Oct 09, 2009 22:10
Quando sono cadute le Torri Gemelle, avevo 12 anni.
A 12 anni ho preso parte al mio primo minuto di silenzio, a scuola, durante l'ora di inglese.
E per tutto quel minuto di silenzio, e per quelli successivi, mi sono chiesta quale fosse il discriminante.
Quale fosse il parametro di giudizio che permettesse di stabilire chi dovesse essere pianto con un minuto di silenzio e chi no.
Forse avevo dodici anni, un padre che Berlusconi chiamerebbe comunista! (il punto esclamativo è integrato) e uno spirito polemico.
Forse era ribellismo adolescenziale, o forse davvero non avevo un cuore, perchè pensavo con l'insistenza di chi non trova un passaggio fondamentale, ai morti che non erano stati pianti.
Il giorno dei funerali di Stato di Kabul, il giorno di quelli di Nassirya, mi è capitata la stessa cosa.
Sessanta secondi di silenzio per la morte di questi eroi, che combattevano per la pace in una terra straniera.
Che facevano pur sempre il loro lavoro, però.
E quindi, perchè la morte di uno di loro, vale di più della morte di un lavoratore, che muore perchè l'impalcatura cede, o perchè i macchinari emettono radiazioni?
Perchè la morte dei civili americani è stata pianta, e quella dei civili afgani no?
La loro innocenza era meno conclamata di quella degli altri?
La morte di un palestinese, conta ancora di meno?
Non bisogna scegliere chi piangere di più. Non va scelto chi dei due abbia più valore perchè la morte di uno è più spettacolare di quella di un altro.
I minuti di silenzio vanno fatti per tutti.
O per nessuno.
E avere questo pensiero, non vuol dire togliere valore e considerazione ai caduti di Kabul.
E' un'equazione un pò idiota da fare (anzi, molto idiota), con offesa per chi l'ha fatta.
confessioni di un italiano