[Saint Seiya - Serie Classica] - Ride Into The Sun - Parte I

Sep 10, 2012 11:15

Titolo: Ride Into The Sun - Parte I
Autore: realjeangenie
Wordcount: Troppe
Pairing/Personaggi: Abel/Apollo, OC
Genere: Draaaaaaamaaaa
Rating: Giallo
Avvertimenti: Molto molto angst
Note: Dunque. Questa robetta faceva parte della terza Side Story. Che sto FINALMENTE completando. Ma se mi infogno ancora a dedicare capitoli su capitoli alla vita delle Muse non ne verrò mai fuori. Quindi ho scelto la soluzione più drastica: le insertion su di loro diventano on shot. Così è deciso. Ne abbiamo già cinque (oltre alla qui presente Calliope, ho ai blocchi di pertenza Clio, Erato, Euterpe e Tersicore. Le altre quattro salteranno fuori quando mi verrà l'isoprazione. Ma in questo modo la terza Side può procedere in modo più spedito.)



Ride Into The Sun - I

Calliope

Looking for another chance
for someone else to be
Looking for another place
to ride into the sun

(...)

where everything seems so dirty
but if you're tired and you're filled with self-pity
Remember that you're just one more
person who's there

It's hard to live in the city

(Lou Reed)

Jenna si stringe le ginocchia al petto cercando di riscaldarsi. Avrebbe dovuto prendere sciarpa e guanti, ma è fuggita via troppo in fretta. Tutto quello che possiede è rimasto a casa di Andrew. Per fortuna aveva i soldi nascosti nella scarpa. Ha le mani gelate e le fanno un male cane. Non vuole dormire per strada anche quella notte. È pericoloso. Per chi provasse a farle del male, a prendere i suoi ultimi dollari nella tasca interna della giacca a vento. Nella scarpa sono più al sicuro, ma così è più pratico maneggiarli. Sì, lei sa come difendersi. O meglio, non lo sa; capita e basta. È questo che succede con lei. È una delle sue tante stranezze. Andrew ne sa qualcosa. Jenna si chiede come stia adesso. È scappata dal suo appartamento dopo averlo quasi ammazzato. Quelle ferite... Non gli si è nemmeno avvicinata, però hanno cominciato ad aprirsi sulla sua pelle e a buttare fuori sangue. "Ma che razza di mostro sei?" le ha detto in preda al panico. No, non sono un mostro... Mi sono solo difesa... Lui le ha messo le mani addosso e lei si è difesa. Proprio così. La forza che le brucia dentro quando è arrabbiata si è riversata contro di lui. Mostro. Demonio. C'è sempre qualcuno che la chiama in quel modo. Oppure pazza, quando sono in vena di gentilezze. È rimasta con Andrew per tre mesi; adesso deve ricominciare tutto daccapo. Ma in fondo non è stata una grande perdita. Le dispiace solo per i guanti. E per il fatto che lui provvedeva alla dose. Adesso dovrà fare da sola e stare attenta a non farsi fregare. In fondo non cambierà molto. Non dovrà più sopportare la sua presenza. Si terrà tutti i soldi invece di darli a lui in cambio di una protezione che non le serve per niente. Ma Andrew deve aver detto a Henry il Procione quello che è successo perché le ha chiesto il doppio rispetto al solito per i pochi grammi che le servono per far tacere i sogni. E le ha anche detto che non potrà più rifornirla. Quindi ora è quasi al verde. Le restano non più di otto dollari. E dormirà per strada per il terzo giorno di fila, come faceva sei mesi prima, quando è arrivata a New York, dopo essere scappata dalla clinica psichiatrica. Se vado avanti così ci lascio le penne... Non le passa nemmeno per la testa l'idea di tornare in Kansas. La farebbero internare di nuovo. "Jenna, la scema..." diceva sempre suo fratello, divertendosi a picchiarla e mandando i suoi amici da lei perché le facessero tutto quello che volevano, tanto sapeva che lei non sarebbe mai stata creduta anche se lo avesse detto ai suoi genitori. "Jenna, la matta..." Da quando aveva tre anni e si era messa a parlare in quella lingua strana. Pazza. Schizofrenica. O invasata. Sua madre l'ha portata perfino da un prete. Lui le ha recitato qualche formula e poi l'ha rispedita a casa dicendo che il problema era nel suo cervello. Ed è iniziato il pellegrinaggio dai dottori. Poi ha commesso l'errore di parlare dei sogni. E loro non hanno capito. Non è riuscita a fargli comprendere come tutto fosse bello. La montagna boscosa, le ragazze danzanti e il ragazzo con il volto di sole. Il suo sorriso meraviglioso. Sente la sua lira suonare per lei... E la voce della sue compagne che la chiamano... Calliope... Calliope...
Basta! Non sono pazza!
Dopo l'ultima seduta di elettroshock lei è scappata. Ha capito che se fosse rimasta lì si sarebbe ridotta a una larva. La forza che si porta dentro le è stata utile per una volta... Le è bastato concentrarsi per spedire a nanna l'infermiera di guardia. Le ha preso i soldi dalla borsa e quei brutti vestiti da vecchia. Ma New York non è stata gentile con lei. Si è ritrovata al verde nel giro di tre giorni. E allora non ha avuto scelta. Il primo cliente le è servito per mangiare. Il secondo per comprarsi dei vestiti comodi. La prima dose gliel'ha regalata il Procione. "Ehi, piccola, sembra che tu abbia bisogno di aiuto..." Sapeva cosa si stava sparando nelle vene. Non è una sprovveduta. Ha letto cosa fa l'eroina. Ma sperava che quella polverina bianca facesse sparire quelle assurde immagini. È così infatti... Ma poi l'effetto finisce... Ha bisogno di denaro per il prossimo giro. Sa che è questione di poco. Presto starà malissimo. Ma non vuole nessun uomo vicino quella sera. Faccio schifo... Ha fame e freddo. Le lacrime vengono fuori incontrollate dai suoi occhi e Jenna inizia a singhiozzare come una povera demente. Perché io? Perché a me?
Quando la crisi le passa si asciuga la faccia e poi si ritrova a fissarsi le unghie mangiucchiate e sporche. Non riesce quasi a muovere le dita. Voglio morire...
Solo dopo un attimo si accorge delle scarpe nere e lucide a due passi da lei. Solleva gli occhi lungo un paio di eleganti pantaloni grigi, un cappotto bianco, un golf color panna e la faccia malinconica di un angelo.
"Che vuoi?" domanda bruscamente. Forse è un'altra allucinazione. Certo, non può essere vero. Nessuno vestito in quel modo va in giro per quei vicoli, a meno che non si tratti di uno stupido incosciente.
L'uomo solleva le spalle con aria di sufficienza. "Niente. Ti guardo."
Jenna abbassa gli occhi. È una sensazione così strana... Si sente a disagio e vorrebbe essere invisibile. È come se le fosse apparso Dio pronto a giudicarla. "Allora vattene..." Se è un sogno allora presto quell'uomo sparirà e ci sarà solo il marciapiede sudicio. Se non lo è lei non ha niente da dargli. Non quella sera. E anche se le sembra ricco lei non si abbasserà a chiedergli dei soldi. Piuttosto crepo di fame... Non si chiede da dove le venga quell'estemporaneo orgoglio. Non si sopravvive con l'orgoglio. L'orgoglio non serve a niente. Ma ora sa solo che non vuole che lui la guardi.
"Non sembri stare bene" dice l'uomo come se fosse una cosa normalissima.
"Non sono affari tuoi!" ringhia Jenna. Vai via, dannazione! Lasciami in pace! Voglio che mi lasci in pace!
"Hai bisogno di qualcosa?" le chiede lui con un tono più dolce. La sua voce le fa l'effetto di una carezza.
Solleva di nuovo gli occhi verso di lui. "Sì. Ho bisogno che tu sparisca. Mi dai fastidio." Nello stesso momento in cui lo dice si rende conto che non è vero. Che da quando lui è apparso non ha più voglia di piangere. Che se lui andasse via il vuoto si impadronirebbe di lei. Dice la prima cosa che le viene in mente per trattenerlo lì ancora qualche istante. Solo qualche istante... "Che ci fa uno vestito come te in questo posto?"
La voce dell'uomo sembra divertita. Il sorriso che brilla sul suo volto è così familiare... "Cercavo te..."
Un ricco depravato e vizioso. Tutto qui. È meglio che si svegli in fretta. Non è un angelo. Può avere le donne più belle sulla piazza con quella faccia e quei vestiti. Eppure quella sera preferisce frugare nelle fogne. De gustibus... Se non si sentisse così schifosamente male potrebbe approfittarne, ma non sarebbe carino vomitargli addosso proprio sul più bello. No, non crede di farcela. I crampi allo stomaco stanno aumentando. E poi... l'idea di avere quell'uomo come cliente le fa venire il panico. "Senti... stasera non sono in forma. Lo vedi anche tu. Vai da Mary la Marcia, se proprio ti piace questo genere. Dovresti trovarla sdraiata un centinaio di metri più giù..." Se vuole portarsi a letto un po' di spazzatura, Mary è quello che fa per lui. Il peggio del peggio. Ha diciotto anni e ne dimostra sessanta. Jenna ha sempre avuto paura di ridursi come lei. È talmente piena di eroina che la polvere bianca appiccicata ai suoi capelli può sembrare forfora solo ad un'analisi superficiale. Cribbio... io sono sulla buona strada...
"Mary la Marcia?" ripete l'uomo perplesso, con un tono di voce che le fa una grande tenerezza. Jenna lo fissa di nuovo. Quell'aria così innocente, così lontana dalle miserie umane...
Adesso inizia ad essere incuriosita. Non si fanno tutti i giorni incontri di quel tipo. Ha un'aria davvero troppo pulita e raffinata per quel posto. Forse per qualunque posto. Quindi vuol dire che appartiene alla razza peggiore. I pericolosi. Quelli di cui non sospetteresti mai. Quelli che gettano la maschera quando ormai è troppo tardi. "Non hai l'aria di uno che cerca ragazze a buon mercato. Io me ne intendo. Uno come te di solito preferisce la merce di lusso. Quindi... sei un depravato?"
"No, tesoro. Non credo proprio." Di nuovo quel sorriso, dolce e calmo. Nessuno le ha mai sorriso in quel modo. Sembra comunque triste però... Il cuore inizia a batterle più forte. Si accorge di essersi morsa a sangue le labbra.
Perché ho paura? Perché ho paura di lui? "Allora che vuoi?" sputa fuori con rabbia. Non c'è più tempo... Perché continua a guardarmi in quel modo?
Sta tremando e sa che è un cattivo segno. Riconosce i sintomi. Quando non riuscirà più a controllare gli spasmi le visoni torneranno. E lei comincerà ad urlare per farle smettere. E non servirà a niente.
"Stai male" mormora l'uomo.
Ma quanto sei acuto... La sua voce è stranamente addolorata adesso. Come se la faccenda lo riguardasse personalmente. Non mi conosci... Che cosa te ne importa allora? Lei stringe i denti. I crampi... Dannazione, i crampi... Sì, sto male. Sto malissimo. E tu stai qui a fissarmi come se fossi un gibbone allo zoo. Perché non la pianti? "Cristo, sparisci!" Sa che fra un istante si metterà di nuovo a singhiozzare e non vuole che lui sia testimone di quello spettacolo pietoso. Che cosa vuoi, insomma?
"Non dovresti prendere quella porcheria" sentenzia lui scuotendo la testa. Lei lo osserva con più attenzione, respirando lentamente per attenuare il dolore allo stomaco. Forse sta per porgerle un dannato volantino che pubblicizza qualche centro di recupero per ragazze sbandate. Non sarebbe la prima volta che le capita. In quel caso è pronta a saltargli alla gola. Perché nessuno può risolvere i suoi problemi. Non ho bisogno di redimermi. Solo di non vedere più il bosco e il ragazzo con la lira... Voglio farla finita con tutta questa storia.
"Bello. Questa non me l'aspettavo. Un missionario" dice tra sé e sé stringendosi di nuovo le ginocchia al petto. È la prima volta che ne vede uno così ben vestito e raffinato. Forse fa parte di qualche strano gruppo religioso. Di solito quelli come lui finanziano le opere pie ma non vanno a fare volontariato in strada. Quelli come lui restano al calduccio nei loro comodi appartamenti. Quelli come lui... L'illuminazione è improvvisa. Quel bellissimo viso... "Aspetta un attimo... Vieni più vicino, per favore..."
L'uomo si inginocchia di fronte a lei, sollevando l'orlo del cappotto per non fargli toccare terra. Il suo profumo caldo e maschile le fa l'effetto di una sbronza. Ora riesce a distinguere chiaramente il suo viso nella luce debole della strada. I suoi occhi blu hanno una profondità che la spaventa. Potrebbe affogare solo fissandoli. È molto giovane, poco più di vent'anni probabilmente, anche se la sua espressione lo fa sembrare saggio e vecchio. Era diverso. I capelli erano castani e non di questo strano azzurro. E un po' più lunghi. Per la parte probabilmente... Ma è proprio lui? "Io ti conosco" dice sicura. Dove è sparito il dolore? Sa di non sbagliarsi. Ha una memoria fotografica per le facce.
Lui accenna un sorriso. Dolce... "Davvero?"
Jenna annuisce. Sta quasi dimenticando il suo disagio. "Sì. Ti ho riconosciuto. Non sei quell'attore famoso? O gli somigli soltanto?" Quale era il nome, accidenti? Alec... Abel... Abel qualcosa.. "Cavoli, se i giornali sapessero che bazzichi da queste parti..." Non è la prima volta che un divo di Hollywood viene beccato con una prostituta. Le riviste scandalistiche vanno a nozze con queste storie. E la gente per bene si sente in dovere di indignarsi. Jenna sorride tra sé. Potrei avere i miei quindici minuti di celebrità se ci beccassero... Magari mi intervisterebbe David Letterman...
"Calliope..."
Il respiro le si mozza. Quel nome pronunciato a bassa voce la fa ripiombare nella sua orribile realtà. L'ha detto... In un attimo Jenna dimentica tutto, i suoi sogni di gloria, perfino i crampi per la fame. C'è solo una strana vertigine nella testa. "Come?" chiede. Devo aver capito male... Devo...
"Ti ho cercata tanto..." risponde l'uomo guardandola in un modo che non le lascia scampo. La sua voce trema e ha gli occhi umidi.
No... Non può saperlo... Nessuno può saperlo, a meno che... Arretra ricordando improvvisamente cosa sia la paura. Urta con la schiena contro il muro del palazzo alle sue spalle e resta lì immobile sentendosi in trappola. "Chi diavolo sei tu? Che vuoi? Che ne sai tu di Calliope?" Sta gridando ma non riesce a controllarsi. Sa che presto, molto presto farà a quell'uomo qualcosa di molto brutto. Non ci torno indietro. Mi ammazzo piuttosto... Non ci torno indietro...
Lui la guarda e sembra mortificato per la sua reazione. Si alza incombendo su di lei, lasciandola a tremare contro quel muro. "Non avere paura. Non voglio farti del male."
Sì certo. Tutti fanno tutto per il mio bene. Lo dicevano i miei genitori, quando mi hanno fatta portare via. Lo dicevano il dottor Murphy e gli altri medici. Dicevano che mi avrebbero guarita. E le infermiere. Quelle streghe... Dicevano che sarei stata meglio e invece... Mi infilavano quegli aghi nelle braccia e mi attaccavano quelle cose alla testa e poi... e poi quelle pastiglie rosse... e quelle blu... e non riuscivo nemmeno a muovermi e a pensare... Mi hanno trovata.... Dio, mi hanno trovata... "Ti manda mio padre? Non riuscirà a farmi internare di nuovo..." Sa che stavolta potrebbe combinare qualche brutto guaio. Ma si difenderà ad ogni costo. Non le importa quali saranno le conseguenze. Niente può essere peggio della clinica.
Lui le sorride dolcemente. E a Jenna sembra la cosa più bella su cui i suoi occhi si siano mai posati in sedici anni di vita. "Sta tranquilla. Io so come ti senti. So di Calliope. E di quanto sei confusa. Perché facciamo gli stessi sogni. Siamo legati io e te..."
Non è possibile. Non sa cosa sta dicendo.
Lui si inginocchia di nuovo di fronte a lei e stavolta non si preoccupa del cappotto, ma allunga una mano verso il suo viso e le accarezza una guancia. Non devi... Ti sporcherai le dita se mi tocchi... "Chi sei?" riesce a dire con un filo di voce. Una sensazione di pace assoluta viene emanata dalla sua figura. Gli stessi sogni. Il monte, i boschi, i templi bianchi. Lui sa. Le sembra di vedere oltre i suoi occhi azzurri. Lui sa. Non sta mentendo. Che cosa vuol dire tutto questo?
"Sono un attore eccentrico che se ne va in giro per i bassifondi in cerca di un'amica che si è persa..." risponde lui con un sorriso.
Sta cantando... Cosa sta cantando?
L'uomo accenna un motivetto con la voce. Un suono appena udibile. Jenna abbassa gli occhi. La musica...
"La conosci?" le chiede l'uomo sollevandole il mento.
Correvamo e danzavamo in cerchio... L'erba sotto i piedi... Le ghirlande che ti offrivamo, io e le mie sorelle, mentre tu suonavi per noi...
"Avevi i capelli lunghi, allora..." le dice.
Respirare è diventato difficile. Perché? Perché quell'immagine adesso? L'effetto non dovrebbe essere già finito... Devo andarmene... "Io non sono pazza, ok?" dice come se l'unica cosa importante fosse chiarire quel punto.
"Lo so. Non sei pazza. Ma riempirti le vene di eroina non serve, Calliope."
Come sei saggio e profondo. Ma cosa ne sai tu? "Non mi chiamo Calliope..." È sicura che presto subirà un crollo di nervi e allora non avrà più freni. Deve immediatamente ritrovare il controllo. Sente quella forza nella testa, le tempie che pulsano dolorosamente...
"Non importa" continua l'uomo voltando il viso. Adesso sembra smarrito in pensieri distanti. "A me piace chiamarti così. È un nome che ti dona. Hai fame?"
"Ho mangiato un sacchetto di pop-corn stamattina" risponde Jenna fissando il suo profilo serio. Sì, parliamo d'altro. Basta con le allucinazioni. Prima che ti faccia del male... Allontanati da me...
"Facciamo così allora." Lui si volta di nuovo a guardarla. "Se vieni da me ti offro una bella cena." Lo strano alone che sembrava avvolgere l'uomo ora è scomparso. È solo un giovane elegante e molto attraente. Il sorriso però continua ad avere qualcosa di magico. Mi piace guardarlo... Che strana sensazione...
"Che cos'è questo? 'Pretty Woman'? O sei uno psicopatico?" Jenna ricambia il suo sorriso. L'intera situazione le sembra incomprensibile. Hai qualcosa per il mal di testa?
"Io sono molto meglio di Richard Gere. Non ho i capelli bianchi."
Sorriso... Sorriso... Il sole sorride per me... "Per meno di cinquanta dollari non faccio niente, ti avverto..." dice tornando con i piedi per terra ed esagerando sul prezzo. Sveglia, Jenna. Non lasciarti fregare. Non è il principe delle favole e tu non sei Cenerentola. È un cliente pieno di soldi e non puoi lasciartelo scappare. Magari prima, quando è arrivata la botta, ti ha sentita delirare come succede sempre. Hai parlato di Calliope e lui... Mi ha presa in giro... Si è divertito... Deve essere così...
"Ho forse detto che voglio venire a letto con te? Ti sto solo offrendo una cena..." Quel tono così dolce e pacato... Bellissimo, elegante e gentile... C'era un romanzo che suo fratello aveva sgraffignato al supermercato... Parlava di uno yuppie che faceva a pezzi barboni e prostitute...
"Mi taglierai la gola, vero?"
"No" risponde lui smettendo di sorridere.
"Mi pesterai a morte..." Com'era il titolo? Non ci hanno fatto anche un film? Magari lo interpretava proprio lui... No, non mi sembra. E comunque non importa. Non sono così attaccata alla vita...
"Posso sapere che tipo di persone frequenti, Calliope?" La faccenda dello psicopatico sembra divertirlo parecchio.
È così... così... così umano... È un pensiero assurdo e lo sa bene anche lei. Ma non è riuscita ad impedire alla sua mente di tirarlo fuori. Non può correre il rischio di smarrirsi di nuovo. Pondera i pro e i contro della faccenda. Male che vada verrà barbaramente uccisa. Tanto sa che non sarà una gran perdita per l'umanità. Finirò comunque per fare una brutta fine prima o poi. E allora tanto vale buttarsi. Se tutto va bene avrò un bel po' di grana alla fine della notte. Altrimenti... pazienza... "Ok" risponde alzandosi. "Ma non chiamarmi in quel modo. Io mi chiamo Jenna."

Non è mai stata nell'East Side prima. Non l'ha mai nemmeno sognato. Non è mai salita su una Lotus. Se la ricorderà per sempre quell'esperienza. Non ha mai passato il suo tempo in compagnia di uno come lui. Uno che le apre la portiera come se fosse una signora, invece della miserabile Jenna. Si sente in imbarazzo quando lui la fa entrare in quel grattacielo senza fine e il portiere in divisa scarlatta la scruta da capo a piedi. Vorrebbe sprofondare. Non si è mai sentita così fuori luogo. Il divo di Hollywood, l'angelo sceso in terra, le prende la mano e la guida verso gli ascensori. Ci sono persino due poltrone là dentro. È il doppio del bagno di Andrew... La salita sembra non finire mai. Nonostante l'abbondanza di spazio lei preferisce restargli vicino. È tremendamente alto. Lei gli arriva appena alla spalla e questo la fa sentire un microbo. Non si sono più detti una parola da quando è salita sulla sua auto e quel silenzio la inquieta un po'. Forse sono finita davvero in un brutto guaio...
Quando l'ascensore si ferma lei si ritrova in un corridoio illuminato da lampioncini, una moquette azzurra e una sola porta in fondo. Lui usa una specie di tessera per aprirla.
"Entra" le dice, rompendo finalmente il silenzio.
Lei resta senza parole, inchiodata sulla soglia. Concretizzazione della parola denaro... Mamma mia... Davanti ai suoi occhi si spalanca un'immensa vetrata che accoglie le luci di New York e occupa un'intera parete. Sono così in alto che lo sguardo può spaziare oltre i tetti degli altri grattacieli. Mobili bianchi, pavimenti di marmo nero... Impianti di lusso. Jenna trova il coraggio di entrare e guardarsi intorno. Cosa mi aspettavo? Un tugurio? "Merda, questo posto è un fottuto attico megagalattico!" dice chiudendo la porta alle sue spalle.
Il padrone di casa ride divertito. "Un linguaggio degno di Saffo" dice passandole vicino e arruffandole i capelli. Poi si mette a trafficare con un favoloso impianto stereo, fino a quando una musica zuccherosa riempie l'aria. Michael Bolton o qualcuno che gli assomiglia e che lei trova stomachevole...
"Sì, Saffo..." dice Jenna sovrappensiero. Si ricorda di Saffo. Così dolce, così triste. Non sa come e perché. Ma si ricorda di lei. 'Saffo divina, chioma di viola, sorriso dolce come il miele...' Quando tempo... Anche se... Erato... Saffo invocava Erato e non Calliope... Scuote la testa tentando di allontanare quei pensieri. È successo di nuovo... "Allora?" chiede osservando la mobilia. "'Pretty Woman' o 'American Psycho'?" Ecco quale era il titolo...
L'uomo le si avvicina sorridendo. "Vuoi rilassarti per favore?"
Lei sospira, poi sceglie una sedia laccata di nero e si siede. È terribilmente tesa. È abituata a sentirsi un pesce fuor d'acqua ma così è troppo. "Va bene" risponde appoggiando le mani compostamente sulle ginocchia. Ma dubita che riuscirà a calmarsi. Però... Il dolore... I crampi... sono spariti...
"Cosa vuoi per cena?" chiede lui, e lei si rende conto che la fame è ancora lì.
"Cheeseburger" spara. È la prima cosa che le è venuta in mente. E il suo stomaco brontola solo al pensiero. Doppio Cheeseburger...
Lui fa una smorfia che lo fa diventare ancora più carino. "Ho capito. Meglio lasciar perdere. Dovrò pensarci io. Vuoi... Vuoi toglierti quei vestiti, intanto?"
"Ehi, vai subito al dunque, eh?" commenta Jenna. Avrebbe preferito farlo a stomaco pieno, ma se lui vuole concludere subito... Ma che fa? Arrossisce?
"No, non hai capito." L'uomo solleva una mano e indica un corridoio che si addentra nell'appartamento e lei capisce che quel posto occupa tutto l'ultimo piano e che la porta d'ingresso ne è il centro. "Nella stanza in fondo c'è un armadio pieno di vestiti. Scegli quello che preferisci. Ne troverai sicuramente uno della tua taglia. C'è tutto quello che ti può servire. E fatti un bel bagno. Intanto ordino la cena..."
Viene nei bassifondi e poi si mette a fare l'igienista. Che tipo strambo. Jenna si alza e gli fa il saluto militare. Lui la guarda perplesso. Sta iniziando a divertirsi. Va bene. Giochiamo alla cenetta romantica. "Lo sapevo che eri strano. Agli ordini. Julia Roberts, non sei nessuno..."

L'acqua scorre in bagno. Il profumo del bagnoschiuma è delicato. Jenna ha esplorato l'ambiente con attenzione. Non si aspettava di trovare tutti quei cosmetici che sembravano aspettarla. Sembra tutto pronto per l'arrivo di una diva... pensa smarrendosi tra creme depilatorie e boccette di profumo. La stanza da letto è altrettanto straordinaria. E c'è un altro ambiente più piccolo per armadi e scarpiere. Spalanca le ante dell'armadio più grande e affonda le mani nelle stoffe preziose. Le gira la testa. Non riesce a credere ai suoi occhi. Non ha mai visto niente di simile. Abiti da sera in varie misure e modelli. E camicette, pantaloni, gonne, tailleur di lino. Jenna sceglie un abito di velluto verde scuro. È abbastanza piccolo da andarle bene, ma è privo di maniche. Rimugina per un attimo, poi si inginocchia, apre uno dei cassetti alla base dell'armadio e trova quello che aveva sperato. Un paio di lunghissimi guanti di raso bianco.
"Ehi!" grida, sperando che lui riesca a sentirla. "Che ci fai con tutti questi vestiti da donna? Sei un travestito?"
Passa qualche secondo. "No" le risponde lui.
Lei ridacchia. Questo appartamento è talmente grande che il suono ci mette dieci secondi ad arrivare...
"Sono per te e le tue sorelle. Belli vero?"
Le mie sorelle... Danze, risate... il sole... "Io non ho sorelle" mormora mentre il suo buon umore si dilegua. "Solo un fratello ed è anche un idiota..." Jenna appoggia l'abito sul letto. Una volta le sarebbe stato a pennello. Solo un anno prima aveva un gran bel fisico, nonostante la statura piuttosto scarsa. Adesso invece... In una cassettiera trova biancheria raffinata e fin troppo sexy. Decide per un completo di pizzo nero e si chiede come si sentirà con quella roba addosso. La regina delle seduttrici alla riscossa. Si spoglia tentando di non pensare alle ossa sporgenti sotto la pelle, né ai segni neri che le circondano gli occhi. Se mi avesse vista così come ero prima di cominciare a fare la fame... prima che il mio seno assumesse questo aspetto malinconico...

Quando si immerge nella vasca le sembra di essere in paradiso. Ha intenzione di godersela fino in fondo, per questo si è prima infilata sotto il getto della doccia insaponandosi a fondo. Vuole restare a mollo almeno mezz'ora e non sarebbe affatto carino oziare nell'acqua sporca. La schiuma è abbondante e profumata. Si lascia ricoprire dall'acqua fin sopra la testa, poi riemerge e sceglie tra le bottiglie di shampoo quella con la confezione più bella. Il liquido denso sul palmo della sua mano è di un bel colore madreperla. Si massaggia la testa sentendosi finalmente bene, leggera e allegra. Potrei abituarmi a questo tipo di trattamento... Distoglie lo sguardo quando si ritrova a fissarsi le braccia magre. Buchi, ferite, lividi... Che cosa ho fatto al mio corpo? Come posso fare l'amore con lui se sono ridotta in queste condizioni? Non sa perché le importi tanto. Conosce quell'uomo solo da un paio d'ore. Probabilmente dopo quella notte non si vedranno più. Quello non è un film. Sì, è così... Domani non si ricorderà più nemmeno la mia faccia, ne sono sicura...

Ci ha messo un bel po', tra bagno, ceretta, lavaggio accurato dei denti e trucco. Ma ne è valsa la pena perché lui l'ha guardata come se gli fosse apparsa Ava Gardner.
Bellissima... C'era una donna sotto quegli stracci?
La sua voce si è infilata nella sua testa anche se lui non ha aperto bocca. Anche quello le succede spesso, sentire i pensieri degli altri.... e i suoi le hanno fatto particolarmente piacere.
E adesso lui le sta seduto di fronte e le sorride estatico. Il suo sguardo la imbarazza ma ha troppa fame per farsene un problema. Sta usando le posate anche per il tacchino, cosa che non ha mai fatto in vita sua. Ma non vuole sporcare i guanti e di toglierli non se ne parla. Il profumo che sale dai piatti è delizioso e le procura una totale estasi olfattiva. I sapori poi sono anche meglio. Quattro specialità di pasta, carne, pesce e una varietà incredibile di dolci. Anche la mousse allo zabaione... Roba da perderci la testa. Lei ingoia tutto con voracità. Non è così che fanno le signore. Ma chi se ne frega... Forse troverà il coraggio di chiedergli di farle portare via gli avanzi, perché è sicura che non riuscirà a finire tutto. Può tenersi in piedi per due settimane con tutta quella roba se riesce a trovare un frigorifero per tenercela dentro e un fornello per scaldarla.
"Tu non mangi?" gli chiede mandando giù l'ultima forchettata di torta al cioccolato prima di dichiarare la resa. Sazia, pensa pulendosi la bocca, tentando di non togliere il rossetto. Completamente sazia. Un altro boccone e scoppio. Che bella sensazione...
Lui continua a guardarla e poi sospira.
"Perché mi fissi?" Ha uno sguardo strano, velato. Come se... come se... come se fosse innamorato... Che scemenza...
"Assomigli un po' a come eri mille anni fa..." le dice e il movimento delle sue labbra è estremamente sensuale.
Lei si sente avvampare e abbassa gli occhi per guardare il piattino da dessert, poi tenta di distrarsi versandosi del vino. "Sì, certo... perché non ti fai vedere da uno bravo?"
Avverte subito che qualcosa è cambiato, che c'è un'acuta tensione nella stanza. L'uomo si è raddrizzato sulla sedia come un giudice sulla sua cattedra. E la sua voce è dura quando le risponde. "Consigliami qualcuno. È tutta la vita che entri ed esci dalle case di cura."
Jenna resta a fissare il bicchiere poi lo posa. È peggio che essere schiaffeggiata. Grazie tante. Le è bastato un attimo per svegliarsi dal bel sogno. Me la sono cercata. Dovevi proprio ricordarmi che razza di rifiuto umano sono? L'orgoglio sta mordendo dentro di lei. Non le importa più niente dei soldi, del cibo, dei vestiti. Non può accettare il suo sarcasmo. Stona con tutto quello che lui ha fatto fino a quel momento. Le fa male. Più delle 'cure' del dottor Murphy. Si alza decisa a ritrovare i suoi vestiti e sparire. A tornare nella sporcizia, che almeno conosce e sa come affrontare. "Me ne vado. Non voglio niente da te."
Ma lui in un attimo le si avvicina e la stringe a sé. Jenna si ritrova a fissare i suoi occhi a pochi centimetri dalla sua faccia, le sue labbra vicinissime, eppure... Non abbastanza... Vorrebbe allontanarlo ma sa di non averne la forza. E poi... E adesso? Tenta di pensare ma è una cosa troppo complicata. Il suo petto ampio, il braccio forte che la obbliga a restare immobile... E la sua eccitazione così evidente, schiacciata contro il suo stomaco. Le tremano le gambe mentre lui la trascina in una grottesca danza, sollevandola a pochi centimetri da terra.
Devo stare calma. Ormai è tardi per ripensarci. Spero solo che non sia violento. Il motivo che sta cantando è sempre lo stesso. Lei si lascia guidare come un fantoccio. E capisce all'improvviso la cosa più spaventosa. Lo desidera. Una fiamma che le incendia i pensieri come non le è mai accaduto, nemmeno con il tenero ragazzo che è stato il suo primo e unico amore. Lo vuole con tutta se stessa. Anche se è pazzo... Anche se è pazzo come me...
"Lasciami..." riesce a dire ma ogni energia la sta abbandonando. Il cuore sta per scoppiarle. Che sta succedendo?
"Tu sai chi sono" sussurra il ragazzo sulle sue labbra. "Lo sai benissimo. Mi conosci da sempre. Dì il mio nome, Calliope!"
"Lasciami!" Stavolta sta gridando. Ma allarga le dita sul suo petto e accarezza la stoffa della sua camicia come se fosse preda di una volontà aliena. Le sembra di soffocare. Ho bisogno di te... Solo così posso esistere... Un sudore freddo le ricopre il corpo quando l'uomo appoggia le labbra sulla sua fronte. Un lampo improvviso nella sua mente. Lui suonava la sua lira... Eccolo... gli corriamo incontro... Lui ha una carezza per ognuna di noi... sono felice con loro... le mie sorelle... le mie adorate sorelle... "Clio, Euterpe..." Che cosa sono questi nomi che vengono fuori dalle mie labbra? "Polimnia... Tersicore, Urania... Erato... Melpomene, Talia..." Il mio nome... "Calliope..." Appoggia la testa sul suo petto. Non è più se stessa. Non è più niente. Un vuoto assoluto che vuole solo essere riempito di luce. Il sole... Il corpo che la imprigiona è solo un tramite verso una nuova esistenza. Eterna. Che ritorna ogni volta che il ciclo umano si consuma. Non devo piangere, pensa mentre le lacrime scivolano sul suo viso. Liberami. Liberami, ti prego. Solo tu...
"Lo so" sussurra lui, il suo Dio, suo fratello, il suo amore.
Davvero? Davvero sai come mi sento? Certo. Tu lo sai. E io so chi sei... Il tuo vero nome. Anche se sei sempre stato Abel. In ogni tua vita umana. Sempre e solo Abel... "Apollo..." dice. Il mio sole...
Lui la stringe come se volesse proteggerla. "Sta tranquilla..."
Lei sa che non può più tornare indietro. "Che cos'è?" chiede. Quello è il momento in cui il velo che avvolge la sua vita verrà lacerato. Tutto smetterà di essere così confuso. Ma stranamente non ha più paura. Non può avere paura, perché ci sono le sue braccia a difenderla dall'orrore della sua esistenza. "È tutta la vita che le immagini mi perseguitano. Vedo cose che non ci sono. E non era mai stato così reale come adesso..."
"Sshhhhh...." sussurra lui nel suo orecchio. E il suo respiro le procura un brivido troppo simile all'estasi di una dose. Ma questo è vero... E non mi farà male...
"Ora dormi, Calliope. Domani ricorderai tutto."
Dormire... Sono in piedi al centro del tuo soggiorno... Non posso dormire... pensa Jenna mentre le sue palpebre si fanno pesanti.

Ricordo il mio nome? Sì, il mio nome è Calliope, 'dalla bella voce'. Ricordo il mio ruolo nell'ordine delle cose? Sì, sono una delle Mneiai. Gli spiriti eletti invocano il mio aiuto quando vogliono arricchire di bellezza il mondo degli uomini. E io permetto loro di cantare di eroi e di battaglie. Ricordo la mia stirpe? Sì, mio padre Zeus domina sull'Olimpo celeste. Mia madre Mnemosine ha dato la vita a me e alle mie otto gemelle. Ricordo le leggi che guidano la mia esistenza eterna? Sì, quando è necessario il Fato ci lega a un'esistenza umana. Come millecinquecento, mille, settecento anni fa. E come adesso. Ricordo la mia vita passata? Sì, ricordo il dolore, la rabbia e il senso di sconfitta. Ricordo coloro che ho amato? Sì, il mio più grande amore, Orfeo, il mio bambino, il mio meraviglioso figlio, capace di acquietare le fiere con la sua musica. E suo padre, il più splendente fra gli Dei. Il mio signore, il mio amore. Apollo, mio sole, mia luce, mia ragione di vita... caffè... Che buono il caffè... Sto così bene...
È il suo volto la prima cosa che vede ed è uno splendido risveglio. C'è una tale serenità su quel viso bellissimo che le trasmette una sensazione di calma completa. Si accorge di indossare una camicia da notte di seta bianca. Probabilmente gliel'ha messa addosso lui. Lei non si è accorta di nulla. Non le importa, comunque. Non più. Sono stati amanti per secoli e lui può fare una cosa simile senza falsi pudori.
Lui si siede sul letto e le porge una tazzina. Ha dormito nella stanza dove si è cambiata la sera prima.
"Grazie..." gli dice sorridendogli. Il caffè è forte al punto giusto, con molto zucchero. Una delizia.
"Di niente..." risponde lui, poi allunga un dito per accarezzarle un sopracciglio.
Apollo. Il Dio del Sole e delle Arti. Un attore. Un divo del cinema. Appropriato, direi... Lei lo lascia fare, mentre lui inizia ad esplorarle delicatamente il viso con le dita, come un vasaio che lavora la creta. Mi sei mancato. E non sei mai stato così bello... Mi ricordo... Mi ricordo quell'ultimo istante prima che la furia di Zeus ti colpisse. Pensavo che non ti avrei più rivisto. "Hai detto che non c'era abbastanza bellezza a questo mondo..." Si rende appena conto di parlare in greco antico, come quando era piccola. Ma le viene assolutamente naturale. In fondo quella è la sua lingua. La lingua che usava per comunicare con coloro che la invocavano. "Hai detto che questo mondo meritava di scomparire. Che avresti rinnegato gli uomini. Per questo Zeus ti ha annientato..."
Apollo le sorride e se si concentra Jenna riesce a sentire il battito del suo cuore agitato. I suoi pensieri sono simili a un'esplosione di scintille colorate. "Ora ricordi..." mormora il suo Dio togliendole dalle mani la tazzina vuota.
Le vengono i brividi mentre le antiche memorie si affollano di nuovo. Quanto tempo è passato? La trascinavano via... lei gridava e non potevamo aiutarla... È successo tutto troppo in fretta... lei non ha reagito. Non ha voluto usare i suoi poteri... e bloccava i nostri. Ci impediva di intervenire... "Sì, è stata la rabbia... Quando Talia è stata impiccata con l'assurda accusa di essere una fattucchiera..."
"Medioevo. Cosa vuoi farci?" dice lui con un sospiro rassegnato, come se avesse metabolizzato da tempo la cosa. Ma lei sa che quel ricordo brucia ancora. Le conseguenze sono state troppo grandi. Come le fiamme che hanno invaso la loro mente quando hanno deciso di colpire. Milletrecentoquarantotto... Ricorda benissimo la data. Erano in Spagna allora. Sette secoli soltanto...
"Eravamo furiosi... Tu sembravi impazzito. Colpivamo... Colpivamo la gente per questo... I loro corpi... si gonfiavano, diventavano lividi... la febbre li divorava... per quello che avevano fatto a Talia..." Morte. Cadaveri in putrefazione, l'odore... Apollo tendeva il suo arco e i suoi dardi invisibili propagavano il morbo. La peggiore epidemia di Peste Nera mai abbattutasi sull'Europa. Milletrecentoquarantotto... Volavano su quelle terre devastate dall'orrore. Dal cuore delle foreste fino alle coste assolate, nessun angolo era stato risparmiato... "Pestilenza... Nessuno avrebbe potuto fermarla. Zeus ci ha puniti per questo... perché siamo rinati adesso?" Deve esserci un motivo. Zeus aveva detto 'per sempre'. Ma forse la loro punizione non è ancora finita. Per questo è stata condannata a quella miserabile vita. Per questo è così incredibilmente infelice.
"Non lo so" le risponde Apollo accostando il viso al suo collo. Lo sente respirare profondamente, come se dovesse riempirsi del suo profumo. Profumo di sapone e colonia... Da quanto tempo non avevo un odore così buono... "So che vi cerco da tempo. E poi una settimana fa ho sentito il tuo grido di aiuto. Proprio qui a New York."
"Dove sono le altre?" sussurra Jenna nel suo orecchio. Ha voglia di vederle. Le riconoscerebbe in qualunque forma le si presentassero. Vuole danzare e cantare con loro... Stringere le loro mani e giurare, giurare di nuovo che nulla potrà mai dividerle... Dopo tanto tempo. Dove siete?
"Vuoi aiutarmi a scoprirlo, Calliope?" La domanda di Apollo è quasi una supplica. Lei gli passa un braccio intorno alle spalle. Certo... le mie bellissime sorelle... le voglio con me...
Dopo qualche secondo lui si allontana da lei. Sembra aver ricordato all'improvviso qualcosa di importante. "Calliope..." C'è qualcosa di meraviglioso nel modo in cui pronuncia il suo nome. Qualcosa di dolce e familiare. Il suo nome... "Le tue vene sono pulite ora..."
Paura. Paura di osservare il proprio corpo e i segni impressi dalla vita e dal dolore. E tanto disprezzo per se stessa. Jenna si fa forza e china gli occhi sulle sue braccia. Candide e lisce come quelle di una bambina. Hai fatto questo per me? Annuisce disperatamente. Non riesce a dimostrargli la sua gratitudine in un altro modo. È pulita. È nuova. Si ritrova a piangere ed è una sensazione bellissima. Tutte le cose brutte... Stanno andando via attraverso i miei occhi... Si getta fra le sue braccia senza pensare a nulla. Abbracciami, mio sole, abbracciami. Il suo rifugio, la sua casa, il suo Dio... Ora e per tutte le vite che verranno.

saint seiya, fanfiction

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