Reach - parte 10

May 25, 2013 13:15

Non ci speravate più, vero? XD
A dirla tutta non so neanche chi stia ancora seguendo questa fanfiction, ma nuntio vobis gaudio magno ho quasi finito (nel senso che devo solo correggere l'epilogo, e la mia beta di fiducia mi sta aiutando nell'arduo compito), quindi finisco di postare! ...in altre 3 o 4 comode rate XD

Titolo: Reach
Genere: AU, fantascientifico, futuro, angst
Gruppi: Arashi, Kanjani8
Pairing: Sakumoto, Ohmiya, Subassan, Yokohina
Rating: un PG-13 generale
Disclaimers: non mi appartengono i personaggi e penso di aver preso elementi da questo e quello un po' a muzzo... per il resto, è tutta colpa mia.
Note: sul forum AFD scrivevo: 'Sono stata ispirata per questa fict dalle dannatissime tutine di Gantz (<--- eheh) e da varie storie incrociate di alieni e esperimenti... metteteci qualche basilare e confusa conoscenza di chimica e fisica e questo è quello che ne sta venendo fuori XD' ...non so se si possa ancora applicare, ma faremo finta di niente XD Ringraziamenti sentiti alla mia editor ( yukari85).
Parti precedenti: parte1, parte2, parte3, parte4, parte5, parte6, parte7, parte8, parte9
Scopriamo qualcosa di più su tempesta, i fratellini di Yoko, l'elemento ignoto e l'esperimento leggendario.


L'alba sembrò non sorgere su Tempesta mentre i quattro ricercatori si erano già rimessi in viaggio: il cielo si era fatto più scuro e carico di elettricità durante il loro riposo. Raggiunsero le prime montagne in breve tempo e cominciarono a salire per percorsi accidentati e strade scoscese improvvisate sulla cruda roccia nera del territorio. Il continuo silenzio era rotto dai loro rumorosi pensieri e dai rombi del cielo, sempre più vicini.
Erano già arrivati ad una buona altezza in quella che doveva essere tarda mattinata, quando cominciò a spirare un forte vento gelido che trasportava fiocchi di ghiaccio. Solo le tute non potevano combattere quella bufera improvvisa: si gettarono addosso i mantelli e le coperte che portavano nei bagagli e ripresero a camminare, la vista offuscata dalla tempesta di neve.
Jun gli era sempre rimasto vicino, si erano aiutati a vicenda a salire passaggi stretti o senza appigli, si erano più volte stretti la mano sotto i mantelli senza che, per la prima volta, l'elemento dell'acqua si preoccupasse degli sguardi degli altri due.
-Non guardare in basso- gli disse piano, aiutandolo a salire un ultimo passo sulla friabile terra della montagna. Non era difficile capire che Sho soffrisse di vertigini quando per la paura non riusciva a schermare i propri pensieri. Si guardarono negli occhi e Sho lo raggiunse su un piano finalmente stabile stringendogli la mano che aveva offerto.
Si fermarono a riprendere fiato e osservare la strada ancora da fare.
La nevicata non sembrava intenzionata a fermarsi e le vette sopra di loro erano già ricoperte di ghiaccio bianco in contrasto con il cielo quasi nero.
-Siamo certi che questa sia la strada giusta?- gridò Nino per farsi sentire nel vento. Il suo respiro caldo formava nuvole di vapore spazzate via velocemente da folate di vento.
-Sto seguendo le indicazioni, ma dalle mappe sembrava molto più vicino!- rispose Shingo, osservando lo schermo sul polso: -Se solo potessi mettermi in contatto con Tsutomu...-.
-Forse sono vere le voci che dicono che qui il terreno cambia di giorno in giorno- fece Nino, con un tono semi-ironico.
-Piuttosto, non vi sembra strano che non ci sia nessuno?- chiese a quel punto Jun: -Non abbiamo incontrato nessuno per tutto il viaggio fino a qui, anche in zona pianeggiante- aggiunse. Nino lo guardò attraverso la fitta e violenta nevicata: -Che ti aspettavi, un caloroso benvenuto? Questo continente è per lo più disabitato- fece, con tono da ovvietà.
In quel momento Murakami lo zittì, chiuse gli occhi e si concentrò su ciò che li circondava: le rocce, la neve e il vento, il cielo... dei passi...
-A TERRA!- gridò, un istante prima che anche gli altri percepissero il pericolo.
Si buttarono contro la parete di roccia, accucciati sotto di essa per difendersi da un getto di fuoco che stava per colpirli e che sciolse all'istante la neve nel punto preciso dove erano stati in piedi poco prima. Sho percepì il calore dei corpi di chi li aveva attaccati... sei, forse sette persone.
-Amici!- gridò Shingo, prima che un secondo getto di fuoco tentasse nuovamente di raggiungerli: -Amici!- ripeté, sperando di non essere stato sentito.
Gli attacchi non terminarono e Sho si alzò per contrastare, essendo l'unico che non poteva essere bruciato. Come risucchiò e respinse dalla mano destra il primo getto di fuoco, una scarica elettrica lo raggiunse alle spalle e l'avrebbe colpito in pieno se Nino non avesse reagito respingendola.
Non fece in tempo a ringraziarlo che dovettero nuovamente contrastare gli attacchi, mentre Jun e Shingo appoggiavano le mani a terra per tentare di bloccare i movimenti degli avversarsi sulla neve... ma due erano elementi dell'acqua e riuscivano a muoversi su di essa senza venire intrappolati... l'elemento del fuoco inoltre poteva sciogliere i blocchi...
-YOKOYAMA!- gridò all'improvviso Murakami e il fuoco cessò.
Sho e Nino rimasero in allerta, schiena contro schiena, scrutando nella neve per cercare i propri avversari.
-Chi siete?- rispose allora una voce, dall'alto della roccia dietro la quale si erano nascosti. Anche Jun e Shingo sollevarono la testa.
-Ricercatori di Calidania. Siamo in contatto con gli Yokoyama- disse Sho, la voce alta e chiara per farsi sentire nel forte fischio del vento. Jun gli lanciò uno sguardo da sotto il cappuccio del mantello, sembrava volesse dirgli di fare attenzione a non parlare troppo.
-Non siamo stati informati di spedizioni da Calidania per loro conto...- disse un'altra voce, più vicina.
Nella tempesta di neve apparvero le sette figure, li circondavano nel piccolo riquadro pianeggiante sul quale si erano fermati. Indossavano pesanti mantelli neri e delle maschere sul viso di uno strano metallo argenteo dai riflessi colorati: brillavano nonostante la scarsa luce del territorio.
-Portateci da loro e potranno confermare- disse Murakami, facendosi avanti.
-Non so se possiamo fidarci...- disse uno dei sette, l'elemento del fuoco.
-Non finché saranno armati!- esclamò l'elemento della luce, indicando le pistole appese alle tute dei ricercatori, sotto i mantelli. Shingo si girò verso gli altri e lasciarono a terra le armi, sollevando poi le mani.
-Sono elementi, potrebbero essere pericolosi in ogni caso- disse quello che sembrava il capo, in tono ovvio: -Diteci che tipo di missione siete venuti a svolgere e decideremo se lasciarvi andare- aggiunse.
Jun sospirò, abbassando le braccia: era peggio che fare i controlli al posto di blocco per uscire dall'Istituto.
-Stiamo svolgendo ricerche sugli elementi ignoti, gli Yokoyama ci hanno contattato e chiesto di venire su Tempesta per consegnarci delle informazioni preziose...- disse brevemente Murakami, ma non si scordò di aggiungere: -La missione non è stata autorizzata dal governo-.
I sette rimasero in silenzio, come a riflettere. Un brivido percorse la schiena di Jun, che si strinse nel mantello: l'attesa e l'aria pungente del luogo lo stavano rendendo nervoso e abbassavano la sua concentrazione. Si concentrò sul calore che emanava Sho al proprio fianco e rimase in attesa.
-Se non vi fidate potete portarci da loro e vi daranno una risposta!- esclamò Nino, stanco del silenzio che era calato.
-Dite di non essere stati autorizzati ma siete venuti con le armi dell'esercito...- fece notare allora il capo, indicando le pistole.
Nino roteò gli occhi.
-Ma riteniamo sia giusto potervi dare una possibilità sul piano delle ricerche... se saranno confermate da chi volete incontrare- concluse questo, girandosi e incamminandosi per uno stretto passaggio fra le rocce: -Seguiteci e vi porteremo al rifugio-.
Due elementi della luce raccolsero le quattro pistole e le puntarono contro i ricercatori, facendo loro cenno di sbrigarsi ad aggiungersi al gruppo.
Sho si mosse per primo, prendendo Jun per il braccio: anche attraverso il mantello e la tuta, era gelido.
-La temperatura influenza il mio elemento...- mormorò lui, per poi indicare Shingo con un cenno del capo: aveva un'espressione seria e concentrata, ma la pelle solitamente calda e dalla carnagione olivastra ora sembrava quasi ghiacciata, le labbra viola in risalto su di essa.
Sho gli appoggiò una mano sulla spalla, infondendo calore.
Sperò che il tragitto fino al rifugio fosse breve e al riparo dalla neve e dal vento.

Il rifugio era interamente scavato nella roccia della montagna, in un punto dove la neve aveva smesso di cadere e la terra nera sembrava più morbida. Era un piccolo villaggio riunito attorno ad una piazza centrale, dove brillava un grosso fuoco dentro una vasca di pietra. Le case, scolpite nelle pareti della caverna, si affollavano una sopra l'altra e da esse diverse persone guardavano curiose l'arrivo degli stranieri.
Il capo si fermò vicino al fuoco centrale e diede qualche ordine a degli uomini che si erano avvicinati, mentre i quattro ricercatori restavano immobili a fissare la vita di quel luogo. Era assurdo realizzare così tardi come l'esistenza di un centro abitato potesse essere permessa in un territorio così aspro e ostile: dentro la grotta, nello spazio comune, c'erano edifici pubblici come un pozzo, un piccolo orto, una mensa, un laboratorio. Proprio da esso uscirono di corsa due persone, venendo direttamente incontro ai quattro ricercatori.
-Murakami-kun, mi dispiace tanto!- diceva uno, il più grande dei due: -Non abbiamo più ricevuto notizie, non sapevamo quando sareste venuti!- si scusò, con un profondo inchino. Shingo, che sembrava all'improvviso aver ripreso colore e forza, si inchinò profondamente a sua volta.
-Sono con noi, generale. Sappiamo che è contro il regolamento portare esterni e avere contatti con essi, ma per il bene di tutta la comunità abbiamo deciso di assumerci tutta la responsabilità- stava spiegando il più piccolo, probabilmente appena un ventenne.
-Ci saranno provvedimenti...- stava dicendo il capo dei sette che li avevano intercettati sulle montagne.
-Siamo pronti a ricevere qualsiasi ordine. La preghiamo di lasciarci solo un po' di tempo!- esclamò il fratellino di Yoko, inchinandosi di fronte al generale.
Sho fece altrettanto e Jun con lui: -La preghiamo!-.
Il generale si voltò e si allontanò dal fuoco centrale, seguito dai suoi uomini: -Avete fino a sera, dopo di che riporteremo gli stranieri al confine- decretò.
Negli occhi dei due fratelli passò, come un lampo, lo stesso sorriso e la stessa genuina allegria che Sho aveva visto in quelli di Yuu. Perse il fiato per un istante e vide Jun, Kazunari e Shingo avere la stessa reazione. Sorpresa e dolore che li pungevano sotto la pelle, come aghi.
-Venite con noi, sarete stanchi...- sorrise loro il più piccolo, presentandosi come Mitsuru: -Potete riposare nel laboratorio, mentre parliamo-. Tsutomu e Shingo li avevano già preceduti di qualche passo, parlando fra loro.
Il laboratorio era una piccola stanza con una serie di macchinari rudimentali dall'aria malconcia e antica; sembrava impossibile fossero riusciti a portarli su Tempesta parecchio tempo addietro. Si sedettero su delle poltrone che i due ragazzi usavano anche come letti e gli offrirono una bevanda calda, leggermente dolciastra. Sul grezzo tavolo di legno secco di fronte a loro era appoggiato lo schermo gemello di quello che possedeva Shingo.
Tsutomu e Mitsuru Yokoyama si sedettero di fronte a loro, l'importanza della situazione che non riusciva a celare le loro espressioni curiose e speranzose. Sho si sorprese a pensare che fossero simili a Yuu solo in quelle piccole cose: sguardi, movimenti automatici... la forma dolce e allungata del viso. Per il resto erano d'aspetto simile l'uno all'altro, ma non al fratello maggiore.
Jun fece per iniziare a parlare, ma Tsutomu lo interruppe subito, con un sorriso: -Non abbiamo bisogno delle presentazioni, veniamo subito al motivo per cui vi abbiamo chiesto di venire qui- disse, venendo poi aiutato dal fratello minore: -Prima riuscirete a partire da qui, prima potrete tornare all'istituto a iniziare le ricerche-.
-Di cosa si tratta?- chiese allora Sho.
I due fratelli chiesero loro di chiudere gli occhi e comunicarono per immagini mentali la loro avventura fino a quel giorno: l'allontanamento dagli istituti dove vivevano e studiavano a Calidania dopo la degenerazione del fratello maggiore, la contrattazione con alcuni mercanti per il trasporto fino a Tempesta di alcuni strumenti di ricerca, l'arrivo nella comunità in cui attualmente abitavano.
-Da quando siamo arrivati- iniziò allora a spiegare Tsutomu: -Abbiamo mandato avanti le ricerche di nostro fratello sull'elemento ignoto. Eravamo del tutto al corrente degli esperimenti che stavate facendo all'Istituto, persino delle registrazioni sulla sua personale degenerazione. Per un breve periodo è stato lui a parlarcene attraverso questo pannello comunicazionale- spiegò, indicando lo schermo nero, assopito sotto gli occhi dei quattro ricercatori.
-Poi abbiamo cominciato a ricevere ogni informazione da Murakami-kun- aggiunse Mitsuru, scambiando un breve sorriso d'intesa con l'elemento dell'acqua.
-Vostro fratello iniziava a pensare che fosse pericoloso tenere il pannello nella propria stanza, controllata ogni giorno da medici e ricercatori che potevano non appoggiare il nostro studio. Si trattava di nascondere l'oggetto nella mia stanza, ma ho preferito promettergli che sarei stato io a continuare a comunicarvi le ricerche- disse Murakami, come se non avesse mai spiegato con chiarezza quegli avvenimenti ai due fratelli.
-I controlli sono senza dubbio aumentati con il passare del tempo- concordò Jun: “Ma avrei preferito me ne avessi parlato” ammonì Shingo in tono stizzito attraverso il pensiero, facendo ridacchiare tutti gli altri, ancora in ascolto.
Sho però non poté che concordare: se Shingo gli avesse parlato prima del pannello o dei fratellini di Yoko, se Yoko stesso gli avesse rivelato che stavano bene e che le loro ricerche in quella lontana regione stavano portando a scoperte a cui avrebbe potuto collaborare fin da subito, forse sarebbero riusciti a giungere a delle buone scoperte molto prima. “Meglio tardi che mai” pensò, rumorosamente. In fondo dubitava che la propria mente prima della trasformazione avesse potuto essere di qualsiasi aiuto. Murakami gli rivolse uno sguardo veloce, a metà fra il dispiaciuto e il severo: chissà quanti altri segreti condivideva con Yoko e aveva taciuto agli amici. La forza del legame fra quelle due persone, rifletté, era talmente inscindibile che non poteva capirla, avvicinarvisi, credere di poterne capire il significato.
Jun si mosse al suo fianco, sollevando la tazza e soffiando appena sulla bevanda prima di avvicinare le labbra per berla a piccoli sorsi: si chiese se mai avesse potuto stringere un simile legame con Jun, a costo di segreti e pericoli e profonda sofferenza.
-Il nostro compito in Tempesta, secondo le direttive di nostro fratello, era intervistare le persone, raccogliere testimonianze e, soprattutto, calcolare le percentuali di elementarietà presenti nel villaggio- disse Tsutomu, riprendendo il discorso. Indicò con un gesto della mano i macchinari nella stanza, qualcosa di molto simile a quelli che erano stati usati per la conversione di Sho, Ohno e Aiba in elementi: erano strumenti di analisi che grazie a dei pannelli, che Sho immaginava posizionati qua e là nella grotta, fra le case, captavano l'elementarietà del luogo e degli abitanti, segnalandone gli sbalzi attraverso onde, che scorrevano e lampeggiavano sui monitor: -Qui in Tempesta soffriamo di periodi di freddo intenso, carenza di cibo, eccessiva umidità dell'aria... a seconda delle stagioni, i pericoli naturali possono essere diversi e numerosi: per questo è permesso a pochi lasciare la grotta e solo con la scorta dei Migliori- disse Mitsuru.
-Sono quei sette elementi che avete incontrato oggi sui picchi: la loro è un'elementarietà spiccata, hanno sviluppate capacità di sopravvivenza e resistenza e sono ottimi combattenti. Il loro capo è come un re, all'interno della nostra comunità- spiegò meglio Tsutomu: -Sono stati i più difficili da convincere ed intervistare, una volta arrivati qui- ridacchiò, dando una gomitata di intesa al fratellino, memori forse di qualche avventura vissuta assieme.
-Date le condizioni climatiche, la potenza degli elementi del luogo e delle persone ha periodi di calo e di crescita che in Calidania non avvengono. E' come se a seconda del clima e delle stagioni, le nostre capacità sensoriali si acutizzassero o diminuissero di continuo. Questa cosa ci permette di vivere in stati di alta elementarietà o di alta umanità alternati e costanti, allenandoci in modo naturale a controllare il nostro elemento, preservarlo, non venire guastati-.
-E' come vivere in un frigorifero- commentò Nino.
-Esattamente- fece Mitsuru, non trovando il commento per nulla inopportuno: -L'elementarietà qui è bloccata, rinchiusa: la nostra è la stessa di come quando ci siamo trasferiti da Calidania- dimostrò Tsutomu, accendendo il pannello comunicazionale per mostrare loro i risultati delle analisi che, mese per mese, i due fratelli avevano raccolto usando loro stessi come campioni.
-Ed ecco come abbiamo potuto intervistare qualche elemento ignoto- sorrise poi il maggiore dei due, facendo sussultare Jun: -Anche la degenerazione degli elementi ignoti è... bloccata?- domandò, la voce di un tono più alta del normale, come se non l'avesse controllata.
-Rallentata, potremmo dire...- rispose Mitsuru, scorrendo con il dito sullo schermo del pannello per mostrare foto delle persone intervistate e pezzi di documenti dove avevano raccolto le testimonianze e le misurazioni: -Abbastanza per permetterci di vivere in contatto con queste persone prima che vengano allontanate anche da questa comunità, per morire da soli nella vastità di Tempesta- concluse Tsutomu, raggelando l'atmosfera: che sciocchi che erano stati i quattro ricercatori, a pensare anche solo per un istante che la degenerazione potesse essere arrestata solo spostandosi su Myrthas. Se ciò fosse stato possibile, avrebbero potuto trovare una soluzione ed agire molto prima. Anche in quella piccola comunità, allora, la discriminazione degli elementi ignoti era necessaria, per la sopravvivenza di tutti.
-Abbiamo parlato con molte persone, alcune anche fra gli anziani- riprese Mitsuru: -Ovvero coloro che hanno fondando questa piccola città, il consiglio superiore che per importanza ha il diritto di legiferare e controllare i Migliori-.
-E grazie ad alcuni di loro, abbiamo scoperto di H- disse Tsutomu.
I due fratelli chiesero loro di seguirli, consigliando di indossare i mantelli termici sopra le tute: uscirono dal laboratorio, percorsero una stretta via che si arrampicava fra le case scolpite nella rocca, fino a raggiungere un punto lontano dal villaggio, nascosto dalla vita di esso. Era una conca senza uscita, con cespugli di sterpi che coprivano l'ingresso, freddo e spoglio. Tsutomu fece luce con una torcia e chiese a Murakami e Sakurai di avvicinarsi alla parete, in fondo alla conca. I due umani trattennero il fiato: apparvero delle incisioni sulla roccia. Un'iscrizione appena leggibile, coperta da frammenti di ghiaccio, parlava di un certo H, il sopravvissuto. Un disegno appena abbozzato di un uomo circondato da altissime fiamme, scolpite con forza nella roccia e annerite con del carbone, accompagnava la scritta.
-Ali nere?- domandò Shingo, avvicinando il viso al pannello.
-Molto probabilmente. Non sappiamo chi abbia lasciato questo messaggio nella roccia, ma è possibile sia stato qualcuno degli anziani che hanno assistito H fino alla fine del suoi giorni- disse Tsutomu.
-Fine? Ma non si chiama il... “sopravvissuto”?- indicò Nino, senza capire.
L'iscrizione era scritta in una antica lingua terrestre, che Tsutomu chiese ai due umani di tradurre. Sho conosceva poco quell'idioma, appena simile al dialetto della campagna in cui era nato: tradusse a grandi linee, aiutato dalla luce delle torce dei due fratelli.
-Narra la storia di H. Pare sia morto circa trent'anni fa, di morte naturale. Se questo fosse vero, potremmo pensare che fosse vivo e nel fiore degli anni durante la guerra civile e si potrebbe azzardare anche che vivesse in Calidania, fino alla scoperta del proprio elemento ignoto- disse Shingo, guardando gli altri.
-Al tempo delle guerre civili, quindi... negli anni dei nostri nonni e bisnonni- commentò Jun assorto.
-All'epoca dell'esperimento leggendario- concluse Sho, attirando su di sé lo sguardo degli altri: si ricordava perfettamente del racconto del padre di Jun. Era stato grazie a quel dialogo che aveva iniziato a cercare, studiare, fare ipotesi su quella leggenda. E se H fosse...
-Potrebbe. Gli anziani sono stati molto confusionari e spesso contraddittori su questo argomento: alcuni dicono di non aver mai visto H, altri se lo ricordano privo di elementarietà, ormai anziano. Altri ancora si rifiutano di parlare di lui, come se avessero ancora paura- disse Mitsuru. Poi indicò la scritta: -Diteci con più precisione cosa c'è scritto. E' il motivo per cui vi abbiamo chiesto di venire fin qui: nessuno oltre a voi due terrestri poteva aiutarci a trovare la chiave di volta per questa faccenda-.
-Dice che H fosse giunto su Tempesta durante la guerra civile. Gli altri (pochi) pionieri che erano venuti a vivere qui prima di lui credevano fosse un rifugiato come tutti gli altri, ma ben presto si resero conto del forte elemento ignoto che albergava in lui. Lo vollero subito allontanare, cacciandolo dalla grotta. L'unico ad avvicinarglisi per portargli da mangiare o controllare il suo stato di salute, ovunque si fosse nascosto, era un ricercatore dell'Istituto, giunto su Tempesta insieme H. “Una notte di vento, si udì un forte rombo nel cielo, diverso da un qualsiasi fulmine. Una luce accecante squarciò le nubi e la terra e la roccia tremarono violentemente per qualche minuto”... Parlano di uno scoppio rallentato, come se il cielo avesse risucchiato un'enorme quantità di energia tutta in una volta. Qualche giorno dopo H tornò alla grotta, privo dei segni dell'elemento ignoto: un dottore lo visitò, lo tenne in isolamento, gli curò alcune ferite superficiali per qualche settimana. Ma la sua elementarietà si era esaurita- terminò la difficile traduzione Sho, inginocchiato di fronte alla roccia per leggere nei dettagli ogni piccola scritta. Chi aveva riportato quel racconto doveva conoscere molto bene gli idiomi terrestri... cosa che lo portò a pensare allo stesso ricercatore di Calidania, che aveva probabilmente lasciato quel documento per testimoniare il fatto. Lo disse agli altri.
-Le cronache dicono che quell'uomo sia sparito proprio quella sera, però...- disse Mitsuru, stupendolo.
-Sparito?- domandò Murakami, la voce che tradiva una certa ansia.
-Forse ucciso dall'elemento ignoto- propose Nino, ma questo non spiegava come fosse invece riuscito H a sopravvivere e quel documento scritto sulla roccia a permanere.
-Forse è colui che ha riportato su Calidania la notizia che un esperimento di reversione fosse possibile, facendo cessare la guerra- azzardò Jun, facendo sospirare i due fratellini Yokoyama: -Qualcosa deve essere. E soprattutto... qualcuno deve aver lasciato qui questa testimonianza; qualcuno di molto erudito, esperto conoscitore di un dialetto terrestre ormai in disuso-. Un ricercatore.
Sho chiuse gli occhi e provò a concentrarsi, raccogliendo le informazioni che aveva appena ricevuto, pur non sapendo se fossero veritiere o no: non funzionò. Maledì l'incapacità delle loro menti di vedere anche nell'ignoto, lo scontro che, da quando si era trasformato in elemento, provava con estremo fastidio.
Tornarono lentamente e in silenzio al laboratorio, nel freddo pungente della sera che stava scendendo, immersi in difficili pensieri.
Tornarono a parlare solo una volta tornati attorno al tavolo, gli sguardi attirati ancora una volta dallo schermo dei fratelli Yokoyama.
-Ma com'è possibile questa reversione? Se anche le cronache e questa incisione dicessero il vero, parlando di scoppi, energia, luce...- si domandò Shingo ad alta voce.
Tsutomu e Mitsuru si guardarono, mentre il più grande faceva scorrere nuovamente il dito sul pannello, mostrando un documento che avevano redatto insieme, dopo aver raccolto ulteriori testimonianze: -Pare che il caso di H non sia l'unico caso interessante, almeno a quanto dicono altri abitanti di questo villaggio-.
Il documento portava nomi, età, sintomi... era una specie di diario medico, con una data curiosa in fondo ad ogni scheda. Oltre quella data, più nulla. Come se si trattasse di una vera e propria malattia. Non poteva essere...
-Quanti di questi casi sono accertati?- chiese Nino, alzandosi in piedi.
-Nessuno. Ma è curioso il fatto che tutti quanti questi casi siano degenerazioni da elementi puri ad ignoti- fece notare Tsutomu.
Sho e Shingo si guardarono negli occhi: se era possibile da puro a ignoto...
-Infine, sulla guarigione abbiamo un'unica testimonianza, ritrovata negli annali di questa comunità- sullo schermo apparve una vecchia pagina di documento, consunta ed ingiallita: -Dice che la modalità di guarigione possibile sia una soltanto- disse Mitsuru, guardando poi Shingo negli occhi: -La degenerazione totale, al 100%-.
Il silenzio calò nella stanza, si udiva solo il fischio del vento al di fuori delle finestre e il basso ronzio dei macchinari di ricerca.
-Cosa...?- domandò Sho, con il cuore in gola.
-L'ultimo stadio della degenerazione dell'elemento ignoto potrebbe prevedere il distacco del potere dal corpo. Se il corpo resistesse per l'intera degenerazione, fino al completamento di essa, ci sono delle possibilità che il corpo sopravviva. Sono solo leggende, forse... ma è un buon inizio da cui far partire le ricerche che fin'ora non abbiamo saputo sviluppare- sorrise Tsutomu: -Anche se fino ad ora pare che solo H sia resistito così a lungo da scoprirlo-.
La conversazione sulla leggenda si concluse quando il buio fuori dalla caverna si era fatto totale e le lanterne delle case sulla roccia erano ormai quasi tutte accese.
Mentre gli altri iniziavano a parlare di progetti e meccanica per costruire un meccanismo di conversione, Sho uscì dalla casa dei due ricercatori fratelli di Yoko per respirare l'aria fredda e pungente di quella regione.
Nella testa un turbinio di pensieri ed una smania di tornare all'Istituto, un sentimento che non aveva mai provato prima.

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