I've been waiting so long to be where I'm going, in the sunshine of your love

Nov 13, 2010 21:56




TITOLO: I've been waiting so long to be where I'm going, in the sunshine of your love.
AUTORE: StoryGirl.
GENERE: AU. Oneshot. (Triple Drabble). Ironica. Pwp.
RATINGS: Nc17.
DISCLAIMERS: Nessun personaggio mi appartiene, purtroppo.
PAIRING: Kim Jonghyun, Kim Kibum { JongKey } ; Choi Minho, Lee Jinki { MinEw } .
RIASSUNTO: Jonghyun è il direttore di un ospedale privato, Minho è un chirurgo di fama mondiale, Kibum è un promettente artista, Jinki è il suo goffo assistente. Dopo aver passato l'anniversario insieme, Jonghyun e Kibum si ritrovano invitati da Jinki e Minho per il pranzo di Natale. Alcuni segreti fuoriescono mentre il cibo viene portato alle labbra.
THANKS: A yuya_lovah che l'ha letta in anteprima, come sempre.
A mauve_amethyst, perchè l'ha betata.
PAROLE: 7500, (300 per ogni mini-capitolo) con il conteggio di word.

I've been waiting so long to be where I'm going, in the sunshine of your love

(Anniversario)
Quando mi sono alzato, quella mattina, ho avuto la sensazione di essermi dimenticato qualcosa, ma non riuscivo a ricordarmi che cosa fosse.
Ho deciso di non pensarci: di solito quando non ci si pensa, succede esattamente il contrario, no? Credevo che in questo modo sarei riuscito a ricordarmelo, ma così non è successo.
Già nel primo pomeriggio quella sensazione opprimente era scomparsa lasciando il posto a una leggera nebbia che vagava nella mia mente, ancora ed ancora.
Dovevo ricordare, ma non riuscivo a farlo.
Arrivato a sera il terribile presentimento di essermi dimenticato qualcosa di importante divenne sempre più imperioso bloccandomi.
Guardai il cellulare e la data riportata sullo schermo mi fece tremare da capo a piedi.
24 Ottobre. 24. Ottobre. Era il nostro anniversario e cosa avevo fatto io? Me lo ero dimenticato.
Kibum mi avrebbe ucciso, mi avrebbe sbranato vivo. Per questo decisi di fare dietrofront e correre ai ripari.
Andai in un negozio di fiori che, per fortuna, trovai ancora aperto e lì mi bloccai non avendo idea di cosa comprargli.
Ero partito in quarta pensando che i fiori fossero il regalo giusto per un anniversario, ma solo in quel momento mi ero reso conto che non gli avevo mai comprato dei fiori in vita mia.
E se avesse pensato che erano un regalo riciclato? Sì, insomma, qualcosa comprato all'ultimo momento solo perché mi ero dimenticato di quale giorno fosse.
La verità era questa, ovviamente, ma mica volevo che lui lo sapesse. Mi avrebbe ucciso, per la seconda volta.
Me ne stavo perciò lì ad osservare i vari fiori esposti chiedendomi cosa potesse fare piacere a Kibum: qualcosa di rosa? O magari qualcosa di più significativo?
Il problema era che non avevo idea di quale significati possedessero i fiori. E se avessi sbagliato?
Non sapevo che fare.

(Rosa rossa)
La commessa doveva avermi notato vagamente sperduto perchè venne risoluta verso di me, come se avesse compreso che non avevo idea di dove girare la testa.
"Le serve qualcosa?"
Avevo annuito facendomi piccolo, come se con il suo sguardo potesse intuire cosa mi ero dimenticato.
"Per... un anniversario, non ho idea di cosa comprare"
Mi aveva guardato con un cipiglio che lasciava ben poco all'immaginazione: aveva compreso subito che ero uno di quei ragazzi che si dimenticava le date importanti se non se le appuntava sul calendario.
"Anniversario di fidanzamento, presumo"
Annuii sentendomi ancora più messo a nudo. Era come se quella ragazza volesse farmela pagare al posto della mia presunta fidanzata. Sfortunatamente non era una ragazza, ma un ragazzo. E il mio fidanzato poteva diventare realmente pericoloso quando si trattava di mancanze simili.
"Cosa ne dice di un mazzo di rose rosse?"
Rosse? A Kibum piaceva il rosa. Non sapevo proprio decidermi nonostante sapessi che le rose rosse fossero, forse, il fiore più romantico di tutti.
"Anche se il suo colore preferito è il rosa?"
Giuro che stava per scoppiarmi a ridere in faccia.
"Mi creda, quando si tratta di rose tutti le vorrebbero rosse. A maggior ragione se si tratta di un anniversario romantico!"
Avevo annuito sospirando: si vedeva che non me la cavavo bene in certe cose. E sapevo anche che, dentro di sè, quella ragazza se la stava ridendo alle mie spalle.
"Uhm. Bene, me ne dia venti"
Mi guardò come se le avessi appena dato uno schiaffo in faccia. E non avevo idea di cosa avessi sbagliato!
"Vorrà dire ventuno"
L'avevo guardata stupito e forse per questo si era sentita in obbligo di spiegarmi.
"Se non è un numero dispari porta sfortuna"
Decidendo che non avevo voglia di rendermi ancora più ridicolo, pagai ed uscii.

(Mani)
Mi rigiravo tra le mani quelle rose rosse: alla fine ne avevo comprato ventisette. Mi sembrava un bel numero; quando le notai.
Le mie unghie erano tutte rosicchiate per colpa del lavoro -sono il direttore di un rinomato ospedale privato-.
Kibum odiava quando le mie mani venivano contornate da delle unghie orribili: diceva che non mi si addiceva, che bisognava curare ogni più piccolo particolare del nostro essere se volevamo brillare di luce propria agli occhi degli altri.
Come se gli altri notassero queste inezie, ma lui ne era convinto. E io volevo vederlo felice.
Stavo ancora guardandomi le mani e avevo notato qualcosa d'altro: avevo un piccolo taglio sul pollice.
Sicuramente l'avrebbe notato, sicuramente si sarebbe preoccupato perché lui, Kim Kibum, si preoccupava di tutto quando c'entravo io.
A volte mi chiedevo come fosse possibile che si preoccupasse più di me che di sé stesso -lui è un artista puntiglioso, ma lavora con Lee Jinki che è l'essere più goffo di questo pianeta-.
A causa del suo assistente ho assistito più volte a scene inconsuete: tele che prendevano fuoco, cadute dall'alto, scale che improvvisamente si richiudevano e, persino, scivolate lunghe mezzo metro.
Soventemente ho fatto notare a Kibum che era anche ora di scegliersi qualcun altro: Jinki faceva più guai che tutto il resto messo insieme.
Kibum a volte doveva ricominciare un lavoro tutto da capo perché Jinki glielo aveva rovinato accidentalmente.
Ed il bello era che lo difendeva anche usando la scusa: "E' un mio caro amico, Kim Jonghyun, il mio migliore amico. Credi sul serio che lo licenzierei solo perché, a volte, scivola cadendo faccia a terra?".
E ogni volta io rispondevo sempre e solo la stessa cosa: "Non credo che lo faresti, ma dovresti farlo".
Non mi ha mai ascoltato. Mai. Eppure si preoccupa per me.

(Voce)
Quando ero arrivato a casa avevo sentito la sua voce: cristallina.
Ora ricordavo perfettamente perché quella mattina avessi avuto il sentore di essermi dimenticato qualcosa. Non solo dell'anniversario quanto del fatto che Kibum sarebbe tornato solo tardi.
Me lo aveva detto prima di andarsene, dandomi un bacio sul naso: io ero ancora mezzo addormentato e non gli avevo neppure risposto.
Ho sempre amato la sua voce. Ha un timbro diverso da quello delle altre persone -e non solamente perchè tutte le persone sono diverse, parlo di qualcosa di più profondo. Di meno tangibile, di più misterioso-.
La sua voce, e la sua soltanto, ha il potere di farmi tremare di piacere quando si avvicina al mio orecchio.
In ogni caso, quando mi sono avvicinato a casa ho sentito con chi stesse parlando: con il suo inaffidabile assistente Lee Jinki. Ne aveva, sicuramente, fatta una delle sue.
Speravo solo che non avesse rovinato un'altra sua opera: ero stufo di sentire il suo timbro di voce spezzarsi mentre le corde vocali non riuscivano a raggiungere l'altezza esatta delle sue urla.
Insomma, neppure il suo corpo riusciva a stare dietro alla sua schizofrenia, a volte, ma secondo me faceva bene ad arrabbiarsi. Nonostante tutte le urla, però, dopo si calmava arrivando, puntualmente, a perdonare quell'idiota.
Non so perché lo facesse -non ne ho assolutamente idea-.
"Non è possibile, Jinki. Quella statua non può essersi sciolta! Abbiamo lasciato la temperatura a -10°, ricordi? Apposta per non farla sciogliere"
Avevo sospirato entrando in casa: io l'avevo detto che era ancora colpa di quel cretino. Sicuramente aveva sbagliato a selezionare la temperatura. Ci potevo quasi scommettere la testa che era andata così.
“NO! Non puoi davvero dirmi che hai cambiato temperatura quando io me ne sono andato! Accidenti! Non me ne frega niente, Jinki! No! No!”

(Rabbia)
Lo sapevo: e ora Kibum era arrabbiato e neppure mi notava lì, in mezzo alla stanza, con un mazzo di rose rosse in mano.
Come poteva notarmi quando stava urlando al telefono con un idiota? Perché Lee Jinki era un idiota. E non me ne fregava niente del fatto che fosse o meno il suo migliore amico. Doveva licenziarlo!
"Perché avevi freddo? Hai alzato la temperatura della stanza SOLAMENTE perché avevi freddo?! Tu mi vuoi vedere al manicomio, vero? Dì la verità Jinki. Dimmi la verità porca puttana. Mi vuoi vedere morto per un attacco cardiaco? PERCHE' CI STAI RIUSCENDO! Sai quanto ci ho messo ad intagliare quella fottuta statua di ghiaccio? Hai la più pallida idea di quante cazzo di ore io abbia buttato via dietro a quella statua? No? NO?! Te lo dico io: quattro dannati giorni, Jinki. QUATTRO GIORNI!"
Ora iniziava a gridare, e dopo aver gridato Jinki si sarebbe messo a piangere, ed una volta sentite le sue lacrime Kibum si sarebbe calmato e lo avrebbe perdonato.
Andava sempre così: sempre!
Ed ogni volta io gli dicevo che aveva fatto la cosa sbagliata, che l'unica cosa giusta da fare era licenziarlo e lavarsene le mani.
Non lo puniva neanche, sapete? Lasciava le cose come stavano credendo alle sue parole: "La prossima volta starò più attento, te lo prometto".
Peccato che poi quelle parole risultavano essere sempre le classiche e banali scuse che non sortivano nessun effetto visto che lui non stava mai più attento.
Sembrava averlo nel sangue quello di rovinare ogni cosa avesse tra le mani. E di certo non era l'attitudine giusta per chi lavorava con un artista come Kim Kibum.
“Non me ne frega niente, Jinki. Dovevi lasciarti ibernare insieme alla mia statua di ghiaccio. Dovevi fare questo, non alzare la temperatura, cazzo!”

(Senso di colpa)
E ora, come sempre, stava per arrivare il senso di colpa: quel senso di colpa che avrebbe fatto desistere Kibum dal gridare. Il senso di colpa che si sarebbe attanagliato nelle sue viscere per aver fatto piangere Lee Jinki, il povero Lee Jinki, il suo migliore amico. E poi, lo avrebbe perdonato chiedendogli pure scusa. Scusa per averlo fatto piangere.
E ogni volta a me sembrava di stare assistendo alla prima di un grande dramma e quando tutto era finito e Kibum aveva posato il telefono mi veniva sempre la tentazione di mettermi ad applaudire, battendo forte le mani come se mi trovassi a teatro. Peccato che, se lo facessi, mi ritroverei appeso a testa in giù per la finestra in un batter d'occhio.
"No, Jinki. Non piangere, per favore. Non volevo davvero dire che dovevi morire per liberare l'umanità della tua goffaggine. Lo sai che secondo me sei solo un po' imbranato, ma tanto tanto buono. Lo sai che quando sono arrabbiato dico cose che non penso davvero"
Ogni volta la stessa storia: mi chiedo perché mi sono dato tanta pena di comprare queste rose rosse, facendo pure una pessima figura, quando Kibum neppure mi nota.
Avrei potuto presentarmi nudo davanti a lui, con un unico fiocco a coprirmi i genitali e lui neppure si sarebbe accorto.
"Scusa Jinki. Dai, va tutto bene. Ora torna a casa, che è tardi. Se no farai stare in pensiero Minho. Sai quanto si preoccupa quando torni a casa tardi la sera, no? Della statua ce ne occuperemo domani, non ti preoccupare. Sì, è tutto apposto, non piangere più. Non importa, davvero. Posso rifarne trecento di quelle statue se lo voglio. Lo sai che sono il migliore, no? Scusami se ti ho rimproverato a quel modo. Capita a tutti di sbagliare. Ciao, Jinki”

(Cuore)
Quando posò quel maledetto telefono e mi guardò negli occhi, pretesi che niente fosse diverso dal solito: non avevo un mazzo di rose rosse nella mano, le mie unghie non erano mangiucchiate e lui non era isterico.
No, era un giorno come un altro e ci saremmo ritrovati nel letto a rotolarci come ogni notte.
Nonostante lo volessi disperatamente, sapevo anche che non poteva andare così: sospirai mostrandogli le rose rosse ed il mio cuore iniziò a battere freneticamente.
E se non gli fossero piaciute? E se me le avesse sbattute addosso ripetendomi fino alla nausea che il suo colore preferito era il rosa e non il rosso? E se avesse capito che le avevo comprate all'ultimo momento?
Non sapevo cosa dire, perciò rimasi lì, davanti a lui che mi squadrava. Squadrava me e le rose ed il mio cuore fece un tuffo quando si avvicinò a me.
"Come mai?"
Lo guardai confuso senza credere alle mie orecchie.
"Come mai, cosa?"
Kibum alzò un sopracciglio indicando le rose rosse e lì morii. Sì, il mio cuore si fermò. Perché lui aveva capito, aveva capito tutto.
Sia che mi ero ritrovato a comprare il regalo all’ultimo momento, sia che nel comprare quelle dannatissime rose rosse mi ero fatto aiutare da una commessa che non vedeva l’ora di prendermi in giro per divertirsi un po’ alle mie spalle, e ridere di me.
“E’ il nostro anniversario e allora ho pensato che… le volevi rosa, vero? Lo sapevo che dovevo comprartele rosa. Dannazione!”
Ma lui aveva scosso la testa avvicinandosi a me, baciandomi e lì, di nuovo, il mio cuore si fermò perdendo vari battiti.
Era sempre così: ogni volta che ci baciavamo mi sembrava di sentire delle scintille volare da tutte le parti. Ancora, ancora, ed ancora.
Era meraviglioso: qualcosa di magico.

(Incidente)
Aveva preso le rose rosse appoggiandole cautamente in un vaso per poi riempirlo d'acqua. E sorrideva, sorrideva estasiato come se gli avessi regalato la luna.
Non credevo che dei semplici fiori potessero fare un effetto simile su di lui e mi ripromisi di comprargliene ancora: una valanga di fiori e soprattutto, di rose rosse.
"Domani non potrò venire a mangiare fuori con te come ti avevo promesso"
Lì credetti che tutto fosse finito, che mi avesse sorpreso in fallo e che stesse per dirmi qualcosa di assolutamente orribile come "Guarda che l'ho capito benissimo che ti sei ricordato solo all'ultimo momento del regalo. E anche che il fiorista fosse l'unica cosa aperta a quest'ora di sera. Non posso credere di contare così poco per te, Jonghyun"
"Perché?!"
Credo che la mia voce uscì come un lamento strozzato, difatti lui venne da me, abbracciandomi come per consolarmi.
"Jinki ha commesso un incidente e devo rimediare, sai? Devo preparare una statua di ghiaccio per domenica sera, e se non rimango al lavoro domani mi sarà impossibile"
Fremetti perché lui sapeva benissimo come la pensavo sul suo assistente, Lee Jinki.
Insomma: che razza di assistente era uno che combinava sempre casini simili?
“Ma non è giusto!”
Lui aveva ridacchiato dandomi un buffetto sulla fronte come per liquidare la questione, ma per me non era per niente liquidata.
“Sai benissimo che dovresti licenziarlo! Commette incidenti uno dietro all’altro e tocca sempre a te rimediare ad essi. E così continui a togliere tempo a noi! E questo non è giusto! Anche io ho bisogno di te, non solo Lee Jinki!”
Mi aveva guardato come se fossi un bambino sull’orlo di una crisi isterica e, forse, dovevo sembrare proprio così.
“Non fare il bambino, Jonghyun. E’ il mio lavoro, e Jinki è il mio migliore amico!”

(Candele)
"Kim Jonghyun, ora basta parlare di lui. Sai bene che mi farò perdonare per questa promessa mancata. Vuoi davvero restare a parlare di Jinki il giorno del nostro anniversario?"
Il suo tono suadente e malizioso mi aveva fatto deglutire amaramente. Scossi la testa mettendomi a tossire per la poca aria che riuscivo ad immettere nei polmoni.
Mi prese per mano accompagnandomi nella sala da letto dove trovai una miriade di candele accese e seppi cosa stava per accadere. Tutto ciò significava una cosa sola: avremmo fatto l'amore tutta la notte.
Non potevo chiedere di meglio, no?
"Ti piace?"
Non sapevo cosa dire perciò mi limitai a muovere la testa in una parvenza di sì.
Lui sorrise facendomi adagiare sulle lenzuola di lino rosse, rosse come le candele che proiettavano tenui fasci di luce sul muro dietro al letto.
"Sono venuto a casa prima oggi, per preparare tutto questo. Non vedevo l'ora che tu tornassi, sai? Questa mattina ti avevo detto che avrei fatto tardi, ma non era vero. Speravo che tu arrivassi tardi, e difatti è stato così. Ho avuto modo di preparare tutto... insomma, ti piace?"
Mi stava dicendo di aver pensato a tutto ciò per giorni, di aver progettato tutto per far in modo di passare un anniversario stupendo. Cosa potevo volere di più dalla vita?
Il mio ragazzo mi pensava ogni secondo della giornata: pensava a me, a noi, al futuro che avremmo potuto avere.
Le candele riscaldavano i nostri volti, ma non riuscivano ad arrivare alla mia anima che sentivo fredda, impura, sporca e soprattutto indegna di poter stare accanto a quella di Kibum.
Non sapevo cosa dire, o come comportarmi. Kibum stava accarezzandomi la guancia, passando poi al collo.
Sicuramente poteva sentire il mio disagio, il mio tremore, ma non avrebbe potuto capire cosa indicasse.

(Vergogna)
"Non mi sono ricordato del nostro anniversario. Me ne sono ricordato solamente questa sera e l'unico negozio che ho trovato ancora aperto da queste parti era il fiorista. Ho chiesto aiuto alla commessa che mi ha consigliato le rose rosse al posto di quelle rosa. Volevo prendertele di quel colore perchè, sai, il rosa è il tuo preferito, ma lei mi ha consigliato il rosso per un anniversario romantico. Volevo prendertente venti, ma lei ha detto che un numero pari portava sfortuna, mi ha consigliato il ventuno, ma io te ne ho prese ventisette per non darle troppa soddisfazione. E, ecco. Tu hai preparato tutto questo per noi, ci hai pensato accuratamente mentre io... Io no"
Kibum mi aveva guardato attentamente dopo questo monologo e io ebbi la voglia di scappare lontano senza guardarmi indietro.
Credevo mi avrebbe strangolato a mani nude oppure, molto peggio, che mi avrebbe negato il sesso finché non mi avesse perdonato. Invece mi stupì.
Mi baciò appassionatamente sorridendomi a fior di labbra.
La vergogna che provavo andò a rannicchiarsi in un angolo remoto del mio cuore e dei miei pensieri mentre ricambiavo quel bacio con la stessa ardente passione.
Desideravo Kibum, l'avevo sempre desiderato più di chiunque altro avessi incontrato in vita mia.
Lo volevo, in tutta la sua essenza.
"Oh, Jonghyun. Sai che il nostro rapporto si basa sulla fiducia ed hai preferito confessarmi tutto ciò piuttosto che prenderti quello che volevi senza pensare alle conseguenze. E' per questo che ti amo così tanto"
Sinceramente non credevo andasse a finire in questo modo: pensavo mi avesse strangolato per poi rinchiudermi tra le lenzuola e gettarmi dalla finestra -sapete, Kibum a volte può diventare manesco e psicopatico-
Invece mi sono ritrovato ad avere comunque tutto ciò che desideravo. E senza più vergogna dentro di me.

(Lussuria)
Lo stesi sul letto iniziando a baciargli il collo, facendolo gemere quando arrivai al pomo d'Adamo. Sapevo quanto gli piacesse essere toccato in quel punto.
Con la mano andai a stuzzicargli il capezzolo destro facendolo inarcare: mi diceva sempre quanto avessi le mani fredde, ma in quei momenti sapevo che gli piacevano.
Gli leccai il lobo dell'orecchio destro prima di prenderlo delicatamente tra i denti mordicchiandolo e tirandolo piano facendolo rabbrividire.
Lo guardai negli occhi leggendogli tutta la voglia che il suo corpo stava provando in quel momento.
Sapevo leggerlo dentro e capivo quando la lussuria iniziava ad impadronirsi di lui facendolo contorcere sotto di me per il piacere.
L'avevo spogliato velocemente prima di farlo distendere ed il vederlo nudo mi provocava sempre quel sottile piacere -quando avete qualcosa che vi fa fremere e sapete che è solamente vostro. Completamente. Avete presente, vero?-
In ogni caso iniziai ad accarezzarlo, accompagnando le mie mani a dolci baci che lo colpivano dappertutto.
Lo vedevo sorridere e questo mi rincuorava: stavo andando bene, lo stavo facendo emozionare.
Mi piaceva vedere i suoi occhi iniziare a farsi leggermente umidi per via del piacere.
Mi piaceva sentire la sua voce diventare roca a causa della libidine che gli affiorava nel petto togliendogli il fiato.
Mi piaceva notare come le goccioline di sudore iniziavano a scorrere sul suo corpo preda di continui fremiti.
Ridacchiai mentre mi spostavo verso l'apice del suo piacere, prendendolo in bocca, stuzzicandolo con la lingua.
Notai subito quanto gli stesse piacendo: come ogni volta aveva inarcato violentemente il bacino arrivando ad entrarmi del tutto in bocca. Se non fossi stato abbastanza pronto mi avrebbe sicuramente ingozzato mozzandomi il respiro.
Faceva sempre così quando non riusciva a controllarsi ed emetteva piccoli e rapidi sospiri di piacere che diventavano ben presto delle urla sommesse.

(Specchio)
Davanti al nostro letto avevamo posto uno specchio. Era stata una scelta di Kibum -a dire la verità, tutto l'arredamento della casa era stata una sua scelta: è lui l'artista, io di questo cose non ci capisco nulla-
Quando mi specchiai sorrisi ribaltando le posizione, in questo modo avevo lo specchio di fronte a me e potevo guardarmi mentre leccavo il piacere di Kibum.
Lui non se ne era neppure accorto, ma io iniziavo a provare un piacere perverso per fare sesso in quel modo: mi piaceva specchiarmi, mi piaceva rivedere all'esterno ciò che stavo facendo.
Era divertente e mi provocava un'emozione sottile che si insinuava a fondo nel mio cuore facendomi tremare: perché avrei dovuto smettere, perciò?
Mi faceva stare bene ed, in ogni caso, non facevo del male a nessuno. Kibum neppure se ne accorgeva troppo preso dal momento.
Nella superficie lucida c'eravamo noi, io e Kibum, persi nel piacere più profondo.
Sinceramente non saprei spiegarvi perché mi piacesse tanto -non sono riuscito a spiegarlo neppure a me stesso-, ma mi piaceva, immensamente.
Difatti, dopo essermi rimirato a lungo nello specchio, mi resi conto di essere ancora più eccitato di prima e per questo aprii le gambe di Kibum preparandolo velocemente.
Non che ce ne fosse poi così bisogno: ormai, dopo tanti anni che facevamo l'amore, non serviva quasi più.
Entrai con un gemito trovandolo, come sempre, stretto al punto giusto.
Gemetti mentre mi abbassavo verso di lui per baciargli la punta del naso sapendo quanto gli piacesse ricevere gesti affettuosi in momenti come quello.
Sentii la mia eccitazione farsi sempre più imponente mentre spingevo dentro di lui rompendo ogni sua barriera, non che ne avesse poi molte a dire il vero.
Guardai i suoi occhi aprirsi per il piacere, perdersi nel momento, nella lussuria e sorrisi adorandolo.

(Rapimento)
Fare l'amore con lui è sempre stata un'esperienza incredibile, quasi onirica in un certo senso. E mistica.
E anche quella notte riuscì ad arrivare dove nessuno era mai arrivato prima, confondendomi i sensi.
Mi rapiva, ecco cosa faceva Kim Kibum -e cosa continua a fare tutt'ora-.
Mi sentii libero, come sempre, e capace di qualsiasi cosa: anche di scalare una montagna pur di arrivare alla meta, all'obbiettivo finale, a lui.
Socchiusi gli occhi mentre venivo dentro di lui gemendo il suo nome, ancora ed ancora, sempre più forte.
E lui si inarcò docilmente graffiandomi malamente la schiena ripetendo qualcosa di incomprensibile.
L'avevo stretto a me mentre uscivo, ancora affaticato, dal suo corpo bollente come non lo era mai stato.
Gli avevo baciato l'angolo delle labbra ridacchiando nel vederlo ansimante, palesemente sconfitto.
“Come è stato?”
Mi aveva guardato intensamente, forse maledicendomi per la domanda inopportuna, ma poi, finalmente, mi aveva risposto. Il suo volto era tirato in un sorriso sghembo e non capivo se fosse per derisione o per soddisfazione.
“Mi è piaciuto, come sempre. Cosa c’è? Stai iniziando ad avere paura per le tue performance? Credi di non essere più lo stallone che eri una volta, Kim Jonghyun?”
Avevo gonfiato le guance, imbronciandomi: non era mia per quello che glielo avevo chiesto!
"No! So perfettamente di essere ancora il magnifico e stupendo ragazzo che hai conosciuto. Quello che ti ha fatto perdere la testa così velocemente da farti svenire tra le mie braccia. Non sono così insicuro! Volevo solo sentirmelo dire perché è bello quando ti complimenti con me dopo che abbiamo fatto l’amore. Ecco tutto!”
Dopo la mia risposta Kibum si era messo a ridere e giuro di aver creduto di poterlo strangolare con le mie stesse mani in quel momento: si divertiva sempre a prendersi gioco di me.

(Addio)
"Tranquillo, lo so, volevo solo prenderti un po' in giro"
Dopodiché si era accoccolato contro di me iniziando ad accarezzarmi lentamente il petto.
Mi piaceva quando faceva così e lui lo sapeva, lo sapeva benissimo.
Mormorai sommessamente prima di abbandonarmi placidamente alla sensazione di rilassamento che sentivo pervadere la mia coscienza.
Mi sentivo bene, perciò non avrei mai cambiato niente di quel quadro.
Rispecchiandomi nello specchio sorrisi: sembravamo un quadro di altri tempi, quello dove i due innamorati stanno insieme, quello dove i pittori volevano solamente catturare l'attimo in quale un amore sboccia.
E, sinceramente, io ero sicuro di averne preso l'essenza.
Io e Kibum eravamo innamorati, eravamo ormai un'anima sola. Certo, eravamo anche due corpi ben distinti, ma il nostro cuore era suggellato da un patto, da una consapevolezza unicamente nostra.
La consapevolezza che saremmo stati sempre insieme, qualsiasi cosa fosse accaduta, perché noi potevamo superare le avversità. Qualsiasi avversità.
In quel momento mi sentii quasi in grado di dire Addio a tutto: ero così felice che se fossi morto in quell'istante ero sicuro che sarei morto con un sorriso sulle labbra.
Ovviamente non volevo veramente morire: chi avrebbe voluto farlo?
Sapevo solamente che nella vita avevo appena ottenuto tutto ciò di cui avevo bisogno e questo faceva bene al cuore, mi faceva mettere le ali in un certo qual senso.
Ero pronto a volare, a tuffarmi in ogni avventura la vita mi avrebbe proposto perché sapevo, ormai, che il mio destino era insieme a lui.
Lui che grazie ai suoi occhi sapeva aprirmi un mondo sempre nuovo, lui che grazie al suo sorriso riusciva a scatenare la mia felicità anche durante una giornata buia e tempestosa.
Il nostro amore mi scaldava il cuore come avrebbe fatto una cioccolata calda in un fredda serata invernale.
Lui, il mio angelo.

(Jolly - Perché)
Non avrei mai creduto, allora, che ben presto l'avventura che il destino aveva preparato per me non mi sarebbe più piaciuta.
Certo, avevo detto di essere pronto a tutto, ma perché dovevamo proprio pranzare a casa loro il giorno di Natale?
"Mi puoi ripetere perché non possiamo stare a casa nostra? Avevo preparato tutto. L'albero di Natale, il presepe, persino le decorazioni con la neve finta alle finestre!"
Kibum mi aveva guardato scocciato senza rispondermi.
Va bene, forse era anche colpa mia: gli avevo fatto quella domanda circa un miliardo di volte, ma non potevo credere che lo stessimo facendo sul serio.
Perché mi ero dovuto sbattere così tanto a preparare tutto in modo perfetto quando saremmo dovuti andare da loro?!
Non era previsto!
Mi ci ero messo d'impegno: avevo pure attaccato il vischio ad ogni angolo per creare l'atmosfera giusta -e sì, anche per avere l'occasione di baciare sempre di più Kibum, ma questo è un infimo dettaglio di poco conto-.
Ed invece non saremmo stati a casa nostra a festeggiare, perché?!
Non era giusto.
Ok, avrei decorato la casa in ogni caso: io adoro decorare la casa il giorno di Natale, e quello di Halloween, e quello di San Valentino... insomma, amo circondarmi di cose carine, non è mica un reato, no?
"Perché? Perché? Perché? Non puoi impuntarti e ordinargli di portare qui il loro culo grassoccio? Avanti, Kibummie. Guarda i miei occhi dolci, guardali. Guardali. Guardali. EHY! Ti sto facendo i miei occhi dolci!"
Kibum non aveva ceduto: neppure di fronte ai miei terribili puppy's eyes. Ed io avevo capito di non avere speranze.
Era tutto inutile se essi non funzionavano: erano sempre stati la mia arma segreta. Senza di essi ero perso.
Come un robot che perde il suo corpo. O un carro armato senza l'armatura!

(Malattia)
"Lo sai che Jinki si è ammalato"
L'avevo guardato male, per l'ennesima volta.
"E' sempre colpa del tuo assistente, Lee Jinki. E' sempre colpa sua. Dagli incidenti sul lavoro, a QUESTO! Dobbiamo andare a casa loro solo perché si è ammalato, semplice, no? NO! Non è semplice! E' semplicemente ingiusto, ecco cosa è!"
Mi aveva schiaffeggiato sulla testa quando ero partito in quarta con la mia sfuriata.
"Ha preso la febbre. Tutti i comuni mortali la prendono, e lui è già cagionevole di salute, per cui non è affatto colpa sua. Anche tu potresti prenderla, Kim Jonghyun, e anche se non l'hai ancora presa, non significa che tutte le restanti persone di questo pianeta ne siano immuni, capito?!"
Avevo annuito: più per farlo smettere di parlare che altro.
Non ammettevo ciò che stava dicendo, sinceramente non pensavo neppure avesse ragione.
Ok, forse chiunque poteva ammalarsi in questo periodo dell'anno, ma Lee Jinki era già cagionevole di salute. Se non si era riguardato era colpa sua!
E perciò era colpa sua anche il fatto di essersi ammalato. A rigor di logica era così!
“Io continuo a pensare che tu dovresti licenziarlo. Magari licenziandolo inizierebbe a capire che in lui c’è qualcosa che non va. Capendolo accetterebbe la cosa, e l’accettazione è il primo passo verso la guarigione, lo dicono tutti gli psicologi di questo mondo. Sono sicuro che funzionerebbe anche con lui”
Mi aveva guardato male, in un modo assolutamente terrificante.
“Lui non ha niente che non va! E’ il mio migliore amico ed è un ragazzo stupendo. Lo sai benissimo anche tu. Solo che non ti va giù il fatto che, nonostante a volte commetta qualche sbaglio, io non mi sia ancora arrabbiato davvero con lui. Cosa che invece faccio continuamente con te, giusto?”
Avevo chinato il capo chiaramente sconfitto.

(Natale)
Quando Minho ci aprì un sorriso comparve sul mio volto, nonostante tutto.
La casa sembrava ben arredata: certo, non erano le mie decorazioni studiate a tavolino per rendere l'esperienza unica e meravigliosa, ma era già qualcosa.
Potevo accontentarmi, e comunque, avrei dovuto farlo.
Entrai salutandoli.
"Buon Natale!"
Avevo seguito Minho ignorando Jinki nonostante una gomitata nello stomaco da parte del mio gentilissimo ragazzo.
"Come mai si è ammalato?!"
Minho si era voltato verso di me ghignando e lì seppi che era anche colpa sua: ne aveva combinata un'altra.
Lo capivo da come muoveva nervosamente le dita e dal suo sguardo puramente malandrino.
"Abbiamo fatto troppo sesso. E bhè... una volta abbiamo giocato e, uhm... lui era tutto nudo che correva per la casa. L'abbiamo fatto in salotto e poi..."
Lo guardai schifato.
"Tralasciami i particolari, grazie. Non vorrei vomitare ancora prima di iniziare a mangiare. In ogni caso, è colpa tua"
Minho era arrossito distogliendo lo sguardo da me, tornando a cucinare come se niente fosse e lì decisi di ignorarlo puntando a Jinki seduto sul divano insieme a Kibum.
Mi avvicinai a lui salutandolo dolcemente, cosa che fece a dir poco insospettire il mio ragazzo.
"Mi fa piacere essere venuti da voi, oggi"
Sentivo su di me gli sguardi combinati di Minho e Kibum, ma nessuno di loro poteva immaginare cosa volessi fare.
“Buon Natale, Jinki. E’ così bello vederti. Ci si vede così poco, non trovi anche tu?”
Jinki era chiaramente in imbarazzo: di solito gli rivolgevo a stento il saluto e ricevere così tanta cordialità da parte mia doveva a dir poco averlo spiazzato.
Ammetto che un pochino mi faceva pena.
Oh, ma era comunque tanto divertente vedere i suoi occhi aprirsi di immenso stupore quando mi chinai per poterlo abbracciare dolcemente. Ammetto che fosse davvero buffo.

(Neve)
Mentre Jinki mi rispondeva, con la sua solita calma e gentilezza, fuori aveva iniziato a nevicare: soffici batuffoli bianchi scendevano dal cielo.
Era un’immagine senz’altro suggestiva e tutti e quattro eravamo andati alle finestre, osservando.
“Adoro la neve”
Avevo aggrottato le sopracciglia a quelle parole: perché diamine Jinki amasse la neve mi era un mistero.
“Ma se cadi sempre? Ad ogni passo scivoli e sbatti il sedere a terra. Le mani ti diventano ghiacciate e quando provi ad accarezzare Minho sulle guance quest’ultimo se ne scappa terrorizzato. Ed in più, ti ricordo che quando nevica nessuno ti da il permesso di usare la macchina: perché sei un disastro pubblico. Ora dimmi, per favore, perché diamine ti piace la neve?”
Forse avevo esagerato: lo sguardo di rimprovero di Kibum stava quasi deformando il suo, altrimenti dolce, viso.
“Perché quando nevica sembra tutto più magico, soprattutto se nevica a Natale. E’ qualcosa che ti scalda il cuore. E poi, tutte le cose più belle mi sono capitate quando nevica. L’incontro con Kibum, la conoscenza di Minho, il primo bacio e persino la prima volta. Tutto mi è capitato quando nevicava, ora riesci a capirmi, vero?”
Sinceramente non lo capivo: ok, forse gli era successo qualcosa di bello con la neve, ma erano sicuramente di più le volte in cui sbatteva il sedere a terra di quelle in cui sorrideva.
“Ehm, certo, ti capisco benissimo. Anche io la penso come te”
Ma non era vero, era solo una mera bugia e sia Kibum che Minho l’avevano compreso: ovviamente Jinki, no.
Forse era anche questo che mi faceva innervosire di lui: non comprendeva mai le mie battute, e perciò non ci stava male quando gli dicevo qualcosa di chiaramente velenoso.
E sì, questo ovviamente mi infastidiva. Mica facevo per sbaglio il prenderlo in giro.

(Fumo)
Quando ci siamo, finalmente, messi a tavola dalla cucina usciva un profumo speziato: odiavo ammetterlo, ma Minho era bravo in cucina.
Sicuramente aveva preparato il suo stupendo tacchino. Ovviamente anche Kibum ne sarebbe stato in grado, ma lui mette sempre troppo poco condimento.
”Non puoi ucciderti per colpa del grasso. Hai presente che il colesterolo è la causa maggiore degli infarti oggi giorno? Vuoi veramente morire in questo modo, Kim Jonghyun? Troppo grasso anche per andare in bagno? Bhè, io non lo permetterò. Non ti permetterò di rovinarti il fegato ed il cuore a causa di ciò che mangi”, lui diceva sempre queste cose.
Non mi permetteva di mangiare troppi dolci o merendine, mi costringeva a mangiare chili e chili di verdure. Non che le verdure non mi piacciano, ma mangiarle sempre e solo senza carne ad un certo punto ti fa impazzire, no?
“Oddio! Minho! Ma con che cosa diamine l’hai farcito?!”
Lo sapevo che avrebbe gridato tutto il suo disgusto una volta visto il tacchino: lui l’avrebbe fatto con la soia e verdure. Chili e chili di verdure.
Invece Minho l’aveva farcito con la pancetta e chissà quanto olio. Sfrigolava ancora quando lo posò sul tavolo: una scia di fumo che saliva da sopra il piatto attestando il fatto che fosse cotto a puntino.
“Deve essere buonissimo”
Kibum mi aveva guardato male mentre Minho iniziava a tagliarlo: dopotutto in questa casa era lui il capofamiglia, perciò toccava a lui l’onore.
“Se fossimo stati a casa nostra avrei potuto tagliarlo io”
Avevo messo il broncio gonfiando le guance, gli occhi chiaramente lucidi e guardavo Minho come se fossi in attesa di qualcosa.
Finalmente mi passò il coltello e mi permise di tagliarlo a mio piacimento.
“Oh, come sei gentile Minho. Non avresti dovuto lasciarmi questo onore, ma l’accetto volentieri”

(Spiaggia)
Avevamo già iniziato a mangiare quando l’argomento cadde sulle vacanze.
Non che ce ne potessimo permettere poi molte: sia io che Minho eravamo dottori. O meglio, io ero il diretto dell’ospedale privato di cui vi ho parlato, mentre lui era un chirurgo famoso a livello mondiale.
Ancora non riesco a comprendere come abbia fatto ad innamorarsi di un pasticcione goffo, imbranato e senza alcun pregio particolare come Jinki.
“Mi piacerebbe andare al mare. Sapete, una spiaggia dove il sole batte calorosamente. Dove potrei sfoggiare il mio corpo assolutamente perfetto indossando il costume che ho comprato proprio l’altro giorno. E poi il mio corpo inizierebbe a riscaldarsi e sarebbe l’ambiente perfetto per fare l’amore, giusto Jjongie?”
Non avevo potuto fare altro che annuire guardandolo con la bava alla bocca: sia per via del tacchino assolutamente delizioso, sia perché immaginarmi Kibum sdraiato e pronto per essere sbranato vivo da me, mi faceva sempre un certo effetto.
“Anche a me piacerebbe andare al mare. Adoro nuotare e costruire castelli di sabbia”
Lo sapevo che Lee Jinki si era fermato alla tenera età di due anni e mezzo: castelli di sabbia? Neppure un bambino dell’asilo proverebbe gusto a costruirli.
Stavo per dire qualcosa di assolutamente velenoso quando gli occhi di Minho mi inchiodarono al mio posto richiudendomi la bocca.
Minho a volte si comportava come un lupo che difende il suo cucciolo, pronto a sbranare chiunque facesse del male, sia fisico che emotivo, al suo tenero Jinki. Patetico.
Certo, anche io avrei fatto lo stesso con Kibum, ma Kibum non era uno sfigato!
“Se vuoi ti ci porto piccolo”
In quel momento stavo per mettermi a vomitare: Minho aveva baciato Jinki davanti a me! Sapeva che odiavo quando lo faceva!
Jinki si aggrappava sempre alle spalle di Minho facendomi immaginare come fosse l’atto sessuale.

(Segreti)
Dopo il dibattito sulle spiagge e sul mare ci eravamo spostati a qualcosa di sicuramente più succulento: i segreti.
Ovviamente non intendevo sapere nulla di Lee Jinki: lui non poteva avere segreti che mi avrebbero fatto sorridere. Lee Jinki era il puritano per eccellenza, sarebbe potuto essere fatto santo se non fosse che era chiaramente gay. E passivo.
“Avanti, Minho. Dicci con quanti ragazzi, e ragazze l’hai fatto”
Minho aveva guardato Jinki, come a chiedergli il permesso ed io avevo roteato gli occhi al cielo: Minho, a volte, si comportava come un bambino con la sua mamma.
Chiedere il permesso?!
“Se vuoi inizio prima io a dir…”
Lo sguardo minaccioso di Kibum mi aveva fatto chinare la testa, zittendomi: in quel momento avevo capito perché Minho avesse prima chiesto il permesso.
“Sono stato con cinque ragazzi, escluso Jinki e con sole due ragazze. Non mi piacciono molto le ragazze, urlano troppo per i miei gusti. E si muovono come fossero delle molle impazzite continuando a ripetere quanto gli faccia male, oppure quanto gli stia piacendo. Non dico che non ci dovrebbe essere coinvolgimento, ma le ragazze sono esageratamente strane quando fanno sesso con qualcuno”
Mi ero trovato ad annuire perché era una cosa che avevo riscontrato anche io.
“E poi ti chiamano con dei nomi strani come stallone, bel manzo ed epiteti simili che mi fanno rabbrividire da capo a piedi se capite cosa intendo dire”
Minho aveva sospirato mettendosi le mani sulla pancia.
“Oddio, sono troppo pieno per pensare a cose del genere, mi fa venire l’urto del vomito e non gradirei affatto sprecare tutto il tacchino che ho appena mangiato”
Avevamo tutti riso alla sua battuta e poi Jinki aveva preso la parola sorseggiando un po’ di the.
“Io sono stato con dodici ragazzi escluso Minho”
Ero scioccato.

(Droghe)
Minho mi aveva guardato ridendo e, sinceramente, non capivo cosa ci trovasse da ridere.
“Guarda che ti sta prendendo in giro. Io sono stato il primo e l’unico, vero piccolo?”
Jinki aveva annuito baciandolo teneramente ed io avevo cercato in ogni modo di trovare un altro argomento sui cui spostare la discussione ed alla fine ce la feci.
“Mai preso droghe?”
Minho aveva annuito pensandoci per un attimo prima di rispondere.
“A sedici anni. Ricordi, Jonghyun? C’eri anche tu. Il nostro primo cannone insieme. Poi tu sei crollato sul pavimento della discoteca ridendo come un deficiente ed io sono stato costretto a portarti fuori prima che la sicurezza ci fermasse facendo dei controlli”
Ero arrossito: non mi ricordavo nulla di quel giorno, per questo non ci aveva pensato prima di fare quella diabolica domanda.
Kibum aveva annuito assorto: sapevo che le aveva provate anche lui, sapevo tutto della sua vita.
Non aveva segreti per me, come io non ne avevo per lui, ovviamente.
“Io l’ho provata a diciassette anni. Ecstasy. Mi avevano detto che mi avrebbe permesso di ballare ininterrottamente per ore. Sapevo che faceva male, ma l’idea di avere tutta quell’energia nel corpo mi aveva fatto alzare l’adrenalina a mille e non ho resistito. Solo che dopo essere stato male ho deciso di non provarci più: non ne valeva la pena”
Tutti eravamo del suo stesso parere: non ne valeva MAI la pena.
La droga faceva brutti scherzi e secondo noi non si sarebbe dovuto scherzare con il fuoco. Faceva male e bruciava. Finivi sempre per scottarti.
“Ti ricordi di quel ragazzo, Jonghyun? Di… come si chiamava? Kim Heechul?”
Lo aveva guardato tristemente mentre scuotevo la testa.
“E’ morto se non sbaglio, qualche anno fa, ma stava già male prima”
Minho aveva socchiuso gli occhi: Heechul lo ricordavano tutti.

(Rinnegato)
Kibum aveva alzato un sopracciglio a quel nome: chiaramente non gli avevo parlato di lui.
Kim Heechul era stato un nostro compagno di corso, mio e di Minho, ed io avevo una cotta pazzesca per lui al liceo: tanto da dichiararmi in ginocchio davanti a tutti e con un mazzo di rose rosse in mano.
“Chi era? Non mi hai mai parlato di lui, ma sembra che voi due lo conosciate molto bene”
Io ero arrossito mentre Minho distoglieva lo sguardo da me mordicchiandosi il labbro come faceva sempre quando era imbarazzato.
Non era colpa sua, comunque, non poteva di certo sapere che non avevo detto nulla a Kibum.
Non che volessi mantenerlo un segreto perché ero ancora innamorato di lui a distanza d’anni, tutt’altro.
Lo nascondevo solo perché me ne vergognavo: Kim Heechul è stato il primo ed unico ad avermi rifiutato nonostante le mie continue provocazioni.
“E’ stato l’unico che mi abbia mai rifiutato”
Kibum si era aperto in un sorrisetto malizioso.
“Davvero? E come mai ti ha rifiutato? Un bel ragazzo come te… non posso credere che esista qualcuno sano di mente pronto a dirti di no”
Minho e Jinki avevano alzato la mano ed io li avevo guardati sbuffando: non c’era mica bisogno di rimarcare in questo modo il ricordo, no?
“Noi lo rifiuteremmo eccome se ti fa stare meglio, Kibum”
Kibum aveva riso, insieme a loro, facendomi vergognare profondamente: ero rimasto lì, a guardare il pezzo di tacchino che fino a pochi minuti prima stavo sbranando. Ora non avevo più così tanta fame.
Possibile che tutti dovessero mettersi a ridere alle mie spalle per qualcosa che era successo anni fa?!
Quasi non me lo ricordavo neppure il modo in cui continuava a ripetermi sempre di no, perché qualunque cosa facessi per lui non era abbastanza.

(Prato)
Dopo che tutti si furono calmati e mi avessero chiesto scusa, avevo acconsentito a sedermi sul divano insieme a loro, guardando fuori dalla finestra il prato ormai ricoperto di neve.
“Certo che crea proprio una bella atmosfera, non trovate anche voi?”
Tutti avevano convenuto che le parole di Jinki erano perfette per esprimere ciò che si celava in quel momento dentro i nostri cuori. Ed era strano, perché di solito io non ero mai d’accordo con quello che diceva lui. Mai.
“Jinki questa volta hai detto proprio la sacrosanta verità”
Kibum e Minho mi avevano sorriso, come grati che non avessi rovinato il momento facendo una delle mie solite battute: mi credevano davvero così idiota?
“Mi piace guardare fuori dalla finestra, sentirmi a casa, circondato da amici. E questo prato innevato mi scalda il cuore, proprio come farebbe una coperta calda, od il fuoco acceso nel caminetto”
Avevo annuito alle parole di Minho e poi mi ero appoggiato con la testa alla spalla di Kibum, socchiudendo lentamente gli occhi.
“Non ho voglia di tornare a casa, Kibummie. Sto troppo bene qui”
Jinki mi aveva guardato rannicchiandosi ancora di più nella coperta calda, stringendosi nell’abbraccio protettivo di Minho.
“Se volete rimanere potete farlo, la stanza degli ospiti è sempre aperta per voi. E comunque, non potremmo venire noi a casa vostra stasera, a Jinki non è ancora passata l’influenza e non me la sento di portarlo fuori”
Kibum aveva sorriso e poi mi aveva guardato alla ricerca di una risposta: sapevo che dovevo decidere io, perciò annuii sentendo il cuore riscaldarsi alla vista dei loro sorrisi armoniosi.
“Però stasera cucino io qualcosa di leggero. Sul serio, Minho. Non dovresti cucinare roba così grassa. Vuoi che Jinki muoia per colpa del colesterolo? O per via di un attacco cardiaco? Eh? Lo vuoi?”

(Solitudine)
Dopo esserci fatti un bagno caldo ci eravamo tutti messi a letto.
Avevamo riso davvero tanto quella sera e tutti noi avevamo un sorriso sulle labbra, segno della felicità che provavamo.
“Certo che, non potrei mai sentirmi solo”
Kibum mi aveva sorriso baciandomi una guancia.
“Neppure io, JJongie. Perché siamo circondati da amici, e da amore, ed è questa la cosa più importante al mondo. Non importa avere un bel lavoro, tanti soldi, o una casa accogliente. Quando si è soli tutto ciò non ti può aiutare ad essere felice, perché sentirai sempre un buco all’altezza del cuore che ti ricorderà che, nonostante tutte le cose che possiedi, non puoi condividerle con nessuno”
Avevo annuito mentre lo stringevo contro di me accarezzandogli la schiena.
“Sono felice che tu non abbia mai licenziato Jinki nonostante tutti i suoi errori. Si sarebbe sentito perso e solo, ed ora come ora, convengo sul fatto che sia una brutta cosa, Kibummie”
Aveva ridacchiato divertito dalle mie parole: sicuramente stava pregustando il fatto di avere sempre avuto ragione e non aspettava altro che di rinfacciarmelo in continuazione.
“Avanti, Kibummie, so che muori dalla voglia di dirlo, perciò dillo. Dillo”
Ridacchiando si era messo in piedi al letto muovendo i fianchi divertito.
“Te l’avevo detto. Te l’avevo detto. Oh sì sì sì, io te l’avevo detto. Chi aveva ragione? Chi aveva ragione? Come sempre, io avevo ragione, perché io te l’avevo detto. Sì, sì, sì, sì, te l’avevo detto. E ridetto, e ripetuto. E di nuovo confermato”
Poi si era lasciato cadere a peso morto su di me ridendo sul mio collo, provocandomi dei piccoli brividi di piacere.
“Sono fortunato ad averti qui con me. E Jinki è fortunato ad avere Minho. E viceversa. Tutti noi siamo fortunati per esserci incontrati”
Un bacio suggellò il momento.

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