[Free!] The (guy at) the rock show

May 07, 2015 00:19

Fandom: Free!
Pairing: Sousuke/Rin
Avvisi: band!AU (+ groupie!Sousuke)
Rating: NSFW
Wordcount: 4948
Di cosa parla: Sousuke è innamorato perso di Rin. Rin è il cantante della sua band preferita. Fino ad oggi Sousuke credeva - sbagliandosi - che avere il suo autografo gli sarebbe bastato.
Scritta per la Notte Bianca di free_perlatrama.


Non è la prima volta è di certo non sarà nemmeno l’ultima, eppure Sousuke non riuscirà mai ad abituarsi abbastanza da riuscire a rilassarsi e a godersi l’attimo. Perché, a conti fatti, non si tratta che di un istante - non il concerto, naturalmente, anche se quello non dura mai quanto dovrebbe. No, lui sta pensando a quel momento, l’unico che abbia davvero importanza, ormai, e che lo trattenga dal piangere tutte le sue lacrime sulle migliaia di Yen che ha buttato dietro a questi maledetti tour.
Questa sera la gente spinge più del solito contro le transenne, le urla salgono al cielo come una spirale impazzita, si sente mani addosso ovunque ed è sicuro di voler piangere, o anche solo azzannare qualcuno o abbandonarsi all’istinto di scappare, correre via il più lontano possibile, abbassarsi il berretto sugli occhi e farsi strada a spallate fuori dalla folla di ragazze letteralmente fuori di sé. Perché c’è anche questo minuscolo ma non del tutto indifferente dettaglio da considerare: pare sia l’unico uomo immerso in questa fiumana di donne senza controllo. Non è un pensiero che gli fa particolarmente onore, se ne rende conto, ma ormai ci ha fatto il callo, e comunque non gli importa granché fintanto che può avere il suo attimo di gloria.
Alla fine, dopo decine di torturanti, infiniti minuti di dolore misto ad eccitazione mista ad inquietudine mista ad un irrefrenabile bisogno di strozzare la biondina che non ha ancora smesso di squittirgli dritto nei timpani, la band fa la sua trionfale comparsa. Ed eccolo, in mezzo a tutti gli altri, il suo Rin (Rin, solo Rin, a conti fatti non può ancora vantare alcun diritto di possedimento. La storia della sua vita).
Si spinge in avanti con tutta la forza che ha in corpo, rischiando quasi di rovesciare le transenne e di finire in braccio ad uno dei bodyguard. Non gli importa nemmeno di questo; vuole solo il suo autografo (che probabilmente finirà nello scarico del cesso assieme a tutti quelli che l’hanno preceduto) così da avere l’ennesima occasione (non saranno mai abbastanza, tanto) di tirare fuori il migliore dei suoi sorrisi del cazzo ed avere il suo dannato istante con quello stronzo dai capelli rossi ed il sorriso più affilato e schifosamente meraviglioso che abbia mai visto. E quando tutto sarà finito potrà tornare a casa, come mille altre volte, e sentirsi uno schifo perché, onestamente, che cosa cazzo potrà mai farsene di un attimo passato a cercare di farsi notare da uno sconosciuto che probabilmente non avrà nemmeno la voglia o il tempo di guardarlo in faccia?
Le urla si alzano, isteriche, e sa che la band è al completo, pronta per l’incontro con i fan. Chiude gli occhi. Prende un respiro - uno di quelli profondi, che fanno quasi male al petto. Sente le dita sbiancare attorno al biglietto, attorno al pennarello indelebile. Fa tutto male - i timpani, la spalla, le gambe, la testa, l’ultimo cazzo di briciolo di orgoglio che per qualche assurdo motivo gli è rimasto imbrigliato addosso -
“Ah! Rin-chan, eccolo, è lui~!”
Spalanca gli occhi. Tristemente, con tutte le volte che ha dovuto ascoltarla, quella di Nagisa è una voce che non potrebbe mai equivocare. Le fan tutt’attorno sembrano vibrare d’eccitazione quando il biondino getta letteralmente le braccia al collo di Rin, rubandogli una risata frizzante come bollicine.
“Ha ragione”, sente Rei intervenire, “è ancora qui.” E, per un istante, è persino convinto che i loro sguardi s’incrocino.
Anche Makoto si aggiunge presto al gruppetto, i capelli castani ancora umidi di sudore, la fronte imperlata e lucida, il suo solito sorriso fin troppo gentile, che si piega appena imbarazzato quando un paio di ragazze iniziano ad urlare ed agitare le braccia in aria come vergini possedute dal demonio. Lo vede avanzare verso Rin e sussurrargli qualcosa all’orecchio e poi - cosa? - allungare un’occhiata verso di lui, sorridere piano, forse persino fargli un cenno lievissimo del capo. Sousuke distoglie lo sguardo, una leggera inquietudine che inizia a prudergli nel petto.
Haruka è, come da copione, l’ultimo a concedere l’onore della propria presenza.
“Tch”, non riesce ad evitarlo, gli prude la mandibola ogni volta che gli pianta gli occhi addosso. Lui è l’unico su cui Rin sembri non poter fare a meno di spalmarsi ad Ogni. Cazzo. Di. Concerto.
Non ci pensa nemmeno a distogliere lo sguardo quando anche Nanase dirotta gli occhi nella sua direzione - al contrario, se ha una smorfia stampata fra le guance si assicura di ricalcarla per bene, in modo che l’altro non possa pensare in nessun modo di essersi equivocato. Non ha mai capito per quale assurdo motivo le fan impazziscano per lui, più di tutti gli altri, con quella sua stupida faccia da sgombro, mai che si degnasse di sorridere durante le interviste o le sedute di autografi, mai che riuscisse a mostrare un briciolo di gratitudine o entusiasmo.
“Oi.”
Cazzo.
Merda merda MERDA.
Si volta quel tanto che basta per -
Rin. Rin Matsuoka. Il bastardo per cui s’è fatto quattro ore di treno, questa notte, prima di accamparsi alle sei del mattino fuori dallo stadio per assicurarsi i posti in prima fila. Lo stesso stronzo che ora lo sta fissando, negli occhi un’espressione vagamente stranita, un mezzo sorriso che non arriva ancora a increspare le labbra, come se avesse sospeso il giudizio (su cosa, esattamente, non è nemmeno sicuro di volerlo sapere). Pare calare il silenzio, tutt’attorno, all’improvviso (o forse è solo un’impressione perché - cazzo - Rin lo sta fissando per motivi che non riesce a spiegarsi e non ha idea di quel che dovrebbe dire, adesso, e ovviamente non sente nient’altro che non sia il fottuto suono del cuore implodergli nel petto).
“Oi”, mugugna. Dov’è il suo sorriso del cazzo quando serve?!
“E’ il tuo primo concerto?”, gli chiede Rin.
“Ah?”, è il dodicesimo e ho già un posto prenotato all’inferno per questo. “No, perché?”
“Mh.” Rin stringe le spalle, inclinando debolmente il capo di lato, fissandolo un poco più a lungo. Poi, dal nulla, come la prima goccia di pioggia estiva che ti scivola sulla guancia, i suoi occhi si accendono di luce e le sue labbra esplodono d’un sorriso inaspettato, bellissimo. “Sousuke.”
- cosa? -
Il sorriso di Rin, se possibile, diventa ancora più raggiante.
“Sousuke. Non ti avevo riconosciuto. È il tuo nome, giusto?”
“Ah - si, ma - come? -“
“L’autografo”, lo interrompe, “ti ho chiesto un po’ di volte a chi dedicarlo, e mi hai detto ‘Sousuke’.” Glielo spiega come se fosse la nozione più elementare, la legge cardine dell’universo. Ed è meraviglioso da far schifo - da mozzare letteralmente la voce.
Annuisce, sforza un sorriso che è sicuro sia uscito sbilenco e un po’ idiota, ma per l’ennesima volta non gli importa. Rin si è ricordato. Rin sa chi è lui. Rin non ha nemmeno dimenticato il suo nome, sta trovando il tempo e la voglia di guardarlo in faccia, solo lui, nessun’altra.
“Mi sa che non ci siamo mai presentati ufficialmente, comunque.”
Sousuke esita per un attimo. Tiene le dita ben avvinghiate attorno al biglietto del concerto, che probabilmente sarà ormai da buttare. Ma poi, quando Rin sorride, gli torna in corpo il coraggio di far qualsiasi cosa.
E solleva una mano. Gliela porge - non tremare non tremare nontremare non -
“Rin Matsuoka”, l’altro gliela stringe. Le sue dita sono lunghe e sottili, inaspettatamente forti, dalla presa sicura. “È un piacere conoscerti, Sousuke.”
“È lo stesso per me”, e potrebbe piangere.
Potrebbe perdercisi, in questo istante. Il mondo potrebbe ribaltarsi o scomparire che lui starebbe ancora stringendo la mano di Rin, cercando infinite ragioni per non doversi mai staccare dai suoi occhi.
Finchè -
“Riiin-chan~!”
Nagisa abbraccia Rin, quasi lo trascina via, disincastrando di violenza la loro stretta.
“Non essere scortese!”, quasi gli miagola addosso, il biondino, petulante ma a suo modo carino. “Invitalo di là, no?”
Rin esita. “Ma non so se -“
“Eddai!”, Nagisa lo scuote, Rin ride come se non fosse in grado di fare altro. Alla fine, Hazuki torna a rivolgersi a lui, allunga prepotentemente una mano e, senza chieder permesso, lo strattona verso di sé. “Vieni”, gli dice, facendo cenno ad uno dei bodyguard di aprire le transenne. “Ti accompagno nel backstage, qui c’è troppo casino.”
“Ah - ma non ho un pass, io -“
“Non ti preoccupare.” Nagisa è piccolo e minuto, ma mentre lo trascina via dal caos, lontano dalle voci e da altri mille sguardi rapaci puntati su Rin - mentre si volta a sorridergli in silenzio, Sousuke è sicuro che con quelle mani, con quelle braccia sottili, potrebbe rivoltare il mondo intero. Un grazie gli rimane strozzato in gola, ma non riesce a trovare l’occasione per dargli voce - non quando l’ultima cosa che Nagisa gli dice, prima di sparire oltre i cancelli del backstage, è: “Rin-chan è il tuo lasciapassare, non hai bisogno d’altro.”
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Il tempo non passa mai durante le date dei concerti. Ci è abituato dopo tutte le giornate intere che ha passato fuori da stadi o locali, armato solo di qualche panino, una manciata di manga e fin troppa pazienza. Persino una volta che si ritrova in piedi in prima fila e le luci si spengono ed il vociare generale si trasforma in urla isteriche, persino allora contare i minuti non serve a nulla, perché tanto il momento in cui la band uscirà sul palco - non quella di supporto, quella vera, quella che si è fatto i chilometri per ascoltare - è sempre troppo lontano, troppo in là. Ma c’è del bello anche in questo, dopotutto: l’attesa non gli dà fastidio, dà un senso a tutto quanto, riempie di colore il momento finale, che per qualche motivo a cui non ha voglia di dar peso è generalmente rosso.
Eppure oggi no, non ha davvero la pazienza per aspettare, perché dietro le porte chiuse di un camerino, immerso in odori che non gli appartengono, perso in un ordine che un po’ lo confonde, i minuti che si inseguono non sono carichi di adrenalina e di anticipazione, ma anzi fanno un po’ paura. Lo spaventano perché le sue fantasie non si erano mai spinte così oltre, perché lui è una persona estremamente pratica, con i piedi per terra, e per quanto il poster del suo gruppo preferito nascosto nell’armadio e le innumerevoli playlist dedicate a suddetta band caricate su un lettore mp3 che nessuno, ma proprio nessuno ha il permesso di usare potrebbero tradire una certa dedizione un poco ossessionata, lui non si è mai concesso sul serio il lusso di sognare qualcosa del genere.
Sarà per questo che, adesso che ci è finito in mezzo, fa un po’ più paura di quanto dovrebbe. Non è preparato, non l’ha mai voluto, le sue fantasie non si sono mai spinte oltre una stretta di mano, qualche sorriso un po’ più intimo, parole scambiate e discorsi che si è ripetuto in testa mille e più volte e non ha mai avuto il coraggio di tirar fuori davvero. Cose piccole e stupide, ehi, piacere, mi chiamo Sousuke, ti seguo ad ogni concerto, stasera sei stato davvero fantastico, e l’illusione un po’ infantile, ma importante per lui, che Rin ne sarebbe rimasto impressionato. Gli sarebbe bastato, e non avrebbe fatto così paura.
Quando la porta si apre, alla fine, chissà perché per un attimo ha l’impressione che da dietro di essa possa sbucare chiunque - un addetto alla sicurezza venuto a scortarlo fuori, l’agente, il manager, uno qualsiasi dei membri della band - ma non Rin.
Rin che si è solo lasciato convincere dall’insistenza di Nagisa, Rin che ha cambiato idea, Rin a cui non importa niente di lui, in fondo, Rin che ha mandato qualcuno a chiedergli di andarsene.
Rin che, alla fine, senza troppi giri di parole, è solo Rin, in carne ed ossa. Si sente un idiota a livelli intergalattici.
“Scusa il ritardo”, entra nella stanza, chiude la porta e si sfila la giacca di dosso come se avesse bisogno di farlo da ore. Dalle sue labbra sfugge un sospiro stanco, ma in qualche modo sollevato. “Spero che Nagisa non ti abbia fatto impazzire”, lo mette su, un mezzo sorriso, alla fine.
Sousuke scuote il capo. “A parte il mezzo infarto all’inizio? No, è stato piuttosto gentile”, e forse lo dice con il tono da chi non si aspettava un cosa del genere, perché sente una risata piccola e divertita sfuggire dalle labbra strette dell’altro. Batte ciglio. Rin è bellissimo. Se l’è ripetuto talmente tante volte che ormai il pensiero ha quasi perso senso, ma ora che lo vede così, esausto e disordinato ma a suo modo composto, gli piace più che mai. “Senti”, trova il coraggio di chiedergli, “ma sei sicuro che vada bene che io sia qui? Non vorrei creare casini o dare fastidio.”
Lui stringe le spalle, abbandonandosi su una sedia. “Non c’è problema. Dopo il concerto ce ne stiamo ognuno per i fatti propri, non verrà nessuno a disturbare.”
“Ah”, è tutto quello che riesce a rispondere. Un soffio, poco più, anche se disturbare cosa?, vorrebbe chiedergli.
Una manciata di minuti trascorrono così, immersi nel loro silenzio, avvolti da una pace che Sousuke non è sicuro sia piacevole o solo dannatamente frustrante. Eppure non riesce a trovare la volontà di interrompere il riposo di Rin, che intanto ha allungato la schiena e gettato il capo all’indietro, ad occhi chiusi e con quei suoi capelli rossi che scivolano oltre le spalle distese. Lo guarda per tutto il tempo, e lo sta ancora fissando quando, dopo un po’, le labbra di Rin (ma non i suoi occhi, quelli rimangono chiusi) si dividono. “Sei piuttosto tranquillo, sai?”
“Mh?”
“Non hai detto una parola da quando sono entrato.”
“Nemmeno tu.”
Una curva appena accennata si disegna fra le guance di Rin. “Hai ragione. Ma sei tu il fan, no?”, sospira, quasi distratto.
Sousuke non dice niente, invece inizia ad avvicinarsi. Non lo sa bene, il perché. Mentre muove in silenzio il primo passo verso la sedia, ipotizza che sia perché in fondo, da qualche parte nella sua testa, ha sempre voluto farlo, ma poi, quando c’è anche solo mezzo metro in meno a dividerli, quando il viso rilassato di Rin è un po’ più vicino, quando i suoi capelli sono a portata per essere sfiorati, capisce che non è così. Anzi, è tutto il contrario. Non è una cosa che ha mai pensato o desiderato fare, ed è per questo, perché non esistono aspettative, perché non è uno di quei discorsi che ha immaginato fino all’esaurimento, perché non c’è nessuna fantasia di rincorrere o da veder delusa, che decide di baciarlo. Di chinarsi senza far rumore e poggiare le labbra sulle sue, e innamorarsi del loro sapore.
Dura più di un istante, questa volta. Aspetta, senza fastidio aspetta un rifiuto, senza rimpianto conta i secondi e non gli importa di niente, o così crede, ma quando la bocca di Rin si schiude appena sotto la sua, quando un paio di dita arrivano a toccargli la guancia, quando una lingua, con la punta, gli sfiora la linea delle labbra, inizia ad importargli eccome.
Rin apre gli occhi ma non si scosta, ed il modo in cui curva le labbra e sorride contro le sue è talmente delizioso che vorrebbe non finisse mai. “Sei sempre venuto a tutti i nostri concerti”, fiata, la voce che è un filo sottile che si potrebbe perdere fra le dita. Sousuke borbotta qualcosa, senza essere del tutto sicuro di quello che vorrebbe rispondergli. “La tua costanza è ammirevole”, continua Rin, le labbra che ora si sporgono a pizzicare le sue. “Tutti sanno di te, penso che Nagisa potrebbe mettersi a piangere se un giorno non ti vedesse in prima fila.”
Iniziare a sentire le guance bollire ed il bisogno di staccarsi da lui (persino di mollargli un pugno da qualche parte, probabilmente) ma per qualche motivo il suo corpo non risponde come dovrebbe.
“Volevo davvero conoscerti, sai, Sousuke.”
Chiude gli occhi, alla fine. Decide che è meglio così. Rin solleva le braccia e le intreccia dietro le sue spalle, lo trascina giù per rubargli un secondo bacio che ha un sapore un po’ più intimo e che sembra non potersi consumare mai.
“Sei proprio un tipo tranquillo”, ripete in un attimo di respiro. “Mi piace.”
Le sue parole gli si sciolgono contro i timpani come miele, e non vuole sentire altro. Rincorre un bacio che Rin non osa negargli, quasi non si accorge lui stesso di esserglisi spostato di fronte, di aver ancorato le mani allo schienale della sedia, ai lati del suo collo esposto, di avergli spinto la lingua fra le labbra, contro i denti, ad accarezzare il palato rubandogli fiato. Rin allarga le ginocchia solo per richiuderle ai lati delle sue gambe, trascinandolo verso di sé con un sorriso che Sousuke non sa trattenersi dal divorare. Dopo un po’ sente un paio di mani impuntarsi contro il petto, allontanandolo quel poco che basta.
“Sousuke”, Rin lo chiama, e solo ora Sousuke si accorge di quanto il suo respiro abbia iniziato a perdere regolarità e le sue guance a prendere una punta di colore.
“Che c’è?”, mugugna.
“Di solito stiamo una mezzoretta da soli nel backstage prima di tornare in hotel, sai, per riposare o incontrare la gente con il pass.”
“Tipo me.”
Sousuke intravede appena la linea di denti dietro il sorriso affilato di Rin. Potrebbe impazzire. Rin-chan è il tuo lasciapassare. Non hai bisogno d’altro.
Rin piega il capo di lato, sorridendo deliziato (probabilmente perché lui s’è fermato a fissarlo un po’ troppo a lungo e con un po’ troppa insistenza). “Stai aspettando un invito? Guarda che la mezzora finisce fra poco, poi dovrò andarmene.”
Probabilmente se ne pentirà, ma tira fuori la sua migliore espressione finta-interrogativa, con tanto di sfarfallata di ciglia e fronte aggrottata. C’è una prima volta per tutto, immagina. “Invito per cosa?” E pare persino che funzioni, a giudicare dal modo in cui Rin lo guarda spaesato, per qualche istante, allentando la presa attorno ai suoi fianchi.
“Sul serio?”, gli domanda. Sousuke stringe le spalle. “Sei qui solo per una chiacchierata con il tuo cantante preferito, quindi?”
“Quando ho detto che sei il mio contante preferito?”
Rin lo fissa, dritto negli occhi, per secondi interi che si stiracchiano senza finire mai, e questo è più o meno il momento in cui Sousuke si pente delle sue pessime scelte di vita recenti. E invece, alla fine, le labbra di Rin si sciolgono in un sorriso piccolo piccolo e Sousuke può di nuovo respirare. “Hai ragione, devo averlo intuito dal modo in cui mi guardi ad ogni concerto.”
Deglutisce.
È bello. Cazzo, Rin è bello, così, disteso sotto di lui senza un briciolo di resistenza, è ancora più bello di quando agita il culo sul palco.
“Tu sei fuori”, gli dice, ma forse sta parlando a sé stesso.
“E tu non hai voglia di scoparmi, Sousuke?”
Si, cazzo, si.
“Voglio solo che la smetti di dire il mio nome continuamente.”
L’altro ride. Ride sempre, come se non ci fosse niente di brutto o cattivo al mondo, solo motivi per cui ridere in quel modo discreto e per nulla invadente. Ne è ipnotizzato. “Ti dà fastidio?”
“Un po’.” Ma la verità è che, ogni volta che lo chiama, la sua voce suona talmente oscena da rubargli, briciola dopo briciola, gli ultimi rimasugli di autocontrollo che era convinto gli fossero rimasti addosso.
“Come vuoi.”
“Grazie.”
Dita salgono lungo i fianchi fino a che un paio di mani si posano sulle sue spalle. Non l’ha mai fatta toccare a nessuno, la destra, dopo l’incidente, ma ora davvero non gli importa. “Allora?”, soffia l’altro.
“Allora cosa?”, Sousuke si china appena. Lo sa benissimo cosa, ma vuole sentirglielo dire ancora.
“Mi scopi o no?”
“Lo chiedi a tutti quelli che ti porti in camerino?”
“Mai fatto prima d’ora.”
“Farò finta di crederci.”
Gli strappa una risata. Ha paura di chiedergli il perché.
“Sousuke - ah, scusa, niente nome, hai ragione. Lo sai che fai un po’ paura con quel muso sempre serio?”
Sousuke inarca le sopracciglia e decide di non dargli corda. “Quanto tempo abbiamo?”, gli domanda invece.
“Ti pare che sia qui a contare i minuti? Muoviti e basta al posto di parlare.”
Uno stronzo, ma uno stronzo che ha ragione. Ed il fatto che non sia ancora arrivato ad odiarlo, a questo punto, è piuttosto indicativo della voglia che ha di infilargli le mani nelle mutande; almeno così, forse, riuscirà a farlo tacere e potrà finalmente guardarlo e basta. La cosa che gli riesce meglio, dopotutto, ed è più o meno il motivo per cui non distoglie gli occhi nemmeno per un attimo (nemmeno mentre lo bacia e l’altro abbassa le palpebre e lo stringe su di sé) mentre gli sfila la maglietta dalle spalle e poi gli slaccia la cintura, e Rin non ci prova nemmeno a trattenere il mugolio deliziato che sfugge dalla curva delle sue labbra.
“Non sulla sedia, ti prego”, gli soffia contro l’orecchio a un certo punto, mentre lui gli sta lasciando baci umidi sul collo e la clavicola. Per un attimo è convinto di aver dimenticato come si respira. Ti prego.
“Mh”, riesce solo a dire; è tutta l’eloquenza che gli è concessa, stasera. Allaccia le braccia dietro la sua schiena, Rin getta le proprie attorno alle sue spalle ed avvolge le ginocchia ai suoi fianchi, lasciandosi sollevare e poi adagiare sul bordo di un tavolo talmente ordinato e pulito che non ha bisogno di spingere per terra niente, per fare spazio. È surreale, un po’ come l’enorme specchio appeso alla parete dietro il tavolo, che gli restituisce il riflesso della schiena nuda di Rin, delle sue spalle tese e delle ciocche di capelli che si adagiano senza criterio ai lati del collo. Potrebbe girarlo e scoparlo da dietro, costringerlo a guardarsi in faccia mentre entra dentro di lui - si domanda, in effetti, se Rin sia cosciente dell’effetto che può fare, il suo viso, ma per l’ennesima volta non gli importa e non ha la pazienza di scoprirlo. Vuole guardarlo e vuole essere guardato, vuole che in questo momento non ci sia nient’altro nei suoi pensieri, vuole ritagliare via da sé e da Rin ogni dettaglio inutile ed ogni distrazione, vuole rimanere intrappolato in questo camerino e fra le sue braccia per sempre.
Quando gli sfila i pantaloni e la biancheria, Rin subito allarga le gambe e distende la schiena, lo vede sussultare a contatto con la superficie fredda dello specchio e poi ridere fra sé con una punta d’imbarazzo. Sousuke si perde a guardarlo quando lui allunga una mano per afferrare la sua, accosta le sue dita alle labbra ed inizia a succhiare, prima accarezzandole solamente con la punta della bocca e poi percorrendole con la lingua. Vorrebbe baciarlo e urlargli di smetterla e allontanarsi e stringerlo fra le proprie braccia, ma non riesce a trovare la forza di fare nessuna di queste cose. Lo fissa, invece, con le labbra aperte per metà ed il respiro che inizia a diventare bollente, fino a quando Rin non si sfila le sue dita di bocca e le guida in mezzo alle proprie cosce, oscenamente spalancate. Gli lascia andare la mano e lo strattona verso di sé, talmente forte che Sousuke rischia di cadergli addosso - eppure non ha nemmeno il tempo di protestare.
Sente il respiro di Rin contro l’orecchio, e la sua voce lo punge come un ago. “Devo farti vedere come si fa?”
Questa volta a Sousuke sfugge un sorriso. Un po’ gli spiace, perché probabilmente Rin non potrà vederlo, ma è quasi sicuro che l’altro l’abbia sentito incurvarsi contro il collo. Non lo degna di alcuna risposta, però. Lo bacia piano su una spalla e poi spinge dentro il primo dito, saziandosi del verso squisito che emette Rin ed accogliendolo contro il proprio petto. “Ah - no, sembra proprio che tu sia capace.”
Sousuke sbuffa, non riesce a farne a meno, come non riesce a fare a meno di mordergli le labbra quando Rin geme di nuovo e lo invita allargando le gambe in maniera oscena.
“Muoviti”, lo sente tremare poco dopo, corpo e voce, contro di sé. “Entrami dentro.”
Sousuke sfila le dita lentamente, quasi per paura di fargli male, e si abbassa a baciarlo di nuovo, lasciando che Rin allunghi le mani per slacciargli i pantaloni ed abbassargli le mutande. Spalanca le labbra e chiude gli occhi quando le sue dita stringono per la prima volta attorno all’erezione già dura, eppure riesce in qualche modo a non far rumore. Sente Rin ridere e vorrebbe farlo a sua volta.
“Ehi”, si sente chiamare.
Sousuke solleva gli occhi. Rin lo sta fissando, con gli avambracci sollevati ed adagiati sulle sue spalle, un paio di dita che gli accarezzano la nuca. “Ho il permesso di usare il tuo nome almeno mentre mi scopi?”
Sousuke non riesce a credere al modo in cui il suo sorriso, persino ora che è rotto da respiri tremanti, riesca a staccarsi da tutto il resto, dal mondo che lo circonda, e a prendere vita. Come le sue curve minuscole potessero parlare migliaia di lingue anche in silenzio. Si ritrova ad annuire frettolosamente, non sa bene perché - non è nemmeno sicuro se sia per dargli il permesso o solo per vederlo sorridere ancora. Rin si trascina verso di lui, gli stringe le braccia al collo e lo accoglie dentro di sé. Gemono assieme, e questa volta nessuno dei due osa trattenere la voce. All’inizio ogni spinta è accompagnata da una carezza o da un bacio, ma presto le unghie di Rin iniziano a impuntarsi dolorosamente contro la pelle, i suoi lamenti rimangono strozzati in respiri a metà, e Sousuke non può più trattenersi, perde il ritmo, sente le gambe del tavolo tremare contro la parete, o forse lo sta solo immaginando, non gli importa davvero. Chiude un pugno attorno ai capelli di Rin e gli trascina la testa indietro, attento a non fargli male; vuole solo baciargli il collo, esporlo come tutto il resto, sapere che, almeno per adesso, anche solo per un istante, non esiste un centimetro della sua pelle su cui lui non possa lasciare il segno. “Sousuke”, la sua voce gli scivola addosso come miele.
“Ancora”, lo bacia e spinge, glielo sussurra ad un orecchio, non smette di stringergli i capelli.
“Sousuke”, ripete Rin. Una supplica, un avvertimento. Sousuke allenta le dita e sente le sue ciocche scivolare via come fili di seta. Prende in mano la sua erezione ed inizia a masturbarlo velocemente, fino a quando non lo sente contrarsi e gemere più forte, chiamare ancora una volta il suo nome, rilasciare l’orgasmo in strisce umide che gli scivolano lungo l’addome. Il suo respiro speso si rincorre e poi si adagia, le braccia diventano molli attorno al collo di Sousuke, e questo sente la fronte dell’altro abbandonarglisi sul collo. Lo abbraccia e lo penetra ancora fino a venire, e non gli importa granché se poi sarà tutto finito. Quello che ha con Rin è fatto di momenti minuscoli e colorati, lo è sempre stato. Se è solo così che può vederlo sorridere e rimanergli vicino, dopotutto, lui può già considerarsi felice.
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“Ehi.”
Sembrano passate intere ore in un istante. Non ha idea di quanto tempo abbia trascorso disteso per metà sul tavolo a riprendere fiato. Meno di mezzora, sicuramente. Troppo poco, sicuramente. Vuole restare qui per il resto della sua esistenza.
Eppure no, si volta, richiamato dalla voce di Rin, da una sua mano che gli punzecchia la guancia. Quando apre gli occhi l’altro ride di gusto, ancora tutto nudo, con gli occhi stanchi ma vivaci.
“Non voglio farti andare a casa a piedi.”
“Mh”, mugola lui, chiudendo di nuovo gli occhi.
“Ehi”, Rin lo scuote più forte. “Sousuke, ci sei? Non voglio farti andare a casa a piedi, hai capito?”
“Idiota, mica abito qui. Sto in hotel.”
“Ok. Be’, ti ci accompagno, facciamo una deviazione con il tour bus.” Lo sente ridere. “Magari stiamo nello stesso hotel.”
“Sei scemo? Mica ce li ho i soldi per i vostri alberghi di lusso. Li ho spesi tutti in questi cazzo di concerti.”
Una pausa, poi, “Fai ancora più paura dopo aver fatto sesso.”
“Aah”, scuote il capo, dalla gola gli sfugge un sospiro. Tutto quanto il suo corpo si muove da solo, poi, quando si volta su un lato e trascina Rin contro di sé, stringendolo in un abbraccio silenzioso. “Dobbiamo andare davvero?”
“Davvero davvero.”
“Ok.” Ma non lo molla per niente.
“Dove abiti, Sousuke?”
“Cosa sei, uno stalker?”
Sente il petto di Rin vibrare contro il proprio, mentre questo ride piano. “Eddai, dimmelo.”
“Scordatelo.”
“Mh. Allora domani ti porto a casa.”
“Abito a quattro ore di treno da qui.”
“Affare fatto.”
Sousuke si scosta un attimo, lo fissa con l’espressione di chi non è sicuro di aver capito. E se anche avesse gli occhi bendati e le orecchie tappate potrebbe vederlo e sentirlo lo stesso, Rin che si abbandona ad una risata piccola e pulita, che profuma dei loro corpi ed è leggera come petali di ciliegio.
“Se ti accompagno a casa saprò dove abiti, no?”
E solo adesso, senza grandi preamboli, un pensiero si fa strada in punta di piedi e gli si aggrappa alla coscienza, annidandosi da qualche parte di confortevole nella sua testa. Il pensiero che, per una volta almeno, questo momento - il loro momento - possa durare più di un istante sospeso nel tempo, possa diventare quel domani, la prossima volta, baciami ancora a cui non ha mai osato pensare.
“Stanotte ci penso, ok?”
Chiude gli occhi di nuovo.
Immagina Rin sorridere senza dire nient’altro. Va tutto bene.

fandom: free!, pairing: sourin, rating: nsfw, warning: au, post: fic

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