Titolo: A Mayme nel giorno del suo matrimonio
Fandom: Mayme Angel
Autrice:
realjeangenieRating: Verde
Genere: Romantico, introspettivo
Conteggio Parole: 2771
Personaggi/Pairing: Armand/Beverly (e sparate random di Armand/Mayme e Johnny/Mayme)
Avvertimenti: Post-manga. Quindi spoiler.
Note: Perchè questa roba io me la sono divorata dai tempi in cui l'avevano intitolata “Susy del Far West”. E perchè Armand/Alan l'ho sempre trovato detestabile e BIONDO. Sarà che ho sempre avuto il culto di Johnny Hardley/Ronny. E così sia. Ma Beverly/Sarah mi è sempre piaciuta un sacco. Quindi che si becchi il cugino lagnoso e sia tanto felice. Ah, dimenticavo. Se vi piace questa lieta coppietta, vi consiglio di leggere "Nei colori del cielo..." (
http://stellametista.altervista.org/fanfic/neicolori.htm) di
stellametista. È de-li-zio-sa.
A Mayme nel giorno del suo matrimonio
Cara Mayme,
oggi il tuo grande sogno si realizzerà. Lo so che questa lettera ti coglierà di sorpresa, ma non esitare e leggila. Leggila da sola, se ti è possibile. Leggila prima che tua madre e le tue sorelle comincino a circondarti di cure e a vestirti ed agghindarti per il tuo grande giorno. Leggila e basta. Non c'è bisogno che tu venga da me a commentare, a parlare, a ripetere ciò che ci siamo già detti in questo lunghissimo anno.
So che per te non è stato facile, così come non lo è stato per me. Il tuo senso di colpa, i tuoi bellissimi occhi divenuti sfuggenti, il tuo bisogno di schivare la mia presenza con tutte le tue forze… E io ti ho lasciata fare perché, egoisticamente, volevo che tu soffrissi almeno un po'. Che la tua felicità non fosse completa. Non che ne fossi pienamente consapevole, allora. E ho sempre saputo di essere io quello di troppo. Lo sapevo quando i tuoi sguardi erano rivolti a me, quando mi stavi vicino, quando tutti credevano che da un giorno all'altro ti avrei chiesto di sposarmi e tu avresti detto di sì.
È facile illudersi, sai? È facile credere a ciò che si desidera. Tu ne hai avuta la prova quando ti sei dimostrata così testarda da andare ad affrontare Durbeck Dalton armata solo delle tue belle parole. L'impatto con la realtà deve essere stato duro, Mayme. Dimmi, è stato quello il momento in cui hai capito che la vita serena che ti avevo promesso era solo il sogno infantile al quale dovevi rinunciare?
Eppure ora è possibile che tutte le tue aspettative si realizzino. Ora più nessuno minaccia il tuo futuro. Anche se ognuno di noi porta con sé le cicatrici di quanto abbiamo passato. E non parlo di quelle che marchiano il corpo di Johnny, o di quelle, più lievi, che tutti noi porteremo addosso per il resto della nostra vita. Cosa è successo, Mayme? Cosa è cambiato nel momento in cui hai premuto il grilletto per salvare la vita di Johnny? Hai ancora gli incubi, Mayme? Sì, lo so. Ho sentito tua madre parlarne con Clint un mese dopo la fine dei Dalton. Ma tu non ti spezzi, Mayme. Soprattutto ora che stai per afferrare quel sogno che hai sempre inseguito. Per questo voglio che tu smetta di sfuggirmi. Sono davvero felice per te. Mi credi, Mayme? Devi credermi. Lo sono stato fin da quando, quella mattina di un anno fa, Louise ci ha detto semplicemente "Johnny si è svegliato" con le lacrime agli occhi. Ho provato una gioia immensa, sai? Perché avevo pregato per lui. Per voi due. Credimi, Mayme, lui per me non ha mai smesso di essere l'amico di un tempo, il ragazzo a cui brillavano gli occhi mentre mi raccontava del suo amore lontano, del suo angelo che un giorno l'avrebbe raggiunto cavalcando attraverso la prateria. E tu sei la ragazza a cui ho voluto bene più che ad ogni altra cosa. E voler bene vuol dire anche lasciar andare qualcuno senza rimpianti. Ho parlato con Johnny, il giorno dopo. Era ancora debole ma era il suo sguardo ad essere di nuovo vivo. E allora ho capito che i cinque anni trascorsi dalla morte di suo padre potevano essere considerati una parentesi da archiviare. Per me, per te e per lui. Avevo di nuovo il mio amico. Tu avevi di nuovo il tuo Johnny. Non so se ne abbia fatto parola con te, ma una volta infranto l'imbarazzo abbiamo parlato a lungo. Di come si era sentito trovandosi di fronte alla propria vendetta, di come mi ero sentito io rendendomi conto che avrei dovuto sottostare alla legge della violenza, se davvero avevo intenzione di farla finita con Dalton, di come entrambi abbiamo dovuto comprendere che la visuale dell'altro aveva la propria ragione di essere, di come si sia trovato a decidere che c'era qualcosa di più importante del giuramento fatto sulla tomba di suo padre. Sì, abbiamo parlato di te. E ho capito che non abbiamo mai provato davvero gli stessi sentimenti. Le circostanze erano troppo diverse. Amore, certo. Ma lui ha attraversato l'inferno, portandoti silenziosamente dentro di sé, e tu l'hai visto sprofondare senza riuscire a liberarti mai dal tuo amore per lui. E io? Io ero quello di troppo, te l'ho detto. Il mio amico smarrito. E il mio angelo…
Il mio amico smarrito e il mio angelo. Armand Warren fissa il foglio sentendosi improvvisamente la testa svuotata da ogni pensiero coerente. Cosa pensava di fare quando ha messo mano alla penna? Lasciare libera Mayme. Come se lei libera non lo fosse già.
Quel giorno sua cugina si sposa. Sente oltre la porta le voci familiari agitarsi e un continuo rumore di passi. La risata di Jodie, e poi c'è Louise in preda all'ansia.
Sorride pensando che, qualunque cosa le possa dire, lei non gli crederà. Eppure quei mesi sono arrivati e fuggiti in un lampo, lasciandogli dentro una nuova consapevolezza. Anche se quel sapore amaro in fondo alla gola non vuole saperne di scomparire.
"Il dottore ha detto che posso parlarti solo qualche minuto. Poi devo lasciarti risposare."
Johnny sorrideva, quella sera. L'ombra che aveva velato i suoi occhi era scomparsa. Solo una malinconia adulta gli era rimasta addosso. Quella solo Mayme avrebbe potuto dissolverla con il tempo. Se anche lei fosse guarita dalle ferite che quegli ultimi anni le avevano lasciato dentro.
Il tempo ci aiuterà tutti e noi stessi ci aiuteremo l'un l'altro.
"Ho dormito fin troppo, Armand."
"No, non così tanto" gli aveva risposto pentendosene subito dopo. Non voleva dare l'impressione che avrebbe preferito che lui non si svegliasse affatto. C'erano due tombe nel loro cimitero, quelle di Eva e Burker Dalton. Il resto della famiglia era stato sepolto sulle montagne. Non avrebbe voluto vedere un'altra croce su quel suolo verde nel cortile della chiesa.
"Non ti dirò che avevi ragione, lo sai?"
"Perché non avevo ragione" aveva ribattuto subito Armand.
"Per ora posso solo scappare, ma un giorno…" aveva detto a Mayme molto tempo prima. Un giorno cosa? Cosa sperava allora? Consegnare Dalton alla giustizia. Quale giustizia? Tutto questo mentre Johnny bramava solo un lago di sangue. Ragione. Torto. In realtà era finita nell'unico modo possibile. Armand poteva augurarsi che quella fosse stata l'unica sparatoria che avrebbero conosciuto nelle loro esistenze.
Il profilo di Johnny era serio e calmo contro la luce di quella giornata limpida che filtrava dalla finestra, lo sguardo era quello intenso di chi stava inseguendo un pensiero che continuava a sfuggire.
"Una cosa… una cosa devo dirtela, Armand." Si era voltato di nuovo a guardarlo e lui aveva atteso in silenzio mentre il cuore aveva deciso di mettersi a battere più forte. "C'è qualcosa che conta più di tutto il resto, più del desiderio di vendetta, più del rancore e del dolore. Su questo tu avevi perfettamente ragione."
Lui aveva capito e avrebbe voluto fermarlo prima che pronunciasse il suo nome, prima che scavasse nella ferita che stava appena iniziando a guarire.
Ciò che conta… Lei. Per lei hai messo in gioco la tua vita…
"Il rispetto per se stessi. E il coraggio di ammettere di avere bisogno di aiuto."
Armand lo aveva guardato. Non era ciò che si era aspettato. Neppure una parola su di lei? Cosa avrebbe fatto se lui gli avesse detto, di nuovo, che era convinto che Mayme sarebbe stata più felice con lui? E cosa, se non l'avesse nominata affatto? Non poteva permettersi di sperare. Non poteva e non sarebbe stato giusto. Mayme non lo amava. Mayme non era oggetto di scambio. Mayme voleva Johnny, lo voleva disperatamente, non avrebbe rinunciato a lui per nulla al mondo e Armand ne aveva avuto la prova in più di un'occasione. Se solo…
Se solo cosa? Se solo Mayme non avesse sognato di te per tutta la vita? Se solo Mayme avesse detto basta? Se solo Mayme avesse deciso che tu l'avevi delusa troppe volte? Che il ragazzo di cui si era innamorata non esisteva più? E invece eccoti qui. Sei tornato da lei. E lei non ti dirà che è troppo tardi.
"Il rispetto per se stessi…" gli aveva fatto eco Armand.
Johnny aveva annuito. "Io lo avevo perso. Perdendo anche la cosa per me più importante."
Armand aveva quasi smesso di respirare. Alla fine lei era arrivata. Non avrebbero potuto farne a meno.
"Non posso perderla di nuovo. Non posso. Non posso rinunciare. Non senza prima aver lottato per lei. Solo quando lei avrà deciso definitivamente che vuole te, io…"
"Lei ha già deciso, Johnny." Gli faceva male ammetterlo con lui, ma non aveva scelta. Sarebbe stato inutile trascinarsi ancora nell'illusione. "Lei ha deciso quando aveva otto anni e da allora non ha vacillato mai. Perché dovrebbe farlo ora? Io ho tentato in tutti i modi di farmi amare da lei. Così come credo che lei abbia tentato in tutti i modi di amarmi. Ma non è così che funziona. Tra noi tre sono io quello di troppo."
Johnny era rimasto in silenzio, poi aveva scosso la testa. "Devo sentirlo dire da lei."
Armand aveva annuito. "Credo che non stia aspettando altro."
Armand Warren ora si sente davvero ridicolo. Quanto tempo ci è voluto, in realtà? Dopo un mese Johnny era in piedi. E Mayme era con lui quando aveva chiesto cerimoniosamente a Clint la mano di sua figlia.
"Ragazzi, non credete che sia un po' presto? Mayme, tesoro, sei così giovane…"
"Per quanto mi riguarda ho aspettato anche troppo. È mio. Non riesco ancora a credere che sia qui con me. Ogni mattina mi sveglio con la paura che se ne sia andato chissà dove. Sarò tranquilla solo quando sarò diventata la signora Hardley e smetterò di farmi le trecce."
"Non parlare di me come se non fossi presente. E poi a me piacciono le tue trecce…"
Armand ricorda ogni parola, così come ricorda il picchiettare leggero sulla sua spalla e la faccia imbronciata di Beverly.
"Vergogna, Armand Warren. Origliare come una vecchia pettegola…"
Beverly che l'ha trascinato via. Beverly…
Galoppare fino a restare senza fiato. Galoppare fino a crollare a terra, sull'erba, e restare immobile a fissare il cielo azzurro sentendo i polmoni esplodere e l'aria fredda bruciargli la gola.
Armand aveva iniziato da solo, poi Beverly aveva deciso di fargli compagnia. Dopo tutto, lui le aveva semplicemente rubato l'idea.
Toccare l'orizzonte.
Armand sorrideva ogni volta che Beverly ripeteva di crederlo davvero possibile. Laggiù doveva esserci qualcosa di splendido. Forse un paio d'ali per riuscire a spiccare il volo e tuffarsi in quella distesa sgombra di nubi.
"Sei un vigliacco, Armand" aveva rotto il silenzio Beverly quel mattino di quattro mesi prima.
Non aveva fatto lo sforzo di voltarsi verso di lei. Non era necessario. La sentenza sarebbe arrivata comunque.
Beverly strappava uno ad uno i fili d'erba alla sua sinistra e glieli lanciava addosso. Un gioco che evidentemente le serviva a placare il nervosismo. "Poi potrai mandarmi al diavolo, ma devo dirtelo. Sei vigliacco e bugiardo."
Lui non aveva reagito. Non le aveva chiesto perché. Lo sapeva benissimo.
"Se vuoi disperarti fallo. Se vuoi essere felice per loro fallo. Ma cos'è che stai facendo?"
Armand si era tirato su. Cosa sto facendo?
"È evidente, Armand. Mostri loro il tuo sorriso. Aiuti Johnny a costruire la loro casa. Progettate insieme frutteti e fattorie. Ma in realtà fai pesare loro di essere rimasto tagliato fuori. È questo che si legge nei tuoi occhi. Se vuoi dimostrare che è finita, che auguri davvero loro di essere felici, allora devi crederci davvero."
Era così seria, Beverly. Non gli aveva mai parlato in quel modo. Avevano discusso spesso di Mayme e Johnny , del fatto che Mayme avesse voluto una casa di tronchi che assomigliasse alla barca costruita da suo padre e che avevano dovuto lasciare all'est, sul fiume Missouri, di come fosse bizzarro che fosse proprio la più giovane delle sorelle Warren a sposarsi per prima, del fatto che Johnny avesse finalmente deciso di mettere radici e che con ciò che suo padre gli aveva lasciato avesse comprato un appezzamento per gettare finalmente i semi del proprio futuro e di quello della ragazza che amava da sempre.
"Crederci davvero." Armand aveva sorriso amaramente. "Pensi davvero che non sia così? Forse ho dei rimpianti, è vero. Ma sono un essere umano. Come credi che sia possibile cancellare tutto quello che ho provato?"
"È possibile." Beverly si era alzata, segno che aveva l'intenzione di essere decisa e autoritaria.
Va bene. Ti starò a sentire. Dopotutto presto saremo confinanti ed è meglio non farti arrabbiare, aveva riflettuto pensando al terreno sul quale avrebbe costruito la propria fattoria.
"Se li detesti, diglielo. Altrimenti impara davvero a guardarli con occhi nuovi. Puoi farlo, Armand. Io l'ho fatto. E ti assicuro che ero sincera. Così tanto che tu non ti sei mai accorto di nulla."
O forse non ho voluto vedere, aveva riflettuto senza il bisogno di chiederle a cosa si stesse riferendo. Lo sapeva benissimo. Lo sapeva dalla sera precedente alla sparatoria, quando Beverly aveva smesso di nascondersi. E lui avrebbe voluto solo dirle "mi dispiace, non dovresti amarmi, mi dispiace". Era ciò che gli avrebbe detto Mayme in quel momento. Non era forse quello che aveva sempre tentato di dirgli? Era stato ottuso e disperato.
"È nella tua testa, Armand. Fino a quando non ti convincerai a guardare avanti, non riuscirai a fare un solo passo." Beverly era in piedi contro la luce del sole. Una sagoma indefinita che sembrava risplendere.
Dove vai? avrebbe voluto chiederle Armand. Dove stai andando? Non abbiamo finito di parlare. Ci sono troppe cose che devo dirti, Beverly…
Ma non era riuscito ad aprire bocca mentre lei spronava Tierney e la lanciava al galoppo. Aveva gridato il suo nome, tendendo la mano verso di lei, ma sapeva che non sarebbe servito a nulla. Si stava rendendo conto di avere ottenuto l'unica punizione in grado di fargli davvero male. Il suo disprezzo.
Manca poco, ormai. Non c'è traccia di malinconia in lui, solo una pace insolita. Quella lettera non la finirà mai. Perché a lei non deve spiegazioni.
Sembra l'unica a non avere perso la calma, quella mattina. È vero, lo ha pensato. Ha pensato che è bellissima con l'abito da sposa. È bellissima come lo è ogni sposa.
"Lo hai visto? Non ci ha ripensato, vero?"
Le sorride tentando di tranquillizzarla mentre Louise tenta di farla stare ferma per sistemarle per l'ennesima volta il velo. "No, non ci ha ripensato sono andato a svegliarlo all'alba ed era già in piedi." I suoi occhi la attraversano e passano oltre. La cosa non lo sorprende, ma continua a parlarle. "È più agitato di te, quindi, se almeno uno di voi due non cerca di calmarsi, dubito che riuscirete ad arrivare all'altare. Fai un bel respiro profondo, Mayme."
Lei sorride in quel suo modo incredibilmente dolce e Armand comprende che vorrà sempre bene a quel sorriso. Ma i suoi occhi fuggono ancora.
Mayme gli dice qualcosa. Lui non capisce, ma sa che non ha importanza, perché lei è già andata via. Via. Verso suo padre che deve accompagnarla. Via da lui. E lui non si volta a cercarla. Perché non la vede più. Non come la vedeva prima. È una nuvola fuggiasca che non può e non vuole afferrare.
È il suo cuore, e non solo i suoi occhi, a cercare in un punto oltre Mayme. Un punto fermo vestito d'azzurro, con i capelli raccolti e acconciati con ortensie e nastri come le altre damigelle. Il suo punto fermo. Ed è bellissima, lei sì, davvero. È bellissima e forse lo è sempre stata, ma lui lo scopre davvero solo in quel momento. Le offre il braccio e lei lo guarda sorpresa, ma è solo un attimo, poi si appoggia a lui con la mano protetta da un guanto ricamato. E non fa domande. Non gli chiede come si senta, e quasi gli dispiace, perché vorrebbe dirle che non si è mai sentito così bene.
Cara Mayme,
non importa se non ti scriverò. Non importa e non cambierà nulla. Un giorno mi guarderai, ci guarderemo, e ci chiederemo se davvero ci siamo disperati l'uno per l'altra. E rideremo pensando a quanto ci siamo sbagliati e a quanta acqua sia scivolata via sotto i nostri ponti. Vola via da me, Mayme, e sii felice. Io resto qui. Non ho più voglia di muovermi, ora. Ho trovato il mio angolo di mondo. Perché Beverly mi ama ed è naturale e così straordinario che, senza rendermi conto di quello che mi stava succedendo, abbia cominciato ad amarla anch'io. È semplicemente bellissimo.
Auguri di cuore, Mayme.