruga la fronte, e poi scuote piano la testa, continuando. ‹‹ Oh, I got it now. ›› ridacchia tra sé e gli fa un cenno. ‹‹ Meeting up was at 9:30, right? ››
‹‹ Yes, correct. ››
‹‹ Kevin told me it was at 9. Son of a bitch. ››
Kevin. Robert è l’unico a chiamare il loro capo per nome. Lui può. Chris si sorprende ad unirsi alla sua risata, e per qualche momento si dimentica di essere scocciato e di malumore.
‹‹ Eh, guess it was a lucky guess from him, you know, a desperate try to make you be here on time. ››
L’altro lo guarda e lui un po’ si immobilizza, per paura di essersi spinto troppo in là, di averlo annoiato. Ma dura solo un attimo, perché Robert gli molla un leggero scappellotto sulla nuca, puntandogli il dito contro.
‹‹ Hey. Are you implying I’m usually late? ››
‹‹ Not only implying. I’m really saying it. You always are… Tony. ››
L’americano annuisce e poi scoppia a ridere, prendendolo per un gomito e trascinandolo piano verso l’ingresso del convention center. Lui lo lascia fare, seguendolo e domandandosi come sarà stare con lui. È la prima volta, di fatto, che sono in giro per le interviste stampa del film, e non sa come comportarsi, esattamente. Nella sua testa si era sempre immaginato di essere con Chris, e qualche volta a loro si aggiungeva anche Robert, certo, perché loro tre erano una sorta di santissima trinità. Però non si sarebbe mai aspettato di trovarsi da solo con quest’ultimo, ed inutile negarlo, la prospettiva un po’ lo spaventa. L’americano è a Hollywood da una vita, nonostante le sue altalenanti vicende personali ha sempre respirato quell’aria, sa come ci si comporta in pubblico, come catturarsi i favori di tutti, come resistere ai disperati attacchi inquisitori dei giornalisti. Lui ha sì qualche esperienza alle spalle, ma in fondo niente di così scottante come questo film, e ha paura di fare la figura dell’idiota davanti alle telecamere stando al suo fianco. Quasi come fosse un apprendista al banco di prova. E forse è proprio così.
Robert si muove a suo agio, quasi piroettando, tra la gente, fermandosi di tanto in tanto per qualche foto di sfuggita con qualche ragazzino, prima di stopparsi all’improvviso, facendo un cenno davanti a sé e girandosi verso di lui, che fa giusto in tempo a fermarsi prima di andargli a sbattere contro.
‹‹ Here we are. Play c-- ›› comincia, interrompendosi tuttavia quando nota la sua faccia, tra l’allarmato e l’ansioso. ‹‹ Hey, you okay? ››
Lui si limita ad annuirgli brevemente, ingoiando la saliva e fingendo tranquillità, sapendo perfettamente che l’americano non se la berrà.
‹‹ Yeah, just... seeing what’s going on… ››
‹‹ Sure… ›› gli sorride infatti, placido e rasserenante, accarezzandogli il braccio. ‹‹ Just play cool, okay? Relax, I’m here, if something should run out of control, I know how to handle it. Let’s go. ››
Annuisce di nuovo, non sentendosi granché meglio comunque, e lo segue verso la prima giornalista, che già li sta aspettando, guardandoli come se non aspettasse altro che divorarseli. Sospira piano e si aggiusta la giacca. Vorrebbe che Chris fosse lì, lui saprebbe come calmarlo.
Ma poi qualcosa di strano accade, qualcosa a cui non può credere e non crederebbe, se non fosse che lui stesso è lì per testimoniarlo. La giornalista ha appena finito di porre la sua domanda, Robert prende sicuro la parola, come fa di solito, mostrandosi sicurissimo di sé, poi...
Poi si gira verso di lui e gli passa la palla, sorridendogli incoraggiante, facendo un piccolissimo passo all’indietro per far sì che sia lui ad avere la luce del riflettore, l’onore, l’importanza. Chris rimane interdetto per secondi che gli paiono minuti, preso completamente alla sprovvista, e per un folle momento pensa che quello è Tony Stark che si fa da parte per rendere la giusta considerazione ad un dio, riconoscendo di appartenere alla schiera dei mortali, dopotutto. Ma subito dopo una vocina piccola piccola gli sussurra che Stark non farebbe mai una cosa del genere, mai e poi mai. Non con Thor, almeno. No, quello è Robert. Il vero Robert.
Così risponde alla domanda e si volta a guardare l’americano, regalandogli un ampio sorriso riconoscente e davvero ammirato, questa volta. E la scena si ripete per ogni intervista, con l’altro che lo lancia, lo promuove, lo mette in buona luce, addirittura sopra a sé stesso in alcuni casi. Il giro finisce senza che se ne renda pienamente conto. E non ha nemmeno il tempo di scambiare due parole con lui in privato perché Mr. Feige gli raggiunge e li trascina dietro le quinte della sala, guardandoli tutti, orgoglioso, solo per una manciata di secondi prima di uscire sul palco, ricevere la sua porzione di applausi e presentare la clip. Questa è la sua unica chance di farlo, si dice allora, e preso il coraggio a due mani, magari con l’aiuto di qualche divinità norrena, chissà, lo prende da parte e gli sussurra piano.
‹‹ I just wanted to say... Thank you. ››
Robert lo fissa per qualche istante, come interdetto (o forse sorpreso, chissà), e poi gli sorride, annuendo e poggiandogli una mano sul braccio, come a volergli trasmettere sicurezza.
L’attimo dopo Robert sparisce tra le tende, va dal suo pubblico, che balza in piedi, lo applaude, lo reclama.
Chris lo guarda e non può fare a meno di sorridere.
Tony Stark è di nuovo tra noi.