Premessa importante: The Hateful Eight uscirà nei cinema italiani il 4 febbraio 2016. Io sono una di quelle stronze che ha fatto in tempo a scaricare il leak da torrent, quindi non leggete questa recensione se volete andare a vederlo al cinema perché sul serio, non dovrei nemmeno pubblicarla. Ma dopotutto chissene.
Vai col la trama: Qualche anno dopo la Guerra civile americana, una diligenza si fa strada nel paesaggio invernale del Wyoming; i passeggeri, il cacciatore di taglie John Ruth e la latitante Daisy Domergue, sono diretti verso la città di Red Rock, dove l'uomo, meglio conosciuto come "il boia", consegnerà la ricercata alla giustizia. Lungo la strada, incontrano due sconosciuti: il maggiore Marquis Warren, un ex-soldato di colore dell'Unione divenuto un famigerato cacciatore di taglie, e Chris Mannix, un rinnegato del sud che sostiene di essere il nuovo sceriffo della città. A causa di una bufera di neve, i quattro trovano accoglienza presso un rifugio di montagna, dove ad attenderli non vi sono i proprietari ma quattro facce che non hanno mai visto prima. Bob, colui che si occupa del locale in assenza della proprietaria, in visita a sua madre, è lì rintanato con il boia Oswaldo Mobray, con il cowboy Joe Gage e con il generale confederato Sanford Smithers. Mentre la tempesta divampa, gli otto viaggiatori impareranno come la loro destinazione non sia così facile da raggiungere. Tra tradimenti e inganni, dovranno cercare di sopravvivere alla situazione.
Che io abbia sviluppato una passione insana per i western è ormai assodato. Lo stesso si può dire per Tarantino, ma confesso che da questo film mi aspettavo qualcosa di completamente diverso. E' stato un po' come guardare una cosa in cui ti aspetti che succeda qualcosa da un momento all'altro e invece no. Però in positivo.
Posso affermare con assoluta certezza che The Hateful Eight è il più alto apice della carriera di Tarantino, nonché la consacrazione totale di Kurt Russell (che è come il vino, migliora invecchiando).
Si tratta di un film lento. Lentissimo. Con monologhi infiniti che ho fatto una fatica boia a capire perché i sottotitoli in inglese erano scritti in maniera contratta (yo mama), ma che alla fine ti riempiono di soddisfazione. La pellicola è infatti suddivisa in molteplici capitoli, per la durata di tre ore e mezza circa (che io mi sono spezzettata tra la vigilia e natale), in cui partiamo da John Ruth e Daisy Domergue su una carrozza che si fermano a raccattare prima Marquis Warren e poi Chris Mannix. Qui a mio avviso c'è l'introduzione dei più bei personaggi della storia, ovvero John Ruth e Daisy Domergue. Qui
Kurt Russell e
Jennifer Jason Leigh sono letteralmente un simbionte di perfezione e cattiveria.
Una delle cose che mi è piaciuta particolarmente è che la Leigh non è una bella donna. Nel senso che non è di quelle bellezze sfacciate, ma una donna normale che ha l'aspetto sporco e graffiato che una donna avrebbe avuto nell'epoca in cui la storia è ambientata. Non ci sono gnocche strafighe, ma lei, che è perfetta, sia nell'aspetto che nella recitazione. Poi c'è Kurt Russell che vabbé, è totale. Già in Bone Tomahawk (seguirà recensione) mi ero innamorata (di nuovo) per via del suo ritorno, ma nei panni di John Ruth mi è davvero piaciuto. Si tratta di quel genere di attore che da sempre si è abituati a vedere nei panni dell'eroe, di quello che salva la situazione, un buono insomma. John Ruth non è né buono, né bravo, né bello. E' un dannatissimo figlio di puttana che non esita a tirare una gomitata nei denti di Daisy quando si incazza. E' realistico.
Marquis Warren invece è il personaggio di
Samuel J. Jackson e posso dire che francamente fa sempre la stessa parte nei film di Tarantino. Mi ha sorpresa nella seconda metà del film, dove nella baracca in cui tutti sono rifugiati, fa un lunghissimo monologo inframmezzato da immagini che onestamente mi ha stupita. Mi aspettavo litri di sangue finto (tranquilli, ci saranno comunque), non una deliziosa prova di malvagità verbale mica da ridere.
Chris Mannix è il personaggio di
Walton Goggins e in tutta onestà devo dire che è l'unico che non mi sia piaciuto. Mi repelle solo a parlarne, quindi passo oltre.
Gli eventi portano i quattro a incontrare altri loschi individui in una locanda abbandonata e, bloccati da una tempesta di neve, dovranno cercare di sopravvivere, in un crescendo continuo che porterà a un finale con un signor plot twist.
Gli altri personaggi sono Bob (
Demián Bichir), Joe Gage (
Michael Madsen), il Gen. Sanford Smithers (
Bruce Dern) e Oswaldo Mobray (
Tim Roth). Su quest'ultimo vorrei spendere due parole, già condivise dall'esimio collega
ewan_j, ovvero che la figura di Mobray sia stata scritta (in maniera anche piuttosto esplicita) per
Christoph Waltz. Spesso e volentieri (troppo spesso in realtà) si ha come l'impressione di intravedere il dott. King Schultz o addirittura Hans Landa. C'è anche da dire che Tim Roth è fin troppo bravo e riesce a riscattare il suo pg alla fine del film.
Ne ho elencati otto, ma in realtà sono nove. Il personaggio di
Channing Tatum, di cui non rivelerò il nome per non rovinare la sorpresa. Tra tutti è forse quello che spicca di più. Appare poco e ci dà la chiara dimostrazione che TUTTI, persino Channing Tatum, possono imparare a recitare bene. E parlando di Tatum non credevo che fosse umanamente possibile.
Un'ultima parola inoltre per le musiche, composte da Ennio Morricone: non mi sono piaciute, ma questo non significa che non siano belle.
In conclusione non posso far altro che consigliare la visione di questo film, che lascia veramente con una strana sensazione.