The bunker in the snowsandball. (per nate_petrelli)

Oct 19, 2007 22:49

[Nathan/Peter. PG. Commenti aperti solo a nate_petrelli.]

Domenica, 24 Dicembre 2006.

Okay, no, non sono calmo, è inutile ripetermi il contrario. Ma almeno sto provando a stare calmo, e dovrà funzionare. Alla fine. Forse ( Read more... )

five_years_gone, nate_petrelli

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pete_petrelli October 27 2007, 17:10:08 UTC
Lasciar cadere la carta sul pavimento significa farla rimanere lì finchè non metterò ordine, il che vuol dire mai, ma già sono impegnato a far restare il regalo a mezz'aria dietro la mia schiena (e non deve cadere, o è finita) - perchè aprire un regalo con una mano sola è impossibile, quindi la carta rimarrà lì. Tanto non ci sono tarme nel deserto. O no?

"E'...una webcam." commento, in modo assolutamente superfluo, e sorrido. Una webcam. Non è che ricevere regali in generale non mi piaccia, è che farli è più divertente. Quindi non mi aspetto di essere sorpreso e felice o cose così, quando scarto un regalo. E invece lo sono.
"E' una webcam! Possiamo, potremo vederci e...wow, Nathan. E'...Grazie."

Mi rigiro il pacchetto tra le mani, e ancora non ho smesso di sorridere. Rimetto una mano dietro la schiena per riprendere il mio regalo e lo porgo a Nathan mentre gli siedo vicino.
Considerata la sua espressione, mi sento in dovere di aiutarlo - dopotutto è da quando ho otto anni che non gli faccio un regalo fatto a mano, il disorientamento è comprensibile.
"E' un fermacarte. Il vetro, e tutto il resto, l'ho fatto io - tutta la sabbia, qui fuori, e ho pensato...è per non far svolazzare in giro i documenti importanti, le tue carte. Quella roba lì."

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nate_petrelli October 27 2007, 17:52:30 UTC
"Hai fatto il vetro?"

L'oggetto è di forma indescrivibile. Credo che dovesse essere semisferico, nel progetto, ma il risultato è talmente irregolare che dubito starà mai appoggiato in equilibrio sulla mia scrivania. In compenso è lucido e brillante e le sfaccettature irregolari all'interno riflettono la luce in maniera... interessante. "Cioè, hai preso un mucchio di sabbia, e...?"

Mi chiedo quanto tempo ci sia voluto, e quanta fatica. Ho un'idea molto vaga di come si faccia il vetro, ma una cosa di cui sono sicuro è che ci voglia molto, molto calore.
Mi chiedo se Peter non sia esploso tentando di fare una cosa del genere. Mi sale un brivido pensando che ne sarebbe capace. Perfettamente capace.

"Non ti sei fatto male, vero? Questa storia del calore, delle mani radioattive... Non è un gioco. Non voglio che rischi di esplodere per farmi un fermacarte." Gli appoggio una mano sulla spalla. "Non è per questo che sei esploso, vero?"

Ultimamente con Peter mi sento come se fossi sempre in cerca di assoluzione.

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pete_petrelli October 27 2007, 21:39:50 UTC
Alzo gli occhi al cielo, perchè l'alternativa è chiedere a Nathan come fa ad essere un tale idiota, a volte - ed è un'alternativa che è meglio evitare, perchè mi piace la nostra media di una litigata ogni dodici ore, e non voglio rovinarla.

"No, non sono esploso per questo. Non è stato così difficile, ho cercato istruzioni su wikipedia. Ed era un modo di allenarsi come un altro, non era un gioco."

Sospiro, distogliendo lo sguardo - non sono arrabbiato. Più che altro, sono stanco. "Dio, Nathan, pensi ancora che io sia così stupido?"

Ed è una domanda retorica, perchè l'idea che ha Nathan di me non è cambiata molto negli ultimi dieci - venti... ventisette anni. Voglio dire, ogni tanto mi succede di sorprenderlo decidendo, che so, di fare l'infermiere, o esplodendo, o saltandogli addosso mentre non ricorda neanche il suo nome, ma l'idea generale di me è rimasta sempre quella. Non credo di poterci fare niente. Mio fratello vive ancora oggi nella stessa casa in cui è nato: il cambiamento in generale non è il suo forte.
E' una cosa che bisogna accettare. Il fatto è che accettare le cose in generale non è il mio, di forte.

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nate_petrelli October 27 2007, 22:48:01 UTC
"In generale? Sì. Ma ogni tanto mi sorprendi facendo qualcosa di ancora più stupido."

Gli do uno schiaffetto sulla guancia e mio malgrado sorrido. Non sapevo che Wikipedia fornisse anche istruzioni su come fare il vetro, ma facciamo pure finta che sia così, non ho voglia di proseguire questa discussione. Tutto sommato trovo abbastanza commovente, anche se incredibilmente stupido, che mio fratello rischi di esplodere (o fondere tutto l'arredamento) per farmi un regalo che entrambi sappiamo che non userò. Non perché non lo abbia apprezzato. Ma preferirei risparmiarmi gli sguardi perplessi della mia segretaria. E dei colleghi. Ho già fatto fatica a convincere il senatore Patterson che il ragazzo in smoking con me nella foto del mio matrimonio fosse mio fratello. Patterson continuava a guardare la foto come se ci fosse qualcosa di strano - Dio solo sa cosa.

(D'altra parte, io so che Peter perderà il mio regalo nel giro di un paio di mesi. Non cerco neanche di spiegarmi come farà, ma so che lo farà.)

Torno a sedere sul letto, rigirando il fermacarte di vetro tra le dita. Dopotutto ha una sua asimmetrica bellezza. Credo.

"Comunque...", alzo gli occhi, "grazie. Per il vetro. Il fermacarte. Sì, insomma, il regalo."

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pete_petrelli October 27 2007, 23:35:37 UTC
Vorrei riuscire a mantenere un'aria seccata o almeno un po' offesa (no, non è vero, ma diciamo di sì), ma Nathan che sorride è disarmante quasi quanto Nathan che mi ringrazia.
Quando fai regali per vent'anni a una persona e continui a ricevere un 'grazie' stentato meno della metà delle volte, ti abitui a non aspettartelo. Non è che ci sono mai rimasto male, eh. Mi va bene, so che Nathan è fatto così: non ringrazia, tu ringrazi lui. Non so se è una questione di principio, o se Mamma gli ha insegnato a ringraziare solo gli elettori, o non so cosa. Non gli piace.

E quindi non mi vergogno se il grazie di Nathan, ora, mi fa sorridere più di quanto mi ricordi di aver fatto in tantissimo tempo. Davvero tanto - mi sembra che non siamo seduti vicini, sorridendoci, dalla mia festa di laurea. E cavoli, è così.

"Di niente."

Poggio una mano sulla sua spalla, avvicinandomi di poco. Se sorrido ancora un po' di più comincerà a farmi male la faccia, giuro.

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nate_petrelli October 27 2007, 23:59:46 UTC
C'è stato un tempo in cui ho pensato che fare felice Peter fosse facile perché Peter era una specie di spirito semplice, o qualcosa del genere - uno che si meravigliava per le cose più insignificanti. La realtà, e fa male scoprirla ogni volta, è che fare felice Peter è facile perché non si aspetta niente da me. E anche se questo significa che può capitare in qualsiasi momento, quasi senza che me ne accorga, alla resa dei conti è incredibilmente deprimente non avere aspettative da soddisfare.

Lo sbadiglio mi sale alla bocca improvvisamente, inaspettato, e talmente forte che reprimerlo mi fa scricchiolare le orecchie.

"Scusa. Dormito poco, stanotte."

E la notte prima, e quella prima ancora, e per tutto l'ultimo mese a notti alterne. Ma non è veramente il caso di parlarne.

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pete_petrelli October 28 2007, 00:28:43 UTC
"Non fa niente."

E in questo momento davvero non fa niente. Anzi, Nathan che sbadiglia in qualche modo è - è quasi tenero. Insomma, sono io il fratellino a cui rimboccava le coperte (e non è un modo di dire. Per anni non sono stato tranquillo, senza la buonanotte di Nathan. Credo di avergli rovinato anche più di una o due uscite serali.), non mi è capitato spesso di vederlo assonnato. (A parte in quei giorni, che non si devono ricordare, perchè il momento adesso dovrebbe essere felice, e quindi no, nessun ricordo, non ora.)
Lo sguardo è più morbido, e anche gli angoli del viso sembrano un po' meno severi, e credo sia l'effetto combinato della stanchezza e del sorriso. Sembra un po' più giovane.

"Dovresti riposare un po'. Perchè non ti stendi un po'", e non è una domanda, dovrebbe farlo.
Nathan ha bisogno di dormire. Io con due ore di sonno e una giusta motivazione per stare sveglio, funziono (e negli ultimi tempi la motivazione è stata o la depressione, che il sonno lo impedisce comunque, o la voglia di salvare il mondo. Ci credo che comincio a stancarmi anch'io.) Nathan senza caffeina per più di dodici ore è qualcosa che non ho mai visto in vita mia - il che mi fa pensare che Nathan voglia tenere davvero, davvero nascosto questo lato - decaffeinato? - di sé.

Poi penso che magari Nathan non ha proprio voglia di stendersi sullo stesso letto su cui sto seduto. (Di nuovo, ricordi, Dio.)

"Se vuoi io posso andare di là, o a installare la webcam. Se ti dà fastidio che sto qui, ma tu - riposati, davvero."

Faccio già per alzarmi.

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nate_petrelli October 28 2007, 15:46:01 UTC
C'è un modo particolare che Peter ha di dirmi le cose, a volte, nel modo più veloce e indolore possibile; come se indugiare troppo sulla frase potesse far scoppiare tutte le implicazioni nascoste, che lui conosce e conosco anch'io. A volte parla troppo velocemente e non capisco neppure cosa dice, ma chiedergli di ripetere ha il solo effetto di rendere il momento ancora più imbarazzante.

Non mi piace che le persone mi vedano stanco, o stressato, o malato. Non mi piace che le persone mi vedano irritato e non mi piace che le persone abbiano modo di fare congetture su di me e sul mio stato. Non mi piace che ci siano dubbi sulla mia persona; di nessun tipo.
Ma Peter mi ha visto stanco, irritato, malato, moribondo (la gloriosa influenza con complicazioni del novembre '93), confuso, disperato. (No, in effetti quella volta era incosciente. Morto.)
Non mi piace che mi veda debole, ma a volte si può chiudere un occhio.

"Non mi dà fastidio."

Se continuiamo a pensare a quello che è successo non ne usciremo mai.

"Vieni."

Mi sfilo le scarpe e mi sposto sul lato interno del letto, lasciandogli lo spazio per occupare l'altra metà. E anche se è impossibile non ripensare al motel e al fatto che anche allora avevo il muro dietro la schiena, e il letto era minuscolo, e Peter era costretto a starmi così vicino che ci respiravamo addosso, ci sono altri ricordi dietro, più vecchi e confortevoli, a fare da cuscino.
Forse questa volta riusciremo a non cadere.

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pete_petrelli October 28 2007, 16:24:10 UTC
Esito un attimo, perchè - oh, il perchè non c'è neanche bisogno di spiegarselo. E' lì, il motivo, brillante e così vicino da scottare se solo lo fisso troppo a lungo, ma voltarmi è troppo difficile. L'immagine di Nathan disteso ricalca quella che ho già stampata nella testa - e la ricalca così bene, troppo bene, non devo neanche aggiustare troppo gli angoli di una figura sull'altra. Le linee combaciano: sono diversi solo gli sguardi.
E non so se questa è una cosa positiva o negativa, perchè sento comunque il viso scaldarsi, e devo deglutire prima di stendermi a mia volta.

Non so neanche perchè me l'ha chiesto. Non è possibile che non capisca quanto sia - pericoloso. Difficile. O forse è così solo per me, perchè allora io ero Peter e Nathan questo non può immaginarlo - non lo so.

Mi calcio via maldestramente le scarpe e mi chiedo cosa cavolo ci faccio con le mie mani, adesso, e il braccio di Nathan è lì ed è un posto come un altro per posarci una mano, no? No. Ma lo faccio lo stesso, e un po' stringo, e mi mordo le labbra prima di alzare lo sguardo e fissare Nathan.

E anche se ancora non so perchè me l'ha chiesto, altre domande si fanno più urgenti, ora. Tipo come cazzo faccio a non mettergli le mani addosso - cioè, più addosso, e altri dubbi simili, che sono davvero problematici in una situazione del genere. Molto problematici. Molto urgenti.

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nate_petrelli October 28 2007, 16:42:55 UTC
"Lo so che è difficile, okay? E' difficile anche per me. Ma ce la possiamo fare. Dobbiamo."

Scivolo sulla schiena e passo un braccio sotto le sue spalle, attirandolo un po' più vicino. Lo sento sussultare leggermente. Il corpo di Peter è caldo, del solito calore familiare e pulsante da essere umano - niente a che vedere col bruciore atroce delle radiazioni. E anche se so che la corda è già tesa fino al limite e basta un niente per spezzarla, questa è l'unica possibilità che abbiamo per fare qualcosa. Per invertire la tendenza. Per recuperare un briciolo di normalità.
Se ci riusciamo adesso, potremo riuscirci di nuovo domani, e tra un mese, e per il resto della vita. Se falliamo adesso non avremo la possibilità di fallire di nuovo.

"Stai tranquillo" sussurro. "Non sta succedendo niente."

Stringo la mano sulla sua spalla, attirandolo ancora più vicino. Sento il suo respiro sul collo. Mi chiedo quanto siamo ridicoli da fuori, due uomini adulti abbracciati su un lettino stretto per uno solo.

"E non succederà niente se noi non vogliamo che succeda, Pete. Basta che questa cosa la affrontiamo insieme. Okay?"

Lo guardo negli occhi, aspettando una risposta affermativa.

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pete_petrelli October 28 2007, 17:39:45 UTC
Tranquillo. Tranquillo. Sono praticamente sopra a Nathan, sento il sangue bollente salire alle guance e poi scendere, scendere- e no, non sta succedendo assolutamente niente. E' un po' questo il problema, no?
Siamo più che vicini. Il problema è questo, Dio, che se solo - se solo - è una questione di due centrimetri o tre, davvero, perchè le sue labbra sono lì e guardarlo negli occhi è quasi doloroso. Mi si offusca la vista e devo passarmi la lingua sulle labbra, secche come la mia gola - non sono sicuro di poter parlare, adesso, ma anche solo annuire annulla uno di quei due centimetri.
Oddio non capisco più niente. Niente.

Come si affronta una cosa così? Come l'ho affrontata io, esattamente, per quasi quindici anni? Non mi ricordo come ci sono riuscito. Ma in quegli anni ancora non sapevo com'era avere la lingua di Nathan in bocca e mettergli la mano nei pantaloni e - Dio, mi sto rendendo la vita davvero difficile: se mi eccito un altro po', solo un altro po' sono sicuro che Nathan se ne accorgerà.

Se noi non vogliamo che succeda.

Annuisco (e dio quei due centimetri. Dio.), perchè come lo dici a tuo fratello che vuoi che succeda? Non glielo posso dire. Non si può fare. E' sempre un non potere, un non, un no. Nathan è quello bravo coi no. Io non lo sono mai stato. E da piccolo così finivo per rompere il vaso cinese: il non toccare di Mamma era inutile, inascoltato.
E adesso non so cosa finirò per rompere, ma so che anche questo non toccare non lo ascolterò. Non so come si fa, ad ascoltare i no.

Quindi a un certo punto una mia mano finisce sulla sua faccia, l'altra scivola dalla spalla fino al petto, tiepido sotto la camicia che gli strapperei di dosso, davvero, e se mi guarda negli occhi così lo capirà, e non so se me ne importa qualcosa.

Dio, perchè non c'ha pensato Nathan, quando ero piccolo, a insegnarmi come si ascolta un no?

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nate_petrelli October 28 2007, 18:23:21 UTC
"Stai calmo" ripeto, appoggiandogli una mano sulla guancia. So che per lui è più difficile, esponenzialmente più difficile, perché Peter non ha autocontrollo. Non gli è stato insegnato a reprimere, a nascondere, a dissimulare. Si scioglierebbe di fronte a un tribunale schierato. Papà aveva ragione quando diceva che Peter non avrebbe mai potuto fare l'avvocato perché è completamente trasparente.

"Se continui a pensarci è peggio. Dammi retta. Pensa a qualcos'altro. Chiudi gli occhi e respira."

A volte, in Bosnia, le reclute appena arrivate da casa avevano attacchi di panico. Ricordo di aver passato una notte intera con un ragazzo di diciotto o diciannove anni tra le braccia, mormorandogli di tenere gli occhi chiusi e respirare, stare calmo e respirare, non pensare a niente e respirare. Non ricordo come si chiamasse. Forse Dean.

I capelli di Peter sono sottili e scivolano tra le dita, e c'è un punto sulla nuca dove lo accarezzavo sempre quando era bambino - dopo cinque minuti già dormiva. E' tutto così ridicolo, adesso, e sproporzionato e fuori luogo se penso che ho quarant'anni e Peter quasi trenta, ma è meglio che eviti anch'io di pensare. Ritiro la mano, e c'è sabbia sotto le mie unghie.
Non so perché, ma è una scoperta che mi toglie il respiro.

"Pensa se ci vedesse Mamma" mormoro, con le labbra vicine alla sua fronte. In effetti, in questa situazione forse il pensiero di nostra madre è la distrazione migliore che possiamo trovare. Disturbante, ma è quello lo scopo, no? E anche ridicola.
No, non voglio davvero pensare a mia madre, adesso.

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pete_petrelli October 28 2007, 21:13:45 UTC
Ho voglia di picchiarlo. No, va bene, non è di picchiarlo che ho voglia ma quello che dice mi sta facendo incazzare e impazzire e vorrei fargli male, per fargli capire quanto questo sta facendo male a me.

L'ho già passata questa cosa - ho passato tutti i miei fottutissimi quindici e sedici anni a cercare di pensare a Mamma, a Heidi, a quanto dovrebbe essere sbagliato. Ma non funzionava neanche allora e Dio, mi dà fastidio risentirmi come un adolescente ma adesso è ancora peggio, funziona anche meno.

Anche se pensare a Mamma che ci vede così mi farebbe quasi ridere, se fossi capace di ridere, ora. Mamma sarebbe anche capace di approvare, se questo rientrasse in uno dei suoi Piani. Mamma ha sempre dei Piani. So che ci vuole bene - mi vuole bene, e le voglio bene anch'io. Ma era pronta a fare di me un assassino, e quindi non so se la disturberebbe poi tanto pensare che voglio farmi mio fratello, davvero. E questo forse disturba me, un po'. Non credo di aver mai veramente perdonato la Mamma. E questo mi disturba sicuramente, e tanto.

Dio, non è patetico che io pensi al perdono, e alla Mamma, e sia ancora così dannatamente eccitato? Mi tirerei via, davvero, perchè non posso sopportare tutto questo, ma non ci riesco. Come ti tiri via da Nathan? Non sono capace. Abbasso la testa per allontanarmi dalle labbra di Nathan, o farò una cazzata, davvero, ma mi ritrovo sul collo e Dio. L'odore mi dà alla testa. E mi ricordo com'è baciare e mordere la pelle, lì, e se mi appoggio riesco a sfiorarla con le labbra - e a questo punto Nathan si è accorto che sono eccitato, sicuro.

Serro gli occhi e soffio un Cristo, Nathan sul suo collo, e anche se ci premo le labbra non è un bacio, non davvero, non può scansarmi via. Non è troppo, per Nathan - lo so, non ancora. E' troppo per me - troppo poco. Mi spingo addosso a lui senza neanche rendermene conto, stringendo la presa sulla sua camicia.
Dio. Troppo.

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nate_petrelli October 28 2007, 23:24:15 UTC
"... Peter."

L'erezione di Peter mi sfiora la coscia, improvvisa e - e dura, e forse razionalmente mi aspettavo che potesse succedere, ma in pratica è una cosa che mi toglie il fiato. E' la sensazione che provo ogni volta nell'imminenza del disastro, la distinta, netta consapevolezza che mi assale ogni volta che le cose iniziano a precipitare. Il montaggio della reazione a catena che impazzisce.

Per un attimo tutto quello che riesco a pensare è Oh. Merda; cerco di abbassare lo sguardo ma non posso, perché c'è il viso di Peter sotto il mio mento e il suo respiro sul mio collo, ed è bollente, e non so cosa stia dicendo ma mi sta baciando la gola come quella volta, e quella volta ricordo distintamente di aver pensato che era una delle cose più eccitanti che...
E poi Peter è per metà sopra di me, una gamba scivola sopra la mia e l'erezione passa sopra la mia coscia e preme nel mezzo e non posso, Dio, non posso continuare così.

Lo spingo via, sull'altra metà del letto, sulla schiena, lontano. E anche se lo tengo fermo con una mano sulla spalla, c'è un abisso di aria tra i nostri volti e i nostri corpi si toccano ma non così tanto, e riesco a respirare di nuovo.

"Peter. Per favore. Ti prego." Non può essere la mia voce, con quella nota disperata che non è mia, che non ricordo di aver mai sentito. "Lo so che è difficile. Lo è per tutti e due, okay? Ma tu mi devi aiutare. Ne abbiamo parlato. Eravamo d'accordo, Peter, abbiamo detto che eravamo d'accordo. Per favore. Non mi puoi abbandonare, perché non ce la posso fare da solo. Mi capisci? Ho bisogno del tuo aiuto per questa cosa. Ho bisogno di te."

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pete_petrelli October 30 2007, 17:12:13 UTC
Mi divincolo dalla presa di Nathan sulla mia spalla e mi allontano (mi vuole lontano. Non dovrebbe ferirmi perchè cazzo, è vero, ho sbagliato, non deve succedere niente, eravamo d'accordo. Ma niente di tutto questo significa qualcosa di concreto e vero quando poi Nathan è lì, è vicino, ed è difficile pensare 'eravamo d'accordo'.), mi siedo sul bordo del letto.
Ho il respiro un po' affannato e mi sento tremare - stringo forte le mani sulle lenzuola, per tenermi fermo, ma è inutile.

Ho bisogno di te.

E Dio, anch'io, anch'io - ho bisogno di lui e di questo e perchè non possiamo aver bisogno della stessa cosa? Perchè evitare questo per Nathan è così necessario? Non capisco. Certo, sono un completo idiota a non capire perchè Nathan non sia capace di fottere suo fratello (Parente. Maschio.) e dormire sogni tranquilli, ma è così. Non capisco. Davvero, so che Nathan non è me, ma Dio. Lo vuole anche lui. Lo so. L'ho visto, l'ho sentito. Dovrei girarmi e baciarlo e spogliarlo e so che non si tirerebbe indietro. (E non voglio pensarci non voglio pensarci ma la verità è che avrei la forza di costringerlo - se anche si tirasse indietro - ed è orribile ma ci sto pensando.)
Ma non lo rivedrei più. So per certo che lo romperei. Non sono abituato a pensarlo, ma la verità è che Nathan può spezzarsi. Io posso spezzarlo. Lo sapevo quando mi sono buttato da quel palazzo, in quel tempo che sembra lontano anni luce da ora, e lo so anche adesso.
Ha bisogno di me. Del mio aiuto.

Quindi io resto lontano. Abbasso il volto e chiudo gli occhi. Se resto lontano abbastanza a lungo allora forse tutto si aggiusterà. Non so come, ma questo è l'aiuto che posso dare. Non posso guardarlo ora. Non posso toccarlo ora. Lontano è sicuro.
Dovremmo rimettere un fottuto deserto tra noi.

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nate_petrelli October 30 2007, 18:57:30 UTC
Se questa era la prova generale della nostra vita futura, mi chiedo se non avremmo fatto meglio a saltare in aria definitivamente la prima volta.

"Ehi."

A volte stare vicino a Peter troppo a lungo è intossicante. Significa dedicargli una quantità di attenzione che non sempre ho a disposizione; significa giocare costantemente d'anticipo, per evitare le sorprese; significa essere sempre pronto ad avere un nuovo disastro a cui riparare. Significa che non posso permettermi errori, perché con Peter gli errori hanno conseguenze imprevedibili, ma significa anche essere esposto a situazioni che mi porteranno a sbagliare più facilmente.

Adesso, ad esempio, so benissimo che un mio errore avrà conseguenze irreparabili. Il problema è che non so cosa fare.

"Pete."

Mi dà le spalle, rigido come un pezzo di legno. Gli appoggio una mano sul braccio e lui tenta di scostarsi, ma lo stringo e la lascio scivolare sopra la sua, allentando il suo pugno stretto intorno a un brandello di lenzuolo.

"Io ti voglio bene, okay? Lo sai. Cazzo, io ti amo, Peter. Questo non cambia niente. Non cambierà mai niente."

Infilo le dita tra le sue, a forza. Gli appoggio l'altra mano sulla spalla. Deglutisco. E' difficile fare un discorso compiuto e convincente quando i pensieri che ti vengono in mente sono tutto l'opposto di quello che vorresti dimostrare.
Spero solo che dia retta alle mie parole, e non a quelli.

"Tu sei stanco per gli allenamenti, o quello che è. E io non so da quanto non riesco a farmi una dormita decente. Nessuno dei due è nelle condizioni migliori per affrontare questa cosa." Appoggio la guancia sulla sua spalla. Peter è un po' meno rigido, adesso. Gli accarezzo lentamente il braccio. "Forse è meglio se vado via."

Se vado via non so quando tornerò. Non so se tornerò.

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