Fandom: Shingeki no Kyojin
Personaggi: Eren, Mikasa, Armin
Rating: safe
Avvertimenti: future!fic
Wordcount: 569
Cosa sto per leggere: il trio che fluffa guardando l'oceano, tutti sono felici e l'angst non esiste
Scritta per la #nottebianca19 di
maridichallenge Posa le mani a terra e le dita affondano in fili d’erba umidi. Il sole svetta ancora alto sopra l’orizzonte lontanissimo e piatto, l’oceano ha un colore chiarissimo, la brezza è talmente sottile che niente sembra muoversi, là sotto, ai piedi dello scoglio. Il loro scoglio.
Solleva il mento e chiude gli occhi. Il silenzio è quasi assoluto ed è così che gli piace, senza rumori se non quelli gentili del mondo che vive e cresce; il mare che spinge contro le rocce prima di esser risucchiato dall’oceano, le foglie agitate di tanto in tanto da una folata di vento, un gabbiano che sbatte le ali sopra le loro teste prima di planare verso lo specchio d’acqua, sfidando la corrente d’aria. Lui, assieme a tutti gli altri, è morto e rinato una seconda volta nel momento in cui l’ultimo gigante è caduto e le porte delle mura si sono spalancate di fronte ai suoi occhi. Il mondo era così piccolo, nelle mani dell’uomo. In realtà è così vasto, e ha scoperto che non gli appartiene, né appartiene a nessuno di loro; esiste da sempre, ed ha continuato ad essere anche quando le loro vite minuscole erano in gabbia. Continuerà a vivere persino quando non rimarrà nessuno ad abitarlo.
Due paia di passi si avvicinano senza fretta alle sue spalle. Ha imparato a riconoscerne il suono sordo e soffice, anche se all’inizio gli era sembrato strano. “Eren”, lo chiama una voce che conosce da quando ha memoria, calda e sintetica. Non ha bisogno di voltarsi. Aspetta che siano Mikasa e Armin a raggiungerlo, e si siedano accanto a lui, sul ciglio dello scoglio che affaccia sull’oceano. Casa loro è questa, adesso.
“Te ne stai tutto il giorno qui fuori”, dice Armin, sporgendosi per cercare i suoi occhi. Eren si volta e stringe le spalle mollemente.
“Non so come fate voi a stare altrove”, è l’unica risposta che riesce a dargli. Lo vede sorridere come faceva da bambino, quando si raccontavano storie della vita che avrebbero vissuto al di fuori delle mura. Nemmeno nelle loro fantasie infantili il mondo era stato tanto meraviglioso.
“Fra poco è pronto da mangiare”, soffia Mikasa.
“C’è tempo”, le risponde.
Lei si sfila per metà la sciarpa rossa dal collo e la attorciglia attorno alle sue spalle, legandoli assieme, prima di poggiare una guancia contro di lui. “Così non prendi freddo”, gli mormora, e il suono bassissimo della sua voce gli vibra addosso facendolo sorridere. Non l’ha mai fatto quando vivevano all’interno delle mura, non le ha mai detto nemmeno grazie per tutte le volte in cui si è presa cura di lui. Ora la bacia fra i capelli che profumano di vento e mare, e ogni altro gesto gli sembra superfluo. Afferra la mano di Armin e lo trascina contro di sé, costringendolo ad accoccolarsi contro il suo petto.
“Non ho troppa fame”, sibila con gli occhi al cielo, le dita attorcigliate fra le ciocche di Armin e le sue mani che gli accarezzano distrattamente le gambe.
“Nemmeno io”, mugugna il ragazzo più piccolo.
Mikasa sbuffa eppure, senza nemmeno vederla, Eren la sente sorridere. “Solo cinque minuti”, concede, ma alla fine ne passano dieci e loro chiudono gli occhi, con le braccia intrecciate ed i visi vicini, come quando erano piccoli, e si addormentano con il profumo di salsedine sulla pelle. Lo stesso sapore che ha la libertà, il sapore che probabilmente ha la vita.