Titolo: Il mio mondo in una frase
Fandom: the GazettE (J-rock)
Pairing: Uruha/Aoi
Genere: one-shot, introspettivo, romantico, un po' di angst
Rating: R
Avvertimenti: linguaggio colorito, riferimenti più o meno velati a scene di sesso consenziente
Commento: semplicemente una storiella che mi portavo dietro da un anno, rivista e finalmente pubblicata.
Questa, dunque, è la storia di come mi resi conto di aver preso una decisione sbagliata dietro l'altra. E proprio di questo vorrei parlarvi: di decisioni.
Uruha e la successione di eventi che lo portò a dover ammettere una scomoda verità.
Ironicamente, la prima cosa che pensai di Aoi, appena conosciuto, fu che era una delusione per le mie aspettative.
Ruki non aveva fatto altro che lodarlo ogni singola volta che qualcuno di noi aveva la malaugurata idea di chiedergli qualche informazione sul chitarrista ritmico che avremmo conosciuto - e accolto nella band, si spera!, diceva Ruki - da lì a poco.
A qei tempi aveva i capelli biondi e non gli stavano per niente bene.
Trovavo che i suoi vestiti fossero scoordinati.
Era timido e non parlava molto.
Nonostante la mia prima impressione, mi resi conto, dopo attente osservazioni, che ero rimasto ammaliato dalla sua presenza. Mi piacevano i tratti del suo viso, la pienezza e la dolcezza della linea delle sue labbra, la curva gentile dei suoi fianchi.
Mi piaceva la sua voce, non troppo bassa, nemmeno troppo alta. Le mani eleganti. Le maniere gentili. Il sorriso infantile.
Aoi era, senza dubbio, affascinante.
Dall'osservarlo a distanza all'averlo, non passò molto.
Le prime volte erano casuali, dettate dagli istinti più bassi, dall'ebbrezza dell'alcool.
Cambiò qualcosa nel momento in cui Aoi ebbe la malauguratissima idea di innamorarsi di me.
Aoi mi diceva “Ti amo” ogni volta che finivamo a letto assieme.
Io non rispondevo mai.
Mi beavo del suono della frase, semmai; del tono con cui pronunciava quelle parole, della sua voce impastata e i sospiri che fungevano da intervalli tra sillabe errate.
La prima volta in cui riuscii a capire veramente qualcosa di Aoi fu quando trovai il coraggio di chiedergli perché si vestisse sempre di nero.
“Perché trovo che i colori siano rischiosi,” mi rispose lui, “Il nero invece è assenza di tutto, è il nulla. Ogni volta che provo a mettermi qualcosa di colorato mi sento a disagio, come se avessi osato troppo”.
Mi ritrovai a pensare che sarebbe stato magnifico vestito di rosso, con quei capelli corvini e la pelle bianchissima, quindi comprai delle lenzuola rosse e la notte successiva le usai per il mio letto e Aoi, quando lo feci stendere sopra al materasso, sembrava una fotografia in bianco e nero su una parete rosso sangue.
Era così bello che mi venne da piangere.
Aoi continuava a dirmi “Ti amo” ogni volta che finivamo a letto assieme.
Qualcosa, tuttavia, era cambiato, e trovavo qualsiasi scusa per ritardare il momento in cui avrei udito quelle parole. Lo baciavo, gli rubavo il respiro che avrebbe recuperato solo dopo qualche minuto.
Una stretta sui fianchi un poco più ferrea. Una spinta più possente. Un cambio repentino del ritmo in cui affondavo nel suo corpo.
Qualunque cosa.
Tuttavia, il momento arrivava sempre e dovevo reprimere la voglia di fermarmi e urlargli di smetterla.
Invece, spingevo più forte, con violenza, stringendo i denti. Così forte che a volte lo sentivo urlare, mentre scivolava sul materasso con ogni spinta. A volte avevo la netta impressione che provasse dolore.
Comunque, non mi sono mai fermato.
Aoi diceva sempre che i colori erano rischiosi, che significava prendere decisioni e lui odiava prendere decisioni. Quando gli chiesi perché, lui rispose che, ogni volta che si arrischiava a farlo, finiva col rimanere ferito e che l’ultima volta gli era bastata.
“Cos’è successo l’ultima volta?” gli chiesi.
“Ho iniziato ad amarti.”
Mi ritrovai a fissare il suo profilo ed in quel momento fu come vederlo per la prima volta; notai le spesse occhiaie sotto un paio di occhi gonfi, come se avesse smesso di piangere solo pochi minuti prima e mi resi conto che probabilmente era proprio così.
Quella notte Aoi mi disse “Ti amo”.
Tutto ciò che udii fu “Ti odio.”
Suppongo di aver capito di amare Aoi quella volta in cui lo scopai così forte da farlo sanguinare.
Tralasciando l’aspetto e l’apparenza, sono tutt’altro che fine e un amante non propriamente gentile; non amo la violenza, questo no... Infatti, in quel momento, non avevo la più pallida idea di cosa mi stesse prendendo, di cosa mi stesse salendo dentro e annidando nel petto. Sapevo solo che volevo di più e affondavo e spingevo come se fosse l’unica cosa da farsi.
Ricordo che ero steso di fianco ad Aoi, come lui tentando di riprendere fiato, quando, con la coda dell’occhio, vidi una sua mano sparire fra le gambe e ricomparire coi polpastrelli coperti di sangue.
Fu in quel momento che mi si spezzò qualcosa dentro.
Inutile dire che diedi di matto; in un lampo mi posizionai nuovamente fra le sue gambe, le spalancai e cercai di scostare la sua mano. Lui arrossì furiosamente e io mi ritrovai a ricordargli che non mi sembrava proprio il caso di vergognarsi in quel momento, quando meno di cinque minuti prima là sotto c’erano state più parti della mia anatomia.
Lui arrossì ancora di più e, con un gridolino ben poco virile, mi disse di smetterla. Accompagnò l’ordine con una sberla; mi sembrò opportuno ubbidire.
“Ok, ok! La smetto,” dissi alzando le mani in segno di resa.
Con mio immenso orrore, Aoi iniziò a piangere.
“Aoi... Aoi, non piangere,” gli dissi in un tono disperato, “Se non vuoi non guardo, ma stai sanguinando-“ mi bloccai, realizzando che sembrava stessi parlando con un bambino e, probabilmente, se ne accorse anche lui, perché i suoi occhi si ridussero a due rabbiose fessure.
“Smettila!”
Lo guardai con occhi spalancati, “Di fare cosa?” chiesi debolmente.
“Di fare questo,” le lacrime non cessarono di rigargli le guance, “Di fingere di preoccuparti,” singhiozzò alzandosi dal letto con un gemito dolorante e andando alla ricerca dei suoi vestiti.
Avrei dovuto fermarlo. Sapevo che avrei dovuto fermarlo, abbracciarlo, baciarlo e proibirgli di andarsene.
Ovviamente, non lo feci.
Nonostante tutto, sono sempre stato quello più debole fra i due.
Molto spesso mi chiedevo quando Aoi avrebbe deciso di mettere fine a questa farsa e smetterla di farsi del male. Io ero sempre stato egoista e sapevo che non sarei stato capace di lasciarlo andare di mia spontanea volontà.
Quando Aoi disse “Basta!”, comunque, fui colto alla sprovvista e quando mi urlò in faccia che amarmi era stata una pessima idea, che faceva troppo male, mi tornarono in mente le sue parole.
“Cos’è successo l’ultima volta?”
“Ho iniziato ad amarti”
Ero così stupido ed egoista da essere pronto ad aggrapparmi a qualsiasi cliché, piuttosto che ammettere di amarlo a mia volta.
“Non possiamo scegliere chi amare, Aoi”
“Però ho scelto di non evitare di farlo,” disse prima di voltarmi le spalle ed andarsene.
Non lo seguii.
Ero un vigliacco e lo sapevo.
Questa, dunque, è la storia di come mi resi conto di aver preso una decisione sbagliata dietro l'altra. E proprio di questo vorrei parlarvi: di decisioni.
Ogni giorno veniamo sottoposti a delle prove e veniamo messi nella posizione di dover prendere decisioni; alcune sembrano quasi irrilevanti, altre sono enormi.
Aoi diceva che odiava il fatto di dover decidere, nonostante ciò finiva sempre col farlo e non esitava a mettere in gioco tutto ciò che era ed aveva per fare in modo che le cose andassero bene. Tuttavia molto spesso le cose andavano male e io sapevo che, specialmente per quando riguardava la sua vita amorosa, aveva sofferto molto. Perché aveva scelto di amare senza riserve.
Aoi è una persona piena di buoni sentimenti ed è capace di amare in modo quasi totale.
Tanto amore a volte spaventa.
Aveva scelto me e io, di quell'amore, non sapevo che farmene.
Lo amavo. Lo amo. Di questo ne sono certo e, a costo di sembrare sdolcinato e prevedibile, non credo esista un'espressione abbastanza esaustiva per esprimere la grandezza del mio sentimento.
Quando mi era stata offerta la possibilità di ricambiarlo, non l'avevo fatto e mi crogiolavo nella convinzione di non esserne capace: ero molto bravo a mentire a me stesso.
La differenza che c'è fra me e molte altre persone è che a me fu data una seconda possibilità e ogni giorno ringrazio qualsiasi entità ci sia lassù per avermi messo accanto una persona come Aoi.
Il punto, comunque, è che non si sa mai quando ci possa capitare davanti la possibilità di essere felici e sentirci completi; dobbiamo avere il coraggio di scegliere e metterci in gioco.
Ora sono sicuro che la curiosità sta prendendo il sopravvento nelle vostre testoline e vi state chiedendo cosa successe dopo che Aoi se ne andò.
Potrei raccontarvelo ma, visto che stiamo parlando di scelte, ora scelgo di non farlo. Per me non sarebbe un problema, ma Aoi è una persona molto affezionata alla propria privacy e non ho certamente voglia di guadagnarmi il suo disappunto e - detto proprio fra noi - rischiare di andare in bianco.
Quindi le mie labbra sono sigillate.
Per ora.
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