Sto facendo una cosa molto pericolosa, ovvero: sto postando il cap 9 senza aver neanche iniziato il cap 10, che in effetti ha solo la struttura scritta su un foglio XD Però non posso esimermi dal postaggio, trattandosi del capitolo di Ryo che deve essere postato il giorno del compleanno di mia sorella u.u
NYAPPY BATSUDEI,
yukari85!
Titolo: Meet Me in Dublin
Gruppo: Kanjani8
Genere: AU
Pairing: Yasuba, hinted Ryokura
Rating: dal PG al PG-13, principalmente per il linguaggio
Disclaimers: i personaggi e i luoghi descritti non mi appartengono
Ringraziamenti: a
genki_ya per la magica città che mi ha fatto scoprire nell'ospitarmi a Dublino, due anni fa e per il compleanno di mia sorella maggiore!
Note: vedi capitoli precedenti! Vedi note a piè pagina per le traduzioni e le canzoni!
Capitoli precedenti:
capitolo 1 - Subaru,
capitolo 2 - Yoko,
capitolo 3 - Hina,
capitolo 4 - Maru,
capitolo 5 - Ryo,
capitolo 6 - Tacchon,
capitolo 7 - Yasu,
capitolo 8 - Tacchon CAPITOLO 9 - RYO.
Il proprietario del Dedsound, un uomo sulla trentina, alto e dai capelli neri e ricci, lo salutò con un cenno del capo da dietro il piccolo bancone all'ingresso della sala di registrazione: -Hey!-. Da quando lo conosceva, Ryo non l'aveva mai visto indossare altro che camice scozzesi di diversi colori e pattern.
-Yo- rispose Ryo con un mezzo sorriso, le mani infilate nelle tasche dei jeans. Si fermò di fronte al bancone, dondolando avanti e indietro.
-Do I have to say “welcome back”?- chiese curioso l'uomo, sorpreso dal modo di fare bizzarro dell'americano, solitamente più sicuro e poco incline alle discussioni. Ryo non aveva mai scambiato troppe parole con i ragazzi del Dedsound, solo indicazioni e domande sul funzionamento della sala di registrazione e le prenotazioni per le prove degli Scarecrows.
-Nah, not in this group, anyway...- si sforzò di rispondere con una mezza risata, sperando di non sembrare troppo dispiaciuto. Appoggiò il gomito sul bancone, ricevendo la completa attenzione dell'uomo, che sollevò lo sguardo dallo schermo del computer sulla propria scrivania: -I want to book for my new one-.
Il ragazzo sorrise e appoggiò di nuovo la mano sul mouse, per cercare il calendario delle prenotazioni: -A new one? Do the guys know?-.
-Nope- rispose velocemente Ryo, ritornando a dondolare nervoso.
-Should tell them-.
-Yep. Probably...-.
-No, I mean... you should tell them now. They're here- si corresse l'uomo, indicando la porta della sala prove alle proprie spalle con l'indice. Ryo annuì distratto, rendendosi conto solo in quel momento della luce proveniente dal vetro smerigliato: -When?- chiese ancora il proprietario del Dedsound.
-Oh, I... I guess tomorrow in the evening is ok?- propose Ryo, per poi aggiungere: -If you're not overbooked...-.
L'uomo rise convinto: -Overbooked here? In shitty Clondalkin? You've got to be joking- esclamò, battendo qualche lettera sulla tastiera del computer: -I've got the classic room free as well-.
Ryo gli rivolse uno sguardo sorpreso: da quando gli Scarecrows avevano iniziato a prenotare al Dedsound per le prove, non erano mai riusciti ad usare altro se non la piccola sala prove e la ancora più piccola sala di registrazione. La porta nera con maniglione a spinta della “classic room” era sempre rimasta chiusa e inaccessibile, per le più disparate motivazioni: -You sure? Weren't you guys changing the soundproof walls or something?- chiese l'americano.
-Done that. Quite the hardwork, but it has been over in two weeks or so. It's just that my family's kind of jealous of that room, we use it for our own gatherings and all...- spiegò distrattamente l'uomo, cercando qualcosa fra le molte scartoffie che occupavano la scrivania. Trovò un piccolo foglietto scuro e lo mostrò a Ryo: -Traditional Celtic music. You need space to fit my uncle's harp, y'a know...-. Un'arpa celtica argentata simile al simbolo della birra Guinness era stampata sul biglietto da visita insieme ad una scritta in gaelico e inglese, un font angolato e antico in oro sullo sfondo grigio scuro, decorato da piccoli rilievi che sembravano venature rocciose.
-Didn't know you for the folk musician's type- ammise Ryo, accettando il biglietto da visita con un sorriso.
-Happens. You should see the rest of the family... ok with the classic room then?- chiese l'uomo, tornando a guardare lo schermo. Ryo annuì: -I'd bee a fool to turn that opportunity down-.
-That you'd be. See you at eight?- chiese ancora, scrivendo la prenotazione sul foglio excel.
-Ok, yeah... I'm going inside now. To see the guys- si decise Ryo, indicando la porta della sala prove più piccola e facendo un piccolo passo avanti. L'uomo annuì distratto.
Come aprì la porta, si accorse che la stanza era in silenzio, eccezion fatta per un paio di persone che stavano discutendo a bassa voce nell'angolo della batteria: Phil e Carl. Sollevarono immediatamente lo sguardo o lo osservarono sorpresi, mentre Jeff, di fianco all'amplificatore della propria chitarra, esclamava sorpreso: -Ryo?-.
-Hey guys, how's it going?- chiese sollevando una mano in un piccolo tentativo di saluto, ma non attese risposte o reazioni. Irrigidì la posizione e chinò appena il capo, portando la mano sollevata dietro la nuca, in un gesto di imbarazzo e nervosismo: -Look, I've wanted to apologise...-.
-Us too- si affrettò a dire Carl, come al solito assumendo il ruolo di portavoce: -We've acted on impulse and said things...-.
-As they were- lo interruppe Ryo, riportando entrambe le mani in tasca: -You've been good, really... I needed that. To go... out of our systems, ya know? It's fine now, I'm ok. I just wanted to say I'm sorry for what I did to you guys and to the group... that's all- disse semplicemente, spostando piano la punta del piede destro di fronte a sé: -How are things?- chiese, per genuino interesse.
-We've been busking for a week or so, about Grafton Street... it's cool, people actually buy the mini-album and all...- spiegò distrattamente Jeff, come al solito di poche parole.
-D'you wanna come back?- chiese senza troppi giri di parole Phil, da dietro la sua batteria.
Ryo si morse il labbro in un tentativo di non sorridere troppo: l'ansia si dissolse all'istante, un un'ondata di sollievo che gli comunicava come, in fondo, sapesse perfettamente che il corso degli eventi lo aveva portato a fare la cosa giusta: -Nah, you guy's gonna be fine without me. Better, too- commentò, notando lo sguardo incerto di Carl e lo scuotimento di testa quasi impercettibile di Jeff.
Si concesse un secondo di silenzio e attesa prima di dichiarare: -I've got a new band and we're ready to kick asses-.
Stavolta, sul bus del ritorno verso il centro della città, non aveva nessuno strumento musicale da sorreggere con le ginocchia contro il sedile di fronte al proprio. Rimase ad osservare il paesaggio di fabbriche e case di periferia immerse nel buio serale fuori dal finestrino, mentre con le dita tamburellava un lento ritmo sulla coscia, una canzone senza titolo né parole che da qualche giorno gli si stava formando nella testa mentre aveva abbastanza tempo per fermarsi a riflettere e ascoltare in silenzio.
Il silenzio gli fece notare ancora più bruscamente la sua presenza quando fu interrotto: una ragazza seduta quasi in testa al bus aveva gridato un insulto a due ragazzi seduti davanti e dietro di lei, che ridevano di gusto. Ryo li osservò con attenzione: erano poco più che ragazzini, con vestiti larghi e jeans bassi, cappellini di marca e un paio di piercing sul viso. La ragazzina ondeggiava pericolosamente sul mezzo in movimento, mezza seduta, ma con la gamba distesa lungo il piccolo corridoio dell'autobus. Si riferiva agli altri due con parole che Ryo stentava a riconoscere, ma dal tono e la cadenza strascicata non lasciava dubbi sul fatto che, nonostante l'ora, il luogo e l'età, fosse pesantemente ubriaca. I due ragazzini la sorreggevano durante le sbandate più brusche e ridevano delle parole senza senso della poveretta, ma quando il bus parve arrivare alla loro fermata, scesero salutandola come se non si fossero accorti, forse per via del loro stesso stato di ubriachezza, delle pessime condizioni della ragazza.
Ryo la vide ondeggiare pericolosamente un paio di volte, tutta sola in testa al bus, finché non decise di intervenire: si avvicinò alla poveretta e le strinse una mano sulla spalla per bloccarne i movimenti improvvisi, come il sussulto che ebbe al contatto: -Ná bain dom!- esclamò, cogliendolo di sorpresa.
I loro sguardi si incontrarono e Ryo notò gli occhi rossi della ragazza, che gridò ancora, scuotendo il braccio per togliersi di dosso la mano dell'americano: -Lig dom- disse ancora lei, con molta meno convinzione.
-Stay still. I don't understand what you're saying, kid... stay still- ripeté Ryo, facendola appoggiare con leggerezza contro il sedile e sedendosi al suo fianco: -There, you're ok... what's your name?- provò, titubante.
La ragazzina non sembrava altro che irlandese, con lunghi capelli rossi molto scuri, pelle chiara e tondi occhi chiari. Aveva fini lineamenti nordici e un piccolo naso adorabile che risaltava sotto una tempesta di lentiggini; Ryo non aveva moltissima esperienza con il dialetto locale, ma aveva assistito a più di una rissa fuori dal locale in cui lavorava e aveva origliato qualche conversazione in gaelico, negli anni che aveva passato in Irlanda.
-Alice- mormorò la ragazza, fissando con attenzione lo sconosciuto che la stava interrogando. Ryo si chiese se avesse capito il nome giusto o si fosse trattata di un'altra parola in dialetto.
-How old are you?- chiese ancora. Alice non rispose subito: -Seventeen?- come se fosse una domanda.
-Ok Alice, listen... we're gonna take you home now, ok?- disse Ryo, guardandosi attorno: il primo piano del bus era vuoto e dubitava ci fosse qualcuno di sopra, considerando quanta gente aveva reagito alle grida di Alice e dei suoi amici di poco prima.
-Tá mé tinn. I'm sick- si decise a chiarire Alice, usando sia il gaelico che l'inglese.
-Where's your stop, Alice?- insistette Ryo, indicandole la piantina delle fermate sopra il finestrino.
Alice scosse la testa e Ryo percepì un fortissimo odore di alcol e fumo, che gli fecero girare la testa e quasi vomitare sul posto: pessimo esempio da dare a una ragazzina ubriaca e sola. La sostenne con più sicurezza, ma tenendola un po' più distante da sé: -C'mon Alice, be a good girl and tell me your stop...- la pregò.
-Who are you?- chiese lei, ancora intenta ad osservarlo, la fronte corrucciata: -What else do you want from me?-.
Ryo sollevò un sopracciglio e rispose: -My name's Ryo and I'm trying to help you and get you home, your own, safe and sound. Alright?-.
Alice annuì con veemenza, facendo preoccupare Ryo su possibili rigetti che li avrebbero messi nei casini con l'azienda di trasporti pubblici locali: -My stop is in Cork Street-.
-It's a long street...- rifletté ad alta voce Ryo: -Colombe? Maryland?- chiese, grato di avere la cartina sulla parete di fianco a sé. Alice annuì di nuovo: -Rialto- specificò.
Scesero con non poche difficoltà alla fermata successiva, il rocker che sosteneva a fatica la ragazzina ubriaca, carica di un cappotto pesante nonostante la serata primaverile e una borsa di scuola. Ryo resistette all'impulso di fuggire via non appena la sentì singhiozzare e dovette quasi caricarsela sulle spalle, avvicinandosi inevitabilmente all'odore acre del fumo che lo disgustava.
-Why?- chiese solo Alice fra i sussulti e le lacrime, dopo due passi vacillanti sul marciapiede vuoto: gli unici passanti che li avevano visti scendere dal mezzo pubblico avevano allungato il passo ed erano fuggiti via in lontananza.
-Because you need help- rispose l'americano, per poi farle cenno di indicare la giusta direzione: Alice sollevò il braccio destro, dirigendoli verso una via parallela: -And you need better friends, too... y'a know?- scherzò.
-Don't need no one- rispose lei, asciugandosi il viso con un gesto della mano che le costò l'ulteriore perdita di equilibrio; Ryo riuscì a prenderla prima che finisse a terra di faccia.
-Oh, you think you don't. Believe me, you think you don't for a looong time when you're young. And stupid. And alone- rispose lui, aiutandola a fare qualche passo: -I know. I know well-.
-We're all alone- rispose ancora lei, ignorandolo. Decise di ignorarla a sua volta: -Speak for yourself, young lady-.
Svoltarono in una strada più piccola, in un quartiere residenziale di case rosse, dalle porte di legno colorate tipiche: -I may be less alone, now- aggiunse Ryo, lo sguardo lontano e il tono scherzoso.
Riconsegnò Alice ai suoi genitori, ubriaca e in lacrime, alle nove di sera. Vivevano tutti e tre insieme in una casa dalla porta rossa, con un gatto persiano e i fiori alle finestre. I genitori accolsero la figlia con apprensione e ci misero qualche istante e qualche parola in più del previsto a rendersi conto che Ryo fosse un salvatore più che un malintenzionato; questo condizionò la scelta di Ryo di non restare per il tè e qualche biscotto di ringraziamento.
-How do we find you, son?- chiese il signor Doherty, ancora sulla porta di casa: -Ailis may want to thank you properly, when sobber- disse, con un tono che dava ad intendere quante altre volte fosse già successo alla giovane di tornare a casa in quello stato e aiutata da chissà quanti altri estranei.
-I work at Foggy Dew, in Frownes Street Upper. But probably's better for your daughter to come and thank me at College Green's Starbucks. Less alcohol involved, the better- scherzò, riuscendo a strappare solo un sorriso amaro all'uomo.
Lasciò la casa e i problemi della piccola famiglia Doherty poco dopo, tornando a casa con una lunga passeggiata a piedi sui viali notturni di Dublino ovest.
Una volta aperta la porta blu della share-house, lo investì il calore e il profumo di una cena particolarmente speziata: -Hey, what's up?- chiese al salotto, straordinariamente vuoto.
-Guys night out. You're missing it- rispose Tacchon dal divano, intento a leggere un libro.
-So are you- fece notare l'americano, trottando in cucina per curiosare fra gli avanzi: una teglia mezza consumata di riso al curry e pollo sembrava aspettarlo invitante sul piano di cottura. Un post-it di Maru confermò che si trattasse della sua cena, amorevolmente conservata dai suoi coinquilini.
-I've got an exam in two days. You also missed “indian food night” as Subaru started calling it when they finished their cheese nan- spettegolò con un sorriso sornione il francese, sollevando appena lo sguardo dalle pagine per osservare l'americano togliersi al volo la giacca di pelle e sedersi sulla poltrona di fronte alla sua con un piatto di riso al curry riscaldato e una forchetta: -Uhm, gonna need a calendar for all the new exciting evening's activities of my amazing room-mates- scherzò, divorando la cena.
-Your jacket smells awful- fece notare Tadayoshi.
-I've smelled worse- rispose l'americano, appoggiando la schiena contro lo schienale della poltrona.
Tacchon rise appena, tornando concentrato sul suo libro. Ci fu un breve silenzio, durante il quale Ryo finì di cenare e si alzò per lavare il piatto e recuperare un bicchiere d'acqua. Appoggiò il fianco al ripiano della cucina che dava verso il salotto, attirando di nuovo l'attenzione del più giovane: -You know I don't drink. And I don't smoke-.
-That's lovely. How come?- chiese distrattamente il francese.
Ryo fece spallucce: -I used to, too much of it. Then I stopped... for good-.
-How cleaver of you. You're smarter than I thought- commentò Tacchon.
-You're nicer than I thought- ritorse l'americano, dirigendosi verso la propria stanza.
-Merci- sentì rispondere ironicamente Tadayoshi; richiuse la porta gialla sussurrando “See you on Friday” in modo quasi impercettibile e gettò le chiavi sul letto, correndo ad aprire la custodia di pelle e liberare la propria chitarra. Si sedette alla scrivania con un paio di fogli e una matita e chiuse gli occhi, picchiettando sul legno dello strumento con le dita.
Aveva la melodia.
Avrebbe trovato le parole.
Say
wasn't that a funny day? ...
Si ritrovarono fuori dalla share-house la sera dopo e presero insieme il bus per Clondalkin, stavolta colmo di persone non ubriache. Tacchon mostrava orgoglioso a Maru le sue bacchette, classiche e usurate; Subaru dormicchiava sulla spalla di Yasu, che scambiava qualche opinione con Hina e Yoko sull'organizzazione del prossimo spostamento, mentre Ryo guardava fuori dal finestrino e picchiettava una melodia sulla coscia.
Arrivati al Dedsound, si ritrovarono faccia a faccia con l'altro proprietario, intento a risistemare gli strumenti nella classic room di modo che ci stesse la batteria.
-Where's the other guy?- chiese curioso Ryo: non era la prima volta che vedeva quest'altro ragazzo, un biondino altrettanto riccio e altrettanto vestito con camice scozzesi, ma decisamente più basso e meno dinoccolato.
-Who, my brother? Archery training- rispose quello facendo spallucce.
-You sure are a strange family- commentò Ryo perplesso, mentre tutti gli altri entravano nella spaziosa sala prove e procedevano a sistemare gli strumenti.
-Yep, that we are- non si curò minimamente di contraddirlo l'uomo, un sorriso furbo sulle labbra e deliziose fossette sulle guance, sotto brillanti occhi azzurri: -Good luck with everything, guys. If you need help just call, I'll be at the front desk slaying a bunch of orcs on LOTRO- indicò con il pollice, per poi uscire.
Tacchon si era già seduto alla batteria e aveva iniziato a testare i tamburi, spostando i cembali secondo una disposizione che più gli aggradava. Fece un primo rif di prova, poi mantenne un ritmo sostenuto in attesa che Subaru, Ryo e Yasu lo raggiungessero una volta collegati i loro strumenti.
Dopo una ventina di minuti di accordamenti, prove e indicazioni, apparve chiaro a tutti non solo la bravura singola di ogni musicista, capitanati da Tacchon e Maru in quanto grandi sorprese della serata, ma anche la capacità straordinaria di tutti di suonare con perfetto accordo e armonia. Hina seguì come meglio poté alla tastiera e Yoko si divertì con un paio di percussioni trovate nella stanza che di sicuro appartenevano alla strana famiglia dei proprietari. Suonarono dei brani conosciuti e un paio di melodie di Yasu che il chitarrista riuscì a spiegare loro in breve tempo. Dopo un'ora e qualcosa fecero una pausa, durante la quale, fra fumatori e curiosi che volevano visitare tutto il Dedsound, solo Yasu e Ryo rimasero nella classic room a riaccordare le proprie chitarre.
A parte il suono dei due strumenti, il silenzio regnò per una manciata di minuti.
-Back in California, I used to be a jerk- esordì poi Ryo, facendo prima sorprendere e poi sorridere Yasu, che scosse la testa: -Why?- chiese, cortesemente.
-I wanted to be famous and to do music- disse, facendo spallucce.
-(*) Ogni sera prendevo la mia chitarra e giravo le feste universitarie e i club, suonando e fumando e bevendo. Frequentavo pessime persone, parlavo male delle brave persone e bene delle cattive, mi circondavo di giovani delinquenti e ragazze dipendenti da droghe o sesso o chissà cos'altro... ero giovane, ma questo non mi giustifica. Pensavo che andando d'accordo con tutta questa categoria di figli di papà viziati e spendaccioni mi avrebbe portato da qualche parte- sospirò, lo sguardo fisso su, apparentemente, le manopole dell'amplificatore.
-Le feste si susseguivano ed ero sempre meno lucido e capace di capire cosa fare, quali droghe non assumere, quali ragazze in difficoltà aiutare...- fece una pausa, durante la quale Yasu si sedette su uno sgabello al suo fianco.
-Una sera bevvi e fumai troppo. Non ricordo dov'ero, forse a casa di qualche ragazzo dell'università... so solo che il salotto e il corridoio... la stanza dove mi svegliai ad un certo punto era disseminata di corpi di ragazzi intossicati, sofferenti e immobili. Raggiunsi il bagno a tentoni, fra il vorticare della testa e l'aria opprimente della casa, piena di fumo e odori disgustosi...- stava male anche solo a ricordarlo.
-In bagno c'erano due ragazzi che uscirono non appena mi videro, ridendo nonostante avessero chiaramente pianto poco prima del mio arrivo. Mi sciacquai la faccia e bevvi un sorso d'acqua e mi osservai allo specchio e poi mi resi conto che...- sospirò ancora, appoggiando una mano sul proprio stomaco.
Dopo tanti anni ancora non riusciva a raccontare l'accaduto senza provare fortissimi conati di vomito e cominciare a piangere. Sbatté le palpebre un paio di volte, guardò Yasu negli occhi e disse:
-Nella vasca da bagno c'era una ragazza morta-.
Yasu trattenne un sussulto, spalancando bocca e occhi: -Cosa?- chiese, sconvolto.
-Era probabilmente morta da qualche ora, di overdose. Ma era semplicemente... lì. Con gli occhi azzurri aperti e i capelli bagnati e i vestiti... era vestita di bianco, credo- ricordò a fatica, chiudendo forte gli occhi e passandosi una mano sulla fronte: -Credo di essere rimasto in bagno per ore a... guardarla e non capire-.
Yasu appoggiò una mano sulla spalla del chitarrista, incapace di dire qualcosa.
-Il giorno dopo sono stato interrogato dalla polizia ancora con i postumi. Ero sconvolto. Ho partecipato al funerale di una sconosciuta, bruciato la mia prima chitarra e sono partito per Dublino subito dopo, nel giro di... una settimana massimo. Cercavo un posto dove rifarmi una vita ritornando a cosa volevo fare da principio: fare musica e diventare famoso- sospirò di nuovo, passandosi una mano fra i capelli.
Sorrise amaramente: -Stando a com'è andata con gli Scarecrows fino a due settimane fa, direi che anche stavolta non mi è andata molto meglio...-.
Yasu scosse la testa, tentando di infondergli coraggio: -This time, we're gonna make it-.
Ryo annuì: -I hope so-.
Yasu insistette: -We're together now... you're not alone anymore-.
Ryo ridacchiò, passando un braccio attorno alle spalle di Yasu per abbracciarlo: -Thank you!-.
Si alzò di scatto e corse a prendere i fogli degli spartiti dentro la custodia della sua chitarra, insieme alla matita della sera prima, con la quale scrisse velocemente qualche appunto per il testo della nuova canzone.
Quando gli altri tornarono e trovarono Ryo e Yasu intenti a provare insieme un nuovo pezzo sconosciuto, rimasero sulla porta ad ascoltare la semplice melodia prendere forma e ancora una volta sentirono che, tutti insieme, stavano prendendo la direzione giusta.
Vediamo come ce la caviamo con le
Ná bain dom = "non toccarmi" in Irlandese (gaelico)
Lig dom = "lasciami stare"
Tá mé tinn = "sto male"
(è stato molto figo poter scrivere qualche battuta in Irlandese aiutandomi con
questa lista della wiki, sfruttando il fatto che il protagonista di questo capitolo è americano e quindi per non annoiare con solo l'inglese ho potuto arricchire con la lingua locale!)
Curiosità: Ailis è la versione irlandese del nome Alice. Si pronunciano uguali, per questo all'inizio è scritto in inglese, stando a come l'ha capita Ryo sull'autobus.
Bonus: una foto molto pucciosa dei due proprietari del Dedsound la trovate qui:
pastrocchi (non ci voleva molto ad intuire, eh XD).
Vi lascio ancora un po' in sospeso sulla canzone che Ryo sta componendo... *fufu*
PS: sto postando durante una lezione di serialità e adattamento XD *fuck the police*