Click.

Sep 19, 2011 22:20

Titolo: Click.
Parte: 1/1
Conteggio parole: 1096, con questo contatore.
Genere: porn (è un genere? no perché io tra generi e warning e cazzi vari faccio una gran confusione!)
Warning: porn (leggi sopra), sesso descrittivo, phone!sex
Riassunto: “Sì, chi parla?”
“Robert, ho deciso di risollevare la tua serata”
Prompt: Telefonata
Note: Scritta per  la mia tabellina per la challenge di rdjudefic_ita
Note#2: Mi sono presa la libertà su molte cose in questa fic, per esempio: la madre di Susan (non so manco se sia viva o meno e non credo sia analfabeta, comunque), la cabina telefonica dentro un ristorante (#cosedafilm), il poter chiamare un ristorante per cercare qualcuno (#cosedafilm2) ed altre futilità di cui a nessuno importa. Passo e chiudo.
Riveduta e corretta (e presto finirà nel cestino \O/).


Click.

Dopo ore ed ore passate sul set, Robert tornò a casa spossato.

Quel giorno aveva provato e riprovato la stessa scena con Jude per ore senza che andasse mai bene e si era sentito frustrato.

Una volta varcato l’uscio di casa non si degnò nemmeno di accendere la luce (da fuori entravano i residui della luce del tramonto) e si lasciò cadere fiaccamente sul divano.

Era già nel dormiveglia quando squillò il telefono:

“Pronto?”

“Rob? Sono io, Susan”

“Ah, ciao tesoro. Hai bisogno di qualcosa? perché sto morendo di sonno, quindi se non è importante potremmo parlarne quando torni a c-”

“Sì, è importante. Mia mamma questa mattina è caduta dalle scale e si è rotta il femore, dovrò passare i prossimi giorni in ospedale per assisterla e compilare mille scartoffie, lo sai che lei non sa scrivere. Non sarò molto presente, so che sei stanco e tutto e vorrei essere lì a darti conforto ma proprio non posso e sono stanca e...”

“Tranquilla, fammi sapere al più presto. Ti sono vicino, ciao”

Click.

Robert sbuffò; possibile che non gli fosse concesso neanche un supporto per rilassarsi? Jude quella sera era ad una cena con la sua famiglia, Susan non tornava; insomma, lui si sentiva un po’ abbandonato. No, così non andava affatto bene, doveva rimediare.

Si ricordò che Stephen e gli altri avevano proposto una cena del cast per quella sera e, dato che ormai il sonno era passato e l’ostinazione si era impossessata di lui, decise di sentire se faceva ancora in tempo.

“Ciao Rachel, sono Rob, per stasera avete già prenotato? Altrimenti mi unirei a voi...”

“Oh, ciao, stavo giusto chiamando... ci vediamo al ristorante tra una mezz’ora!”

Click.

*

Era una serata piacevole, il fatto che piovesse aveva rinfrescato l’aria e dava ancor più il senso di tepore e tranquillità all’interno. Robert, tutto sommato, si stava divertendo; c’era dell’allegra musica di sottofondo e la compagnia era interessante e simpatica.

Sentiva, però, uno strano senso di disagio alla bocca dello stomaco: gli mancavano degli occhi azzurri. Oh, non gli occhi azzurro-ghiaccio di Kelly - ogni volta che ti guardava parevano due lame taglienti - né quelli azzurro-blu di Stephen, no. Quelli che mancavano erano degli occhi di un azzurro intenso e cristallino - penetranti e sinceri - gli occhi di Jude.

Robert si guardò intorno e vide che parecchie paia di occhi lo fissavano perplessi; Jared, sedutogli a fianco, gli toccò incerto la spalla dicendogli: “Rob, ci sei? Guarda che ti chiamano” e lui, giratosi, notò un cameriere con l’aria un po’ scocciata che lo fissava.

“Ehm, si, scusate. Mi ero incantato” a pensare a Jude, ai suoi occhi che diventano quasi neri quando le pupille sono dilatate per il piacere, al suo corpo snello che - no, Rob, concentrati, c’è gente che ti parla.

“Signore, c’è una chiamata per lei che attende nella cabina, là a sinistra” ed il cameriere se ne andò, definitivamente alterato, mugugnando che lui era lì per servire i tavoli, mica per stare dietro agli svitati.

Robert mormorò qualche altra scusa, si alzò e si diresse alla cabina, chiedendosi chi mai fosse.

“Sì, chi parla?”

“Robert, ho deciso di risollevare la tua serata” - la voce di Jude suonò bassa e provocatoria.

“Jude? Cosa stai... come hai fatto a trov... ma non dovevi essere a cena dai tuoi?”.

“Quante domande, non ti ho chiamato per farmi fare il terzo grado; ti ho chiamato per farti provare un’esperienza un po’... diversa”.

Robert deglutì a vuoto.

“Senti forse è meglio se-”

“Fai un bel respiro ed ascoltami”.

“Guarda che io-”.

“Ora chiudi gli occhi e lasciati trasportare dalla mia voce, rilassati”. Jude parlava con voce melliflua e suadente, a tratti inebriante.

“Non mi sembra il cas-”

“Prendi piena consapevolezza di tutti i punti del tuo corpo, perché è lì che io andrò a lavorare” - a Robert si erano seccate le labbra.

“J-Jude non-”

“Se fossi lì, la prima cosa che farei sarebbe afferrare i lembi della tua camicia - so che porti la camicia, Rob - e costringerti a ridosso della parete della cabina. Non importa se nella parte superiore ci sono i vetri, la gente ci vedrebbe e sarebbe ancora più eccitante”.

Robert bonfochiò qualcosa - i vetri, fortunatamente, erano fatti in modo che da fuori si vedesse ben poco - santi diritti alla privacy, mi avete salvato.

Jude parlava con lentezza esasperante.

“Mi avvicinerei a te e comincerei a leccarti dietro l’orecchio, in quel punto sensibile che ti fa impazzire. Al che il tuo respiro comincerebbe ad aumentare”.

Robert cominciò ad ansimare lievemente.

“Poi ti guarderei negli occhi e massaggerei lentamente il tuo pacco. Nel frattempo ti bacerei, uno di quei baci umidi ed eccitanti che dicono solo sesso, e, sotto la stoffa, sentirei qualcosa di duro”.

Robert sentiva i pantaloni decisamente stretti.

“A questo punto, inizieresti ad implorarmi di andare avanti; tu lo vuoi, ne hai bisogno”.

“S-sì”.

“Sì cosa, Robert? devo smettere?” assunse un tono falsamente stupito.

“N-no, continua, ti prego” Jude si stava prendendo gioco di lui, dannazione.

“Ah, mi sembrava” riacquistò il tono seducente “che tu volessi continuare a giocare con me”.

In quella cabina c’era decisamente troppo caldo; magari avevano esagerato con il riscaldamento, in fondo aveva giusto fatto due gocce, ma forse avevano alzato troppo la temperat-

“Rob, adesso aprirei i tuoi pantaloni e metterei a nudo il tuo membro. E mi piace, Rob, mi piace tanto il tuo membro duro davanti a me. Avanti, tiralo fuori”.

Senza neanche razionalizzare il pensiero, Robert - pur con qualche difficoltà - tolse il suo membro da quella gabbia infernale che erano diventati gli indumenti; poi si rimise in ascolto, impaziente.

“Adesso devi fare esattamente quello che ti dico, ok? Esattamente come se io fossi lì.”

Robert mugugnò un assenso, la voce troppo arrochita per parlare.

“Te lo prenderei in mano e ti farei una sega, aumentando sempre più la velocità”.

Robert chiuse gli occhi e si masturbò, inclinando la testa all’indietro e godendo di quel contatto con Jude - perché non era più la sua mano, era quella di Jude; tutto era Jude, in quel momento.

“Poi te lo prenderei di colpo in bocca, alternando la mano e la bocca, succhiando e leccando”.

Dopo un ansito trattenuto, Robert si bagnò la cappella di saliva e continuò a masturbarsi.

Dall’altro lato della cornetta Jude ansimava lievemente, probabilmente impegnato anche lui nelle pratiche del suo amante; entrambi non dissero niente per qualche minuto, solo i respiri affannati e suoni ritmici di indubbia provenienza a fare da sottofondo alle loro attività.

Il primo che riprese a parlare fu Robert:

“Jude, i-io non c’è la faccio p-più. Sto per venire”, la voce interrotta da singhiozzi di piacere.

“Anch’io” quella di Jude si era abbassata ancora, facendosi roca. Stette ancora un attimo zitto, fece un suono gutturale e prolungato - indice di liberazione - e disse: “Adesso, Rob, verresti nella mia bocca”.

E Robert venne.

Click.

rps, fandom: rdjude, rdjudefic_ita, fanfiction

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