Reach - parte 12

Jul 01, 2013 16:10

Allora.
La scuola è finita, gli esami pure, sono in vacanza, non sono giustificata per non aver più seguito gli aggiornamenti sulla Pasticceria >__<
Spero la vita vi stia andando bene <3 Ho una mezza idea di lasciarvi un concorso come "compito delle vacanze" così da rimanere allenate nella scrittura anche sotto l'ombrellone... ^__- Vi terrò aggiornate!
Ed ora REACH! *__*9 Siamo agli sgoccioli!

Titolo: Reach
Genere: AU, fantascientifico, angst
Gruppi: Arashi, Kanjani8
Pairing: Sakumoto, Ohmiya, Subassan, Yokohina
Rating: un PG-13 generale
Disclaimers: non mi appartengono i personaggi e penso di aver preso elementi da questo e quello un po' a muzzo... per il resto, è tutta colpa mia.
Note: sul forum AFD scrivevo: 'Sono stata ispirata per questa fict dalle dannatissime tutine di Gantz (<--- eheh) e da varie storie incrociate di alieni e esperimenti... metteteci qualche basilare e confusa conoscenza di chimica e fisica e questo è quello che ne sta venendo fuori XD' ...non so se si possa ancora applicare, ma faremo finta di niente XD Ringraziamenti sentiti alla mia editor ( yukari85).
Parti precedenti: parte1, parte2, parte3, parte4, parte5, parte6, parte7, parte8, parte9, parte10, parte11
Note di lettura per questa parte: ANGST. ANGST ANGST. Astenersi cuori deboli. Ci sono delle parti molto delicate e difficili da scrivere che non sono ancora certa di come siano venute, quindi attendo le vostre opinioni >__< Resistete fino all'epilogo!


Quel pomeriggio prese sonno con facilità: era stanco per la nottata di lavoro, ma soprattutto si sentiva un po' meglio dopo la chiacchierata con gli altri ricercatori: non fece sogni e il giorno dopo tornò al laboratorio dopo un pasto leggero, dello stesso umore strano che aveva visto animare Murakami al cambio del turno precedente. La luce esterna iniziava a farsi rosata, segno che presto la stazione di ricerca si sarebbe spenta e nella stanza del laboratorio avrebbero dovuto accendere le luci fluttuanti per poter continuare i lavori in corso per tutta la notte, come quella precedente.
Jun aveva preparato degli infusi con le bacche che sua sorella aveva regalato anche a Sho, il giorno della festa ad Eterna: i piccoli frutti violacei, una volta essiccati, producevano una tisana potente contro la stanchezza e il mal di testa, proprio come aveva detto Rie. Il gruppo che aveva lavorato durante tutto il giorno ne aveva lasciato un bollitore anche per loro e glielo indicarono prima di mostrare loro i progressi nella progettazione dei macchinari di conversione.
Il gruppo si era notevolmente allargato: ad aiutarli ora c'erano altre persone, per lo più medici del reparto di controllo degli elementi ignoti e tecnici, per assemblare il materiale.
La progettazione e gli esperimenti proseguirono con questo ritmo e in questi termini per qualche giorno, su turni sempre meno fitti in cui ormai le due squadre lavoravano ormai contemporaneamente. Le poche notizie che ricevevano dall'esterno erano attraverso i palmari e i rifornimenti di cibo in mensa operati da Ohkura e Aiba: erano informati sullo stato di salute di Maru e Yoko e sulla guerra, ormai data per certa e alle porte.
Il periodo di festività per il passaggio di Sonia passò del tutto inosservato per i compagni all'opera.

-Sho...- mormorò Murakami, sollevando lo sguardo dal monitor su cui stava controllando gli esiti dei primi esperimenti: gli occhi dell'elemento dell'acqua brillavano e i ricercatori al suo fianco sembravano star trattenendo il respiro. Avevano compiuto solo una decina di piccoli esperimenti con dei campioni di elemento puro che avevano introdotto dei macchinari, ed erano ora impegnati a comparare i risultati.
Prima che Shingo potesse continuare, tuttavia, vennero distratti dal ronzio della porta automatica in apertura e dal rumore dei passi affrettati di Ohkura sul pavimento; l'elemento dell'aria entrò trafelato, come se avesse corso per tutto l'istituto.
-E' scoppiata la guerra- dichiarò: -Le astronavi nemiche sono in avvicinamento, siamo tutti richiamati alle armi-.
Il silenzio calò fra i ricercatori; se prima si trattava di concentrazione e rispetto per il lavoro di tutti, ora era una mancanza di suoni cupa, carica di significato. Tutti stavano, nelle loro teste, facendo molto rumore: pensavano, provavano paura e dolore e, in qualche modo, una forte delusione.
Jun si alzò improvvisamente in piedi per avvicinarsi ad Ohkura, procedendo a passo deciso fra le postazioni: -Andate avanti- disse, riferendosi ai colleghi.
-Ma...- cominciò Ryo, guardandosi attorno.
-E' ovvio che non arruoleranno tutti i ricercatori... vado a richiedere dei permessi per gli umani- disse Jun.
-Siamo tutti abitanti di Myrthas, ormai- si intromise Sho, dando voce ai propri pensieri, seguendo l'istinto: ora capiva. Non aveva intenzione di sfuggire il destino dei propri compagni di lavoro: erano stati chiamati su Myrthas per la guerra e per essa avrebbero combattuto.
-Abbiamo degli obblighi di carattere diplomatico nei confronti della Terra, non potete essere messi in pericolo- disse Subaru, avvicinandosi al proprio allievo.
-Probabilmente neanche si ricordano più di averci mandati- commentò Nishikido, scettico.
-Allora perché siamo qui?- domandò Aiba.
-E perché la spedizione su Tempesta?- aggiunse Shingo: -Non si trattava forse di qualcosa che potesse mettere in pericolo me e Sho?- chiese.
-Tempesta era una questione diversa...- fece Nino, scambiandosi un veloce sguardo con Jun che tuttavia non passò inosservato.
-Sareste dovuti morire per noi, nel caso...?- chiese Hina, incredulo.
Sho si voltò verso Matsumoto: -Jun...-.
-Vi eravate esposti con il sovrano, abbiamo dovuto dare delle garanzie per la vostra incolumità non soltanto agli umani, ma anche alla famiglia reale...- tentò di spiegare Jun, sostenendo il suo sguardo mentre la fiamma dell'acqua brillava distinta nei suoi occhi. Cambiò discorso, per evitare le proteste dei due terrestri: -Siete stati chiamati come ricercatori, non come soldati. Il vostro compito è salvare i nostri simili, non morire per una patria che non è la vostra. Non sacrificheremo vite straniere invano, qualora sia ancora possibile salvarne di nostre- poi si guardò attorno e con un inchino li pregò: -Continuate a lavorare, per favore-.
Quindi, Jun e Tacchon uscirono, nel silenzio generale.
In breve tempo, non appena finivano i loro piccoli compiti, anche gli altri ricercatori alieni, fra cui Subaru, Yasu e Nino, si alzarono dai loro posti e raggiunsero la porta, inchinandosi e augurando agli amici un buon lavoro. Satoshi voltò lo sguardo verso il monitor per nascondere a Kazunari le lacrime e Sho poté solo immaginare che cosa si stessero dicendo mentalmente.
Quando rimasero soli, i cinque umani si accorsero di non sapere cosa dire o fare per eliminare il vuoto che la guerra stava già creando attorno a loro.
Sho sospirò, prendendosi la testa fra le mani: -Non è possibile che tutto vada a finire così...- protestò debolmente.
-Proprio adesso che pareva essersi conclusa la ricerca- aggiunse Murakami.
Sho sollevò lo sguardo e incontrò nuovamente quello luminoso del compagno, anche se ormai privo della genuina eccitazione di poco prima. Si alzò di scatto dalla sedia su cui si era appena riseduto e corse al monitor di fronte all'elemento dell'acqua: -Conclusa?- chiese.
-L'ultimo test è positivo. L'energia compressa è degenerata nel fuoco- indicò Shingo: -Abbiamo bisogno di altri test, ma... ora che posso vederlo, lo posso comprendere-. Come era semplice ora, coi dati alla mano, arrivare a capire quella frazione di ignoto alla quale la conoscenza degli alieni non era giunta per anni.
La conversione e la riconversione erano, allora, possibili. Inversamente riproducibili.
Sho osservò il video che monitorava l'interno del macchinario al quale avevano lavorato per giorni, progettandolo, assemblandolo, testandolo: una piccola sfera di fiamme roteava su se stessa, debole e calma, come se indecisa fra lo spegnersi del tutto e il riprendere vigore. Sho provò un senso di ansia e commozione inspiegabile: gli ricordava la prima fiamma che aveva tenuto sulla propria mano, uno dei primi giorni di allenamento in palestra con il proprio maestro.
Si concentrò sui ricordi, poi sui pensieri che sgorgavano senza sosta, ora che un primo ostacolo era stato superato: -Prova del nove- annunciò, sorprendendo gli altri. Sorrise, appoggiando una mano sulla spalla di Shingo e una su quella di Ryo, al suo fianco dietro i pannelli di comando: -Dobbiamo creare dell'energia nera partendo dall'elemento puro: in questo modo sapremo se è possibile il processo inverso- dichiarò, guardando Ohno e Aiba negli occhi.
I quattro umani risposero con rinnovata speranza e ripresero a lavorare insieme, una volta messi da parte gli orribili sentimenti che l'abbandono dei loro compagni di Myrthas aveva causato.

Era passato del tempo dall'annuncio dello scoppio della guerra, e gli esperimenti stavano dando risultati sempre più soddisfacenti: la sfera di fuoco era pronta alla trasformazione.
Ripresero i propri posti e Masaki ricollegò le fonti di energia all'incubatrice nella quale il fuoco non aveva smesso di ardere, sospeso a mezz'aria.
Quando furono pronti, ricominciarono ad introdurre in modo graduale pressione ed energia, che smossero la sfera increspandone la superficie. La voce limpida di Ohno scandiva i tempi ed i livelli man mano che Sho, dai pannelli, li alzava. Per qualche minuto continuarono ad aumentare, poi mantennero la trasformazione costante: la luce emanata dalla compressione all'eccesso dell'elemento risultava talmente potente da nascondere quasi del tutto la sfera di fuoco, che ormai appariva di colore e forma completamente mutata. Si accartocciava su se stessa creando increspature simili alle pieghe di un tessuto vellutato. All'interno pareva avere scoppi di calore localizzati, mentre la superficie si scuriva ed anneriva, con ombre che prendevano la forma della lava in raffreddamento.
All'ordine di Murakami, ripresero a far salire pressione ed energia alla pari, fino al 90%, 95, 100%... lì apparvero.
Le ali nere avvamparono all'improvviso, sostituendosi ai resti della fiamma di elemento puro. Volteggiavano nello spazio, sospese a mezz'aria, cercando di carpire ed annientare ogni fonte di luce all'interno dell'incubatrice. Poi, al calare progressivo di energia deciso dai ricercatori, si avvolsero su se stesse fino a creare una sfera di fumo, cupa e minacciosa.
Avevano esultato come il pubblico di un qualche spettacolo di magia di fronte ad un numero riuscito: Murakami si era affrettato a chiamare i colleghi sul palmare per comunicare il risultato ottenuto dagli ultimi esperimenti. Sho isolò l'elemento ignoto all'interno del macchinario e corse immediatamente fuori dal laboratorio, cercando mentalmente la posizione di Jun all'interno dell'istituto. Gli correvano incontro medici e ricercatori richiamati dai messaggi di Shingo, mentre il resto dell'istituto era in subbuglio per i preparativi di guerra. Persone di ogni reparto correvano fra le aree chiamando altri ricercatori, mentre alcuni si accalcavano di fronte agli ascensori per armarsi o raggiungere le proprie stanze al piano dei dormitori.
Trovò Jun in ufficio, intento a far preparare dei permessi di esenzione dal servizio militare, fra tutti coloro che invece stavano firmando per parteciparvi.
Lo raggiunse e, prima ancora che l'elemento dell'acqua potesse sollevare lo sguardo disse: -L'esperimento è riuscito-.
Si guardarono e in un lampo lo sguardo severo e preoccupato di Jun scomparve: sospirò, abbracciando l'amante di slancio, con le braccia attorno al collo. Per la prima volta si era permesso una simile effusione in pubblico, incurante degli sguardi curiosi attorno a loro. Risero, per la tensione che si era improvvisamente allentata.
-E' tardi, ormai...- disse però Jun, accarezzando la schiena dell'altro, senza separarsi da lui: -Non ci permetteranno di pubblicare la notizia...-.
-Mandiamo un messaggio al re- propose Sakurai.
-Il re è impegnato nella guerra. Siamo agli sgoccioli, si aspettano un primo attacco fra stanotte e domani...- tentò di spiegare Jun, allontanandosi abbastanza per guardarlo negli occhi: -Non abbiamo tempo, uomini e materiale per portare avanti gli esperimenti-.
Sho sostenne lo sguardo, riflettendo: -Manderò lo stesso un messaggio al re- dichiarò, bloccando la protesta di Jun con un bacio appena sfiorato sulle sue labbra: -E' un tentativo. Per una volta lascia che mi comporti da terrestre troglodita... dopotutto sono giustificato- ridacchiò.
Jun sospirò nuovamente, dandogliela vinta: -E poi?- domandò, guardando verso il gruppo di persone che, non lontano da loro, si stavano arruolando.
-Poi ci concentreremo sulla guerra. Abbiamo ancora tutta la notte, giusto? Torniamo al laboratorio- disse Sho, prendendolo per mano. Jun fece resistenza: -Ma devo...- iniziò, indicando i documenti per gli umani.
-No. Non mi impedirai di scegliere se e per chi combattere, specialmente se si tratta di farlo al tuo fianco. Ma ci sarà tempo per questo- lo convinse, portandolo via dall'ufficio.
La paura della battaglia, in quei frammenti di tempo, non lo raggiungeva; pensava solo ai risultati sorprendenti degli esperimenti e alla vita, non alla morte. Se fosse stato in altre condizioni emozionali, si sarebbe fermato a riflettere sul futuro prossimo: non sapeva combattere, dopotutto. E riconosceva di temere un confronto sulle proprie capacità di gestire l'elemento. Non voleva dover essere costretto a ferire o uccidere nessuno, neppure se si fosse trattato di un nemico che rischiava di conquistare Myrthas, sterminandone la popolazione: quella stessa etnia che si era impegnato a proteggere e salvare con le proprie ricerche, con l'arrivo sul pianeta, la separazione dalla propria famiglia. L'amore per Jun.
Tornarono al piano del laboratorio con difficoltà, per la folla di ricercatori e medici che si accalcava attorno all'ascensore: rimasero sul piano degli uffici per molti minuti, pressati in mezzo ad una folla che non accennava a diminuire o a scorrere in alcuna direzione. Jun ad un certo punto lo strattonò per la mano che non avevano smesso di tenersi, le dita incrociate, anche per non rischiare di perdersi in mezzo alla calca: lo condusse per alcuni corridoi lungo il perimetro degli uffici fino ad un ascensore secondario che Sho si ricordava di aver usato solo in rarissime occasioni. Era quello destinato alle cucine e al piano ospedaliero, che permetteva una veloce comunicazione fra le aree opposte dei due lati di istituto. Salirono su di esso, quasi vuoto fatta eccezione per qualche medico: il piano dei laboratori era comunque raggiungibile, anche se il percorso sarebbe stato più lungo. Questo ascensore dava sull'esterno e attraverso i vetri che lo separavano dal giardino dell'istituto, poterono vedere il cielo: il sole stava tramontando e le tre lune, visibili alla pari, iniziavano a brillare nel cielo. Da quello scorcio non si poteva intravedere il pianeta che aveva dichiarato guerra a Myrthas, il pianeta Banati, bensì, in quel particolare periodo dell'anno e in quella minuscola frazione di cielo, si distingueva il bagliore di Ghaliya. Un piccolo pianeta popolato anch'esso da forme di vita umanoidi, che conducevano vite forse simili e forse troppo diverse dalle loro. I suoi abitanti di sicuro non potevano neanche immaginarsi cosa, nella loro stessa galassia, fosse in procinto di accadere. In un qualche modo, i loro piccoli problemi e le loro piccole sofferenze sembravano così ingenui, agli occhi di Jun e Sho, conoscitori del Tutto e spettatori casuali, da far loro provare più invidia che pena.
-Forse...- cominciò Jun, lo sguardo ancora rivolto al cielo, ma l'ascensore svoltò improvvisamente in linea retta, raggiungendo il piano dei laboratori.
Li aspettavano i quattro umani che erano rimasti a continuare gli esperimenti e Sho notò subito i visi pallidi e preoccupati.
-Sho, ci hanno chiamato dall'area proibita- telegrafò sbrigativamente Ohno, facendoli subito tornare sui propri passi verso l'ascensore di vetro: -Abbiamo in concessione del tempo per parlare con Yokoyama- aggiunse. Jun osservò il proprio palmare e si rese conto con un sussulto delle numerose comunicazione dal laboratorio e dal reparto medico che aveva ricevuto senza accorgersene.
Sho non tentò neanche di chiedere cosa quel colloquio improvviso potesse voler dire; salirono nuovamente sull'ascensore e scesero all'ultimo piano il più velocemente possibile, mentre Ryo comunicava loro le risposte degli altri alieni del gruppo.
Si riunirono ad essi sul piano buio e freddo dedicato all'isolamento, uscendo dall'ascensore di fronte al corridoio ed al pannello luminoso della stanza di Yoko che ormai sembravano a tutti fin troppo familiari. Nino, Subaru e Shota erano andati loro incontro, mentre di fronte alla porta della zona di isolamento Tadayoshi parlava con un medico che Sho aveva intravisto durante il colloquio con l'elemento ignoto prima della spedizione su Tempesta.
Subaru si avvicinò a Shingo e lo prese delicatamente per un braccio, accompagnandolo al fondo del corridoio con quel sostegno silenzioso.
Jun avvicinò nuovamente la mano a quella di Sho, in modo quasi istintivo: non ricordava quando se l'erano lasciata, ma con il nuovo repentino cambio di atmosfera si sentiva spoglio e inerme, senza quel calore, quell'infusione di sicurezza.
Attorno al loro gruppo, l'aria era cupa ed opprimente. I loro passi così come i loro pensieri laceri di preoccupazione, echeggiavano nello spazio.
-Ha chiesto di vedervi- sorrise stancamente il medico, uno fra i più giovani: il viso tirato e pallido tradiva ansia e spossatezza.
-E' lucido?- domandò Nino, quasi sorpreso.
-Da qualche giorno, per fortuna- rispose il giovane: -Ha superato la fase di Sonia con una stabilità inaspettata- sospirò.
-L'elemento è al principio dell'ultima degenerazione, ma sembra che per ora stia risparmiando il corpo- aggiunse, prima di consegnare la chiave a Ohkura e avviarsi verso l'ascensore, congedandosi con un profondo inchino.
-Ultima degenerazione- ripeté Yasuda, come se stesse riflettendo fra sé e sé.
Si voltarono tutti verso il pannello luminoso sul fondo del corridoio e, insieme, entrarono nella stanza.
I macchinari ormai rotti e inutilizzati erano stati rimossi per lasciare spazio agli strumenti di analisi e registrazione e al passaggio dei medici.
Nel mezzo della piccola stanza buia, un macchinario nero conteneva una teca di vetro illuminata e, in essa, Yokoyama sorrideva a tutti loro.
-Ciao- mormorò piano, mentre i suoi amici più cari si avvicinavano e lo studiavano, quasi assetati di informazioni: era pallido, come sempre, ma sul viso i segni evidenti della malattia erano quasi scomparsi. Sotto lo sguardo interrogatore le sue guance erano addirittura colorate di un lieve imbarazzo rosato che non riusciva a nascondere neppure mordendosi le labbra carnose, non più rovinate da tagli e screpolature. Gli occhi poi, brillavano di una gioia ed una attesa ripagata che sprigionava calore nel petto di ognuno dei ricercatori.
-Yokocho...- sospirò Yasuda, sull'orlo delle lacrime.
Yokoyama scosse la testa, ma senza abbandonare il sorriso: -No, ascoltatemi. Abbiamo poco tempo e il discorso che vi voglio fare è davvero importante-.
Shingo sembrò voler prendere parola, ma lo sguardo dell'elemento ignoto si concentrò su di lui: -Per favore-.
Quando ci fu silenzio, Yokoyama prese a parlare: -In questi giorni l'elemento sembra essere ad uno stadio di stallo, in favore della prossima, ultima fase di degenerazione. Volevo potervi vedere prima, ma i medici che collaboravano con voi al progetto mi hanno tenuto aggiornato sulla spedizione e gli esperimenti come hanno potuto e mi sono reso conto che fosse più giusto lasciarvi lavorare in pace- sorrise di nuovo, senza riuscire a contenere neanche un frammento dell'emozione e dell'orgoglio che provava: -Complimenti, siete stati eccezionali-. Il suo sguardo si soffermò su Sho in particolare, il quale rispose con un silenzioso, profondo inchino.
-Sono anche stato informato su Maru...- fece una pausa: -E sulla guerra. Ed è per questo che ho potuto riflettere e che ho una proposta, anzi... un favore da chiedervi-. Jun strinse con forza la mano di Sho e l'elemento del fuoco intuì quale piega stesse prendendo la conversazione. Ma non intervenne.
-Datemi un'astronave, di quelle piccole, da esplorazione...-
-No...- sussurrò Shingo, mentre Shota chiudeva gli occhi, grosse lacrime a percorrergli il viso.
-Mandatemi da solo contro l'esercito nemico...-
-Yoko...- provò di nuovo a fermarlo Murakami, trattenuto per il braccio da Subaru e per la spalla da Ryo, scosso da fremiti.
-Fra meno di qualche ora, se non venissi placato, l'elemento ignoto in degenerazione potrebbe essere capace di distruggere tutto l'istituto. Non c'è alternativa: può essere utilizzato per la guerra, per difendere il nostro popolo- si spiegò ancora Yokoyama, con voce ferma e sguardo deciso: -Potreste avere il tempo di guarire gli altri, guarire Maru... non lasciare che vite innocenti patiscano le stesse, inutili sofferenze...- la voce gli venne meno.
-E' te che ho promesso di salvare!- gli gridò all'improvviso Shingo, gelando l'aria nella stanza.
Yokoyama gli sorrise, calmo nonostante gli occhi ormai lucidi: -Era una promessa troppo egoista, Hina... e lo sapevi-.
-No!- si impuntò l'elemento dell'acqua, stringendo i pugni.
Sho abbassò lo sguardo, incapace di ascoltare altro: voleva uscire di lì, trovare un posto lontano da tutto quello che stava accadendo attorno a lui, un luogo isolato dove potesse riflettere, distante da tutti... tuttavia, mentre stava avendo quei pensieri, la voce di Yoko risuonò calma nella sua mente: “Ti prego, dammi una mano a convincerli”. Sho alzò nuovamente gli occhi ad incontrare quelli scuri, intensi di Yokoyama: “Non puoi chiedermi questo...” rispose, sicuro che l'altro potesse sentirlo. Jun tentava di richiamarlo strattonandogli il braccio, ma la linea di comunicazione che avevano instaurato gli era preclusa.
“Lo sai che è l'unica possibilità che abbiamo per vincere senza avere perdite” insisté l'elemento ignoto.
“Perderemmo te... è già tanto” rispose. “Mi perdereste comunque”. “Ma abbiamo i macchinari, adesso...”. “Sho. E' tardi per me. Avete la possibilità di salvare altre vite sacrificando la mia, non è già abbastanza? Non arriverei comunque fino al completamento e perfezionamento delle macchine per la conversione... lo sento. Ti prego, dammi una mano...” lo pregò Yoko, assottigliando gli occhi: “E' l'ultimo favore che ti posso chiedere”.
-Quanto tempo abbiamo?- disse ad alta voce Sho, rompendo il silenzio. Yoko gli sorrise, con un sospiro di sollievo. Gli altri lo guardarono come se fosse pazzo, mentre Jun scuoteva la testa: -Sei impazzito?-. Sho si girò a guardarli, tentando di comunicare loro i sentimenti e i pensieri che Yokoyama aveva ceduto a lui.
-Da quando non hai più paura di morire?- chiese allora Shingo al proprio migliore amico, che ridacchiò: -Anche adesso ti sbagli: ne sono terrorizzato-.
Non proseguirono il discorso e, piuttosto, progettarono l'attacco: Sho preparò un messaggio ufficiale da inviare al re, che comprendesse le notizie relative agli esperimenti riusciti e alla missione suicida del loro elemento ignoto in osservazione. Gli altri convocarono i medici di servizio quella notte, chiamarono i pochi ricercatori che avevano ricevuto i permessi di restare nell'istituto e li pregarono di armare e preparare al lancio una delle navicelle di emergenza. Jun e Ohkura tornarono in ufficio a preparare i loro permessi, mentre Ohno, Aiba e Nino furono incaricati di portare i macchinari di controllo dell'elemento ignoto alla sala di controllo dei lanci nello spazio.

Con estrema fatica e al limite del tempo e dei permessi possibili, trasportarono Yoko fino al locale delle navicelle di emergenza ed attesero la comunicazione del re, rapida e filtrata da un veloce colloquio con i consiglieri di guerra riuniti a palazzo, per preparare il lancio.
Gli strumenti di misurazione della degenerazione iniziavano già a farsi rumorosi e segnalare l'aumento dell'energia ancora prima dell'ingresso dell'elemento ignoto nell'esiguo spazio vitale della navicella, dove venne accompagnato da alcuni medici, Shingo e Sakurai, entrambi completamente in silenzio e concentrati sul controllo quasi maniacale del funzionamento dell'astronave.
-Sarebbe il colmo se non partisse ed esplodessi qui dentro, senza neanche i macchinari di compressione...- scherzò Yoko, seduto di fronte al pannello di controllo al quale era stato impedito il permesso di rispondere ai comandi: la navicella sarebbe stata controllata dall'istituto. Non commentarono.
Lo assicurarono all'interno e Sho dovette allontanare Shingo con uno strattone al momento della chiusura della capsula di sicurezza, per non rischiare che rimanesse chiuso dentro: -Ti prego, almeno tu- gli disse, severo.
Yoko sollevò lo sguardo su di loro, dall'altra parte dei due vetri che li separavano: il finestrino panoramico della navicella e quello della capsula di sicurezza. Non aveva smesso di sorridere. Sho strinse la mano sulla spalla di Shingo, indicandogli che li avrebbe lasciati soli fino al lancio: sapeva di dover concedere loro almeno quel momento in più e desiderava raggiungere Jun al più presto, per monitorare la situazione dalla sala di controllo e fare in modo che tutto andasse per il meglio.
Ma prima di uscire, disse: -Quello che non sai è che i tuoi fratellini hanno fatto un'altra, importante scoperta: c'è una possibilità di guarigione naturale-.
Yoko sembrava sorpreso e chiese: -Quale?- con un tono debole ed innocente. La sua voce giungeva distante ed ovattata al di là delle barriere.
-La degenerazione al 100% prevede il distacco dell'elemento dal corpo. Un altra persona, un certo H, pare sia sopravvissuto- spiegò Sho: -Sarà doloroso e sarà terribile... e non sappiamo neanche se è vero ed accertato. Ma ti prego, tenta di resistere fino al 100%-. Lo sguardo di Yoko era più serio e severo, adesso.
“Fallo per lui, per poterlo rivedere... sorridere ancora una volta” gli comunicò mentalmente: “Questo è l'ultimo favore che ti chiedo io”.
Lo vide annuire molto lentamente ed uscì, lasciando Shingo da solo.
Yokoyama tornò a sorridergli: -Mi prometti di tenere d'occhio Tsutomu e Mitsuru? Quando io non ci sarò più potranno tornare su Calidania e venire a lavorare all'Istituto... e Subaru. Lo sai che col suo caratteraccio bisogna sempre avere un occhio di riguardo per lui. E poi Maru... riuscirete sicuramente a salvarlo, ma sarà triste per un po'... Poi devi tenere alto lo spirito del gruppo, e dare una mano agli umani nelle ricerche. Me lo prometti?- chiese, con una sicurezza ed una dolcezza irreale nella voce. Shingo lo osservava senza battere ciglio, mentre le lacrime gli rigavano il viso, silenziose.
-Hina, me lo prometti?- ripeté, in attesa di una risposta: -Sembri un gorilla quando piangi- lo provocò.
-Ti odio- gli rispose l'elemento dell'acqua, di rimando.
-Non è vero...- lo canzonò lui: -E' davvero questa l'ultima cosa che vuoi dirmi?-.
-Tanto non muori!- esclamò Shingo, fra i singhiozzi: -Tu non muori mai, sei sempre qui a perseguitarmi! Sempre a fare battute idiote, e farmi gli scherzi, e sbagliare parola e risultare comunque adorabile... a darmi soprannomi stupidi, dire che assomiglio ad animali orrendi o che sono un umano puzzone. Tu non... tu non te ne puoi andare- disse, con forza.
Yoko si asciugò le lacrime, senza smettere di sorridere, ed annuì: -Giusto. Mi ero dimenticato: promettimi anche che ti prenderai cura di te... e di ricordarti di com'era dovermi sopportare- aggiunse.
Un singhiozzo più forte degli altri scosse Murakami, che si avvicinò di slancio al vetro di sicurezza, appoggiandoci sopra entrambe le mani: -Kimi...-.
-Devo andare...-.
-Non voglio...-.
-Shingo- sussurrò, appoggiando le mani sul vetro a sua volta, nella stessa posizione di quelle di Murakami. Appoggiò la fronte sulla superficie fredda e attese che Hina facesse lo stesso. Il countdown al lancio iniziò a risuonare attorno a loro e una luce rossa cominciò a pulsare nella sala vicina al lancio, dove si trovava l'elemento dell'acqua.
Non seppe cosa gli disse Yoko prima del lancio: le sue labbra avevano formato una parola, ma il rumore del distacco della navicella dalla capsula dell'istituto fu troppo forte e sovrastò il suono della sua voce. Corse a perdifiato verso la sala di controllo, lasciando che la velocità della corsa gli asciugasse le lacrime.
La voce di Jun lo accolse nella piccola sala illuminata dai pannelli, le luci fluttuanti della notte e i radar: -Velocità di crociera stabile-.
-Degenerazione al 60%- gli rispose Ryo, ai controlli dell'elemento ignoto.
Raggiunse il punto da cui Subaru stava monitorando la situazione e non riuscì a trattenersi dall'accettare il suo abbraccio, mentre Yasuda gli accarezzava con dolcezza il viso ancora umido.
-Navi nemiche in vista!- informò Ohno, dal radar.
-Ricalcolo della direzione- disse Sho, correndo dalla postazione dell'elemento della terra a quello dei comandi della navicella, sui quali lavorava Nino: -Direzione di crociera: ricalcolo. Velocità: stabile-.
-Degenerazione al 67%- aggiornò Nishikido.
-Comunicazione: le truppe di difesa si stanno schierando- informò Aiba all'improvviso.
-No! Devono stare lontane, rischiano di rimanere coinvolte!- esclamò Sho: -Invia il messaggio- ordinò.
-Degenerazione al 74%-.
-Velocità di crociera stabile-.
-Le truppe non ricevono ordini diversi da quelli reali, Sho...-.
Ohno si alzò dalla propria postazione in silenzio, facendo segno a Ohkura di prendere il suo posto: raggiunse Masaki, compose un messaggio e inviò, con calma flemmatica invidiabile. Dopo pochi secondi giunse la risposta, che lesse immediatamente: -Dicono: ok-.
-Che gli avrà detto?- si chiese Yasuda, sconvolto.
-Tipico del leader!- commentò Aiba, commosso.
-Degenerazione all'89%!- esclamò Nishikido per farsi sentire nel mormorio generale.
“Ti prego, Yoko...” pensò Sho, appoggiando la fronte contro le mani giunte: chiuse gli occhi. “Ti prego, resisti...”.
-Le navi nemiche sono schierate, non si avvicinano- osservò Jun.
-Attendono l'alba per l'attacco- disse Subaru, come se si trattasse di una mossa militare tipica.
-Se si accorgessero di Yokoyama-kun potrebbero attaccarlo prima del previsto...- mormorò Ohkura, spaventato.
-La navicella è di difficile individuazione dalle loro strumentazioni- rispose Nino, per poi indicare: -Velocità di crociera stabile-.
-Degenerazione al 96%- aggiunse a fatica Nishikido, lo sguardo incollato al pannello di rilevazione.
-Cinque secondi alla posizione stabilita- disse Aiba.
-Le navi nemiche si sono mosse!- gridò Ohkura: -Sembrano tentare una manovra!-.
-Quattro... tre...-.
-Degenerazione al 97... 98...-.
-Non dobbiamo permettere che prendano la mira! Sho!- gridò Shingo.
-NO!- gridò Jun all'improvviso, alzandosi in piedi di scatto.
Si udì un forte scoppio e sollevarono lo sguardo verso il soffitto della sala: una vetrata che dava sul cielo. Uno scoppio di luce bianca, immensa, illuminò lo spazio sopra di loro a giorno: le stelle sembravano tremare, il vetro dell'osservatorio, i muri e i pavimenti ricevettero forti scosse di risonanza. Sho corse ad abbracciare Matsumoto, che singhiozzava senza freno: -No... no...-.
La situazione sembrò tornare all'improvviso, così come era iniziata, alla normalità: il cielo era scuro, stellato e limpido. I macchinari della degenerazione avevano smesso di pulsare e i radar erano silenti, vuoti. Vuoti.
-Aveva raggiunto il 100%?- domandò debolmente Murakami, guardando verso Nishikido: era immobile, ancora seduto al proprio posto. Lo sguardo vacuo fisso di fronte a sé: -Ryo? Aveva raggiunto il massimo?-.
-Io non...- scosse appena il capo l'elemento della luce, e Shingo cadde in ginocchio, battendo i pugni sul pavimento. Così come Sho e Jun, Yasuda e Shibutani si erano stretti in un abbraccio. Nino aveva raggiunto Satoshi e gli aveva circondato le spalle, le mani incrociate alle sue sul petto del terrestre.
Non c'era più traccia delle astronavi nemiche: lo spazio attorno a Myrthas e agli altri pianeti era pulito, vuoto: il silenzio nella sala di controllo era disturbato solo dai singhiozzi dei ricercatori, increduli.
Poi Aiba emise un debole gemito: -Eccolo-.
Bastò per richiamare l'attenzione degli altri ricercatori, che osservarono il punto sul radar indicato dal terrestre: -Eccolo è... è qui-.
Un puntino minuscolo, quasi invisibile, fluttuava solitario nello spazio. Da esso non proveniva nessuna energia.
Sho guardò lo schermo, incredulo. Poi il suo sguardo si incontrò con quello di Jun, ancora stretto al suo braccio e capì.
-Armate un'astronave di recupero! Presto!- gridò, indicando agli altri di mettersi all'opera: -Azione di recupero!-.
Shingo sentiva un fischio nelle orecchie e ricominciò a correre, stavolta insieme a Subaru e Yasuda: di nuovo verso il locale delle navicelle. Di nuovo verso Yoko.

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