Ne hanno già parlato due inferni,
Hell e
Helldoom, e noi di Scritty ne abbiamo
chiacchierato nel nostro nuovo
gruppo di discussione, ma ritengo di voler approfondire maggiormente l'argomento qui sul mio blog.
Voglio fare l'unione di due curiosi post apparsi in rete in questi giorni:
Liberos e
I book blogger rovinano la letteratura (articolo di Finzioni che riporta le parole di Peter Stothard), entrambi articoli che mi hanno fatto sgranare gli occhi dalla perplessità.
Partiamo dal post della Murgia con un botta e risposta applicato a me e alla realtà editoriale con cui mi trovo a che fare (sia come scrittrice, sia come "operatore del sistema").
1) Gli autori che contribuiscono alla bibliodiversità con queste produzioni fragili sono benemeriti e possono iscriversi a Lìberos senza la minima restrizione, sia che si siano auto-prodotti, sia che abbiano pagato un editore per farlo al loro posto.
Prego? A prescindere dall'affermazione sugli autopubblicati, ma quella sugli editori a pagamento? Stiamo mettendo sullo stesso piano autori che PAGANO UN EDITORE (o un tipografo, eh) per pubblicare a gente che fa da sé, probabilmente senza sborsare un centesimo? No, davvero no.
2) i percorsi di pubblicazione ordinari sono presenti e numerosi sia sull'isola che fuori. Chi si auto-pubblica però questo lo sa benissimo, perché spesso arriva alla decisione del self publishing proprio perché l'editoria intermediata ha rifiutato di pubblicare la sua opera.
Ho questa vaga, vaghissima idea che si stia facendo di tutta l'erba un fascio. In alcuni casi è purtroppo così, molti autori rifiutati da editori tradizionali hanno ripiegato sul self publishing, MA NON E' COSI' PER TUTTI.
Personalmente la mia prima opera è stata autopubblicata (Automatismo Meccanico). In realtà non l'ho mai mandato a nessun editore. L'ho autopubblicato perché quel giorno mi andava di farlo, perché la ritenevo un'opera troppo breve e immatura per il mercato editoriale (e facevo questi ragionamenti quando la mia presenza al WD era ancora aleatoria, pls) e miravo per lo più a farmi leggere, cosa che è avvenuta con successo al punto che il mini romanzo vedrà una potente revisione per diventare un romanzo a tutti gli effetti che verrà poi ripubblicato con un editore che lo ha letto.
3) lo scrittore indipendente in realtà mira a essere pubblicato dall’editoria tradizionale.
Come nella risposta sopra: anche no. Poi il fatto che ci siano stati editori che hanno creduto nel mio lavoro e altri che continuano a farlo, è solo una dimostrazione di quanto l'affermazione sia sbagliata.
4) Auto-pubblicatisi in nome della filosofia dell'individualità, non hanno poi alcuna remora a rivolgersi alla comunità editoriale (librai, bibliotecari, giornalisti culturali, altri autori, reti di lettori) per promuoversi.
Capito autopubblicati? Statevene nel vostro ghetto a Varsavia.
5) Il lettore di un autore indipendente non è tutelato nell'acquisto e nella qualità dell’opera che si appresta a leggere, in quanto il testo non è stato giudicato a priori dagli esperti del settore
Che notoriamente sono dei geGNi e pubblicano invece una marea di libri di merda, in particolare nella young adult e nell'urban fantasy (o fuffa come 50 sfumature di grigio) che invece sono di indubbia qualità.
6) lo scrittore indipendente non avrà mai la necessaria competenza per pubblicare un testo che sia all’altezza di quello di una casa editrice.
Quindi in automatico lo scrittore è una capra ignorante e analfabeta che non è nemmeno in grado di scrivere. Fate uscire i libri direttamente con il nome dell'editor al posto di quello dell'autore allora, già che ci siamo.
Dopo questa marea di fuffologia applicata con lode, passiamo a Peter Stothard e alla sua convinzione che i booksblog siano la rovina della società e causa dell'imminente fine del mondo: In
un'intervista per il Guardian, il giornalista ha detto infatti che il proliferare dei book blogger dannaggia la critica seria e la letteratura stessa.
Leggendo poi il post di
Finzioni, che riporta nella lingua di Dante le parole di Sir Peter, si scoprono poi le convinzioni di questo signore, per la quale i booksblog stanno scavalcando i meccanismi della critica tradizionale, rubando così lavoro ai veri esperti e bla bla bla.
Scovate le differenze fra i due articoli, poi aggiungeteci l'Annunziata che su l'Hufflington Post Italia afferma che i blogger non vanno pagati perché "esprimono opinioni e non riportano fatti come i giornalisti" e avrete così un bel resoconto della gente a cui siamo in mano.
Buona giornata e mi raccomando, tutti a pecora.