[Fanfic] Esperimento

Jun 03, 2012 21:35

Titolo: Esperimento
Fandom: Sherlock BBC
Genere: mmh, IDK, leggermente angst
Avvertimenti: attacchi di panico, rambling, probabilmente OOCness
Conteggio parole: 953 (fiumidiparole)
Note: L'inizio mi piaceva abbastanza, il resto mi fa venire il vomito. In un futuro non troppo prossimo potrei pensare di darle una fine un po' più degna di quello schifo *ride*
Anyway, partecipa al terzo turno dello  Sherlothon @ sherlockfest_it con prompt questa immagine e alla challenge 500themes_ita con prompt  299. Soffocante

EDIT: dimenticavo, è post-Reichenbach



John guarda in quegli occhi e si sente appannato. È una sensazione strana, involontaria, e vorrebbe tirarsi indietro; invece Sherlock si avvicina.

Ha sempre avuto paura degli occhi chiari, quelli azzurri in particolare. Li teme e non ci può fare niente: sono una via facile per l’anima. E lui non ci tiene ad avere accesso all’anima degli altri, proprio no, che ci pensino gli strizzacervelli a leggere dentro le persone, che a lui non interessa. Quale desiderio puoi avere di carpire l’essenza di qualcuno quando stai per sparargli? Che diritto ha di schiaffarti in faccia tutta la sua vita, se questa se ne sta andando?

Non ci piacciono gli occhi chiari.

Spera che i suoi siano un po’ chiusi, un po’ annebbiati, meno diretti dei tanti che ha visto spegnersi.

Non lo può sapere, comunque. Nessuno gliel’ha mai detto, anche se lui non è uno che evita lo sguardo per il banale motivo che chi gli è di fronte potrebbe metterlo a nudo. Tutt’al più nessuno è interessato alla sua anima. A John sta bene così, lo fa sentire protetto.

Gli occhi di Sherlock sono qualcosa che non riesce a definire e per questo si sente impotente. È Sherlock nella sua interezza che lo fa sentire impotente, a dire il vero.

Sherlock Sherlock Sherlock.

Sherlock che lo fissa da dieci minuti buoni a quindici centimetri dal suo naso; Sherlock che con ogni probabilità ha seguito il filo dei suoi pensieri passo a passo; Sherlock che muore ogni volta che scompare dalla sua vista, che sembra un fantasma lontano e sognato; Sherlock che si sbilancia appena in avanti.

John regredisce per il semplicissimo fatto che non può restare lì. Regredisce e gli sembra di tornare indietro negli anni: il senso di inesperienza che gli attanaglia lo stomaco, la voglia di spaccare il mondo e il timore di muovere un dito. Sente le membra più giovani, più scattanti e tutta la leggerezza di quando ancora non era entrato nell’esercito.

All’improvviso, in un’epifania che ha il carattere dell’assurdo, è come se non avesse ucciso nessun uomo, o come se la cosa non avesse alcuna importanza.

E Sherlock lo guarda, forse ansioso di sapere dove andrà a parare con la sfilza di concetti senza un senso apparente che un uomo coi nervi a pezzi può vagliare quando un altro sta per baciarlo - un uomo che ogni tanto dimostra ben poco della natura umana e tutto di quella divina, una macchina immobile e bastante a se stessa - ; forse, più probabilmente, è già consapevole dell’ultimo tassello, della figura completa avendo a disposizione qualche pezzo sparso, facendo uso della tecnica a lui tanto cara della deduzione. Un altro problema risolto dalla mente brillante.

Così John è solo uno strumento per combattere la noia del grande Sherlock Holmes ed impedire che rovini troppo il suo corpo.

Mentre lo pensa lo colpisce un’acuta fitta al cuore, che presto si propaga lungo il petto; ad ogni battito percepisce con dolorosa precisione le punture di mille aghi che gli si conficcano nel cuore, tra le costole, negli organi. Sa che non dovrebbe dargli fastidio - non mi dà fastidio continua a ripetere una voce meccanica nella sua testa - , è abituato ad essere oggetto e strumento in mano ad un comandante e lui ad essere il comandato, il soldato che esegue gli ordini e occasionalmente li elargisce, eppure l’insopportabile dolore al petto tradisce la logica di questo pensiero.

Respira lentamente per portare più ossigeno al cervello e lievemente per non rompere quel precario equilibrio in cui si trova. Gli tremano appena le mani, lo sente e la cosa non gli piace.

Si penserebbe che che un uomo, in qualità di medico e soldato, non sia soggetto ad un attacco di panico, o quantomeno sappia efficacemente arginarne uno - almeno l’aspetto sintomatico. Invece a John si annebbia la vista ancora un po’ e con una parte marginale del suo cervello capisce che si deve sedere o sverrà. E non è uomo da svenire, specie se di fronte ad un altro uomo che, dannazione, lo sta per baciare; concetto che cerca di imprimersi bene in testa mentre sente la gola otturarsi e il panico lo attanaglia all’altezza dello stomaco. Si fa tutto più buio ad una velocità allarmante e forse si è aggrappato a Sherlock, non lo sa e in quel momento non può spenderci neanche un pensiero se vuole rimanere cosciente.

Non respiro non respiro sto morendo.

Apre gli occhi e si ritrova in una posizione scomoda. Gli fanno male le ossa e i muscoli, immediatamente pensa che è stato contratto per molto tempo. È sudato.

Sherlock l’ha visto in quelle condizioni ed erano anni che non gli capitava, che si sapeva controllare; prova vergogna. Si guarda intorno e con un sospiro di sollievo concretizza il fatto che Sherlock l’ha lasciato solo.

Gli batte forte il cuore e una viscida sensazione di terrore rimane perpetua a rigirarsi nella sua pancia per poi scattare al petto facendolo sobbalzare più e più volte.

Si deve calmare.

Vorrebbe urlare, invece si rende conto di sentirsi ottimamente, nonostante la scossa emotiva che ha appena subìto.

C’è un foglietto ai piedi del divano e lui lo nota mentre tasta coi piedi alla ricerca delle ciabatte; è stato strappato dal suo blocco note e porta la grafia sottile di Sherlock.

“È stato un esperimento interessante, ma vanno apportate alcune varianti. Sei un idiota, lo ribadisco sicché non lo dimentichi.

C’è una tazza di tè caldo sul tavolo della cucina. L’ha fatto la signora Hudson, io non mi sarei scomodato. Bevilo.”

John sorride e manda un rapido pensiero alla signora Hudson che quel giorno si è recata a trovare la sorella, rimasta vedova da poco.

Esperimento.

Saggia la parola sulla punta della lingua, se la rigira in bocca e poi la manda giù. Non è così male, in fondo, essere l’esperimento di Sherlock Holmes.

fandom: sherlock (bbc), sfi, sherlothon, fanfiction, 500themes_ita

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