Number
Mi avvicinai alla macchina senza farmi notare: Chris si era appena rialzato e stringeva in mano il cellulare.
Quando lo infilò in tasca mi feci forza. Ero arrivato fin lì, dovevo solo rivolgergli la parola.
Non pensare, agisci.
Quando mi vide non ebbe esattamente la reazione che mi aspettavo: non spalancò la bocca, non sbarrò gli occhi, non arrossì.
In effetti è meglio che non l’abbia fatto.
Feci due rapidi conti: a lui piaceva Julien. Julien era quel tipo di persona sempre sicura di sé che riusciva a spiazzarti con la sua logica strana - quindi al primo approccio diretto dovevo essere un po’ come lui.
Stava quasi per superarmi quando lo salutai.
«Ciao, Chris.» Piano, nascondendo l’entusiasmo, dovevo imitare Julien, quindi occhi un po’ chiusi.
Mi osservava senza reale interesse, mentre io… beh, d’interesse ne avevo eccome.
Era a due passi di distanza e mi stava fissando negli occhi.
Finalmente potevo vederlo da vicino, i capelli castani che gli incorniciavano il viso, le sopracciglia scure, gli occhi - erano caldi e avevano il colore della cioccolata al latte-, il naso pronunciato, le labbra sottili, appena un accenno di barba su mento e guance… e le spalle, il petto, i fianchi, le gambe, era Chris, era incredibile per me.
«E tu chi sei?» La sua voce interruppe la lunga serie di fotografie mentali che mi stavo facendo.
Come Julien, dovevo ricordarmi.
«Oliver, piacere.» Quando l’avevo incontrato per la prima volta lui si era presentato senza darmi la mano e così feci io con Chris, tralasciando tutta la parte formale.
Probabilmente il fatto che stessi sorridendo estasiato smorzava l’effetto generale, così mi appoggiai alla sua auto e lo vidi storcere la bocca.
Ops.
«E come conosci il mio nome?» chiese incrociando le braccia e decisi di passare subito alla fase critica prima di compromettere ancora le cose.
«Julien mi ha detto di darti queste.» Tirai fuori dalla tasca dei jeans il mazzetto di chiavi che avevo recuperato poco prima e lo posi ad un Chris vagamente stralunato.
Non doveva essere facile finire così, con un estraneo che sotto sotto era felice di tutto quello - e non riusciva a sentirsi in colpa.
Si morse un labbro fissando le chiavi per lunghi istanti. Era ferito, riuscivo a vederlo.
Non appena le prese in mano mi disse: «Grazie, immagino» e sentii qualcosa montarmi in petto, agitazione e felicità, le sentivo mescolarsi dentro mentre continuavo a guardare Chris, finché non tornò a concentrarsi sulla macchina e realizzai che se non avessi inventato qualcosa per parlargli ancora probabilmente non l’avrei rivisto mai più.
«Ho il tuo numero.» Ecco, l’avevo detto.
Non era vero ma Julien poteva sempre darmelo, no? Anche se il suo cellulare era andato distrutto nell’incidente assieme alla SIM doveva averlo scritto da qualche parte.
Non sembrava molto contento, poi mi ricordai miracolosamente del pennarello blu che avevo raccolto da terra e infilato in tasca assieme alle chiavi - sì sì sì!
«Ecco il mio.» Mi era venuta in mente una bella idea.
Gli presi il braccio a costo di sembrare invadente - ma lui non sembrò curarsene - e gli scrissi il mio numero bene in grande, in modo da fargli sentire che a me importava invece.
Se non obiettava nulla piaceva anche a lui, no?
Ed era strano, profumava. Non di dopobarba o colonia, un profumo buono e strano che mi piaceva ma non riuscivo ad identificare.
In quel momento mi tornò in mente uno degli ultimi libri che avevo preso in biblioteca a scuola, dove una storia d’amore iniziava con un bacio.
Non avevo mai baciato nessuno prima.
Non pensare o morirai dalla vergogna.
Sorrisi di più fregandomene di fare come avrebbe fatto Julien e mi alzai sulle punte dei piedi per dargli un bacio - anche sulla guancia andava bene, anzi, era il mio obiettivo.
Stavo quasi per chiudere gli occhi quando mi ritrovai il suo palmo sulla bocca che opponeva resistenza.
A lui allora non doveva piacere più di tanto e non appena pensai questo feci un passo indietro - mi aveva detto chiaramente di no.
Però… Julien l’aveva appena mollato, e chissà cos’aveva fatto, sembrava un po’ stravolto. Era comprensibile, dovevo dargli tempo, dovevo far in modo che mi conoscesse.
«Ti chiamerò» gli promisi prima di girarmi e camminare verso la strada.
Insomma, non potevo certo entrare in casa di Julien come se nulla fosse successo, no?
Quando mi superò in macchina lo salutai con la mano ma non mi vide.
*
«Sei stato così veloce?» Julien aveva acceso la TV e il telecomando era appoggiato sopra la sua gamba ingessata, mentre lui guardava svogliatamente la pubblicità.
«Sì?» Non ero sicuro di essere stato veloce. Certamente avrei voluto passare un po’ più di tempo con lui, però era il nostro primo incontro e l’avevo anche messo a disagio, perfetto.
Mi accomodai sulla poltrona vicino al divano su cui era sdraiato per fargli un po’ di compagnia e trovare il modo giusto per chiedergli il numero di Chris.
«Lo hai già invitato ad uscire?» Saltò su di punto in bianco e ci misi un attimo a collegare.
«Eh? No, no!»
Doveva essersi accorto di qualcosa dato che aveva un sorrisetto molto suo in viso.
«Capisco. So fare due più due, sai? Cos’hai da chiedermi?»
Colpito ed affondato, ma non volevo dargliela vinta.
«Il suo numero.» Quello non era dargliela vinta, comunque.
Ci pensò su un po’ e toccò istintivamente la tasca vuota dei pantaloni prima di mugugnare qualcosa.
«Torna in camera mia, sempre nel comodino ci dovrebbe essere un post-it con il suo numero. Lo riconosci, è il primo di un blocchetto» mi disse prima di prendere il telecomando e cambiare, così mi affrettai a salire di nuovo le scale ed immergermi nel suo cassetto alla ricerca del numero di Chris.
In effetti tutti i foglietti che avevo visto erano presi da un unico blocchetto, ed il primo era l’unico scritto: in stampatello c’era il nome di Chris ed il numero.
Tirai fuori il cellulare e lo memorizzai controllando diverse volte di non aver sbagliato a digitarlo, e quando tornai di sotto trovai Julien con la TV spenta.
«Vuoi sapere come l’ho avuto?» mi chiese sistemandosi meglio sul divano.
Non sapevo cosa rispondere. Sì, mi sarebbe piaciuto scoprire un po’ più di cose di Chris ma… non legate a Julien, anche se gli volevo bene.
«Me l’ha dato lui facendo le feste.» Ero tornato sulla poltroncina e non potevo non guardare il ghigno che aveva stampato in volto, triste e amaro allo stesso tempo.
«Dave aveva bisogno di gomme e altre cose per i suoi figli» s’interruppe un attimo per proseguire più spedito «e mi aveva fatto fermare in un Walmart fuori mano. Indovina un po’?»
No, non lo volevo sentire, non come me lo stava dicendo lui. «Blackout, porte automatiche chiuse e bloccate dalle vecchiette in panico, ci siamo ritrovati io e lui nel reparto cancelleria.»
Si fermò ancora per sorridere, questa volta in modo più normale, come se in fondo gli facesse piacere dirmi quelle cose e non lo stesse facendo solo per… ripicca? Non era da lui ma non potevo pensare altro.
«Quando è tornata la luce mi ha ficcato quei post-it in mano e mi ha aiutato con il resto della spesa da brava mogliettina controllaprezzi.»
Perché alla fine non riusciva ad essere terribile, scommetto che dispiaceva anche a lui aver iniziato in quel modo cattivo.
«Se non lo avessi incontrato di nuovo in centro due giorni dopo probabilmente li avrei buttati» aggiunse pensoso.
Era stato Chris ad iniziare con Julien. Bene adesso lo sapevo.
Non avevo ben capito perché mi avesse raccontato tutto quello, ma se pensava di scoraggiarmi aveva fallito, perché non avevo intenzione di mollare.
Quella sera dopo cena mi ero ritirato in camera per sopravvivere alla partita di football che il signor Adams doveva vedere per forza.
Ero seduto sul letto e stavo soppesando il telefono quando mi decisi: dovevo chiamare Chris.
Non potevo aspettare d’incontrarlo - anche perché non uscivo mai - e dopo una doccia il pennarello non si sarebbe più visto, così controllai la mia rubrica: il suo numero, quello di Julien e quello di casa.
Ero un po’ teso. Ok, molto teso.
Uno squillo, non viveva certo con il cellulare in mano.
Due squilli, magari aveva la mani occupate.
Tre, forse era nell’altra stanza.
Quattro, perché non rispondeva?
«Pronto?»
Non ci potevo credere.
«Hai risposto!»
«Mi stavi chiamando» borbottò risentito dopo un attimo di silenzio.
«Non credevo l'avresti fatto. Ti ricordi chi sono?» Volevo essere sincero con lui. Volevo che si ricordasse di me non solo come “il ragazzo delle chiavi”.
«Oliver, no?»
Avevo una dignità: non stavo saltellando sul letto. Forse.
«Wow, sei bravo. Nessuno si ricorda il mio nome al primo colpo, di solito.» In effetti ci mettono sempre tutti un po’, ma non era quello il punto.
«Come va?» Non appena gli chiesi questo realizzai di aver fatto un’altra gaffe, ma lui rispose: «Bene» assolutamente senza convinzione.
«Non è vero.»
Borbottò qualcosa e passai subito all’azione, più o meno.
«Posso aiutarti, sai?» gli proposi.
In effetti era vero, ma riguardava Julien solo in minima parte. Era la battuta di un film che avevo visto dove lui faceva dimenticare a lei l’ex malvagio e si sposavano, una delle storie che avevo visto un paio di volte in TV.
«Notte» disse prima di buttare giù la chiamata e stroncare ogni mio possibile discorso.
Mi aveva augurato la buona notte: sì, in quel momento il mondo sarebbe potuto finire, non mi sarebbe importato più di tanto.
Gli inviai un messaggio in risposta e lanciai il cellulare in aria, afferrandolo e riguardando le due righe che gli avevo inviato.
Oliver colpisce ed affonda!
Oddio, quanto ho scritto per una scena che nell’altra ho liquidato con poco in realtà xD i dialoghi sono uguali, cambiano solo i dettagli: Oliver vede quello che fa Chris - che finalmente ha una degna descrizione. Il ragazzo è proprio partito comunque. E Julien è uno stronzo. Mi dico sempre: mannò dai, redimilo! E lo faccio sempre più stronzo, anche se non se la passa bene poveraccio. Il delizioso profumo è lo squisito risultato dei feromoni: sono andata a controllare e il test della maglietta sudata è valido in questo caso. Quanto odio i feromoni. Per scoprire cosa ha fatto Chris per profumare così tanto di sudore molto maschio guardate l’altra storia nella serie.