parte 1 Erano settimane che a Liverpool non si parlava d'altro: i Beatles non si esibivano nella loro città da ormai un anno, e Harry e Zayn erano stati fortunati a trovare dei biglietti grazie a vecchie conoscenze del Cavern. Niall era partito per la tangente per i Rolling Stones, e per questo si rifiutava categoricamente di avere a che fare con i Beatles, mentre Liam aveva accampato le scuse più impensabili pur di non andare. Harry sospettava non si fosse più ripreso dal trauma di Help. A modo suo, neanche Harry si era più ripreso dal trauma di Help.
Continuava a fingere che andasse tutto per il meglio, ma era difficile, ancora dopo quattro mesi, riuscire a non pensarci. Si era sentito meglio quando era riuscito a dirlo a Zayn, un pomeriggio, mentre fumavano insieme al parco. Zayn era spesso in giro per cercare ispirazione per nuovi schizzi per il college, e ad Harry non dispiaceva fargli compagnia, portandosi dietro un libro - era riuscito a riprendere in mano l'Ulisse - o gli esercizi di matematica per il giorno seguente, anche se il libro aveva quasi sempre la precedenza.
Zayn lo aveva ascoltato e gli aveva detto che non c'era niente di male se gli piaceva un ragazzo. Anche a lui erano piaciuti dei ragazzi. Harry gli aveva fatto notare che non era quello che pensava la maggior parte della gente e l'ultima cosa che voleva era finire pieno di botte solo perché era - beh, solo perché gli piaceva un ragazzo.
“Harry,” aveva detto Zayn, tirando un lungo sospiro, “se vuoi precluderti la possibilità di essere felice finché sei giovane solo perché la gente la pensa diversamente da te, ti ritroverai a trent'anni pieno di rimpianti e un lavoro di merda e una famiglia da mantenere e solo responsabilità.”
“Chi ti ha detto che avrò un lavoro di merda? Almeno lasciami sognare finché vado ancora a scuola.” Zayn aveva alzato le spalle.
“Quasi tutti quelli che conosco hanno il padre che lavora al porto o in fabbrica e si spaccano la schiena ogni giorno per un futuro migliore per i loro figli, ma ci finiranno anche loro. Dico solo che dovresti almeno lasciarti andare finché non hai nessuna responsabilità. Non ho detto che devi andare in giro per strada con una maglietta con scritto 'I'm gay'.”
“Perché, tu ti lasci andare?” Aveva chiesto Harry, incuriosito.
“Ogni tanto.” Harry non gli aveva chiesto altro, ma da quel giorno si era sentito meno solo, e si era sentito anche un po' stupido per non essersi confidato prima. Non credeva potesse trovare supporto così facilmente - era difficile sapere chi, ad una rivelazione simile, ti sarebbe rimasto amico nonostante tutto. Non si sarebbe aspettato che, addirittura, il suo amico fosse nella sua stessa situazione.
Non che non gli piacessero le ragazze, prima di conoscere Louis aveva avuto delle brevi storie con delle ragazze della scuola femminile, ma da quando era ricominciato l'anno scolastico non gli aveva dato più molta attenzione. C'era una biondina che gli ronzava sempre intorno che, dopo innumerevoli rifiuti, aveva ripiegato su Niall che non sembrava particolarmente disperato di essere solo una seconda scelta.
Rubber Soul era uscito solo due giorni prima del concerto. Era un venerdì ed Harry era corso al negozio di dischi subito dopo la scuola - e aveva provato a non pensare a quando era andato a comprare Help, e ai soldi e il disco che non aveva mai ridato a Louis, ma non era riuscito a toglierselo dalla testa per tutto il giorno. Aveva ascoltato il disco da solo, sdraiato sul suo letto. Durante Michelle gli era sembrato naturale pensare “stupida canzone di Paul,” perché Paul scriveva stupide canzoni d'amore ed Harry le trovava a dir poco patetiche. Niente di personale. Affatto.
If I needed someone to love,
You're the one that I'd be thinking of,
If I needed someone.
Zayn lo aveva chiamato la mattina stessa del concerto per dirgli che avrebbe fatto un po' tardi e che non avrebbe dovuto aspettarlo fuori. Harry aveva avuto la brillante idea di andare poco prima l'apertura dei cancelli e aveva rischiato di finire schiacciato dalla calca di ragazzine urlanti - ancora prima di entrare all'Empire - ma alla fine aveva conquistato il suo posto. Non capiva davvero quale fosse la loro fretta, tanto i posti erano assegnati.
L'Empire si era riempito nel giro di pochi minuti, nessun posto libero tranne, ovviamente, quello accanto ad Harry, o almeno questa era l'impressione che aveva guardandosi intorno.
C'erano ragazzine di tredici anni in delirio totale, mamme che tentavano di consolarle, ed altre mamme che, invece, non sembravano affatto lì per accompagnare le figlie, ma piuttosto il contrario.
Non era il primo concerto dei Beatles a cui Harry andava da quando quei quattro erano diventati famosi, ma ogni volta era uno shock vedere con i propri occhi quanto la mania fosse reale. Vederlo in televisione non era la stessa cosa.
“No!” Aveva sentito qualcuno esclamare pochi minuti dopo, mentre era ancora intento ad osservare le scene di delirio che avvenivano nelle prime file. Harry non era sicuro che quelle ragazze lì davanti sarebbero sopravvissute allo shock di trovarsi i Beatles così vicini. Si era girato per vedere da dove provenisse quella voce maschile e si era trovato accanto non Zayn, ma qualcuno che non vedeva ormai da quasi quattro mesi.
“Louis?” Aveva detto Harry, confuso. Louis aveva in mano il biglietto e aveva guardato il posto, poi aveva ricontrollato il numero scritto sul biglietto, e poi Harry, non volendo credere che proprio quello fosse il suo posto.
“Dov'è Zayn?” Aveva chiesto quello.
“Aveva detto che avrebbe fatto un po' tardi, ma quello è il suo pos-” a quel punto Harry si era reso conto. Louis aveva scosso la testa e aveva fatto quel gesto che faceva quando era molto nervoso - ad Harry faceva ridere di aver pensato una cosa del genere, come se si conoscessero da una vita - si era spostato la frangetta dagli occhi e si era seduto al suo posto, senza dire più nulla.
Harry, intanto, meditava sui mille modi in cui avrebbe torturato Zayn non appena si sarebbero visti il giorno successivo. Aveva davvero ceduto il suo biglietto per fargli questo simpatico scherzo? Col senno di poi, avrebbe dovuto evitare di dire tutto all'amico.
Era salito sul palco il gruppo spalla - nessuno dei due aveva detto una parola per tutta la durata della loro esibizione. Harry gli aveva lanciato delle occhiate furtive, tanto per constatare che Louis non era cambiato molto in cui quel periodo in cui non si erano visti, forse sembrava più stanco, i suoi occhi meno pieni di entusiasmo rispetto a come lo ricordava. Sembrava anche un tantino teso, non che Harry dovesse apparire particolarmente rilassato a sua volta.
Quando finalmente i Beatles erano entrati in scena, un boato assordante li aveva accolti. Solo in quel momento Louis si era girato verso Harry e si era avvicinato per farsi sentire meglio: “Mi manca il Cavern,” aveva detto sorridendo. Tutti erano scattati in piedi e così anche loro.
Non si erano detti altro per tutta la durata dello show - avevano solo scambiato occhiata su alcune canzoni - ad Harry era venuta la tentazione di commentare quanto fosse poco incisiva la voce di Paul, ma alla fine si era tenuto per lui il commento cattivo.
Non che si fosse illuso che quelle occhiate significassero qualcosa, comunque - quella era solo la magia dei Beatles, una volta tornati alla vita vera, quella dove la gente non urla per esprimere la sua ammirazione, sarebbero tornati ognuno sulla propria strada e arrivederci. Zayn aveva ceduto il suo biglietto per nulla. Harry l'avrebbe preso in giro per anni per essersi perso l'ultimo concerto in assoluto a Liverpool dei Beatles, ma quel giorno nessuno poteva anche solo lontanamente immaginarlo. In quegli anni tutti credevano che i Beatles ci sarebbero stati per sempre, ed era stupido, lo sapevano tutti che anche loro erano mortali, dopotutto, ma, in qualche modo, avevano la speranza che, per il bene di tutta l'umanità, non avrebbero mai smesso di suonare.
L'Empire si era svuotato lentamente dopo la fine del concerto, ma Harry era rimasto seduto perché non aveva alcuna voglia di ritrovarsi fra masse di ragazzine piangenti per la fine del concerto. Louis era inaspettatamente rimasto seduto accanto a lui.
Harry si era reso conto che quel tanto agognato silenzio ora non gli piaceva poi così tanto. L'unico rumore in tutto il teatro era quello dei tecnici che stavano smontando la batteria di Ringo.
“La quiete dopo la tempesta,” aveva detto Louis. Harry aveva ridacchiato.
“E' quasi fastidioso, questo silenzio.”
Qualche ragazza delle prime file era ancora lì, ferma in piedi, a guardare il palco.
“Già. Tutto bene?” Louis aveva cambiato tono di voce - non più divertito, ma quasi preoccupato, ed in quel momento Harry si era chiesto per la prima volta da quando era cominciato il concerto, perché non era mai andato a riportargli quel disco.
“Sì, tutto bene,” aveva mentito,” sto studiando tantissimo, sai l'ultimo anno e-”
“Ragazzi, potreste uscire cortesemente?” Un buttafuori gli aveva detto, avvicinandosi a loro, poi era andato dalle ragazzine delle prime file, che, se avessero avuto le forze necessarie, avrebbero portato via le poltrone del teatro come ricordo del concerto. Harry e Louis erano già sulla porta quando avevano sentito il pianto disperato di alcune di quelle provenire dall'interno.
Fuori aveva cominciato a piovere e molta gente era rimasta accalcata davanti all'ingresso per proteggersi dalla pioggia.
“C'è un pub non molto distante da qui, se facciamo una corsa non dovremmo bagnarci troppo, va bene?” Harry aveva annuito e, superata la folla, erano arrivati velocemente al pub. Forse le loro strade non si sarebbero divise subito, dopotutto.
“Allora, come va con la scuola?” Gli aveva chiesto Louis, dopo essersi seduti al tavolo e aver ordinato due birre. Erano bastati quei pochi metri per far bagnare completamente i capelli di Harry, ed, in realtà, anche tutto il resto.
“Bene, sto prendendo buoni voti. Buoni abbastanza per non far incazzare i miei genitori, comunque, che è l'unica cosa che mi interessa. Tu invece?” Louis aveva alzato le spalle.
“Bene, al solito. Dovrei studiare, ma non riesco mai a trovare il tempo, fra le mie sorelle, e adesso Stan ha avuto questa brillante idea di mettere su un gruppo, perciò quando ho tempo libero suono un po' la chitarra invece di studiare. Stan crede di suonare il basso ma non è un granché.”
“E la batteria?”
“Un suo amico dell'università, ma ha scelto lui solo perché al compleanno gli hanno regalato una batteria, ma è un disastro, è divertente ma, davvero, non abbiamo speranza.” Harry aveva riso. Come al solito Louis tendeva a sminuire tutto ciò che faceva. Era seguito un momento di silenzio in cui entrambi si erano concentrati sulla canzone che stava passando il Jukebox in quel momento - I can't explain degli Who, piuttosto ironico, a pensarci bene. Anche se, in effetti, Harry sapeva spiegarselo benissimo, quello che provava.
Louis, per fortuna, era andato all'Empire con la macchina della madre e aveva potuto riaccompagnare Harry a casa, perché non accennava a smettere di piovere, e l'idea di aspettare l'autobus con quel tempo non lo entusiasmava particolarmente.
“Senti,” aveva detto Louis, fermandosi davanti casa di Harry. Iniziava a farsi tardi e tutte le luci erano spente. “Domani posso passare a prendere il mio disco? Sempre che tu non l'abbia buttato.”
“Sì, quando vuoi. Voglio dire, dopo che torno da scuola, non c'è problema.”
“A domani, allora. Buonanotte.”
Harry era sceso dalla macchina bofonchiando qualcosa che suonava pressapoco come un “Ciao, buonanotte”. Aveva dimenticato dei suoi propositi per il giorno successivo riguardo Zayn.
*
“No aspetta, sei andato al concerto con Louis, non con Zayn, perché?”
“Beh, diciamo che - uhm, avevo raccontato a Zayn di una cosa che era successa la scorsa estate e forse gli dispiaceva non ci fossimo più visti.”
“Quale cosa successa - no, aspetta. Tu e Louis?”
“Niall, abbassa la voce.”
“Scusa, hai ragione. Perché non mi hai detto niente?”
“Non so come l'avresti presa!”
“Harry Styles, tu sei davvero un cretino, lasciatelo dire.”
*
Louis si era presentato a casa di Harry quel pomeriggio. Ciò che lo aveva più sorpreso era stata sua madre: era davvero contenta di rivederlo e gli aveva chiesto perché era da tanto che non lo vedeva lì, neanche fosse uno di famiglia. La seconda cosa che lo aveva sorpreso, era che Louis portava gli occhiali.
“Ti sei messo gli occhiali,” aveva detto Harry, una volta in camera sua.
“Sì, ultimamente avevo dei gran mal di testa,” aveva commentato quello alzando le spalle.
“Ti stanno bene,” aveva commentato Harry, arrossendo un po'. Da quel giorno in poi, Louis non avrebbe più nascosto gli occhiali nel cassetto.
“Ah, quando ho detto che venivo da te, Phoebe mi ha detto di darti questo,” aveva poi cambiato discorso Louis, per toglierlo dall'imbarazzo. Gli aveva porto un disegno che aveva fatto la sorella. “Ha detto anche che devi andare a trovarla presto perché non si diverte tanto con me a giocare ai pirati.”
Nel disegno c'era un bambino che sarebbe dovuto essere Harry, su una nave con una banda nera su un occhio, come un vero pirata, e Phoebe e Daisy accanto a lui. “Quindi, ehm, quando vuoi venire sei il benvenuto. Domani pomeriggio ad esempio devo stare a casa con loro, se vuoi. Se non devi studiare.”
“Sì certo, non c'è problema.”
“Bene.”
“Bene,” aveva fatto eco Harry. Stava ascoltando Rubber Soul prima che Louis arrivasse, e quando era iniziata Michelle non aveva potuto fare a meno di scoppiare a ridere. L'altro lo guardava come se fosse pazzo.
“Cos'è, ti fa ridere questa canzone?” Harry aveva scosso la testa. “Ah! Ho capito, Paul... sei un cretino.” Erano due persone in un giorno che glielo dicevano. “E' una canzone romantica, dai!”
“E' banale!” Aveva detto Harry, sedendosi sul letto.
“E' inutile provare a discutere di musica con te, non ci capisci niente.” Louis si era seduto accanto ad Harry. I Beatles cantavano “What goes on in your heart? What goes on in your mind?”, nelle ultime ventiquattr'ore la musica si stava divertendo a prenderlo per il culo.
“Con chi eri al concerto ieri sera, il mio gemello cattivo?” Louis aveva riso.
“Ho una strana sensazione di deja vu.”
“Spero non ti scorderai il disco stavolta.”
Harry aveva ripensato alle parole di Zayn: lasciati andare. Stavolta era stato lui ad avvicinarsi - la porta si era aperta proprio in quel momento.
“Ragazzi, volete del tè?” Harry si era allontanato di scatto e Louis aveva ridacchiato.
“Sì, grazie signora Styles.”
“Allora vi aspetto al piano di sotto!” aveva squittito entusiasta.
Evidentemente qualcuno da lassù gli stava mandando dei segnali. Doveva lasciar perdere. Quando mai sua madre aveva chiesto ai suoi amici se volevano il tè?
*
“Allora?”
“Allora cosa?”
“Beh, la cosa che mi hai detto ieri, Louis? Non doveva venire a casa tua?”
“Sì, Niall, ma poi mia madre ha avuto uno slancio di socialità e ha deciso che dovevamo prendere il tè tutti insieme.”
“Magari si è innamorata di lui. Anche lei.”
“Scusa se stavolta te lo dico io, Niall Horan, ma sei davvero un cretino.”
*
Harry era andato a casa di Louis nel pomeriggio, subito dopo la scuola, senza neanche passare da casa. Quando aveva salutato Niall dicendogli che non sarebbe tornato con lui, l'amico si era messo le mani in faccia, sconvolto, e poi aveva detto: “Come ho fatto a non accorgermene prima? Sei totalmente perso, amico.” Harry aveva riso e lo aveva salutato con un rapido gesto della mano, per poi andare dall'altra parte della strada.
Mentre era sull'autobus, Harry aveva pensato che ancora non aveva sentito Zayn. Avrebbe dovuto chiamarlo e ringraziarlo per il suo enorme sacrificio e dirgli che gli era grato per il resto della sua esistenza. Ok, forse non avrebbe detto proprio così ma lo doveva ringraziare. Non era sicuro che lui avrebbe rinunciato ad un concerto dei Beatles per Zayn. Non gli avrebbe detto neanche questo, comunque.
Quando era arrivato a casa di Louis e quello gli aveva aperto la porta, Harry era rimasto particolarmente colpito dal non sentire alcun urlo provenire dall'interno della casa. Forse Louis aveva ucciso le sue sorelle perché aveva perso definitivamente la pazienza. Harry non aveva idea del perché ogni volta che lo vedeva la sua mente cominciava a perdere ogni parvenza di sanità mentale e cominciava a pensare cose senza senso come quella.
La cosa più incredibile era che gli dispiaceva non vedere Phoebe corrergli incontro. Voleva dirle che aveva appeso il suo disegno accanto al poster dei Beatles nella sua stanza. Era sinceramente dispiaciuto di non vedere le sorelle di Louis - di questo passo le avrebbe chiamate cognate da lì ad una settimana.
“Ciao,” aveva detto, mentre si chiudeva la porta alle spalle.
“Sorpresa!” Aveva esclamato Louis “Sono solo a casa, un miracolo.” Aveva poi sfoggiato un gran sorriso. Harry aveva sorriso a sua volta quando aveva notato che portava di nuovo gli occhiali. “So che ti dispiace, ho capito dalla prima volta che vi siete visti che fra te e Phoebe c'è un feeling speciale. Ma non -”
Harry lo aveva azzittito baciandolo - e si era stupito, subito dopo, della sua intraprendenza - gli era venuto naturale, come se fosse una cosa che facessero da sempre. Questa volta nessuna madre lo aveva interrotto chiedendogli se volesse del tè. Tecnicamente parlando, baciare Louis non era poi così diverso dal baciare le ragazze con cui l'aveva fatto in precedenza, ma per tutti gli altri aspetti, beh, non c'era paragone. Harry era lentamente regredito alla prima infanzia, per quanto riguardava i suoi pensieri - ormai completamente sconnessi uno dall'altro, specialmente nel momento in cui Louis gli aveva passato una mano nei capelli e lo aveva stretto più forte a lui.
“Vuoi del tè?” Aveva chiesto poco dopo Louis, ed Harry lo aveva mandato a quel paese senza tanti giri di parole. “Ehi! Non è colpa mia se anche tua madre ha subito il mio fasc-” Harry lo aveva azzittito nuovamente baciandolo. “Se hai intenzione di non farmi più parlare in questo modo, sappi che non funzionerà. Specialmente quando parlerò di P-”
Da quel pomeriggio in poi, a dirla tutta, Harry era sempre riuscito ad interromperlo in quel modo. Specialmente quando cominciava a blaterare di quanto fosse perfetto Paul. Harry aveva in effetti cominciato a dubitare che l'ammirazione di Louis per McCartney fosse puramente artistica.
Liverpool, Estate 1966 -
I need to laugh and when the sun is out
I've got something I can blab about,
I feel good in a special way.
I'm in love and it's a sunny day.
Non era stato facile, all'inizio, e non lo era ancora dopo qualche mese. Ne parlavano spesso - di quanto fosse difficile vivere la loro storia solo di nascosto, di quanto fosse stato difficile, dopo quel bacio, l'estate precedente, accettare la verità su loro stessi. Non si erano visti fino a quel dicembre perché sapevano che, non appena si fossero rincontrati, la scintilla sarebbe scattata nuovamente. Ma stare lontani non aveva giovato a nessuno dei due. Avevano scoperto che Zayn e Stan erano rimasti in contatto ed era per quello che Zayn aveva architettato il suo piano diabolico per il concerto. Anche Louis si era confidato con il suo amico, e sia Zayn che Stan erano giunti alla conclusione che nessuno dei due sembrava più felice senza l'altro.
Niall era diventato il chitarrista della loro band, nonché unico vero musicista del gruppo. Harry si divertiva ad assistere alle loro prove nel garage della casa di Stan, perché non aveva mai visto un gruppo più sconclusionato del loro.
Poi erano arrivati gli esami di fine anno.
Harry aveva preso una decisione riguardo il suo futuro: sarebbe voluto diventare un giornalista musicale. I suoi genitori non l'avevano presa bene, gli avevano detto che volevano da parte sua un'idea “più concreta, come, che so, l'avvocato, o il medico!”, ma con il supporto di Louis era riuscito ad essere completamente sincero nei loro confronti. Beh, completamente forse no, non gli aveva mai detto cosa faceva veramente con Louis nella sua stanza quando diceva alla madre che “stavano studiando”. Era riuscito, però, a dirlo a Gemma, che lo aveva abbracciato forte e gli aveva detto che era molto fiera di lui. Gemma, che gli sarebbe mancata tanto, perché a breve si sarebbe sposata e avrebbe lasciato casa. Senza di lei affrontare le cene sarebbe stato molto più difficile.
Gli esami erano andati bene: Harry doveva provare ai suoi genitori che era determinato abbastanza e avrebbe raggiunto i suoi obiettivi.
Dopo gli esami, Harry si era ritrovato diverse volte a leggere la storia della buona notte a Daisy e Phoebe, e si era chiesto come era finito dall'aver un ragazzo a diventare un uomo sposato con già numerose figlie a carico. La parete della sua stanza si era riempita di disegni delle bambine. Il problema principale era che la cosa non gli dispiaceva poi così tanto.
Quando la mamma di Louis aveva i turni di notte in ospedale, Harry rimaneva a dormire a casa loro. La motivazione ufficiale era che rimaneva lì “per aiutarlo”. Louis gli aveva fatto notare che non stavano affatto mentendo, Harry lo aiutava, eccome, in particolar modo a non dormire.
I primi tentativi di andare oltre i baci erano stati goffi e un po' imbarazzanti per entrambi, ma quando erano riusciti a trovare la loro sintonia erano diventati, secondo Niall e Zayn, “ancora più appiccicosi e irritanti di prima.”
Ad Agosto era uscito Revolver, e come nelle migliori tradizioni, Louis e Harry avevano comprato il disco di prima mattina e lo avevano ascoltato nella stanza del più piccolo.
“Styles, compiti per domani, scrivimi una recensione su questo disco, la voglio sulla mia scrivania non più tardi delle ventuno, te la farò riavere con le mie correzioni, ” aveva detto Louis con tono autoritario.
“La mia recensione su questo disco non andrà oltre il 'i Beatles hanno cominciato a drogarsi pesantemente'.”
“Ho l'impressione che la tua carriera non andrà molto lontano se queste sono le tue recensioni,” lo aveva preso in giro Louis.
“No, ho dimenticato un pezzo, 'in questo disco, finalmente ci sono ben tre canzoni di George Harrison, che fortunatamente tolgono spazio alle noiose ballate di Paul McCartney'.” Louis gli aveva tirato un cuscino in faccia. “Ahi! Forse Zayn aveva ragione, meglio George, dopotutto.”
Dalla scrivania della stanza di Louis Tomlinson, da Harry Styles, con correzioni di Louis, la sera successiva:
“The Beatles - Revolver. 5/5
La mia recensione originale era: I Beatles hanno cominciato a drogarsi pesantemente. In questo disco ci sono ben tre canzoni di George, che fortunatamente tolgono spazio alle ballate di Paul.' Mi hanno detto - Louis, mi ha detto - che non andava bene. Cercherò di essere più prolisso.
Questo disco non è il mio preferito, perché il mio preferito rimarrà sempre Rubber Soul, per ovvie ragioni, [“volete del tè ragazzi?”] ma è bello sentire i Beatles evolvere. Questo disco è diverso. E' colpa delle droghe, evidentemente, ma ai fini del nostro ascolto questo non è fondamentale saperlo [come no! Vorrei sapere che droghe usano perché vorrei provarle anche io]. Revolver esplora nuove sonorità, e sembrano essere passati millenni da quando i nostri cantavano she loves you, yeah, yeah, yeah. Il futuro ci riserva grandi cose. [TUTTO QUA?]”
Liverpool, Aprile 1970 -
Baby, I'm amazed at the way you love me all the time,
and maybe i'm afraid of the way I leave you.
maybe I'm amazed at the way you pulled me out of time,
you hung me on the line.
maybe I'm amazed at the way I really need you.
Dalla scrivania di casa Styles - Tomlinson:
Louis! Leggila appena torni dal lavoro. Non so a che ora tornerò dal pub. Odio questo lavoro. Comunque, credo che questa sia la rinuncia definitiva alla mia dignità. O forse quella l'ho persa già quando ti ho baciato la prima volta! Ah ah. .x Harry
“Paul McCartney - McCartney. 4/5.
Nonostante tutto il mondo sia ancora in attesa dell'ultimo disco dei Beatles, il caro Paul ha deciso di far uscire il suo disco solista. Sorvolando sui tempi e sorvolando sulle innumerevoli lacrime versate da tutti noi - soprattutto le tue Louis [Harry smettila con queste note personali!] - per il recente annuncio di Paul e la definitiva fine dei Beatles, ho ascoltato questo disco da solo perché non avrei potuto sopportare quello che, per alcune ragioni a me del tutto ignote, chiamo il mio ragazzo [HARRY! Non è il tuo diario segreto!], che avrebbe passato l'intero disco a dirmi quanto bravo e meraviglioso sia Paul, senza farmi ascoltare neanche mezza canzone.
Credo, che però, quattro (QUATTRO) [oh, fottiti] anni e mezzo con lui mi abbiano deviato più di quanto sia disposto ad ammettere, in particolare da quando ho avuto la malsana idea di trasferirmi nel suo appartamento, perché questo disco mi è piaciuto: le ballate di Paul non mi fanno più venire l'orticaria come quando avevo diciassette anni, forse perché Louis ha distrutto qualunque capacità critica io avessi quando ho deciso che sarei voluto diventare un critico musicale. Sono delle belle canzoni: sono delle belle canzoni perché Paul, e mi turba molto scriverlo, si sente esattamente come mi sento io. Paul è contento, Paul è innamorato ed in queste canzoni trasmette tutto l'amore per sua moglie Linda.
I Beatles non esistono più [era già abbastanza doloroso senza che lo ricordassi ogni due righe], è la fine di un'era, ma i loro dischi solisti non ci faranno sentire poi così tanto la loro mancanza. Bravo Paul, o forse dovrei dire, bravo Louis per avermi rovinato l'esistenza [simpatico. Ti amo anche io.].
Liverpool, Dicembre 1970 -
Love is you
You and me
Love is knowing
We can be
Dalla scrivania di casa Styles - Tomlinson:
Louis, questo disco e questa recensione sono il mio regalo anticipato di compleanno. Non provare a lamentarti! Ho finalmente preso anche quello di George. Zayn dice che è bellissimo, e mi tocca anche dargli ragione. Se proprio non hai tempo ascoltati almeno la prima traccia di quello di George, si chiama I'd have you anytime. Penso dica già tutto dal titolo! Spero di non tornare troppo tardi! .x Harry
“John Lennon - John Lennon/Plastic Ono Band. 4/5
Ebbene sì, la fine del mondo è vicina: ho dato lo stesso voto al disco di Paul e John. Forse lavoro troppo. Non sto svalutando John, ho semplicemente rivalutato Paul. Sono capaci di farcela anche l'uno senza l'altro - non come me e Louis, evidentemente [stai insinuando qualcosa???] - e mi sembra ce la stiano facendo benissimo. Almeno per adesso. O forse sono ancora sotto la benefica influenza Beatlesiana, visto anche il disco che ha tirato fuori George. Forse riusciremo a dare una vera valutazione solo al prossimo disco.
John parla di diversi tipi di amore: parla di sua madre, prima di tutto, ed è struggente la canzone a lei dedicata, così come lo era Julia nel White Album.
Sono rimasto molto colpito dal passaggio da una canzone come Love, ad una come God, che definirei quantomeno cinica. John dice che non crede nei Beatles! E noi che abbiamo passato un decennio a crederci. Forse ci credevamo più di quanto ci credesse lui. Vorrei dire che mi dispiace, ma dopotutto non è vero. E' grazie ai Beatles che la mia vita è cambiata per il meglio. Voglio ringraziarti John, anche se tu non ci credi più. Io crederò sempre nei Beatles, perché nessuno prima di loro è riuscito a portare tanta felicità a questo mondo. Né nessun altro ci riuscirà dopo di loro, temo. Grazie, Beatles.”