Hrithik Roshan rules, you guys.

Sep 15, 2011 23:42

Titolo: Let me sleep all night in your soul kitchen.
Autore: perlinha
Rating: R per il linguaggio
Fandom: Originale
Pairing: Edo/Bart
Conteggio Parole: 2130 (FDP)
Warning: slash, indianerie♥, casalinghe incazzate
Disclaimer: tutto mio giù le mani.
Note: se stringete bene bene gli occhi, potrete notare la presenza nella ff di un volto noto in giro per community. *rotola* Also, se non riconoscete il titolo (che non c'entra un chispio con la storia ma chissene) siete brutti :*



“Dunque, ora metti il latte nel pentolino. Bravissimo, adesso aggiungi la stessa quantità di acqua.”
“Perché l'acqua?”
“E che ne so, lo dice il libro. Tu aggiungi.”
“Ok. Ora?”
“Ci vuoi lo zucchero? Il miele? Nulla?”
Bart ci pensò un po' su. “Nulla,” decretò infine.
“Bene, allora non aggiungere nulla. Dove hai messo il tè nero?”
“È in quella mensola lassù, aspetta.” Allungò un braccio sopra di lui per arrivare a prendere il barattolo del tè. Così facendo, si era misteriosamente ritrovato il viso di fronte al suo. Non aveva resistito e gli aveva posato un bacio sulle labbra.
In meno di un minuto stavano pomiciando come pazzi, il barattolo di Earl Grey ancora a mezz'aria, saldamente in mano a Bart che però poi aveva pensato bene di appoggiarlo alla cieca sul bancone dietro di sé, prima di rischiare di farlo cadere. Con le mani finalmente libere si tirò meglio addosso Edo, il suo capocuoco per un giorno, che tutto stava facendo tranne cucinare, e gli affondò le dita tra i capelli, inclinandosi un po' all'indietro per godersi meglio la sensazione del suo corpo appiccicato a lui.
Edo non ci aveva messo niente a sollevarlo un po' e metterlo a sedere sul bancone per divorarlo meglio, tentando di infilargli le mani nella felpa.
Solo che a un certo punto, Bart si era ricordato che stavano facendo qualcosa, prima.
“Ehi. Il chai.”
Edo aveva grugnito un po' per esprimere tutta la sua disapprovazione, e si era allontanato di mezzo passo. “Hai ragione. Proseguiamo.”
L'altro scese dal piano di granito. “Volevo chiederti, tra l'altro: perché stiamo preparando del chai?”
“È presto detto. Perché oggi guarderemo un film di Bollywood.”
“Bollywood?” Gli occhi scuri di Bart si erano spalancati in un'espressione a metà tra il sorpreso e il terrorizzato. “Quindi niente sparatorie, niente spargimenti di sangue, niente splatter?”
“Oh no no, ne ho trovato uno d'azione. Credo parli di ladri in fuga.”
“... che ballano intorno a un albero?”
Edo era scoppiato a ridere. “Non ballano intorno a un albero in tutti i film di Bollywood, scemo.”
“In questo sì. Me lo sento.”
Si era scansato giusto in tempo per evitare una bacca di ginepro in piena fronte.
“Comunque! Riprendiamo da dove avevamo lasciato. Hai messo l'acqua?”
“Sì.”
“Hai messo il latte?”
“Ebbene sì.”
“Hai messo, uhm, il nulla?”
“Sì, ma per sicurezza ne aggiungo un'altra manciata, non sia mai che mettiamo troppo poco nulla nel nostro chai.”
“... scemo.” Gli aveva lanciato un'altra bacca.
“Ora cosa devo aggiungere? Aria? Ossigeno?”
Edo lo guardò di traverso. “Da quando sei diventato così impertinente? Porta rispetto per il tuo capocuoco.” Così dicendo gli assestò una cucchiaiata sull'avambraccio.
“Ahio! Ok che è di legno, ma fa male lo stesso. Non si picchiano i subordinati, altrimenti si chiama schiavizzazione. Corvée. Sfruttamento. Una cosa del genere.”
“A-ha. E se faccio così,” Edo gli infilò una mano sotto la felpa, facendo fare alle proprie dita un percorso tutto strano intorno all'ombelico, poi su un fianco, verso la schiena, e infine dentro i pantaloni, ad artigliargli una natica per attirarlo a sé, “si chiama mobbing?”
Bart, che aveva passato l'ultimo minuto e mezzo a trattenere il respiro, si lanciò sul collo del suo molestatore preferito, buttando bruscamente tutta l'aria fuori, per poi mordicchiarlo senza pietà, baciando la pelle arrossata, e in seguito passare ad un punto ancora intatto un po' più su, fino ad arrivare al suo orecchio e sussurrargli, “non ce la faremo mai a finire questo tè, non è vero?”
Edo si risvegliò dalla momentanea trance in cui era caduto, concentrato com'era a tracciare cerchi di solletico tra la pelle d'oca sul fondoschiena dell'altro, e allo stesso tempo godersi la piacevole tortura inflitta da Bart alla poca epidermide che il maglione gli lasciava scoperta. “Hai proprio ragione,” si allontanò leggermente, senza la minima voglia al mondo, “continuiamo a fare questo benedetto tè. E non perdiamo altro tempo. Promesso?”
Bart si avvicinò di nuovo a stampargli un bacio sulle labbra. Sembrava che avessero ingoiato due calamite con i poli opposti, quel giorno. “No.” Poi però sorrise e si rimise all'opera sul suo pentolino. “Il prossimo passo, prego.”
“Dunque, metti il tutto a bollire e poi lanciaci dentro una manciata di tè.”
“... stai scherzando, spero.”
“No no, dice proprio così.”
“Ma che ricetta hai trovato? Dove l'hai preso quel libro?”
“... in biblioteca.” E, davvero, Edo aveva la faccia più seria del mondo. L'aveva davvero preso in prestito dalla biblioteca didattica di Lingue per fare del chai con lui.
“Oh.”
“Ora viene la parte divertente. Dove le tieni le altre spezie?”
“Uhm, dentro quell'anta laggiù.” Questa volta gliel'aveva indicata, altrimenti si sarebbero persi per strada tutto daccapo e, no, dovevano essere dei seri e bravi cuochi e finire di preparare quel benedetto tè.
“Bene, tirale fuori tutte e lanciale gioiosamente nel composto che bolle.”
“Devo farlo proprio con gioia?”
“Certo, altrimenti non viene bene.”
“... chiaro,” aveva annuito compitamente, “altrimenti non viene bene. Che domande cretine faccio.” Quindi si era messo a lanciare cannella, noce moscata, coriandolo, cardamomo, cumino, bacche di ginepro, chiodi di garofano e alloro nel pentolino, corredando ogni gesto con un sorrisone idiota, un allegro battito di ciglia e un leggero saltello. “Va bene in questo modo?”
Edo non sapeva dove aveva trovato il fiato per rispondergli sì, è perfetto, visto che rischiava di soffocare dalle risate. Bart era buffissimo (ancora più del solito) quando si metteva d'impegno a fare lo scemo.
Solo che all'improvviso le cose avevano preso una pessima piega: il composto ribollente si stava gonfiando a dismisura come un soufflé, ed era una cosa che chiaramente non avrebbe mai dovuto fare, e lì per lì a nessuno dei due venne in mente che magari la soluzione più semplice al mondo (cioè abbassare la fiamma) sarebbe stata anche la più giusta, se adottata in tempo, perciò si trovarono entrambi a fissare impotenti la cosa che piano piano, inesorabilmente, cresceva fino a superare i bordi del suo povero contenitore e scivolare giù giù fino alla superficie della cucina a gas, spegnendo anche il fornello perché anche un bambino delle elementari lo sa che se un liquido non infiammabile passa sopra al fuoco lo spegne. Ebbene, evidentemente quei due non se ne erano mai veramente resi conto, e tutti i compiti di scienze in cui avevano preso Ottimo Più Più Più se ne erano tutt'a un tratto andati gioiosamente a quel paese.
Solo dopo qualche secondo di sbigottimento si resero conto che l'eruzione vulcanica del chai era terminata, e, cominciando a chiedersi il perché, trovarono la risposta nel fatto che il chai non stava più bollendo. E perché mai non stava più bollendo? Ma soprattutto, perché si sentiva puzza di gas?
Arrivarono alla elementare risposta contemporaneamente, e schiacciandosi contemporaneamente una mano in faccia, usarono l'altra per porre rimedio all'incredibile casino che in meno di due minuti aveva sconvolto il loro pomeriggio, e, probabilmente, anche il resto delle loro vite. Aprirono la finestra e spostarono il pentolino sopra un altro fornello, aspettando che la puzza se ne fosse andata per riaccenderlo, tenendolo stavolta giustamente al minimo, sorvegliando il chai superstite con cura finché il tempo di cottura indicato non si esaurì.
Bart chiuse il gas con un sospiro di sollievo, occhieggiando allo stesso tempo con terrore il piano cottura completamente invaso di chai, che, seccandosi, aveva lasciato una bella crosticina beige su tutta la superficie altrimenti immacolata, arredandola altresì molto gioiosamente con foglioline di tè e pezzetti di spezie varie.
Edo, seguendo lo sguardo pieno d'orrore del suo aiuto-cuoco, deglutì a vuoto, annusando già da molto lontano nel tempo la futura ira funesta della mamma di Bart.
“Bene,” disse dopo un po' di tempo. “Ora dobbiamo filtrarlo. Prendi un colino a maglie strette e un mestolo. Ffffatto?”
“Devo farmi aiutare da un adulto?”
“No, però se usi le forbici con la punta arrotondata hai dei punti bonus, credo. Comunque. Ora prendi il pentolino, prendi il mestolo, piazza il colino sopra una delle nostre tazze e versaci dentro un po' di chai. Con il mestolo. In una tazza. Con sopra il colino. Capito?”
“Sì, non sono ancora così rincoglionito, grazie.”
La prima tazza andò a buon fine. Pochissimo chai fu versato accidentalmente fuori dal bordo, ma quello era nulla in confronto a ciò che era successo appena pochi minuti prima.
Per la seconda ci fu un po' di parapiglia, perché Bart asseriva che nell'altra ce n'era di più, ed Edo per tutta risposta gli aveva suggerito di allungare la sua dose con del latte freddo, ma Bart gli fece notare che questo avrebbe intiepidito un po' troppo il suo chai, che lui invece voleva bollente. Edo allora replicò che secondo il suo libro il tè andava bevuto non troppo freddo, ma neanche troppo caldo, perciò probabilmente il suo sarebbe stato ancora migliore del proprio, indiragionpercui cominciò a provare un filino di invidia per il chai perfettamente tiepido di Bart, che quindi si premurò di fare scudo alla tazza con il proprio corpo, per difenderla dalle mani di Edo che avevano iniziato a solleticargli in modo molto imbroglione le braccia per farsi dare quella che ora riteneva la tazza perfetta, con la scusa che lui era il capo e il capo si prendeva sempre il meglio.
Finirono di nuovo per pomiciare come pazzi, appoggiati al piano cucina, mentre entrambe le tazze si freddavano pian piano. “Non preoccuparti, le riscaldiamo al microonde,” gli aveva assicurato Edo, “lo dice il libro.” E Bart ci aveva creduto tantissimo.
Senonché a un certo punto i due vennero bruscamente riportati alla realtà dalle urla altissime della Signora Bart, che, completamente indifferente alle effusioni che suo figlio si stava scambiando con il suo migliore amico, aveva cominciato a strepitare, fissando con sguardo spiritato e vena pulsante il piano cottura completamente incrostato di chai.
“Deficiente di un figlio che non sei altro, ma che- che diavolo hai combinato? Si può sapere innanzitutto cosa minchia ci fai nella mia cucina? Qualcuno ti ha dato il permesso di metterci piede? Non mi pare proprio, a meno che non sia stato quel coglione di tuo padre, ma non credo, quindi prima cosa, fuori dalle palle! Sì, Edoardo, dico pure a te, fuo-ri-dal-le-pal-le! E seconda cosa, disgraziato di un testa di cazzo di un ragazzino con due neuroni che fanno il girotondo, apri bene le orecchie e infilati le mie parole in quel cervellino bacato che ti ritrovi: non mettere mai più piede qui dentro, a meno che non sia perché stai morendo di fame, cosa che comunque non succederà mai vista la panzetta che ti ritrovi - non guardarmi così, sei tale e quale a tuo padre, non c'è niente da fare! E ora filate, tutti e due! Vi voglio fuori dal mio campo visivo per almeno tre ore.”
“Ma mamma- ”
“Mamma un cazzo! Lèvati dai coglioni!”
Edo se l'era dovuto trascinare dietro a forza. Il grande errore che Bart commetteva ogni volta che sua madre usciva, per così dire, dai gangheri, era che lui, poverino, cercava sempre di rimettere le cose a posto immediatamente, mentre la sua signorilissima mamma aveva evidentemente bisogno di un po' di tempo da passare da sola a borbottare e sbollire. Non era cattiva, per carità, nei suoi momenti migliori era davvero la donna più dolce del mondo, ma se le prendevano i cinque minuti non c'era affetto materno che tenesse contro le sue esplosioni che il povero cuore di panna di Bart prendeva sempre malissimo.
“Dai, andiamo. Bollywood ci attende.”

Sullo striminzito schermo del computer che Bart usava anche come lettore dvd, una stupenda attrice indiana dal viso familiare (probabilmente era sulla copertina di un vecchio Vogue lasciato in giro per casa da sua sorella) duellava abilmente contro suo marito, un indianone dagli occhi verdissimi, dalle basette incredibilmente non ridicole addosso a lui, dai ricci bruni ben definiti e dai muscoli onestamente perfetti (anche cercandola, non c'era altra parola che potesse denotarli, se non forse sudati). Tra lui, lei, la palpabile tensione sessuale (lei non gliela dava nonostante fossero sposati, per non si capiva bene quale motivo, e lui povero cuore aveva acconsentito a non toccarla con un dito finché non le sarebbero passate le paturnie), il chai che di suo aveva una giusta fama di potente afrodisiaco, e, motivazione più importante di tutte, l'estrema pallosità del film (Edo l'aveva biecamente imbrogliato: il film parlava del matrimonio turbolento di un antico imperatore, altro che ladri in fuga), i nostri eroi si erano presto ritrovati a poggiare con cautela le tazze vuote sulla scrivania di Bart, e lasciarsi andare a profonde e ripetute effusioni sul letto singolo col copriletto blu pieno di astronavi, che aveva fatto loro da divano ma in quel momento decisamente faceva più da letto.

Alla fine, comunque, dopo una mirabolante dichiarazione di eterno e imperituro amore con tanto di raggio di sole che grazie ad un abile gioco di specchi passava sotto un'arcata dell'ingresso dell'enorme stanza da letto imperiale, e andava a illuminare una tenda che illuminava un anello che illuminava un sari che illuminava uno specchio che rifletteva a sua volta l'ultimo raggio del sole al tramonto creando una magica aura intorno ai due sposini, la principessa si era donata all'imperatore bonazzo. Mica scema, lei.

pairing: original, random posting: ilmattinohal'oroinbocca

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