Sympathy For the Devil

Sep 09, 2012 17:03




TITOLO: Sympathy For the Devil.
AUTORE: StoryGirl.
GENERE: LongFiction. Au. Angst. Romantica. Introspettiva.
RATINGS: NC17.
DISCLAIMERS: Nessun personaggio mi appartiene, purtroppo.
PAIRING: Choi Minho, Lee Jinki { MinEw } ; Kim Kibum, Kim Jonghyun { JjongKey } .
RIASSUNTO: Quando Lucifero era caduto "perdendo" le sei ali divine ed ottenendo in cambio dodici ali demoniache, Harziel si era chiesto a lungo cosa lo avesse portato a comportarsi in quel modo.
...
“Ieri Jinki ha trovato delle fotografie che sembrerebbero riprodurre il luogo della caduta di un paio di angeli.”
NOTE: Questa fanfiction è dedicata interamente alla mia Bummie (
yuya_lovah). Spero che possa continuare a piacerti fino alla fine! Ti voglio davvero tanto bene <3! Spero di farti emozionare con questa fanfiction, sto cercando di scrivere al mio meglio per poterti dedicare qualcosa di veramente bello! *___*! A te, che sei la mia migliore amica!
THANKS: A
yuya_lovah che mi ha incoraggiata (e mi sta incoraggiando) durante la scrittura. A
yuya_lovah, perchè l'ha betata. A
yuya_lovah che ha creato anche il magnifico bannerino che questa fanfiction possiede!
PAROLE: Per questo capitolo: 2521, con il conteggio di word.

CAPITOLI PRECEDENTI: Prologue ; #01 ; #02 ; #03 ; #04 ; #05 ; #06 ; #07 ; #08 ; #09 ; #10 ; #11


Chapter #12 : I need a little room to breathe
Kibum, dopo la spiacevole chiacchierata con Minho, decise di andare a trovare Jonghyun; non solo per assicurarsi sulle sue condizioni fisiche, ma anche per sapere come stavano le cose tra di loro.
Certo, non era stata colpa di Jonghyun se avevano litigato a quel modo, ma era successo e dovevano in qualche modo sistemarsi - soprattutto perché lui voleva riuscire a ridargli la Grazia per renderlo nuovamente come lui - ma quando si avviò a casa del dinoboy, si rese conto di non poter piombare lì come se niente fosse.
Jonghyun-ssi, sto passando da casa tua, cerca di farti trovare presentabile!
Non l’aveva mai chiamato a quel modo, ma voleva rendere chiaro all’altro che dovevano ancora chiarire, così non si sarebbe convinto che il passaggio da casa sua significasse che tutto era tornato limpido tra loro.
Kibum si stava trasformando del tutto in Harziel e questo stava a significare che le sue emozioni erano come appiattite. In pratica, un foglio di carta poteva avvertire le sue stesse emozioni.

“Jonghyun-ssi, sei in casa? Sei presentabile?”
Una volta aperta la porta di casa del più grande, si rese conto che i grugniti che stava sentendo provenivano da un ammasso di lenzuola e coperte che si muoveva con agitazione sul divano.
“Ki-Kibummie?”
Kibum notò il volto di Jonghyun sbucare fuori dalle lenzuola, gli occhi lucidi ed il naso che colava. Era evidente che non fosse nelle condizioni di leggere il messaggio che gli aveva inviato solo pochi minuti prima.
“Jonghyun-ssi, non stai bene, vero?”
Jonghyun scosse la testa. Aveva il volto pallido, ma le guance arrossate per colpa della febbre. I grandi occhioni da cucciolo sembravano invocare il suo aiuto, ma Kibum non sentiva la consueta attrazione per l’altro: niente farfalle nello stomaco, o palpitazioni e sudore. Gli sembrava quasi di stare fissando un perfetto sconosciuto.
“Kibummie~ sei venuto per aiutarmi a guarire?”
Kibum deglutì a stento rendendosi conto di quanto fosse difficile per lui mantenere una parvenza umana. 
Era più forte di lui: la sua Grazia gli stava bruciando nel petto ed era fin troppo complicato metterla da parte.
Cercando di ricordarsi i sentimenti umani che provava da quando era Kim Kibum, appoggiò la mano destra sulla guancia di Jonghyun accarezzandolo appena per accorgersi di quanto fosse caldo. In teoria avrebbe dovuto sentirsi in colpa per l’altro, ma nella realtà non era più in grado di provare certe emozioni.
“Sono venuto per scusarmi. So che non è stata colpa tua ciò che è accaduto con Taemin.”
Nonostante tutto, il suo tono di voce continuava a risultare freddo e Jonghyun non poté fare a meno di sgranare gli occhi preoccupato. Fu quando la mano di Kibum scivolò verso il suo cuore che tutto cambiò. Dalla borsa a tracolla del più piccolo fuoriuscì la pietra color blu che Jonghyun si ostinava a non voler accettare.
“Cosa…?!”
Non fece in tempo a formulare una frase di senso compiuto, od a comprendere di doversi alzare e correre via più velocemente che poteva, che la pietra si schiantò contro il suo petto facendolo urlare di dolore. Essa si introdusse sempre più a fondo nel suo corpo provocandogli brividi e tremori sempre più forti.
Fece in tempo a notare un paio di ali blu avvolgere il suo corpo prima di svenire, Kibum che lo guardava con uno strano sorriso.
“Mi dispiace, ma era l’unico modo per riaverti con me!”
L’unica cosa: non credeva sarebbe stato così doloroso per l’altro.

Kibum lo vegliò per qualche minuto prima che Jonghyun si svegliasse puntando i suoi grandi occhioni (quelli che aveva imparato ad amare) su di lui.
“Raziel, ben svegliato. Ti ricordi di me, vero?!”
Jonghyun sbatté gli occhi più volte prima di annuire, ringhiando leggermente tra i denti.
“Perché mi hai risvegliato?! Me lo avevi promesso, Harziel! Mi avevi promesso che sarei potuto rimanere per sempre un umano se solo ti avessi aiutato!”
Kibum lo guardò pensando che, in qualche modo, si sarebbe dovuto sentire responsabile per ciò che era successo ma in realtà non gli era possibile farlo.
Jonghyun distolse lo sguardo dal ragazzo seduto di fronte a lui. Non riusciva ancora a credere che Kibum, o meglio Harziel, lo avesse di nuovo condannato ad una vita priva di emozioni, una vita vuota e fredda da cui non sarebbe mai riuscito a fuggire.
Per diventare esseri umani ci avevano messo tempo ed energie, entrambi avevano rischiato di finire imprigionati per i loro "crimini", ma il Serafino sembrava essersene fregato di tutto ciò. A quanto pareva quest'ultimo non era convinto quanto Jonghyun.
"Esci da casa mia, Kim Kibum, Harziel, o come diavolo preferisci essere chiamato. In questo momento non ho nessuna intenzione di continuare ad avere il tuo volto di fronte al mio. Vattene!"
Kibum prese un profondo respiro e dopo averlo guardato per l'ultima volta, uscì da casa sua avviandosi precipitosamente verso la propria: doveva parlare con Taemin, non poteva permettere che Jonghyun rimanesse arrabbiato con lui. Certo, in quel momento non provava dolore, né rabbia, ma sapeva che se Jonghyun si fosse allontanato da lui, lui ne sarebbe morto.
"Taemin! Dobbiamo parlare!"
E trovare un modo per sistemare il casino che ho appena creato.

"Hyung, ti senti meglio?"
Minho chiamò il ragazzo dalla soglia di casa sua, ma non ricevendo risposta e notando che sul divano non vi era nessuno, entrò senza chiedere il permesso camminando a passo veloce verso la camera del migliore amico. Una volta lì, lo poté osservare sdraiato sulle lenzuola bianche che osservava sconfortato il soffito, la chitarra che tanto amava abbandonata vicino a lui.
"Hai parlato con Kibum-ah, vero?"
Jonghyun lasciò fuoriuscire un grugnito dalle labbra e Minho lo raggiunse sul letto a due piazze posizionandosi vicino a lui. Riusciva ad avvertire che Jonghyun era diverso dal solito perché c'era qualcosa nell'aria che non vi era mai stato, come delle particelle elettrostatiche che, posatesi sulle sue braccia, gli facevano scaturire la pelle d'oca. Eppure Jonghyun era uguale: stesso taglio di capelli, stessa faccia da dinosauro, stessi occhi da cucciolo... stesso corpo muscoloso ma corto!
"E dimmi, ti ha chiesto scusa? Quando ci ho parlato mi è sembrato deciso a chiarire con te. Per questo non sono passato prima, sapevo che vi era Kibum. A dire la verità credevo di trovarlo ancora qui..."
Jonghyun scosse la testa. Minho non poteva saperlo, ma lui si sentiva vuoto, come se fosse diventato una bambola rotta, un burattino senza più fili per il quale il suo burattinaio aveva ormai perso ogni interesse.
"Non mi ha chiesto scusa, Minho, ed ora mi sento come se fossi un'altra persona, come se tutte le cose buone che una volta erano dentro di me avessero ormai abbandonato il mio corpo. Come se non potessi più provare emozioni perché esse se ne sono andate e non torneranno mai più, come se non potessi mai più sentirmi vivo."
Minho rimase senza parole a quell'espressione di dolore insito nelle parole di Jonghyun. Mai avrebbe creduto che il migliore amico potesse arrivare a provare determinate sensazioni. Non sapeva cosa gli avesse detto, o fatto, Kibum, ma era determinato a scoprirlo.
"Shh, hyung, shh. Non dire così! Vedrai che si sistemerà tutto. Ti aiuterò io, va bene?"
Jonghyun non gli rispose, si aggrappò con forza alle sue spalle nascondendo il volto contro il suo petto, rimanendo in silenzio. Non poteva rivelare a Minho che era impossibile sistemare ogni cosa. Lui ormai era tornato ad essere Raziel l'Arcangelo, e niente e nessuno avrebbe potuto riportarlo all'umanità di prima.

"Sì, l'ho sentito risvegliarsi, ma credevo che avesse scelto di sua spontanea volontà di farlo, non che tu lo avessi in qualche modo costretto. Sai che le Grazie devono rientrare nei corpi degli angeli in modo spontaneo e non forzatamente. Questo provocherà nel suo corpo un rigetto prima o poi, ma visto che le Grazie non possono uscire dal corpo dell'angelo predestinato da sole, Raziel potrebbe anche morire... Perché l'hai fatto?"
Kibum guardò Taemin con gli occhi sgranati. Lui non aveva idea che le controindicazioni potessero essere tali. Anche Taemin aveva cercato, a suo tempo, di far accettare a Jonghyun la sua Grazia.
"A-Anche tu hai cercato di fargliela accettare! Come potevo sapere di stare condannandolo a morte certa?! Anche se sono stato creato insieme a te, Lucifero, questo non significa che ne sappia così tanto di Grazie! Certo, ho il potere di farle diminuire di forza, ma non sapevo di questa cosa!"
Taemin scosse piano la testa guardando verso il basso.
"Se lui avesse accettato la pietra, essa avrebbe fatto tutto da sola e quando sarebbe stato il momento giusto, Jonghyun sarebbe tornato ad essere Raziel. Costringendolo, però, hai obbligato la Grazia ad entrare dentro di lui quando ancora il suo corpo tentava di contrastarla. Vi sarà una lotta nel suo corpo e... chiunque abbia la meglio, Jonghyun è morto."
Kibum si lasciò ricadere sulla poltrona del salotto non avendo la forza di sollevare gli occhi ed incontrare lo sguardo di Taemin. Per quanto il più piccolo avesse "odiato" Jonghyun per via della sua gelosia, non ne avrebbe mai desiderato la vera morte e lo si poteva vedere dal dolore impresso nei suoi occhi.
Neppure lui, nonostante ormai non provasse più nulla, desiderava vedere Jonghyun, il suo Jonghyun, morire per colpa sua. Se solo avesse saputo cosa stava scatenando, non avrebbe fatto niente! Avrebbe preferito avere accanto a sé un Jonghyun umano, piuttosto che non avere nemmeno quello.
"Come faremo, ora?"
Taemin guardò l'altro ragazzo sentendosi pervadere da una strana emozione, qualcosa che non aveva mai potuto avvertire prima d’allora: la paura.
Aveva sempre pensato che gli umani fossero esseri deboli in quanto quell'emozione era presente in ogni cuore che aveva incontrato nella sua permanenza sulla Terra, ma a quanto pareva si sbagliava.
Tutti possono provare paura perché nella vita c'è sempre qualcosa per cui provarla. Questo non significa essere codardi, ma realisti e sapere che, fuori nel mondo, vi è sempre qualcosa più forte di noi. Con questa frase in mente si avvicinò a Kibum e dopo averlo abbracciato gli sorrise, a fatica.
"Forse posso rimettere a posto le cose Kibum, però non posso farlo subito, devo farlo quando vedrò che la lotta all'interno di Jonghyun è quasi alla fine. Questo però significa che devi scegliere se vuoi o meno tornare ad essere un umano. Non credo di poterlo fare due volte, lo farò sicuramente per Jonghyun perché è evidente ciò che desidera, ma tu devi scegliere cosa preferisci per te stesso!"
Se Kibum avesse scelto di tornare nuovamente ad essere un umano, lui si sarebbe lasciato "uccidere" dal potere che avrebbe sprigionato per aiutare gli altri due. Era preferibile, per lui, vivere una vita piena di emozioni al fianco di suo fratello, piuttosto che vivere per sempre, ma non provare nulla.
"Cosa hai intenzione di fare Lucifero? Non posso permettere che tu ti sacrifichi per noi!"
Taemin scosse la testa, accarezzandogli leggermente la guancia. Lui aveva accumulato un sacco di potere in quegli anni lontano da "casa" ed era ormai arrivato il momento di usarli per qualcosa di importante.
"Andrà tutto bene, Kibum. Io non mi sacrificherò, non morirò, rimarrò comunque al tuo fianco!"
Kibum gli sorrise stringendosi a lui mentre rimuginava su ciò che fosse meglio fare. Essere tornato un Serafino gli aveva fatto ricordare tutto il potere che un angelo poteva trattenere tra le dita.
Jonghyun però sarebbe tornato ad essere un umano e lui, se fosse rimasto un Serafino, non avrebbe potuto rimanere al suo fianco e per quanto in quel momento si sentisse vuoto, con un cratere dove un tempo vi era stato il suo cuore, capì che lui era più importante.
Più importante di qualsiasi potere, o di qualsiasi vita avrebbe potuto osservare senza di lui. Senza Jonghyun, infatti, non vi era nulla per il quale valesse la pena continuare a rimanere in vita.

Jinki prese il libro che recava la scritta "Gloria in excelsis Deo", una scritta in latino che stava a significare "Gloria a Dio nel più alto" (Sottointeso il complemento oggetto -dei cieli).
Jinki non aveva mai studiato latino eppure ogni volta che osservava la copertina di quel libro, o che lo sfogliava, il suo cervello si apriva e riusciva a leggerlo senza nessuna difficoltà. La prima volta aveva creduto fosse strano, ma ormai si era abituato.
Ovviamente aveva mentito sia a Minho che al resto dei suoi amici, dicendo loro che aveva studiato il latino per conto proprio e che per questo era in grado di comprenderlo e forse poteva anche starci come spiegazione, se solo non fosse riuscito a leggere anche lingue come il greco, l'ebraico, il cirillico e praticamente tutte le lingue esistenti sulla faccia della Terra.
Jinki faceva finta di niente e visto che i suoi amici non sospettavano minimamente una cosa del genere, tutto scorreva tranquillo nella sua vita.
I problemi di Minho non erano più una sua priorità nonostante, prima di trovare il libro che gli aveva aperto gli occhi sul mondo, l'altro ragazzo fosse la parte più interessante della propria vita ai suoi occhi.
"Oh, Lucifero, ben tornato! Ho cercato ciò che mi avevi chiesto e ho trovato le erbe che ti servivano!"
Jinki sembrava stare parlando da solo ad un occhio esterno, ma in realtà di fronte a lui vi era l'ombra nera di un angelo con dodici ali: Lucifero. Non potendo comparire di fronte a Jinki nella sua vera forma (a meno che non volesse vedere il povero umano bruciare per la luce che sapeva emanare), aveva scelto di presentarsi sottoforma di ombra. In pochi potevano arrivare ad un potere simile e forse l'unico che riusciva a farlo era proprio Lucifero che, per ovvi motivi, non poteva presentarsi dinanzi a lui con l'aspetto del fragile e dolce Lee Taemin.
"Mi sei stato utile, profeta. Ora voglio che tu legga questo libro. In esso vi sono degli ingredienti molto importanti che desidero tu trovi per me. Mi raccomando, devi riuscirci nel minor tempo possibile. Alcune erbe andranno amalgamate e mischiate tra loro, ma sono sicuro che tu non avrai problemi. Ormai sei diventato bravo con il pentolone, giusto?"
Jinki annuì, soddisfatto delle parole che il suo adorato angelo gli stava riservando. Dopo aver osservato il libro che l'altro gli stava donando, si inchinò di fronte a lui, prostrandosi ai piedi di quell'ombra tanto misteriosa quanto magica. Accettando il libro, suggellava per l'ennesima volta di utilizzare tutte le sue forze per mantenere la promessa fatta.
Dopo che l'ombra fu scomparsa, Jinki si risedette sul divano controllando il libro. I tagli che si era fatto per trovare le erbe che Lucifero tanto desiderava, ormai non bruciavano più.
Minho gli avrebbe consigliato di stare più attento e si sarebbe preoccupato della sua goffaggine e, se una volta questo gli avrebbe procurato una gioia indescrivibile, ora per lui non era altro che infinitamente noioso.
Per Lee Jinki, da quando Lucifero era entrato nella sua vita, esistevano solo gli angeli e ciò che poteva scoprire di loro.

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