{Queer bitch! Capitolo 3

Jun 18, 2011 16:06


TherapyAggiustare il lavandino mi aveva fatto vedere un lato inedito di Julien - quello autoritario e meno vestito.
Appena arrivati a casa mi aveva spedito a chiudere il rubinetto centrale e a recuperare la cassetta degli attrezzi, e quando avevo raggiunto lui e Queenya in bagno l'avevo trovato senza maglia - mi voleva davvero male.
«Passami la chiave del diciannove» mi chiese portando indietro la mano e mi misi a frugare nella cassetta per cercarla. Ok, come per il basket era lui l'esperto, e l'aveva ribadito più volte in macchina.
«Gli asciugamani...» piagnucolò Queenya strizzando l'ennesimo nella vasca.
In effetti a terra c'era un macello e l'acqua non raggiungeva la porta solo grazie ad una diga di asciugamani ed accappatoi.
«Faremo una lavatrice in più» le risposi. Non era quello il problema comunque. Turnarsi nello stirare, su quello probabilmente avremmo avuto una bella discussione.
Il campanello suonò ed abbandonai i due per saltellare sul parquet del salotto - stupide scarpe bagnate- ed aprire la porta: mi ritrovai davanti un ragazzo delle consegne paonazzo in viso, la mano appoggiata ad un pacco gigantesco a terra.
«Stefan Rivers?» chiese guardandosi attorno a disagio e tirando fuori un modulo, e sospirai.
«Vado a chiamarlo, aspetta un attimo.»
Tornai in bagno e chiamai Queenya, togliendomi le scarpe prima di affrontare il pavimento bagnato - le calze le dovevo comunque lavare, come i jeans.
«Continui tu?» mi lasciò uno straccio in mano delegandomi al campo di battaglia ma lo appoggiai subito sul water.
«Io ho finito.» Julien emerse da sotto il lavandino con un sorrisetto soddisfatto.
«Bene.»
Era seduto a terra, torso nudo, i capelli bagnaticci. Mi stava tentando in maniera davvero subdola, e me lo stavo già mangiando con gli occhi.
Muscoli appena accennati, la pelle resa lucida dall'acqua e le ciocche bionde appiccicate alla clavicola, mioddio. La sua espressione si fece vagamente insofferente.
«Chris, ora dovresti uscire a ripristinare l'acqua» mi ricordò con voce angelica. Oh, giusto.
Mi girai di controvoglia, uscendo.
In salotto Queenya non c'era, ma il pacco era sul divano e le mie scarpe fuori.
Quella sera dopo che Julien se n'era andato - e gli avevo strappato un bacio a stampo, uno! Maledetto- scoprii il contenuto dello scatolone: libri.
«Da quando sei una lettrice così appassionata?» chiesi ammirando l'enorme quantità di volumi che occupavano sciolti un divano intero.
«Beh, ora non ho più tanto tempo e c'è internet» rispose, accarezzando la copertina di un tascabile. «Per questo pensavo di venderli.»
Dovevano arrivare dalla casa dei suoi. M'inginocchiai accanto al tavolino per sfilare divertito un Dorian Gray dal mucchio sopra il cuscino.
«Se trovi qualcosa d'interessante tienilo pur, tra un po' dovrebbe venire Sadie a valutarli.»
Giusto, lei lavorava in libreria.

Capitava spesso che Queenya si ritrovasse a vendere delle cose, ed era incredibilmente ben inserita nell'ambiente dei venditori di cianfrusaglie.
Ero stato io a darle l'idea, anni fa. Si lamentava per tutti i vestiti vecchi che non sapeva più dove mettere ma non voleva buttare, e le avevo detto più o meno: "Potresti vendere, no? Guadagni spazio e soldi."
Allora mi ero appena trasferito a Castro, lui stava abbandonando il nome Stefan e lavorava da Katy, una parrucchiera di cui non faceva altro che lamentarsi.
Sinceramente non ricordo come fosse allora, anche se forse aveva i capelli azzurri e non rosa.
Però ricordo la sua prima crisi di pianto: stavamo mangiando, mi aveva chiesto di passarle il ketchup e quando l'aveva strizzato non era uscito - e giù lacrime.
Ci ero rimasto davvero male, insomma, non era una tragedia così grande, e l'avevo pure guardata male. Beh, ero idiota.
«Estradol» era stata la sua giustificazione prima di continuare a singhiozzare.
Odiava nel modo più assoluto crollare così, e non ero di certo la spalla migliore su cui piangere - anche perché non eravamo molto in confidenza, allora.
Un po' di settimane dopo mi aveva fatto davvero preoccupare: durante il film del mercoledì sera avevo passato più fazzoletti a lei che nel resto della mia vita.
Volevo consolarla in qualche modo, ma non sapevo come fare - sono impedito in quelle cose.
«Stefan...» Non avevamo mai toccato l'argomento, così non sapevo bene come chiamare il mio allora nuovo coinquilino in terapia.
«Queenya.» mi aveva corretto, tirando su con il naso. «Chiamami così.»
E da allora per me Queenya era diventata, ora la mia amica sempre allegra, felice, un po' impicciona e parrucchiera da Tina - di cui non si lamentava mai.
Mancava solo il grande passo per esaudire completamente il suo sogno.

Sadie era arrivata incredibilmente cupa, e prima di farla sgobbare Queenya le aveva offerto una fetta di torta per tirarla su.
Non l'avevamo mai vista così abbattuta, anche se sembrava ben lontana dal piangere - pure lei odiava farlo.
Queenya le aveva ovviamente chiesto subito cosa non andasse.
«Emma» fu la secca risposta.
Oh. Emma era quella sua un po' più di un'amica che non mi piaceva proprio, avevo sempre la sensazione che ci trattasse da fenomeni da baraccone - Sadie per prima.
«Cos'ha fatto?» Queenya si sistemò meglio sul divano libero, infilzando una fragola con la forchetta mentre io posai la guida TV sul tavolo.
«Niente, ecco cosa fa. Si è stufata di...» fece una pausa, ficcandosi in bocca un quadrato gigante di pan di Spagna «...sperimentare» terminò con una smorfia.
Ecco, Emma non mi era mai piaciuta per un motivo.
«Fregatene, è solo un'idiota» commentai stirando le braccia.
«E' tornata con quella Jane.» A queste parole Queenya l'abbracciò solidale.
Ma insomma Sadie, che razza di gusti!
«Te l'ho detto che è idiota» ripetei più convinto.

La domenica mattina aiutai Queenya a caricare i libri in macchina - e mi convinse pure ad accompagnarla e portarla in libreria, dove Sadie aveva i soldi già in mano ed era pronta ad indicarmi le sezioni dell'usato divise per genere.
Insomma, un complotto per farmi sgobbare.
Ero arrivato a sistemare Misery e Mucchio d'Ossa in uno scaffale stracolmo quando sentii l'inconfondibile sciaff! di uno schiaffo. Mi guardai attorno: chi era quel pazzo che si metteva a tirare sberle in una libreria?
Feci capolino dall'angolo solo per vedere Sadie vicina all'entrata, la guancia rossa ed i pugni contratti, ed una ragazza uscire come una furia. Non era Emma, ma che diavolo...?
E poi, qualcosa di agghiacciante.
Nick Bashton - ma perché non facevo altro che incontrarlo?- si avvicinò a lei.
Ero pronto ad agire in qualunque modo, perché insomma, chissà cosa poteva fare quello psicopatico.
Le disse qualcosa - avrei dato un braccio per sapere cosa  - e le diede due pacche sulla schiena prima di andarsene, tranquillo.
Lo ammetto: mi ero dimenticato di essere in mezzo alla gente, e quando Queenya tornò dalla sezione storica, quella in fondo, mi chiuse la bocca guardandomi storto.
Ero sconvolto. Si conoscevano? Ma Sadie sapeva che razza di tipo fosse quell'essere?
E lui, a che gioco stava giocando? Solo il giorno prima era venuto a rompere le palle al Pink Triangle -no, mi rifiutavo di credere fosse venuto per lei.
Percorsi la sezione fantasy a passo di marcia, tentando di scacciare ipotetiche immagini di loro due assieme - ripugnante!
Raggiunsi la cassa e mi piazzai di fronte a lei.
«Cosa ti ha detto.» No, non era una domanda.
«Jane?» Sorrise amaramente. «Solo che sono una fottuta stronza confusa.»
«Oh. Ed il tipo?»
Era piuttosto cretino da parte mia concentrarmi sul dettaglio e non su quello che a conti fatti era il vero problema, ma... ok, non avevo giustificazioni.
Lei scrollò le spalle, assumendo un'espressione seria. «Donne, fratello.»
Era riuscita ad imitare piuttosto bene la voce bassa di Nick Bashton e mi strappò un sorriso.
Quindi non si conoscevano e lui l'aveva scambiata per uno sfigato appena mollato dalla ragazza - la situazione sembrava quella.
«Ok. Mi spiace.» Tornai a sistemare i libri sotto il suo sguardo curioso.
Beh, Sadie poteva essere contenta del fratello - anche se non ci vedevo giusto.
Da quando quello là si preoccupava degli altri?
«Sveglia!» Queenya mi passò davanti con una pila di volumi in mano e mi accorsi di essermi - letteralmente- fermato a pensare.
Tornai al lavoro sbuffando - tra l'altro dovevo sbrigarmi, avevo il turno alle undici e dovevo passare da casa a prendere l'uniforme e far scegliere a Queenya i vestiti per la serata.
Kelly non aveva perso l'abitudine di bacchettarmi ogni volta che vedeva qualcosa fuori posto, ed era sinceramente imbarazzante prendere parole da lei e Julien contemporaneamente, l'avevo già sperimentato.
Chiave "del diciannove" è quello che dice sempre mio papà. Dato che Julien è molto pratico di queste cose ho pensato che potrebbe usare questo "gergo". L'Estradol è estrogeno in pillole, il più economico credo. Durante il periodo di assunzione, soprattutto all'inizio, causa tragici sbalzi d'umore - e si arriva a piangere per sciocchezze come il ketchup. Ho letto che molte considerano questa una cosa molto tragica - in effetti dev'essere terribile non riuscire a controllarsi.
Chris critica tanto i gusti di Sadie, non che i suoi siano migliori xD i due libri citati nel pezzo della libreria sono di Stephen King, Dorian Gray ovviamente di Wilde. Il Pink Triangle è il parco di Castro, quello intitolato alle vittime omosessuali dei nazisti. Questo è una capitolo piuttosto tranquillo - e anche più lungo; spiego anche un po' di cose riguardo a Queenya, dato che non risultava chiara la sua situazione. Ho cercato comunque di non mettermi lì a spiegare tutto in modo "didattico".

pairing: slash, pairing: het, pg: oc, pairing: femslash

Previous post Next post
Up