Tanti Auguri A Te, Tanti Auguri A Te!!!

Feb 06, 2008 16:24

Allora… chi conosce me (angevil_rickman) e Silverlexxy, si domanderà certamente “Ma come diavolo sono finite quelle due a scrivere su ‘sta coppia?” In effetti è stato un lavoro arduo xD in cui abbiamo dovuto usare tutta la fantasia possibile però tra nausea e fanfiction private su alcune pulci, siamo riuscite a farcela.
Con questa vogliamo augurare giganteschi e slashiosi AUGURI a Chezia/Izzieanne/Rinnie che ieri ha compiuto diciannove anni *___*.
Dovrei parlare un po’ di Chez ma io non so fare ‘ste coseeeee (argh). Quindi… parlo a nome anche di Lex dicendo che sei un’amica speciale e che teniamo a te poi chiudo o crollo qui.

Bye ^^

Titolo: Ritrovandoci
Autrice: angevil_rickman e silverlexxy
Fandom: Harry Potter
Pairing: ù_ù mi rifiuto di ammetterlo
Rating NC17
Disclaimer: i personaggi non sono nostri e non scriviamo a scopo di lucro a meno che Chez non decida di pagarci xD .



Hogwarts si allontanava sempre di più alle sue spalle, ma il suo sguardo puntava dritto davanti a se, non poteva vederla. Il vento gelido gli sferzava il viso come una frusta e le sue orecchie erano piene dello sbattere delle ali di Fierobecco... le ali della libertà: ogni loro movimento era come un passo in più per lui, che lo avvicinava a una nuova vita. Cosa lo attendesse oltre l’orizzonte della notte, non lo sapeva. Preferiva non sapere nulla; non gli recava nessuna felicità indovinare un domani che, seppure libero, sarebbe stato ancora una volta senza Remus.

Il suo pensiero lo aveva tormentato ad Azkaban, ed avrebbe di gran lunga preferito non rivederlo affatto lì alla stamberga strillante, quella sera. La nuova separazione era stata troppo improvvisa, troppo dolorosa per lui da sopportare e la sensazione che lo opprimeva era ben oltre le lacrime. Cosa avrebbe potuto offrire a Remus? Una vita in fuga, problemi in più da aggiungere ai suoi... certamente non ora che sembrava stare bene, essersi sistemato. Lunastorta non aveva bisogno di lui.

E mentre quel pensiero si ripeteva come un mantra nella sua testa, l’angoscia e la tristezza si facevano sempre più strada in lui, nonostante tentasse di tenerla fuori... ne aveva già avuto abbastanza di quei sentimenti negativi, dopo dodici anni nella prigione, attorniato dai Dissennatori. Ma non ci riusciva... quel pensiero era pesante come un macigno: Remus NON aveva bisogno di lui, ed anzi, ne avrebbe volentieri fatto a meno date le circostanze, senza contare il fatto che negli ultimi dodici anni, lo aveva odiato credendolo un assassino, ed un servitore di Voldemort, mentre lui stesso, Sirius, prima della caduta del Lord ad aprirgli gli occhi, aveva davvero creduto che fosse lui il colpevole.

Quando lo aveva capito, Lunastorta gli aveva detto che non importava, che lo aveva già perdonato, ma sapeva fin troppo bene quanto un pensiero simile avesse potuto fargli male... quante domande si fosse posto nella sua testa, domandandosi se quella mancanza di fiducia fosse dovuta alla sua natura di licantropo, di cui la maggior parte della popolazione magica diffidava, o se invece riguardasse altro, se avesse mai avuto dei comportamenti scorretti all’interno del gruppo, o della coppia. Queste e tante altre insicurezza facevano parte di Remus, e lui si sentiva uno stronzo per ciò che gli aveva fatto la notte in cui aveva ceduto il segreto a Peter.

Ma d’un tratto, nel bel mezzo di quei pensieri oscuri, un desiderio si fece strada nella sua mente. Un desiderio che piano piano, si trasformava in un’idea, ed infine in un piano d’azione: doveva rivedere Remus... per l’ultima volta, anche solo per salutarlo, per fargli sapere che per lui il tempo non era passato, che lo rivoleva, e che lo amava come il primo giorno. Per dirgli che i suoi sentimenti per lui erano rimasti uguali da quel giorno sulle rive del lago ad Hogwarts, dove si erano scambiati il loro primo, goffo bacio. Per chiedergli perdono di tutto ciò che aveva fatto, per scusarsi dei suoi fallimenti, che ad entrambi erano costati troppo.

Tutto pur di dirgli queste e tante altre cose, pur di passare anche solo un momento da solo con lui, per incidere nella sua memoria un pensiero felice che gli avrebbe tenuto compagnia per il resto dei suoi solitari giorni da fuggitivo. Avrebbe volentieri speso tutta la sua vita in compagnia del licantropo... ed era solo colpa sua se purtroppo non poteva... quel desiderio ormai irrealizzabile apparteneva ad un altro mondo, ad un’altra vita. La realtà invece, non lasciava spazio per loro. Non più, almeno. Ma nonostante lo sapesse, che niente sarebbe potuto più accadere tra loro, non rinunciò all’idea di vederlo ancora.

A pochi giorni dalla sua fuga, rintanato suo malgrado nella casa dove aveva vissuto da ragazzo, -l’unico luogo abbastanza protetto da nasconderlo- con la sua quotidiana edizione della “Gazzetta del profeta” tra le mani -che comprava per tenersi aggiornato sulle azioni del Ministero -apprese con suo sommo dispiacere, che Remus era stato licenziato da Hogwarts, e che ormai la sua identità di lupo mannaro era stata svelata agli occhi di tutti. Inconsciamente scoprì i denti in un ringhio, immaginando perfettamente chi potesse averlo tradito.

Con uno scatto iroso, accartocciò il giornale, e lo gettò tra le fiamme ardenti nel camino. Una rabbia profonda e dolorosa si faceva strada in lui, dapprima nei confronti di Mocciosus, che aveva tradito l’identità di Remus, ma bastarono pochi minuti perchè una vocina dentro di lui iniziasse a darsi la colpa per tutto: se fosse stato più attento, se avesse avuto la capacità di trovare qualche idea giusta ogni tanto, avrebbe potuto impedire che ciò accadesse. Evitare che Piton si potesse scagliare in questo modo contro la persona che amava.

Perchè, ne era sicuro, Snivellus aveva rovinato la vita di Remus solo per vendetta trasversale contro di lui, accecato di rabbia per non essere riuscito a farlo giustiziare col bacio dei Dissennatori, per aver perso l’Ordine di Merlino, per tutti gli scherzi, per il loro passato burrascoso... e tutto ciò non era giusto. Era tutta colpa sua...

In un attimo si alzò dalla poltrona logorata dal tempo su cui era seduto, e si precipitò su per le scale, verso la sua camera da letto: se davvero voleva andare a trovare Remus, per rivederlo un’ultima volta, avrebbe dovuto almeno rendersi presentabile... tagliare i capelli, aggiustarsi i vestiti, farsi anche la barba magari... e certo sarebbe stato inutile. Remus non lo avrebbe mai accolto tra le sue braccia ancora una volta, questo lo sapeva. Ma fece lo stesso tutte quelle cose.

Pioveva sulle campagne di Londra quella sera, ed il vetro dell’unica finestra nel misero salottino in casa Lupin era coperto di fitte goccioline che rotolavano giù. il cielo tuttavia non era così scuro come in inverno, ma quel temporale estivo aveva tutta l’aria di voler durare tutta la notte. Con un sospiro rassegnato, si decise ad accendere le candele con un colpo di bacchetta... non voleva pensare troppo al suo licenziamento, avrebbe sicuramente trovato qualcos’altro anche se, lo sapeva, sarebbe stato difficile ora che tutto il mondo magico sapeva della sua condizione.

Si allontanò dalla finestra, dirigendosi verso la cucina, dove iniziò a preparare la sua misera cena -non aveva voglia di mangiare -muovendo la bacchetta nell’aria come un direttore d’orchestra ed osservando cibi ed utensili che si muovevano sotto il suo comando. Non biasimava Severus per averlo denunciato -o almeno cercava di convincersene, perchè era giusto così -la notte della fuga di Sirius infatti, aveva messo i suoi studenti in grave pericolo.

Certo che non era cambiato per niente da quando era studente e metteva a rischio gli altri compagni disobbedendo a Silente ed uscendo dalla Stamberga Strillante nelle notti di Luna piena, accompagnato dai suoi irresponsabili amici... -ma era semplicemente così bella quella sensazione -di coloro che non lo giudicavano, che per una volta lo trovavano piacevole nonostante la sua licantropia (o proprio grazie a quella?). Doveva smetterla di cercare l’approvazione degli altri, di comportarsi in maniera corretta e responsabile solo per dimostrare di non essere dominato dal lupo che portava dentro di sè.

Non era certo un martire, lui. E per quanto davvero cercasse di auto convincersi, e di convincere tutti gli altri del fatto che lui -Remus J. Lupin -era  un bravo ragazzo. Un brav’uomo... che anche se non aveva confessato immediatamente a Silente il segreto della trasformazione di Sirius, alla fine era venuto fuori che aveva fatto bene, che era innocente -ma lui questo non poteva saperlo, no? - e quindi anche se era stata la vergogna a trattenerlo dal rivelare il suo tradimento nei confronti del suo preside, aveva agito nel migliore dei modi.

Era troppo complicato Remus, per riuscire comprenderlo appieno -perfino per sè stesso -per poter decifrare chiaramente i suoi comportamenti. Si sentiva un mostro -forse lo era? -ma non dava a dimostrarlo, e molto spesso, arrivava a dirsi che era meglio così. Mentre spostava il cibo dalle pentole ad un piatto, sentì dei rumori sordi. Si mise in ascolto, ma non udendo nulla scrollò le spalle, e posò il piatto sul piccolo tavolo della cucina.

Di nuovo, stavolta più chiaramente, udì altri rumori, un incessante raspare, e dei colpi e capì che doveva trattarsi della porta. Chi potesse essere proprio non riusciva ad immaginarlo. Abbandonò quindi la sua cena e, una volta nel piccolo ingresso, aprì subito la porta. Quando si trovò davanti Sirius, sotto forma di enorme cane nero, il suo stomaco si strinse. Non parlò, non lo salutò. Semplicemente si fece di lato per lasciarlo entrare.

Quando l’animago lo superò e fu finalmente all’asciutto, riparato dalla pioggia, si scrollò sul tappeto beige, ma smise poco dopo, come rendendosi conto di stare sporcando la casa di qualcun altro. Si voltò a guardare Remus, che stava chiudendo la porta, e si trasformò di nuovo in un essere umano. Quando il licantropo posò lo sguardo su di lui, lo vide estremamente stupito, ed a corto di parole.

“Sirius, tu... che ci fai qui?”

“Ho letto la Gazzetta, stamattina...”

“Ah, capisco. -sorrise dolce come sempre -Sei venuto per quello.”

“Già... come stai?”

“Senti Sirius... non c’era bisogno, davvero! Stai rischiando molto, lo sai no?”

“Lo so benissimo. E sto facendo rischiare anche te...”

“Non è certo per quello che mi preoccupo.”

Concluse il licantropo, inarcando un sopracciglio, come se le parole di Sirius fossero state un’accusa, e non una preoccupazione. Ma prima che l’altro potesse rispondere qualcosa, Remus lo superò, e tornando nel salotto invitò Sirius a seguirlo. L’animago si prese i capelli tra le mani, e li strizzò leggermente, e mentre seguiva Remus all’interno della casa, tirò fuori la bacchetta, asciugandosi con un incantesimo.

“Insomma... non hai risposto, come stai?”

“Bene. Mi conosci, Sirius, sono abituato a peggio...”

Rispose, di nuovo sorridente e Sirius si sentì sollevato da ciò, e trovò il coraggio per dire “Sai... non volevo alludere a niente poco fa. Se ho detto che è rischioso anche per te è perchè me ne sono preoccupato, non stavo suggerendo che mi volessi mettere alla porta.” Finito di parlare, il moro si trovò ad aspettare una risposta ma stranamente temeva ciò che l’altro gli avrebbe detto. Un tempo non sarebbe certo stato così. Una volta poteva dirgli tutto quello che gli passava in mente senza temere una rottura, o un fraintendimento. Ma il presente era diverso, e anche se lo trovava strano, aveva paura di aprirsi subito, di nuovo, completamente con Remus.

“Sì...? -rispose l’altro distrattamente, come non dando peso alle sue parole -Sei fortunato, ho cucinato troppa roba. Siediti, mangia qualcosa. Dove sei stato questi giorni?” E dicendo questo, si occupò alla cucina, preparando un altro piatto per Sirius, che però si rese benissimo conto che si trattava solo di un espediente per dargli le spalle, ed evitare di guardarsi negli occhi. Era evidente, anche Remus non si era aperto subito con lui, ma era per lo stesso motivo? Per paura? O per odio? Le disgrazie dell’amico erano solo colpa sua...

“Sono stato nella vecchia casa di famiglia. C’era solo Kreacher ormai.”

“Kreacher?” Chiese, curioso ma ancora senza guardarlo.

“Il vecchio elfo di famiglia.” Spiegò Sirius, prendendo posto al piccolo tavolo.

“Ahh! Sì, ora ricordo... lo odiavi se nn sbaglio.”

“Esatto. Ora più di prima. Sembra anche uscito di testa a lungo andare.”

“Capisco, non devi aver mangiato molto, allora. Ecco.” Finalmente si era voltato, mettendogli la cena davanti,  ma non lo guardava.

Consumarono la cena quasi in silenzio, mentre Sirius cercava nella sua testa qualcosa di intelligente da dire per rompere quell’atmosfera pesante, mentre Remus dal canto suo, non sentiva tutto questo bisogno di chiacchierare per forza, e questo non perchè biasimasse Sirius in qualche modo per le sue sfortune -o forse sì...? -ma semplicemente non trovava così spiacevole quel silenzio. Il suo amico, ed ex amante era cambiato molto, certo... era meno attraente, con le occhiaie ed i molti chili in meno sul corpo. Ma era sempre Sirius, quindi ai suoi occhi, sempre il ragazzo più popolare della scuola -anche se si erano diplomati da un pezzo- questo non sarebbe mai cambiato per lui.

Il modo in cui vedeva Sirius... sempre un passo avanti a lui, sempre sicuro si sè, sempre ad osare perchè poteva permetterselo -al contrario di lui -mentre per un licantropo, “osare” era impossibile... se lui avesse osato avrebbe solo potuto perdere, come accadeva sempre, come era accaduto col suo licenziamento, e questo lo faceva sentire arrabbiato, ma non voleva esserlo con Sirius, solo perchè aveva la sfortuna di trovarsi lì.

“Dove andrai adesso?”

“Adesso da nessuna parte.”

“Sai cosa intendo.”

“Sì, lo so... credo che uscirò dall’Inghilterra.”

“Bene. In effetti è l’unica soluzione.”

“Anche se vorrei tanto restare.”

“Mh...” Rispose semplicemente il licantropo.

Quel monosillabo spiazzò Sirius, colpendolo forte come uno schiantesimo. Aveva osato farsi avanti, con garbo, tastare il terreno con quella frase, e tutto ciò che Remus aveva risposto, era “mh”. Abbassò di nuovo lo sguardo sul piatto, ingoiando un altro boccone, mentre nella mente dell’uomo sedutogli di fronte, molti pensieri stavano vagando. Si domandava quanto stupido potesse essere Sirius per uscirsene con una frase del genere. Restare in Inghliterra? E dove? Nel giro di pochi mesi lo avrebbero riacciuffato sicuramente.

“Perchè hai detto una cosa simile?!”

Sbottò infine Remus, lasciando cadere la forchetta nel piatto -non era riuscito a trattenere oltre la rabbia -e guardando per la prima volta Sirius da quando era arrivato ma la vista di lui che alzava lo sguardo stupito ed innocente, come se non sapesse cos’aveva fatto, lo innervosì ancor più. L’animago posò anche lui la forchetta nel piatto, e senza mollare per un attimo gli occhi di Remus, assunse un’espressione determinata e seria.

“Come sarebbe a dire “perchè”?”

“Già. Perchè?” Ripetè, rafforzando l’ultima parola.

“Perchè mi manchi, Remus.”

Dopo quest’affermazione, il licantropo non parlò per qualche attimo. Restò immobile, inespressivo, a guardare negli occhi Sirius ma quando comprese la sincerità scolpita e visibile nel suo tono di voce, sulle rughe del suo viso, nei suoi occhi, ed in ogni fibra del suo corpo che sembrava stesse trattenendosi dallo scattare in piedi -per andarsene? -Remus provò qualcosa di indefinibile dentro di sè. Era sicuramente rabbia, ma mista a qualche altra cosa -rimpianto? Disappunto? Invidia? -così per evitare di fare qualcosa di avventato si alzò di scatto, sbattendo al tavolo e facendo cadere la sedia, e corse come un fulmine fuori da quella stanza.

Rimasto lì da solo, Sirius non sapeva cosa pensare. Guardò con disappunto le posate cadute in terra, e sentì i passi di Remus allontanarsi nervosi, e poi una porta aprire e chiudersi. Non capiva. Non riusciva a capire cosa stesse prendendo al suo vecchio amante... era cambiato a tal punto? O forse era sempre stato così pieno di risentimento già da prima, e lui non se n’era mai accorto? Lo aveva mai davvero capito fino in fondo? Senza fare nessun rumore, si trasformò di nuovo in un cane, saltò giù dalla sedia, ed uscì dalla cucina.

Remus non sopportava quelle sensazioni. Tutte le cose che lui non avrebbe mai potuto essere gli venivano sbattute davanti nel momento in cui si sentiva più debole -dopo il suo ultimo fallimento -e non voleva, anzi non aveva mai voluto provare quei sentimenti. Lui non era così. Lui era un brav’uomo, comprensivo e sempre gentile ed in fondo, Sirius era sempre stato gentile con lui, non poteva negarlo. Che motivo aveva di prendersela proprio con lui? Non voleva invidiarlo... ma era stato così avventato e fiducioso nell’esclamare quella frase...

Sirius aveva osato. Voleva qualcosa -Remus -e faceva di tutto per averla: rischiare di essere catturato andando a trovarlo, esprimere i suoi sentimenti anche a costo di essere respinto, in fondo che ne sapeva di quanto poteva essere cambiato? Ma aveva deciso di rischiare. E lui? Se la sentiva di rischiare insieme a Sirius? Per Sirius...? Si nascose il viso tra le mani, ed alzò lo sguardo solo quando sentì un rumore alla porta.

Udiva un vago raspare, e vide la maniglia che si abbassava, e la porta che si apriva sotto il peso di un grosso cane nero. L’animale ricadde elegantemente con le zampe in avanti dopo l’impresa, e con la coda e le orecchie abbassate, avanzò trotterellando verso di lui. Gli si fermò davanti, in posizione seduta, annaspando con la lingua di fuori. Remus sorrise di quanto riusciva ad essere convincente Sirius in quella forma... allungò una mano, e prese a carezzarlo dietro le orecchie.

Il cane a quel gesto, spinse indietro la testa, immergendosi ancor più nella carezza per qualche attimo, e poi si avvicinò ancora per appoggiare il muso sulle gambe di Remus. Ancora il silenzio regnava sovrano, a parte i distratti uggiolii di Felpato mentre per molti minuti il suo compagno continuò a carezzarlo distrattamente, sorridendo. Ma all’improvviso, Remus prese a parlare, sottovoce.

“Sai, Sirius... io non sto molto bene. Di mente, intendo... mi affanno così tanto a cercare di avere la comprensione ed il rispetto di tutti, che ignoro me stesso. Quando ti ho visto sulla soglia di casa, e ti ho sentito dire quella frase, poco fa mi sono sentito male. Perchè tu sei così diverso da me... per te sembra così facile fare cose del genere. Mentre io... mi sento così diverso...”

Sirius, tornato umano ad un certo punto, restava inginocchiato ai piedi di Remus, lasciandosi carezzare i capelli senza dire niente. Non sapeva cosa rispondere a ciò. O meglio lo sapeva benissimo, ma trovare le parole adatte per esprimersi in un momento simile non era facile, soprattutto per lui che non era mai stato abituato a censurarsi in nessun caso. I secondi passarono lentissimi prima che Remus riprendesse a parlare.

“Mi dispiace di aver reagito a quel modo, poco fa. Mi è così facile gestirmi in certi casi, così preferisco non mostrarmi più di tanto. Io spero... che potrai... riuscire a capire. Non pretendo che tu continui ad accettarmi sapendo che sono fatto così, ma ti chiedo scusa, e... anche tu mi manchi tanto. Mi sei mancato durante tutti questi anni. E sono felice che tu sia qui, ora.”

Sirius, continuando a non parlare, alzò lentamente la testa, sentendo la mano di Remus allontanarsi indecisa dai suoi capelli -forse temeva un rifiuto? -e posarsi sul letto, dove stava seduto. Ma l’animago non intendeva rifiutarlo: sempre lentamente, alzò una mano, fino a toccargli il viso e vide i suoi occhi color del miele, così grandi, così dispiaciuti e speranzosi... chiudendo gli occhi, avvicinò il suo viso a quello di Remus, e posò le labbra sulle sue. Inizialmente fu solo uno sfioransi di labbra; poi, Sirius si alzò, lentamente, fino a sedersi accanto al licantropo. Ricominciò a baciarlo, questa volta leccando piano il labbro inferiore ed aspettando che l’altro schiudesse la bocca per poter incontrare la sua lingua. I cuori di entrambi battevano furiosi nel petto per la paura di sbagliare; Sirius temeva di affrettare troppo le cose e Remus semplicemente non sapeva cosa fare; se assecondare il cuore o cedere all’insicurezza.

L’animago sentì la tensione, la rigidità del corpo di Remus e si allontanò dalle sue labbra; gli prese la mano baciandone le dita una per una; passò al palmo e scese lungo l’avambraccio scoprendolo dalle vesti che l’uomo portava. Lo sentì rilassarsi sotto il suo tocco e lo portò a sdraiarsi, senza nemmeno tentare di togliergli i vestiti.

Quella non era una situazione in cui poteva prenderlo come se fosse suo, doveva riconquistarlo, piano piano.

Remus si ritrovò sdraiato, con Sirius sopra di lui, tra le sue gambe, che gli baciava il viso con una tenerezza che non avevano mai sperimentato quando erano ragazzi. Spalancò gli occhi improvvisamente e gli si formò un groppo in gola capendo quanto era stato stolto. La diffidenza gli aveva coperto gli occhi. Non si era accorto di quanto Sirius stesse cercando di trattenersi, occupandosi solo di lui e non si era nemmeno reso conto di quanto fosse stato egoista. Non era l’unico ad aver passato degli anni terribili; anche l’altro era spaventato, ma stava riuscendo a superare la paura in nome dell’amore che provava. Doveva quindi smetterla di tormentarsi e dimostrare realmente chi fosse Remus Lupin.

Prese tra le mani il volto di Sirius e fu lui questa volta a baciarlo, ne riscoprì il sapore e lo strinse a sé; Felpato portò il viso nell’incavo del suo collo annusando il suo profumo e leccandogli sensualmente l’orecchio.
“Sai di buono, come allora.”
Remus sorrise. “Tu invece sei invecchiato, un tempo mi avresti già tolto i vestiti.”
L’animago alzò di scatto la testa. Si fissarono negli occhi per alcuni istanti; questa volta, lo sguardo di Remus trasmetteva solo determinazione. Si tolse lentamente gli indumenti, mostrando a Sirius il suo corpo, ormai adulto, percorso da cicatrici, un po’ troppo gracile forse, ma che per Felpato non poteva essere più bello. Trattenne il fiato quando lo vide togliersi anche la parte inferiore dei vestiti, mostrando l’erezione che iniziava a formarsi. Lo contemplò per alcuni stanti e poi ogni freno gli venne meno. Si spogliò a sua volta, in fretta e furia mentre il licantropo rideva riconoscendo in quella impazienza il suo vecchio amante.

Sirius si avventò poi sul suo petto iniziando a percorrerlo con le mani, massaggiandolo e sfregando i due corpi nudi. I gemiti di Remus iniziarono a farsi sempre più forti quando Sirius gli posò una mano sull’erezione, stringendola e massaggiandola leggermente mentre succhiava un capezzolo. Continuò per diversi minuti quella tortura fino a che Remus iniziò ad invocare il suo nome ed a quel punto… smise.

Il Licantropo emise un sibilo frustrato, mentre si contorceva per  il piacere interrotto. Tirò Sirius verso di sé così che i loro volti si ritrovassero uno di fronte all’altro.

“Prendimi.”

L’animago si alzò recuperando la sua bacchetta e facendo un incantesimo di lubrificazione; la lanciò lontano, in mezzo alla stanza e si accoccolò nuovamente contro l’amante. Un altro bacio e fece entrare un primo dito nell’apertura di Remus, il quale non poté trattenere un gemito causato dal fastidio provocato dal gesto fatto dopo troppi anni dall’ultima volta. Sirius ricominciò a stimolare il membro del compagno mentre introduceva il secondo dito e ripeteva continuamente il suo nome, come una dolce nenia, per cercare di distrarlo.

Dopo averlo preparato adeguatamente, gli allargò le gambe, gli strinse una mano con la sua ed entrò in lui. Durante i primi momenti di dolore, Sirius fece il possibile per andarci piano, capendo che il piacere da lui provato doveva invece far soffrire per il mannaro, ma ci vollero pochi minuti prima che il dolore si trasformasse in estasi. Spinse diverse volte, fino a che non riuscì a colpire esattamente il punto che fece urlare il compagno; lo guardò negli occhi, stravolto dal piacere e vide un’espressione che fece partire un brivido il quale raggiunse immediatamente il suo bassoventre.

Il licantropo si strinse più che poté a lui e gli depose un leggero bacio sul suo collo, poi lo morse; così forte che Sirius non seppe trattenere un gemito di dolore mentre sentiva l’orgasmo portato sempre più vicino da quel gesto. Remus bevve il sangue dell’amante mentre intontito dal piacere, gli graffiava le spalle e Sirius non capì più nulla. Troppe emozioni albergavano in lui e mentre Remus venne e Sirius sentì il suo canale contrarsi contro il proprio membro, raggiunse il miglior orgasmo della sua vita.

Rimasero abbracciati per alcuni minuti; ansanti, godendo del calore reciproco che per troppo tempo gli era mancato. Poi Remus accarezzò la testa di Sirius, dolcemente.

“Sai… non amo essere un licantropo; a volte mi sento davvero un mostro, lontano da tutti e che nulla ha in comune con gli altri ma con te è diverso. Con te voglio essere me stesso, non vergognarmi della mia parte nascosta; per questo ti ho morso. Volevo dimostrarti che anche la mia parte animale ti ama ed ora non mi importa più di cosa accadrà. Voglio star con te questo mi basta.”

Sirius lo fissò felice, rispondendo “Ti amo anch’io”.

Remus non poté far altro che sorridere mentre allungava la mano verso il comodino.

“Vuoi una cioccolata?”

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izzieanne, harry potter, auguri

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