TITOLO: Strawberry on the shortcake.
AUTORE: StoryGirl.
GENERE: LongFiction. Au. Au. Angst. Romantica. Introspettiva. Amore morboso (
Limerence).
RATINGS: NC17.
DISCLAIMERS: Nessun personaggio mi appartiene, purtroppo.
PAIRING: Choi Minho, Kim Jonghyun { JongHo } ; Choi Minho, Lee Jinki { MinEw } ; Kim Kibum, Kim Jonghyun { JjongKey } ; Lee Jinki, Lee Sungmin {KiMin} ; Kim Kibum, Kim Youngwoon {KanBum} ; Choi Siwon, Kim Heechul { SiChul } .
RIASSUNTO: Jonghyun si ritrova irremediabilmente innamorato di Minho. Il problema è che per Minho il sentimento implica unicamente possessività. Servirà l'intervento di Jinki e Kibum per mettere fino a quest'Odissea e riportare la pace tra loro.
NOTE: Questa fanfiction, di nuovo, tratta di un tema delicato. C'è un po' di violenza. Non leggetela se non siete preparati.
THANKS: A
yuya_lovah che mi ha incoraggiata durante la scrittura. A
mauve_amethyst, perchè l'ha betata.
PAROLE: Per questo capitolo: 2059, con il conteggio di word.
CAPITOLI PRECEDENTI:
Chapter #01 - Gesti immediati, che non ti aspetti, senza i quali nulla inizierebbe ;
Chapter #02 - Non vi è che un modo per essere felici: vivere per gli altri ;
Chapter #03 - Il libro più diffuso al mondo ci ricorda che siamo tutti peccatori, ma non tutti i suoi lettori si sentono realmente in colpa per i peccati commessi ;
Chapter #04 - La verità è scritta sul nostro volto ;
Chapter #05 - Accadono cose che sono come domande. Passa un minuto, oppure anni, e poi la vita ti risponde Chapter #06 - Proprio nel momento sbagliato alzai lo sguardo verso il cielo notturno e vidi che lì non c'era nulla
Jinki era in bagno, intento a risciacquarsi la faccia e a guardarsi allo specchio: era pallido, quasi cadaverico, e gli ematomi che andavano a chiazzargli il volto sempre più velocemente erano ben visibili.
“Hyung, ehi, cosa stai facendo…”
A Kibum morirono le parole in gola quando lo vide, tutto insanguinante. Jinki cercò di ridere, come per alleviare quella tensione, come per spezzare quel momento angusto, ma non ebbe molto successo.
“Uhm… mi hanno picchiato? Senti, sei capace di mascherare i lividi con del fondotinta? Io non ho idea di come fare e sto solo accentuando il problema in questo modo. Sungminnie non deve vedermi in questo stato”
Kibum annuì andando a prendere il suo kit del trucco e iniziò a spargergli il fondotinta su tutto il viso coprendo per bene le varie macchie, viola e rosse.
“Mi dico come ti è successo tutto questo?”
Jinki annuì socchiudendo gli occhi, rabbrividendo nel ricordare gli avvenimenti di quella serata.
“Diciamo che il vecchio protettore di Sungmin è tornato alla carica. Prima… lui faceva la puttana. Non è stata una sua scelta, si è ritrovato dentro perché non è mai stato capace di proteggersi. Il suo vecchio ragazzo, quello di cui era tanto innamorato… non era quel che si dice uno stinco di santo. Era invischiato in qualcosa più grande di lui e ha finito con il buttare Sungminnie nel mezzo. Ecco, volevo chiarire che ora Sungminnie è mio e che non permetterò gli facciano del male, ma loro hanno solo chiarito a me di essere in molti di più e di non giocare pulito”
Kibum aveva annuito, distratto dal compito di rimettergli a posto il suo bel viso: a dire la verità poteva ammettere a cuor leggero di essersi immaginato una cosa del genere, ma non credeva potesse essere davvero la realtà.
“Dovresti contattare la polizia, oppure… sanno dove abitate?”
Jiki annuì, tristemente.
“Li ho beccati fuori dal mio appartamento, se non fossi tornato in tempo per attirarli su di me si sarebbero presi Minnie”
Kibum sospirò.
“Potete venire da me, tanto io partirò presto perciò vi posso cedere l’appartamento. In ogni caso, resto dell’idea che sia una questione troppa grossa per cui tu la possa gestire da solo. Dovresti contattare la polizia”
Jinki scosse la testa.
“No, prenderebbero anche Sungmin nonostante sia solo la vittima. Sai, è un reato prostituirsi e io… non permetterò che lo arrestino quando non ha fatto nulla di male”
Kibum pensò che, in quel momento, Jinki si stava rivelando un perfetto idiota: sarebbe morto, sarebbe diventato carne morta se non avesse chiesto aiuto a qualcuno, ma non ebbe il coraggio di fermarlo.
Dopotutto, lui stava partendo.
Quando il freddo di quella notte penetrò a fondo nella sua pelle i suoi sensi si risvegliarono, la sua coscienza si risvegliò e capì di aver fatto una mostruosa cazzata, ma doveva farla.
Gli avevano promesso che se avrebbe guadagnato abbastanza soldi per lui e Sungmin, allora, li avrebbero lasciati in pace: era l’unico modo di salvare quel ragazzo.
L’unico, e lui avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per poterlo salvare, per potergli permettere una vita migliore lontano da tutto ciò.
Lontano dal dolore, dall’impotenza di non potersi salvare. Lontano dalla miseria e dal fascino crudele della morte. Semplicemente, lontano.
Minho stava camminando in un vicolo che di solito non frequentava, ma sapeva che, almeno lì, non si sarebbe potuto imbattere in Jonghyun.
Doveva trovare un modo per lasciarlo senza però spaccargli il cuore, e soprattutto, facendo sì che lui continuasse a restare la sua trombata senza troppe pretese.
Quando lo vide: in quegli stretti pantaloni di pelle, e una leggera maglia fatta a rete sopra il suo corpo, che non nascondeva molto all’immaginazione, credette di stare sognando.
Jinki, quel Lee Jinki che continuava a rifiutarlo, volta dopo volta, era lì, davanti a lui, ed era una miserabile puttana.
Minho scoprì che quella notte poteva anche non essere tanto male come si era annunciata.
Quando lo vide sentì chiaramente l’ossigeno abbandonare il suo corpo ed il freddo rintanarsi all’interno della sua anima: quello che stava camminando verso di loro non era il Choi Minho che aveva sempre rifiutato, vero?
Non era lo spilungone idiota che ci provava da mesi con lui, giusto?
Sperò di non essere stato riconosciuto, sperò che da un momento all’altro cambiasse strada, sperò in qualsiasi cosa, ma alla fine, Minho si fermò esattamente davanti a lui che teneva ancora lo sguardo ben piantato verso terra.
“Ma bene… ora lavori in questo posto, eh? Non fai più lo sbruffone, giusto?”
Uno dei capi che lo teneva ancora saldamente per un braccio ghignò capendo che si conoscevano.
“Ehi, ragazzo, la prima volta è gratis”
Minho sogghignò prendendo Jinki per una mano.
“Senti, non è che hai un posto qui vicino dove posso sbattermelo? Una puttana di questo genere non la voglia nel mio appartamento. Non è fatto per la feccia”
L’uomo scoppiò a ridere indicandogli una baracca poco lontana.
“Puoi scopartelo lì dentro”
Minho ghignò prendendo Jinki per un braccio, dicendogli di muoversi, portandolo in quella baracca fatiscente al cui interno vi si poteva sentire, chiaramente, l’odore della muffa e del chiuso.
“Avanti, spogliati, tanto con quegli abiti succinti addosso lasci ben poco all’immaginazione”
Jinki digrignò i denti mentre si spogliava, forse fin troppo lentamente.
“Cosa hai intenzione di fare, eh?”
Minho gli sorrise, come un cacciatore fa con la sua preda.
“Non è ovvio? Scoparti. Voglio scoparti, Jinki. Lee Jinki, il ragazzo che mi ha rifiutato per tutto questo tempo. Te lo farò rimpiangere amaramente. Ti farò desiderare di avermi chiesto di scoparti molto tempo fa”
Jinki avrebbe voluto dargli dell’idiota, ma represse ogni suo desiderio: se non avesse fatto come gli avevano ordinato ne sarebbe andata non solo della sua vita, ma anche di quella di Sungmin e lui non poteva permetterselo.
“Ehi. Guarda che posso fare ben poco così. Avanti, aiutami a spogliarmi”
Jinki lo guardò, caparbio, riuscendo a sollevare gli occhi da terra ed, avvicinatosi a lui, iniziò a slacciargli la cintura per poi abbassargli in un gesto fluido i pantaloni ed i boxer.
Minho ghignò guardandolo lì, a suo completo servizio.
“Bravo, piccolo”
Jinki distolse lo sguardo dal suo membro lungo e duro, e grosso, fin troppo grosso per lui che aveva già ricevuto l’incontro ravvicinato dei membri dei due suoi “capi”.
“Hai intenzione di scoparmi in piedi?”
Non sarebbe stato tanto il fatto di essere scopato quello che più gli avrebbe fatto schifo, quello che più sarebbe stato doloroso per lui, ma il fatto di essere insultato, o peggio deriso.
Sperava che l’altro non lo facesse mettere in posizioni oltraggiose, scomode e pregò che tutto finisse in fretta.
Minho lo accontentò sbattendolo al muro, sollevandolo da terra, ordinandogli di allacciare le gambe intorno alla sua vita. E poi entrò. Incurante del suo dolore si fece spazio nella sua carne malleabile.
Jinki non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di mettersi a piangere e di mostrargli la sua vulnerabilità: si morse il labbro a sangue senza emettere alcun suono mentre l’altro entrava ed usciva da dentro di lui come se stesse danzando.
Una danza macabra e fatta di dolore e sangue.
Jonghyun e Kibum stavano passando la giornata insieme: il giorno dopo quest’ultimo se ne sarebbe andato lasciato per sempre la città.
Jonghyun aveva cercato più e più volte di fargli cambiare idea, ma non c’era riuscito: Kibum era sempre rimasto irremovibile sulla sua scelta anche se non aveva mai voluto rivelargli il motivo di quell’assurda partenza.
Sungmin entrò nel locale con il fiato grosso e le lacrime agli occhi.
“Kibum-hyung, ti prego, devi aiutarmi. Hyunnie… lui… lui… ha commesso una sciocchezza. Voleva salvarmi e… me l’ha detto Ryosuke, il mio ex-capo, che Hyunnie è diventato una puttana al mio posto. E io non voglio. Hyung, ti prego, aiutami”
Kibum e Jonghyun furono subito da lui ordinandogli di fargli strada.
Appena Kibum avesse avuto Jinki tra le mani lo avrebbe ucciso, lentamente e dolorosamente: perché doveva essere così stupido, a volte?
E dire che nella maggior parte del tempo era un ragazzo arguto ed astuto, ma allora perché a volte si comportava in modo così irresponsabile?
Non lo sapeva, perciò lo avrebbe aiutato, gli avrebbe chiesto chiarimenti e poi lo avrebbe ucciso per l’imminente infarto che stava per fargli prendere.
Quando aprirono la porta di quella fatiscente baracca, che Sungmin aveva indicato come il posto in cui venivano scopati i “ragazzi nuovi”, quelli che nessuno ancora voleva proteggere, Kibum era sicuro di trovarci un vecchio bavoso, magari anche obeso, che si fotteva il suo amico, ma non fu così.
Gli occhi di Jonghyun si spalancarono dall’orrore quando vide Minho, quello che doveva essere il suo Minho, fottere in quel modo Jinki.
“Per la miseria. BRUTTO BASTARDO. Lascialo andare!”
Lo strillo acuto di molte ottave superiore alla norma fece voltare Minho che, lasciato andare per terra Jinki, aveva guardato il suo ragazzo.
“Jonghyun, non è come pensi… io… volevo solo…”
Jonghyun l’aveva guardato triste, ferito, i suoi grandi occhi pieni di dolore e lacrime represse: non voleva più piangere per lui, non voleva piangere davanti a lui.
“Davvero non è come penso? Allora non ti stavi fottendo Jinki, vero? E’ solo frutto della mia immaginazione, giusto? Tu in realtà cosa stavi facendo? Lo stavi salvando? Ti odio, Minho. Ti odio. E sai quello che è peggio? E’ che se tu mi avessi esposto il tuo desiderio di fare sesso con qualcun altro, io te lo avrei concesso, perché ti amo e perché so che non potevo bastarti. E quello che mi fa più ridere è che te lo stavi scopando come tante volte hai scopato me. A me bastava essere quello speciale. Non mi importava quante volte potessi tradirmi, io speravo sempre che tu tornassi da me, che per me avessi delle attenzioni particolari, ma mi sono sbagliato”
Kibum aveva stretto la mano di Jonghyun mentre Sungmin cercava di alzare Jinki, allarmato dal sangue che vedeva scorrere sulle sue cosce.
“Kibum-hyung… Hyunnie sanguina tanto”
Kibum gli aveva detto di alzarlo e portarlo da loro, che sarebbe andati subito in ospedale e Minho aveva avuto un conato di vomito. Possibile che fosse stato lui a ferirlo così tanto?
“Jonghyun…”
Jonghyun l’aveva guardato un’ultima volta prima di voltarsi aiutando gli altri a portare fuori Jinki.
“Spero che tu abbia almeno la decenza di toglierti la mia fedina e di non farti rivedere da me. Non subito, almeno. Ti odio, Minho, ma purtroppo ti amo ancora. E so che potrei perdonarti perciò permettimi di mantenere almeno il mio orgoglio. Non farti rivedere finché non sarò in grado di lasciarti da solo, di dirti addio senza mettermi a piangere come un bambino”
Quando Minho rimase da solo pensò ad una sola cosa, pensò solamente al fatto che, forse, aveva rovinato tutto. Aveva appena mandato a puttane tutta la sua vita solo per scoparsi un ragazzo che di solito non voleva darglielo.
Grandioso, da quando aveva iniziato a pensare solamente con il suo uccello? Forse, da sempre.
Jinki era stato ricoverato, Kibum che dava spiegazioni assurde su di un padre violento, un incidente improvviso, un rapimento di extra-terrestri.
Insomma, l’infermiera capì solamente che erano sconvolti ed, in quel modo, non gli fecero più domande, pensando solo a curare l’infortunato.
Sungmin era al suo capezzale quando gli amici poterono entrare a trovarlo, e Kibum vide Jinki ferito, triste e addolorato.
Aveva guardato Jonghyun con le lacrime agli occhi prima di mormorare un flebile ed impercettibile perdonami.
“Non dire sciocchezze, Hyung, non è stata colpa tua, ma del mio ragazzo. O meglio, del mio ex-ragazzo”
Jonghyun aveva cercato di sorridergli anche se l’unica cosa che gli uscì fu una smorfia abbastanza terrificante, e Jinki si era lentamente calmato, addormentandosi.
I due avevano lasciato Sungmin con lui prima di andarsene a casa.
“Kibummie, mi sento… ferito”
Kibum aveva annuito continuando ad accarezzargli lentamente i capelli mentre Jonghyun sorseggiava la sua tazza di cioccolata calda alla fragola.
“Lo so che ti sembrerò egoista, ma… devi proprio partire? Tu sei… l’unica persona che conta per me, l’unica che contasse oltre a Minho…”
Kibum aveva sentito il suo cuore raddoppiare di velocità: ora che Minho non c’era più aveva più possibilità di conquistare il cuore del suo amato.
“Tranquillo JJongie, non parto più. Resto qui con te”