Titolo: This motor that you call my heart is another machine that will stop
Fandom: RPF - Attori
Pairing: Robert/Susan/Jude
Genere: angst, tipo.
Avvertimenti: Jude è un idiota.
Conteggio parole: 320 (
fiumidiparole)
Note: Non è riletta, ma devo postare ed ho un male alla testa allucinante aka ve la beccate così. Non è un esatto continuo di
I don't wanna hear you. Say it. ma quasi. Nel senso che a) si può leggere benissimo da sola e b) mi piace immaginarlo come una delle possibili spiegazioni alla fine dell'altra storia.
Sono consapevole di aver scritto qualcosa ai limiti dell'italiano, ma se qualcuno avesse comunque qualcosa da segnalare per migliorare è sempre ben accetto.
Grazie a
manubibi il mio headcanon comprende Jude, Susan e Robert che convivono felicemente.
Also, questa fic partecipa al
la mia tabellina della Maritombola con prompt 90 e a
quella di RDJudefic_ita con prompt "Caffè".
Robert e Susan ridevano di gusto, ancora sotto le coperte. Li guardò prima di entrare nella stanza ed interrompere i loro giochi mattutini - sorrideva anche lui, intenerito.
«La colazione è servita, dormiglioni». Appoggiò il vassoio sul comodino con fare pratico. Susan lo guardò dritto negli occhi con uno sguardo limpido e sincero, mentre Robert si girava verso di lui, i capelli scompigliati e gli occhi impastati di sonno; in quel preciso istante seppe di amarli più che mai.
«Susan, mi pare che Jude sia già vestito». Robert aveva la buffa espressione di un bambino insoddisfatto.
«Già, credo dovremmo rimediare». Susan rise e Robert fece cadere Jude sul letto, poi lo attaccarono da due lati e gli fecero il solletico - per almeno dieci minuti l’aria fu satura di risate. Robert gli lasciò un bacio veloce sulle labbra e si alzò per prendere tutto il ben di dio che Jude aveva preparato, mentre quest’ultimo era coccolato da Susan.
«Tesoro, dove hai trovato delle zollette di zucchero a forma di cuore?» Susan era piacevolmente sorpresa - inutile dire che questo e l’arricciare il labbro in maniera ridicolmente adorabile fecero guadagnare a Jude altri baci.
L’inglese era stato americanizzato dagli altri due, motivo per cui tutte le mattine non potevano mancare tre tazze di caffè.
Erano felici. Felici e satolli.
Erano passati sette lunghi, piatti anni dalla morte di Robert.
Jude aveva lasciato tutto: il suo lavoro, la sua casa, Susan, la sua famiglia, i suoi bambini.
Non era andato avanti; aveva cominciato una nuova, solitaria esistenza destinata al nulla.
Aveva fatto perdere le sue tracce, era solo.
L’unico motivo per cui si era dato a questa patetica imitazione della vita era perché era stato troppo codardo per togliersela al momento opportuno.
«... tè?» Si guardò intorno, smarrito, ed il cameriere dietro al bancone ripetette: «Caffè o tè?»
Jude si prese un momento per osservare l’immenso salone dell’hotel di cui non ricordava neanche l’ubicazione, poi disse: «Tè, grazie.»
Era da sette anni che non beveva caffè.