Non lascio postare solo Vampiretta XDDD *scherzo, amo'*
Scusate se non ho continuato prima m(_ _)m ecco il capitolo successivo all'8 -la distruzione- ... non che questo sia molto più felice XDDD Inutile, i capitoli finali per me sono sempre angstosi U_U
Titolo: The Hell' Spot
Gruppo: Arashi, News, Kattun, Toma (s.p.a XDDD) - precisazione: News, Kattun (che poi ce n'è uno solo) e Toma sono personaggi secondari che non appaiono tutti sempre.
Pairing: allora... Ohmiya (NinoxOhno) e qualcos'altro ^___-
Rating: PG-13
Genere: angst, noir-giallo, AU, kleenex requested.
Disclamers: i personaggi citati non mi appartengono, la ff sì.
Note: credo, fino ad ora, la mia migliore AU. Per una totalità di 39 pagine di Word scritte... è finita! E l'ho scritta praticamente tutta d'un fiato... ne sono molto soddisfatta.
Capitolo 9.
Fu lui a chiamare la polizia, che arrivò in breve tempo, a sirene spiegate.
Dal secondo piano si sentivano perfettamente.
Venne costretto ad alzarsi e Toma lo accompagnò fino all’auto, dove lo interrogò a lungo. Fu costretto a raccontare tutta la faccenda delle indagini al suo amico… non c’era più bisogno di tenere il segreto.
Toma lo ascoltò attentamente, scrivendo ogni informazione sul suo taccuino nuovo, poi lo accompagnò fino al commissariato per permettergli di lavarsi e cambiarsi i vestiti ancora impregnati di sangue, poi lo portò fino a casa con la sua auto.
Nino rispose ad ogni domanda, ma sembrava essere assente.
Era completamente svuotato, inebetito.
E ogni volta che si guardava le mani, anche quando ormai erano state lavate con cura, non poteva che notare le chiazze di sangue rosso su di esse.
Arrivato a casa terminò il processo: pianse fino ad addormentarsi fra le braccia del suo ragazzo, svegliandosi poi nel pieno della notte.
La rabbia che, lentamente, si sostituiva alla disperazione.
I funerali si tennero un paio di giorni dopo.
Satoshi gli prestò il vestito nero e comprò dei fiori bianchi sulla strada verso il cimitero.
Avvicinandosi alla tomba, vide in prima fila i parenti: il padre, la madre e la sorella maggiore, che teneva in braccio la figlia. Subito dopo qualche parente, amico, compagni di università.
Distanti dal gruppo, notò i due camerieri dell’Hell’ Spot, entrambi con un mazzo di fiori in mano. Li raggiunse, inchinandosi.
-Jocker…- mormorò Notte, una volta che entrambi ebbero ricambiato al saluto.
Notò il viso stanco dei due uomini e sospirò.
-Hanno detto che sei stato tu a trovare il corpo…- fece piano Dark.
Lui annuì, la gola che si fece all’improvviso secca.
Da due giorni i ricordi di quella stanza non l’avevano lasciato in pace.
Come aveva potuto restare per quasi un quarto d’ora in quella casa? Si ricordava solo i fatti, i suoi sentimenti di quei momenti erano sbiaditi, se non del tutto scomparsi.
Ohno gli aveva spiegato che fine facevano i ricordi degli shock… ma ancora non poteva crederci. Forse non era davvero così portato a fare il detective come credeva.
-Perché?- chiese ancora Dark.
Nino rifletté, poi decise di non nascondere niente: -Sono un detective, lavoro al caso di Lilith e avevo chiesto a Kage alcune informazioni. Non so nulla sulla sua morte, non avevo alcun sospetto… non so neanche se i due casi possano essere collegati- sospirò.
Vide i due uomini abbassare lo sguardo.
-Eravate amici, vero?- chiese.
Notte ebbe un sussultò, poi disse di sì.
-Ora che il locale non c’entra più, possiamo anche presentarci: Ninomiya Kazunari- disse, con un lieve sorriso. I due ripeterono l’inchino.
-Io sono Jin e lui Ryo- disse Dark.
Nino guardò di nuovo verso il gruppo dei famigliari e notò una figura staccata da esso, sul lato opposto al suo. Il cuore accelerò i battiti: era Arashi.
Vestito di scuro, con la sigaretta accesa e lo sguardo assente verso la tomba, la lapide bianca di Jun che rifletteva la forte luce del sole. Dark e Notte non l’avevano notato?
La rabbia prese il sopravvento.
Attese che i famigliari se ne andassero lentamente, la bimba in braccio alla sorella che piangeva e faceva i capricci e la madre abbandonata nel dolce abbraccio del marito, poi salutò i due camerieri e si diresse velocemente verso Arashi, fermandolo per un braccio prima che riuscisse ad allontanarsi troppo.
L’uomo si girò e lo guardò sorpreso, strattonando il braccio per liberarsi.
-Cosa volete?- chiese, un velo di indisposizione della voce.
-Chi sei? Perché ti presenti qui, come se niente fosse???- esclamò, stringendo di più la presa sul braccio dell’uomo.
-Chi siete voi??? E di cosa sarei sospettato, per non dover essere qui ora?- fece ancora Arashi, sempre più irritato.
Nino non ci vide più dalla rabbia.
-DI OMICIDIO, DANNAZIONE!!! Perché l’avete ucciso??? Cosa sapeva Jun? Perché Lilith? Perché la piccola Miki?- gridò.
Arashi si bloccò, spalancando gli occhi.
Senza dire nulla sorrise, appoggiandogli una mano sulla spalla.
-Non sono io chi state cercando…- disse.
Nino restò senza fiato, ipnotizzato da quel dolce sorriso.
-Venite, questo non è il luogo adatto- aggiunse, conducendolo piano verso il cancello del cimitero. Nino voleva scomparire: ora anche la rabbia non serviva più a niente.
Entrò con Arashi nel bar di quella sera, “Aozora Pedal”.
Si sedettero vicino alla porta d’ingresso e ordinarono entrambi un caffè.
Dopo un silenzio di circa cinque minuti, Arashi allungò un biglietto da visita sul tavolo, fino alla sua tazzina.
-Mi chiamo Sho Sakurai, faccio il giornalista free-lance. Voi?- chiese gentilmente.
Nino spalancò gli occhi: Sakurai? Allora Miki era davvero la sorellina?
Abbassò lo sguardo e si presentò.
-Detective?- fece Arashi, sorpreso -Inizio a capire, allora…- sorrise.
Nino bevve un sorso del suo caffè e tornò a guardare l’uomo negli occhi.
-Credete che sia stato io ad uccidere Kage?- chiese Sho.
Nino annuì.
-Non avrei mai potuto- sospirò l’uomo -Allo stesso modo, non avrei mai potuto uccidere Lilith… io e lei eravamo amici d’infanzia- spiegò.
-Se davvero fai il detective, ti dirò tutto quello che so. Voglio che le morti della mia migliore amica e di Jun vengano vendicate. Sono quasi certo che siano opera della stessa persona…- disse senza alcun tono nella voce il giornalista.
Nino si appoggiò allo schienale della sedia e annuì.
Arashi non era l’assassino.
Ma non c’era alcun bisogno di smettere con le indagini, di rinunciare.
La morte di Jun non doveva essere un freno, ma un ulteriore spinta a proseguire e portare a termine il caso. Sakurai, forse, sapeva come aiutarlo.
Tornava a sperare.
-Si chiamava Haruko Mitsui. Una volta finita l’università aveva deciso di entrare all’Hell’ Spot per cercare i contatti giusti per fare carriera. Mi chiese di seguirla e lo feci, ci trovammo dei nomi che si collegavano fra loro: Lilith è la dea mesopotamica della tempesta. Per un po’ di tempo lo frequentammo regolarmente da semplici clienti, poi decise di usare l’influenza del suo cognome e della sua ricca famiglia adottiva per fare sua la stanza dalla porta nera. Non sospettavo nulla, era una brava ragazza. Forse un po’ chiusa e misteriosa, ma la conoscevo bene… o almeno credevo di conoscerla- sospirò e fece una pausa, finendo in un sorso il suo caffè. Nino fece altrettanto.
-Non mi aveva detto che l’attività che aveva deciso di aprire fosse un largo giro di prostituzione. Me ne accorsi troppo tardi e le chiesi più volte di smettere. L’Hell’ Spot e altri locali erano coinvolti in questa attività e sapevo che sarebbe stato difficile chiudere il giro, ma con un po’ di lavoro, riuscii a convincerla. In breve scomparve tutto, e lei si fece vedere sempre meno al locale, affidandomi la stanza nera che divenne il mio secondo ufficio. Qualche settimana dopo, in marzo, venne uccisa. La sua famiglia adottiva ormai era composta solo dal padre, che il gennaio prima si era trasferito a Cuba senza lasciarle niente. Per questo è morta come una sconosciuta-.
-Non ha fornito lei le informazioni necessarie?- chiese Nino, stupito.
Sho fece un mezzo sorriso, sospirando.
-Volevo evitare di fare sciocchezze. Attraverso me, l’unico a conoscere Haruko, si potrebbe arrivare troppo facilmente al locale e ai suoi segreti, quindi rischierei di venire sbattuto fuori, di modo che la polizia non scopra e interferisca con gli affari dell’Hell’ Spot. Essere un socio, però, mi è molto comodo per questioni di lavoro… insomma, ho preferito pensare a me stesso. So che è un atteggiamento da codardo… ma sono certo che Lilith capirebbe. E sono quasi sicuro che avrebbe fatto altrettanto, se fossi morto io- spiegò semplicemente.
Nino evitò di commentare.
A parte il fatto che sì, era un atteggiamento da codardo e per questo non riusciva a capirlo e accettarlo, ma poi, in ogni caso, non capiva come mai, in quel modo di pensare alla rovescia, la polizia o i detective erano considerati dei nemici.
Per i ricconi corrotti dell’Hell’ Spot era un conto… ma per un giornalista free-lance?
Abbassò gli occhi sul tavolo.
-Crede di sapere perché Haruko è stata uccisa?- domandò.
-Dammi del tu- lo pregò gentilmente Sho. Poi rispose: -Non ne so molto… quasi niente. Dopo la morte di Haruko sono stati espulsi due soci che erano stati interrogati dalla polizia, per paura che parlassero. Sono anche girati parecchi soldi perché chi sapeva non parlasse. Insomma, sono tutti d’accordo. Anche se chiedevo, non ricevevo risposta. E in ogni caso è difficile indagare, perché si rischia di mettersi contro a chi fa il gioco, lì…-
-Chi fa il gioco?-.
Sho annuì, con una risata amara.
-Lilith, Kage… sono quasi certo che l’assassino sia lo stesso. E una persona che ha tutto quel potere di persuasione su complici e altri clienti, dev’essere di sicuro il più temuto e potente- disse, sfiorandosi il mento con le dita.
Nino ci rifletté su per un attimo, mentre la cameriera portava via le tazzine vuote.
“Si rischia di mettersi contro chi fa il gioco”.
Quella frase l’aveva particolarmente colpito, come se fosse un preannuncio, un messaggio personale. Doveva stare in guardia.
-Cosa potevano avere Lilith e Kage che non andasse a genio a questa persona?- si domandò poi, ad alta voce.
Sho tentò di rispondere: -Informazioni, è l’ipotesi più probabile. Haruko conosceva quasi personalmente tutti i clienti e sapeva moltissime cose, Jun, allo stesso modo, conosce tutti perché è il barista-.
Nino scosse la testa, pensoso.
-Lo escluderei… Jun lavora al locale da molto prima dell’arrivo di Lilith, quindi in ordine cronologico sarebbe dovuto morire per primo… a meno che l’informazione a cui quella persona tiene tanto non sia un unico “segreto”, e che Jun l’abbia scoperto dopo… e in questo caso… anche Dark e Notte sarebbero in pericolo, se lo venissero a scoprire- disse.
Un brivido gli salì per la schiena.
Non poteva permettere che altre due persone morissero sotto i suoi occhi senza che lui potesse farci niente… doveva agire.
-D’accordo, allora… proteggeremo Dark e Notte, d’ora in poi. Dovremo stare attenti a qualunque strano movimento al locale- decise Arashi.
-E fuori?- chiese il detective.
-Per ora dovremo limitarci al locale. Se rischiano di scoprire strani affari, lo fanno di certo la notte all’Hell’ Spot. Nessuno sa cosa fa “quella persona” nella vita reale- fece Sho, muovendo in aria la mano. Aveva ragione.
Rimasero ancora un po’ in silenzio, mentre la cameriera puliva il bancone con uno straccio e altri due clienti entravano, facendo tintinnare il campanello sulla porta.
-Avevano qualcosa in comune, Jun e Haruko?- chiese poi, molto piano.
Poneva le domande come se se le stesse chiedendo da solo. Ma il giornalista poteva aiutarlo a rispondere.
Dopo un attimo, trovò la risposta.
Si appoggiò coi gomiti sul tavolo e schioccò le dita, esclamando: -Ma certo!-.
Sho lo guardò senza capire.
-La prostituzione- disse Nino, abbassando la voce per farsi sentire solo da lui.
Il giornalista spalancò gli occhi.
-Come fai a…?-
-Io e Jun eravamo amici- disse in fretta -Mi ha raccontato tutto-.
Sho si morse un labbro, improvvisamente sulle spine.
Nino lo notò subito.
-Cosa c’è?- chiese.
-Che ti ha raccontato di me?- chiese Arashi, sfregandosi le mani sul tavolo.
Il detective sorrise.
-Che grazie a te era riuscito a smettere e pagare i debiti che aveva. Ti teneva in gran considerazione e diceva di doverti un favore e di volerti proteggere. Diceva che sei una brava persona- raccontò.
I ricordi di quella sera, del corpo ancora caldo di Jun stretto tra le sue braccia, del suo viso rigato dalle lacrime lo assalirono e fu difficile mandarli via. Quel mondo non c’era più.
Quell’appartamento, il tappeto, la finestra… niente.
Anche a rimpiangerlo, a rivolerlo indietro, non sarebbe tornato.
Sho sorrise piano, abbassando lo sguardo.
-Ne eri innamorato?- chiese Nino, calmo.
-Ne sono innamorato- lo corresse Sho, con uno sguardo amaro.
-Possibile che Jun e Haruko abbiano avuto come cliente la stessa persona e abbiano scoperto lo stesso segreto?- chiese poi il giornalista.
A quelle parole Nino ebbe un sussulto.
Si ricordò all’improvviso delle parole fra le lacrime di Kage:
“Loro… mi hanno… Kazu, ti prego… perdonami… avrei dovuto… io… avrei dovuto avvertirti prima…”.
Le espose subito ad Arashi, che rimase pensoso.
-Il giorno prima io sono uscito presto dal locale perché avevo un appuntamento e… e tu eri in ascensore con me. Sei poi tornato?- chiese Sho.
Nino sospirò.
-Ehm, no… ti stavo pedinando. E’ per questo che so chi è Miki. Ti ho seguito fino al cimitero e ti ho visto fermarti sulla sua tomba. Scusa, è che… eri il mio sospettato principale- spiegò.
In realtà, Arashi poteva ancora essere un potenziale indiziato… ma questo era meglio evitare di dirglielo.
-Miki era la mia sorellina. E’ morta per una malattia- disse piano Sho, decidendo di sorvolare.
Fecero un’altra pausa e si decisero ad ordinare da mangiare.
Si erano fatte le 2 senza che se ne accorgessero.
-Cosa può essere successo a Jun dall’1:30 di notte al pomeriggio seguente, quando mi ha chiamato? Chi sono “loro”?- chiese, sempre con il solito tono.
-Si parla di più persone, quindi… magari siamo sulla strada sbagliata. L’assassino di Kage è diverso da quello di Haruko… e magari li hanno uccisi per motivi diversi…- fece Sho.
Nino scosse la testa.
-Qualcosa mi dice che stiamo seguendo la pista giusta- disse Nino.
I due smisero di parlare di quella questione e pranzarono assieme.
Poi Nino tornò a casa, deciso ad andare al locale a mezzanotte.
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