Titolo: Ortensie nella neve
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Yao Wang (Cina), Ivan Braginski(Russia)
Parte: 1/1
Rating: verde
Riassunto: Nevicava sempre su quella terra e non cresceva nulla.
Note: - nessun contesto storico, avevo solo voglia di scrivere di loro due. Tutta colpa di
kurenai88 - Betata
elyhanachan Ortensie nella neve
Non che lui non conoscesse la neve - nei suoi 4000 anni erano veramente poche le cose che gli erano rimaste ignote - ma la candida cenere che scendeva da quello straniero cielo ceruleo non gli dava la stessa sensazione di quella che imbiancava il Tetto del Mondo o che talvolta si spingeva fino a dipingere le sue città.
Era una neve buia nel suo biancore e opprimente nella suo essere così familiare. Quando la neve cadeva su Běijīng, su i suoi alti grattacieli di vetro o su i tetti gialli della Città Proibita, Yao sapeva che presto o tardi sarebbe scomparsa per lasciare spazio a quelle estati terribilmente umide che conosceva bene; lì, invece, ogni fiocco non sembrava danzare, ma scendere a passo di marcia per formare quella gelida cortina che non si sarebbe sciolta neppure con il sole più bruciante.
Rabbrividì.
Fece un altro passo affondando un altro po’ in quel mare candido su cui le sue sole orme si stagliavano come scogli scuri, non c’era nessun’altro: solo lui e il vento che fischiava sulla pianura russa.
Poi un rumore basso, appena impercettibile nel fragore della neve che marciando cadeva. Fece per voltarsi, per combattere quello sconosciuto nemico quando due braccia lo strinsero contro un petto ampio che sapeva di sangue, di lacrime e di girasoli.
“Ivan.”
Di nuovo solo il vento e un respiro troppo vicino per non essere ascoltato.
E un lembo di stoffa bianca si confondeva nel candore del paesaggio, mentre la neve indifferente continuava a scendere.
“Questa neve ti assomiglia: è terribile, soffocante e invadente, aru.”
“Eppure sei venuto qui per vederla, no?”
“No.”
Yao poteva immaginare perfettamente l’espressione di Ivan in quel momento: le labbra sottili, le stesse capaci di sorridere in quel modo inquietante che conosceva bene, strette in un piccolo, quasi invisibile, broncio infantile, le sopracciglia chiare corrugate in un espressione confusa e gli occhi viola dello stesso colore delle ortensie che crescevano nella sua terra e che Russia probabilmente non aveva mai visto- , adombratisi fino a perdersi in un oceano nero.
Ivan credeva di avere su di lui lo stesso potere che aveva su quelle piccole nazioni satellite che volenti o nolenti obbedivano ai suoi ordini, dimenticandosi però che lui esisteva e combatteva da quattro lunghissimi millenni.
Lasciarlo nel dubbio era il suo modo per ricordaglielo, per non fargli scordare che non era il solo a comandare. Peccato che non che non ci riuscisse che per pochi attimi.
“Io sono venuto a vedere te, aru.”
E quelle ultime parole finirono mischiate con i fiocchi di neve che, ora, danzavano.