Sep 05, 2011 21:57
Sono dieci minuti buoni che sto fissando questa pagina bianca, in attesa che mi venga una buona frase d'apertura. Una volta, nemmeno troppo tempo fa, mi veniva abbastanza facile. Segni degli anni che passano, credo.
Quindi credo sia curioso il fatto che stia per scrivervi di un qualcosa che non accadeva da un po' di tempo. Tre anni, per l'esattezza. Quando, in quel di Barcelona, mi trovai a faccia a faccia con Bruce Springsteen.
Altri tempi, altre persone. Indubbiamente.
Altra me stessa, per quanto mi riguarda.
Potessi tornare indietro e scegliere diversamente lo farei, statene certi. Ma non si può, e quindi continuiamo con questa storia.
Storia che oggi ha riallacciato qualche filo con il mio passato, cosa che ha lasciato perfino me sorpresa e in qualche modo spiazzata, perché onestamente non credevo fosse più possibile. Il che è importantissimo, perchè insomma, mi dà qualche minima speranza per il futuro.
Magari non sono poi così totalmente da mandare allo sfasciacarrozze per umani.
Il punto è che in questi tre anni - soprattutto dal Novembre del 2009 in poi - non mi era mai capitato di trovarmi nella situazione di dover prendere una decisione immediata nel giro di un quarto di secondo, o, se è per questo, di dover mandare a quel paese la mia bellissima [ironico] personalità per concludere qualcosa. Mi era capitato nel 2007 con Tim Burton e nel 2008 con Bruce, appunto. Poi da allora niente.
Fino ad oggi almeno.
Quando sono stata a cinque minuscoli centimetri di distanza da Benedict Cumberbatch (per gli amici - e me - Benny).
Il destino me l'ha giocata relativamente facile, avendo l'accredito valido per partecipare alle conferenze stampa non è stato difficile sapere giorno ed ora nei quali avrei avuto la mia occasione.
Qualsiasi persona normale si sarebbe fatta una risata e avrebbe scrollato le spalle, mantenendo la calma almeno fino a quando non si fosse trovata davanti Benny (che insomma, senza esagerare è davvero capace di farti sciogliere con un'occhiata - ma a questo ci arrivo dopo).
Ovviamente io non funziono così.
Ovviamente il mio hype è cominciato più o meno da fine luglio, quando sono stati annunciati i film che sarebbero sbarcati al Lido (chances were ci sarebbe potuto essere anche Jude, ma dato che il ragazzo non sa stare senza far niente per più un mese - altro che il suo boyfriend, cough cough - da Agosto è impegnato a teatro, e quindi tanti saluti a dire ciao a Juju) e ho letto che ci sarebbe stato anche Tinker, Tailor, Soldier, Spy (che tra parentesi, oltre a vantare un cast spettacolare con mezzo gotha del cinema inglese, è veramente bello). E chi ci sta in questo film, tra gli altri? Benedict Cumberbatch. Alias, Sherlock [Holmes].
Ora, il mio amore totale e inglobante per Sherlock Holmes in qualsiasi sua forma è oltremodo noto, ragion per cui lascerò da parte questo discorso (se a qualcuno dovesse interessare faccia un fischio, sarà accontentato) e mi concentrerò sulla serie targata BBC.
Quando lessi per la prima volta, intorno più o meno a Maggio dello scorso anno, che ci sarebbe stato un nuovo adattamento del personaggio targato Conan Doyle rimasi sorpresa e anche un po' seccata. Ero ancora completamente presa dal film di Guy Ritchie per ragionare come sarebbe convenuto fare sulla notizia in sè, e il mio commento fu pressapoco che gli autori erano patetici, a riproporre Holmes proprio l'estate dopo l'uscita di un nuovo film, e che in poche parole volevano soltanto cavalcare la cresta dell'onda.
Quando uscì la prima immagine promozionale scoppiai a ridere, vedendo i due protagonisti così completamente diversi, per tacere poi dell'enorme differenza di altezza che li divideva (la qual cosa mi impedisce tuttora di shippare Benny e Martin abbastanza da mettermici a scrivere su, tanto per dire). Insomma, l'avrei ignorato, e pace.
Come sia poi finita a guardarlo è presto detto. La noia degli interminabili pomeriggi estivi ebbe la meglio sulla mia promessa. Mi dissi che comunque si trattava di un adattamento di Sherlock Holmes, ed essendo io una fan era mio buon compito dargli una possibilità, non è forse vero?
Ovviamente sì. E com'era prevedibile, finii per amare tutto. Gli attori, la sceneggiatura, la scenografia, tutto (anche se il mio odio per Steven Moffat rimarrà per sempre, credo. Anche volendo lasciar perdere le sue dichiarazioni sprezzanti sul lavoro di Robert, quella bastardata del cliffhanger dell'ultimo episodio di Sherlock è più che abbastanza. La prima volta che la vidi mi stava venendo un attacco di panico - non scherzo. E poi anche i suoi episodi del Doctor Who, spengo sempre la tv con un mal di testa eccezionale. Bah).
Poi venne l'autunno, e l'inizio della mia personale discesa verso gli inferi. Ciò che ricorderò per sempre di quel periodo di purgatorio, se vi piace di chiamarlo così, saranno due cose, basicalmente. Sherlock, appunto, e How I Met Your Mother (sul quale qualcosina ho scritto dopo il finale di stagione dello scorso Maggio, a testimonianza del mio enorme affetto per quella serie). Ho guardato così tante volte i due episodi di Sherlock da sapere ogni singola battuta a memoria, a prescindere dal personaggio. E più di una volta mi hanno tirata su quando qualcosa non andava.
Era per tutto questo che volevo avere l'autografo di Benny, e volevo che fosse sulla copertina del mio blu-ray di Sherlock. Come gesto simbolico. Io vivo di gesti simbolici.
Così ieri mattina quando ho ritirato la mia copia con gli arrivi delle delegazioni dei film che avrebbero avuto la premiere oggi il mio cuore smise di battere per qualche paio di secondi, non appena lessi il nome di Benny. Ci avevo sperato tantissimo come ho detto, è vero, ma una parte di me continuava testardamente a ripetermi di star calma e non farmi illusioni, ché magari aveva altri impegni o aveva un piccolo ruolo tale da non giustificare una presenza qui al Lido.
Ma una volta avuta la conferma le cose erano diverse. Ci sarebbe stato ed io sapevo esattamente come muovermi per giocarmi la mia unica possibilità di avere quell'autografo.
Così stamattina, dopo aver visto il film in questione (ed essermi commossa all'inverosimile per una scena con Benny che è così heartbreaking che non so neanche spiegarlo) ho puntato alla sala conferenze alle 11:30, anche se quella del film non sarebbe cominciata che dopo un'ora e mezza. Dovevo avere il posto strategico, e l'avrei avuto, a costo di sorbirmi tre conferenze che più scoccianti non si può (cosa che è puntalmente avvenuta, ovviamente).
Sono rimasta seduta fino alla fine della terza, poi mi dopodiché mi sono alzata, e mi sono spostata vicino al tipo della Rai che riprende le conferenze. Davanti a me nessuno. L'ideale. Proprio quello che volevo.
Arrivano a mettere i cartellini con i nomi degli attori e per qualche momento medito di spostarmi dall'altra parte (dopo tutto quel tempo!), perchè sembrava che Benny sarebbe stato da quel lato. Per fortuna dopo altri interminabili secondi l'hanno rispostato al centro, così sono rimasta dov'ero. La delegazione entra ed io rimango lì impalata mentre il cuore comincia ad accelerare il suo ritmo, anche se solo leggermente.
Starei qui a raccontarvi la conferenza stampa, ma conterrebbe qualche spoiler, e prenderebbe un po' di tempo. Tempo che io ho pressocchè trascorso fissando Benny, i suoi gloriosi capelli arancio-dorati che insieme alla giacca e alla cravatta (in conferenza stampa!) gli danno davvero l'aria di essere giunto direttamente dalla campagna Vittoriana, gli occhi piccoli e grigio-celesti, le sue battute fuori microfono con Mark Strong.
Poi il mediatore pronuncia le fatidiche parole ("Questa è l'ultima domanda") ed io mi preparo, mettendo la borsa a tracollo e tirando fuori la copertina del blu-ray, infilandomi la macchina fotografica ed una penna in tasca, ché non si sa mai.
Quando Mark Strong finisce di rispondere alla domanda mando letteralmente in blackout il cervello e copro quei cinquanta, sessanta metri scarsi che mi separano da Benny.
Non ricordo assolutamente nulla di quei pochi secondi, neanche se mi ci sforzo.
So solo che all'improvviso mi ritrovo a quei famosi cinque centimetri da Benny.
Gli metto sul tavolo il mio prezioso oggetto e lo guardo con occhi da cucciolo.
Lui si illumina tutto (immaginate l'effetto che fa CON QUEI CAPELLI, e il proiettore puntato proprio sopra la sua testa), mi sorride e mi fa: "Sure!".
E rimane a fissarmi per qualche secondo, mentre tutto intorno a me è il caos di gente che cerca di passare.
Momenti di puro panico.
Cosa vuole?
Perchè mi sta fissando?
Che ho fatto?
E poi un fulmine di Thor mi colpisce miracolosamente il cervello, proprio nel mezzo della mia crisi di pianto interiore.
Vuole una penna per firmare.
Ovviamente.
Elementare, Watson.
A quel punto credo di avergli sorriso alla men peggio e di essermi infilata una mano - tremante - in tasca, recuperando la penna di cui sopra.
Gliela porgo e lui ridacchia dolcemente e la prende, rispondendomi con un bellissimo e inglesissimo "Thank you!".
Rimango lì a guardarlo mentre cerca il posto giusto dove firmare, apre la penna, firma e nel frattempo mi dice: "So you're a fan! Great! Hope I've done a good job..."
Annuisco energicamente nella speranza che mi guardi.
Cosa che fa ovviamente, non ricevendo risposta uditiva.
Mi guarda di nuovo negli occhi e mi sorride, restituendomi la cover: "Here you go..."
Questa volta riesco a parlare, a mormoragli un "Thank you" prima che la folla abbia la meglio e mi spinga indietro, nelle seconde linee.
Scatto qualche altra foto e poi mi dirigo meccanicamente verso l'uscita della sala, e poi giù, e poi a prendere l'autobus per tornare in hotel.
Un'ora dopo le mie mani stanno ancora tremando, così come tutto il resto del mio corpo, ed una strana tosse si impossessa di me nel frattempo, forse un connubio tra l'ansia e la pioggia beccata stamattina andando in sala.
Ma si sa, tutto questo non importa.
Perchè i sogni, quelli più piccoli, qualche volta si avverano.
E allora va bene così.
personal: dreams do come true,
state of mind: venice film festival,
personal: live from,
personal: it's my life,
personal: on the road