Titolo: Fading Memories
Rating: R
Pairing: Ohmiya
Disclaimer: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone nè di offenderle in alcun modo.
Note: Uhm... non ho nulla da dire, credo XD Ohmiya, per una volta, e anche abbastanza breve (4 capitoli + prologo)
-04. The Neverending Embrace-
Rimase a fissare il vuoto più totale per almeno mezz’ora.
Ohno l’aveva baciato.
Satoshi.
Perché quello era Satoshi, non c’era alcun dubbio. Il solito Satoshi con la testa fra le nuvole, che era un maniaco della pesca e aveva una voce angelica.
Soprattutto, ciò che lo sbalordiva, che lo faceva tremare nel profondo, non era tanto che l’altro l’avesse baciato, bensì che lui ne volesse ancora. Come una droga. Era bastato un piccolo assaggio, ed era già diventato dipendente della bocca di Ohno.
Dunque era così. Ecco perché stava così male da quando tutta quella storia era iniziata, ecco perché provava così tanto dolore e rabbia quando pensava che Ohno, tra un milione di cose, aveva dimenticato LUI. Non la fottuta pesca, LUI.
Amava Satoshi. Incredibilmente e disperatamente.
Ed era dovuto succedere tutto quel casino perché lui aprisse gli occhi. Aveva sempre saputo che il loro rapporto fosse diverso, ma non si era mai soffermato troppo su tale pensiero; semplicemente non gli importava di dare nomi e forme, limiti, al suo legame con Ohno, non lo riteneva necessario. Forse si sarebbe definito tutto con il tempo, o forse no. Non era un grande problema.
Bastava che loro due fossero insieme.
Questo era ciò che aveva sempre pensato.
Ma improvvisamente Ohno era come scomparso dalla sua vita, e solo allora aveva capito.
Fino a quel momento aveva dato Satoshi per scontato.
Si sentiva un idiota.
E ora c’era un Satoshi che non si ricordava di lui ma che lo aveva baciato; e probabilmente non aspettava altro che lui uscisse dalla dannata macchina e lo raggiungesse in casa per farlo ricordare. Oppure per iniziare qualcosa di nuovo con lui, creargli dei nuovi ricordi.
Mentre usciva dalla macchina e saliva a tre a tre i gradini che portavano all’appartamento di Ohno, Nino si ripetè almeno dieci volte che si stava cacciando una situazione scomoda. Tuttavia, questa consapevolezza non cambiava le cose: desiderava Ohno.
La convinzione si rafforzò come vide il suo viso comparire sulla soglia della porta, con quell’aria deliziosamente addormentata e stupita; come se non fosse stato lui il primo a provocare.
Il cuore gli batteva all’impazzata, forse per la corsa, forse all’idea di ciò che stava per fare. Sentiva un rombo sordo nelle orecchie, che si trasmetteva sotto forma di brividi in tutto il suo corpo.
Non lo salutò, non gli diede nessuna spiegazione, semplicemente superò la soglia e lo sbatté contro il muro più vicino, usando l’ultima briciola di lucidità che gli era rimasta per chiudere la porta con un calcio.
Gli si buttò addosso, premendo corpi e bocche gli uni contro gli altri, divorandolo. Non fu un bacio casto come quello che c’era stato in macchina, ed era diverso da ogni bacio che Nino avesse dato precedentemente. Mai, in passato, gli era capitato di baciare qualcuno provando quella sensazione: si sentiva bruciare, e allo stesso tempo il suo corpo era scosso da brividi. Paradiso ed Inferno.
Quasi ringhiò quando Ohno si staccò da lui quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi, il respiro vagamente ansante.
-Che intenzioni hai?- Nino aggrottò le sopracciglia: le sue intenzioni gli parevano ovvie.
-Hai intenzione di iniziare da capo?- continuò -O vuoi farmi ricordare?
-Tutti e due- mormorò rauco prima di avvicinarsi di nuovo. Quando le loro bocche si incontrarono per la seconda volta, erano già aperte in anticipazione, per gustarsi e sentirsi appieno fin dal primo istante.
Si sorprese a mugugnare soddisfatto nel bacio, mentre spingeva la lingua sempre più in profondità e si sfregava contro il corpo dell’altro. Si decise a staccarsi solo per spostare la bocca all’orecchio di Ohno, per succhiare e mordicchiare sensualmente il suo lobo, e poi mormorare senza fiato -Letto.
Non fece caso al breve corridoio per arrivare alla camera da letto, perché lo percorse aggrappato a Ohno, troppo intento a baciare ogni lembo di pelle raggiungibile: non era assolutamente in grado di staccarsi da lui, nemmeno per un istante.
Lo fece solo per pochi secondi, per rimirare il corpo nudo sotto di lui, pronto e ansante, e per fissare i propri occhi in quelli lucidi e ardenti dell’altro. Prima di lasciarsi andare completamente contro quel corpo e di perdersi in quella bocca.
Poi, fu tutto un turbinio di gemiti soffocati, grugniti, lenzuola candide attorcigliate tra le gambe.
Lanciò uno sguardo al display dell’orologio sul comodino: le tre di notte passate. Incapace di dormire, tornò a fare ciò che stava facendo da circa mezz’ora: fissare la figura dormiente accanto a lui.
Aveva fatto l’amore con Ohno. Riida. E solo facendolo, aveva compreso di non aver aspettato altro per tutta la vita; quando aveva visto il sorriso sincero, incredibilmente vivo, che Satoshi gli aveva rivolto mentre ancora cercava di riprendere fiato, aveva deciso che non desiderava altro che passare il resto dei suoi giorni al fianco di quell’uomo.
In effetti, era così importante la parte di Satoshi che si ricordava di lui?
Non conosceva i pensieri del ‘vecchio’ Ohno a riguardo, ma indubbiamente quello ‘nuovo’ provava qualcosa. e lo stesso valeva per lui. Diavolo, amava Ohno indipendentemente dal fatto che si ricordasse di lui o meno. Vero?
Scosse la testa a quel pensiero: quello sdraiato accanto a lui era Ohno in tutto e per tutto.
Continuava ad andare a pesca, si abbrustoliva la pelle e veniva sgridato dall’agenzia... ma ciò non lo dissuadeva minimamente dal salire di nuovo su una barca alla prima buona occasione. Il suo desiderio più grande era ancora quello di pescare del tonno. Continuava a ballare e cantare divinamente, a far ridere tutti in modo deliziato ogni volta che apriva bocca. E lui amava tutto questo.
Aveva sempre i capelli scompigliati, il fisico minuto ma perfettamente scolpito, quelle mani dalle dita lunghe e affusolate che gli aveva sempre invidiato. Allungò una mano verso di lui, sfiorandogli con delicatezza le guance rotonde, per poi passare al profilo elegante del naso e alla rotondità della fronte.
Stava iniziando qualcosa di nuovo, e lo sapeva bene: era consapevole del fatto che, da quel momento in avanti, sarebbe restato accanto a Satoshi senza potergli dire cose come ‘Ti ricordi quella volta in cui mi hai detto...?’. Perché Ohno non lo ricordava.
Poteva rinunciare al suo passato col compagno pur di stare con lui? Sì, perché non desiderava altro che tenerlo con sé.
La mano si spostò dal viso ai capelli, stringendoli tra le piccole dita. Stando attento a non svegliarlo, Nino strinse forte il corpo dell’altro, cercando di fonderlo con il suo, e seppellì il viso nel cespuglio di capelli castani.
Era convinto della scelta che aveva appena fatto.
Nonostante questo, le lacrime non smettevano di scendere.
Il tempo era passato, scandito da ore, giorni e settimane.
Nonostante i ritmi del lavoro, stavano insieme. Erano arrivati al punto di passare quasi ogni notte nell’appartamento dell’uno o dell’altro. La maggior parte delle volte Nino doveva alzarsi nel cuore della notte per andare alle riprese del suo drama, e spesso Ohno si alzava con lui per approfittare delle ore libere per andare a pescare. Più raramente, facevano colazione insieme.
Nino poteva dire di stare bene. Sì, con Ohno era felice, senza alcuna ombra di dubbio. Era felice di svegliarsi e trovarsi davanti il suo volto addormentato, felice di poterlo abbracciare e affondare il naso tra i suoi capelli. Era felice persino quando Satoshi monopolizzava la tv per guardare il canale della pesca per ore, impedendogli di usare i videogiochi.
Era felice, dunque. Da un lato.
Dall’altro, non poteva negare a se stesso di provare del fastidio ogni volta che l’altro si mostrava sorpreso per dei suoi comportamenti che ormai erano conosciuti da tutto il Giappone: quando passava la notte alla Playstation, o quando parcheggiava nel posto più lontano solo per risparmiare 50 yen. Ovviamente Ohno non gli faceva pesare nulla, ma si vedeva che gli era nuovo, che non sapeva come gestirlo.
Questa era la grande differenza, la grande nota stonata: Satoshi era sempre stato l’unico membro degli Arashi in grado di gestire e sopportare qualunque sua stronzata o cattiveria; ora, era perso. Lui poteva dire di conoscere tutto di Satoshi, i suoi pregi, i suoi difetti e le piccole (spesso grandi) manie. Amava le sue manie, cazzo. Perché facevano parte di lui.
Satoshi non lo conosceva così a fondo, invece. Forse aveva scoperto qualche pregio e qualche difetto, forse aveva intuito qualcosa, ma di certo non sapeva che razza di persona problematica potesse essere Ninomiya Kazunari. E una volta che se ne fosse reso conto, l’avrebbe amato ancora?
-Che succede?
Alzò lo sguardo dal piatto, che non aveva ancora minimamente toccato, per posarli sul volto di Satoshi, che lo osservava dall’altro capo del tavolo.
-Mh? Nulla.
-Sei strano.
Scosse la testa: questo lo sapeva bene anche lui. Stava pensando a delle cose che non gli sarebbero mai dovute venire in mente.
Amo Satoshi. Lo amo lo amo lo amo...
Continuava a ripeterselo come un mantra mentre si alzava dalla sedia e faceva il giro del tavolo per trovarsi accanto all’altro.
-Non sono strano- fece prendendolo per le spalle e avvicinandosi per baciarlo; durò qualche istante, poi Ohn voltò la testa.
-Sì che lo sei.
Sbuffò, cercando di riappropriarsi della sua bocca; non riuscendoci, si accontentò del collo brunito. Sentì Ohno sospirare.
-E’ che ne ho voglia- sussurrò bollente all’orecchio del più grande -Andiamo in camera.
Il sesso era un ottimo modo per non pensare, Nino lo aveva sempre creduto, fino a quel momento.
Perché anche lì, mentre era sul letto, sopra Satoshi, nudo ed eccitato, non riusciva a fare a meno di percepire qualcosa di sbagliato. La nota stonata continuava ad esserci, e il suo orecchio ne era infastidito.
Era un idiota.
Quando uscì da lui, l’eccitazione totalmente scemata, sentì con chiarezza il gemito di frustrazione dell’uomo. rimase sopra di lui, reggendosi con gli avambracci per non pesargli; Satoshi aspettò che il proprio respiro si regolarizzasse, prima di parlare.
-Poi dimmi che oggi non sei strano...
-Perdonami...
Mormorò fissando un punto imprecisato del petto dell’altro: non riusciva a guardarlo negli occhi.
-So che dovrei essere felice del fatto che tu mi corrisponda... e so anche che, se tutto questo non fosse successo, probabilmente non avrei mai capito nulla. Ma non ce la faccio!
-... Non ti capisco.
-Non preoccuparti, perché non mi capisco neanche io!- guardò il suo volto. Poteva capirlo dai suoi occhi, che Ohno era confuso -Io sono innamorato di te. Lo sono sempre stato, credo... Quindi, questa nostra relazione, questo nostro stare insieme, mi rende felice.
-Allora qual è il problema?
-Il problema è che rivoglio il vecchio Satoshi!
Ohno restò in silenzio, immobile. Lo fissava e basta, il volto disteso e serio allo stesso tempo.
-Io SONO Satoshi.
-Per certi verso lo sei, sì. Ma il Satoshi di cui parlo io è quello che conosco sin da ragazzino, quello che sa ogni cosa di me...
Ci fu silenzio, mentre rifletteva sul fatto che forse per l’attuale Ohno, quello che aveva detto poteva essere crudele. Ne ebbe la conferma qualche istante dopo, quando vide con stupore una lacrima, una sola, spuntare dall’occhio destro dell’uomo, colargli lungo la tempia e perdersi fra i suoi capelli.
-E se questo ‘vecchio Satoshi’ non fosse innamorato di te? Lo vorresti lo stesso?
Sorprendentemente, Nino aveva già la risposta. Ci aveva pensato tanto, e aveva sempre cercato di convincersi del contrario, ma la risposta era una sola.
-Sì. Non m’importa se il mio resterà un amore a senso unico- quello che contava era averlo accanto, anche solo come amico. Quel Satoshi che si lasciava fare e dire di tutto, da lui; che gli offre iva da anni il caffè ai distributori, e che mai aveva preteso che lui gli rendesse il favore; quel Satoshi che ormai si era abituato al calore della sua mano durante i concerto, e che ogni volta la accettava con un placido sorriso. Quel Satoshi che ogni giorno accettava il suo egoismo senza chiedere nulla in cambio.
Si sorprese e al contempo si irritò nel sentire gli occhi bruciare e le gote inumidirsi. Non voleva piangere. Non voleva, cazzo!
-Solo... rivoglio il mio Satoshi...
Non poté impedire alle lacrime di scendere, né al suo corpo di farsi scuotere dai singhiozzi. Era stato troppo; non poteva più sopportare quella situazione. Abbandonandosi al pianto, non vide gli occhi di Ohno sgranarsi.
-Kazu...?
La sorpresa di sentire quel nome chiamato timidamente, quasi con timore, ebbe il potere di placare i suoi singulti, anche se qualche lacrime continuava a scendere, per inerzia. Gli occhi di Ohno erano enormi.
-Sei tu?- domandò titubante, sentendosi un po’ stupido.
L’altro annuì, sorridendo debolmente -Non hai mai pianto così davanti a me.
-... Satoshi...
Il più grande sollevò con lentezza la mano destra, fino a sfiorare con la punta delle dita la guancia piena e bagnata di Nino; lo sentì trattenere il fiato a quel contatto. Prese la sua guancia con tutta la mano, facendola adattare al profilo della mascella. Nino socchiuse gli occhi, poggiandosi di più contro quella mano.
Non era sicuro di poter interpretare quel gesto liberamente. Non sapeva se il ‘vecchio Satoshi’, quello con la memoria a posto, provasse per lui quello che provava l’altro. Però era tutto tornato alla normalità,e pensò che quello poteva bastargli. E poi... Ohno non aveva ancora ritratto la mano.
-Però... devo dire che questa amnesia non è stata del tutto malvagia...- mormorò con un piccolo sorriso, gli occhi stranamente svegli e luminosi. Nino sbarrò gli occhi.
-Come?
-Sono riuscito a innamorarmi di te per la seconda volta. Non è male... O dici che sono un caso disperato?
-Inn... Inn... Oh merda!
Stava piangendo di nuovo. Evidentemente qualcosa nel suo corpo non funzionava a dovere, altrimenti come spiegare tutta quell’acqua che usciva dagli occhi e i battiti accelerati del cuore?
Ma le sue orecchie funzionavano bene, di questo ne era certo: e Satoshi aveva detto che si era innamorato di lui ‘per la seconda volta’. Quindi anche prima...
Si abbandonò contro il corpo sotto di lui, abbracciandolo con tutte le sue forze, stringendolo a sé. Riuscì a singhiozzare i singhiozzi contro il suo collo, concentrandosi sul suo profumo, inalandolo fino a farsi girare la testa. Non era minimamente cambiato dall’odore di una mezz’ora prima, eppure, per lui, era incredibilmente diverso.
Così come diverso fu il tocco di Satoshi sulla nuca per fargli girare la testa, lo sguardo così luminoso e pieno d’affetto che gli rivolse prima di unire le labbra alle sue.
Per qualche motivo, Nino considerò per sempre quella notte come la notte della loro prima volta.
Nino sapeva bene che solo Ohno poteva accettare con tranquillità di essere sempre l’unico della coppia a tirare fuori il portafoglio. Solo Ohno era in grado di accettare ogni sua malignità senza battere ciglio. Accettare la spesso totale mancanza di rispetto da parte di un ragazzo più giovane di lui. Senza parlare del fatto che nessun altro si sarebbe lasciato molestare in quel modo per anni davanti agli occhi di tutto il Giappone.
Allo stesso modo, Satoshi era consapevole del fatto che solo Nino non avrebbe buttato fuori di casa un compagno in grado di interrompere un rapporto sessuale perché si era scordato di telefonare alla madre. Solo Nino avrebbe compreso la sua pigrizia e spesso totale mancanza di iniziativa. La sua sbadataggine, il suo essere spesso e volentieri con la testa tra le nuvole. Solo Nino non sarebbe impazzito nello svegliarsi al mattino dell’agognato giorno di riposo trovando casa vuota e un biglietto: ‘Dato che oggi non abbiamo impegni, ho affittato la barca per tutta la giornata. Ci vediamo a cena ♥’.
Sapevano bene entrambi che erano gli unici a poter sopportare e accettare i reciproci difetti. Che il loro fosse solo un rapporto di convenienza, creato per evitare la solitudine. Forse sì, forse no. Forse riuscivano a stare così bene insieme proprio perché sapevano tutto l’uno dell’altro.
E la loro capacità di accettare questo tutto altro non era che sintomo d’amore, derivato in gran parte dagli anni che avevano trascorso insieme. Senza tutti quegli anni alle spalle, forse le cose sarebbero andate diversamente.