Reach - parte 7

Dec 02, 2012 21:14

Facciamo che ri-posto, dato che come al solito in settimana sono piena di impegni e la mia unica lettrice ha già letto XD Ma motivo ancora più importante: sono andata avanti di un altro capitolo durante il weekend *w*9

Titolo: Reach
Genere: AU, fantascientifico, futuro
Gruppi: Arashi, Kanjani8
Pairing: Sakumoto, Ohmiya, Subassan, Yokohina (friendship)
Rating: un PG-13 generale
Disclaimers: non mi appartengono i personaggi e penso di aver preso elementi da questo e quello un po' a muzzo... per il resto, è tutta colpa mia.
Note: sul forum AFD scrivevo: 'Sono stata ispirata per questa fict dalle dannatissime tutine di Gantz (<--- eheh) e da varie storie incrociate di alieni e esperimenti... metteteci qualche basilare e confusa conoscenza di chimica e fisica e questo è quello che ne sta venendo fuori XD' ...non so se si possa ancora applicare, ma faremo finta di niente XD Ringraziamenti sentiti alla mia editor ( yukari85).
Capitoli precedenti: parte1, parte2, parte3, parte4, parte5, parte6
Questa parte è piuttosto lunga e carica di avvenimenti!



I tre umani sottoposti agli esperimenti di trasformazione passarono il totale di 96 ore sotto il controllo dei mantenitori di pressione. Una volta raggiunto il livello ottimale di materia, vennero lentamente risvegliati e sottoposti a diversi test fisici per provare la loro concreta resistenza all'elemento.

Sho si sentiva straordinariamente leggero: bastava che lo desiderasse e il suo corpo cominciava ad ardere e fiamme rosse e dorate lambivano le pareti della stanza di prova dove l'avevano lasciato sfogare la propria elementarietà. Capì cosa voleva dire regolare il proprio livello di umanità e di che tipo fosse la conoscenza del Tutto: se solo chiudeva gli occhi e rifletteva, tutte le risposte alle più disparate domande che riusciva a porsi gli giungevano alla mente come se fossero indotte da qualcuno... ricordate da un passato che non aveva vissuto. Ma capiva anche che quella conoscenza non poteva essere esercitata se non in condizioni di elementarietà elevata, così come la capacità di leggere nel pensiero o prevedere gli avvenimenti qualche frazione di secondo prima che accadessero.

La notte del sesto giorno, dopo innumerevoli raccomandazioni da parte dei medici e la rilettura dei risultati dei test, che non rivelavano nessuna irregolarità, uscirono dal laboratorio e si diressero senza accompagnatori verso l'ascensore: senza parlare sapevano esattamente dove fossero diretti. E quando entrarono affamati in mensa si resero conto che ad aspettarli c'era un gruppetto di ricercatori... il loro gruppetto.

-Eccoli!- esclamò quasi commosso Yasuda, indicandoli.

-Venite, vi abbiamo tenuto da parte la cena!- li invitò a sedersi Maru, per poi aggiungere: -Quei test faranno sicuramente venire fame!-.

Si avventarono sul cibo prima ancora di poter ringraziare, facendo ridere gli alieni. Fu solo dopo aver completamente spazzolato il primo piatto di carne che Sho sollevò lo sguardo per incrociare quello di Jun. In quel fulmineo istante notò l'imbarazzo dell'altro, che scostò immediatamente gli occhi puntandoli altrove, sulla tavola imbandita, quasi fosse interessatissimo al cestino del pane.

-Cos'è successo alla tua tuta?- chiese a Shingo, come per sviare la propria attenzione da Jun: pessima mossa.

-Già, è vero... ha dei colori eccezionalmente brillanti per essere la tua tuta!- notò Ryo, facendo per toccare il materiale.

Hina ritrasse il braccio prima che l'elemento della luce potesse effettivamente toccarlo: -Me ne hanno data una nuova, dicevano che la vecchia era troppo consumata- rispose, brevemente. Sho capì immediatamente dalla risposta che sicuramente non era la verità, ma provare a mettere in esercizio i suoi nuovi poteri di lettura mentale sarebbe stato inutile, dato che Shingo sapeva schermarlo.

Subaru insistette per vedere i frutti della trasformazione in campo pratico: appena ebbero finito di mangiare e si furono riposati sotto l'appena sorto sole artificiale del rigoglioso giardino interno, lo costrinse a seguirlo in palestra per provare qualche esercizio di concentrazione e rilascio. Ben presto capirono, con immensa soddisfazione del maestro, che non c'era bisogno di ulteriori allenamenti; dalla scintilla in poi Sho era arrivato alla padronanza del proprio elemento in modo naturale, quasi come qualsiasi bambino su Myrthas. E allo stesso modo Masaki e Ohno, che non vennero disturbati dai propri istruttori e poterono continuare a riposare nella loro prima giornata da “alieni”.

Il giorno seguente Sho si svegliò presto e scese a colazione quasi prima di tutti gli altri: non riusciva a trattenere la propria eccitazione per il primo giorno di lavoro. Maru arrivò sbadigliando al suo tavolo e iniziò a parlargli di quanto in verità quel mestiere fosse noioso in quasi tutti i suoi aspetti, ma niente riuscì a smorzare l'entusiasmo del ricercatore, tanto che quando Hina apparve in mensa, anche lui mezzo addormentato, Sho quasi corse ad abbracciarlo e trascinarlo ai piani degli uffici per farsi spiegare il proprio incarico.

Alla fine attese che tutti finissero la propria colazione e scese in ascensore con anche Nino e Ohno, lasciandoli lungo il corridoio degli uffici al loro distretto di ricerca. Shingo gli mostrò la sua scrivania e qualche pannello di controllo per effettuare ricerche, chiamare altri ricercatori con un sistema di comunicazione interno, segnare i propri orari e programmare un piano di studio. L'ufficio era identico a quello che avevano visto durante la prima visita della stazione e non aveva assolutamente niente di diverso da quelli dell'IRST, tanto che se non fossero stati tutti in tuta e avessero ricominciato ad usare addirittura qualche foglio di carta, avrebbe perfettamente potuto credere di non essersi spostato da Tokyo.

-Esattamente di cosa... di cosa mi occupo?- chiese Sho, fissando i grafici che erano apparsi sullo schermo opaco di fronte a sé.

-Beh, non sei un medico quindi non puoi monitorare i macchinari di Yoko e nemmeno analizzare i risultati degli esperimenti sui campioni che sono stati raccolti. Finché non dovremo agire sul campo (e spero di no), hai carta bianca su qualsiasi ricerca tu voglia compiere- disse con un'alzata di spalle Murakami: -Se vuoi un pass per la biblioteca è nel mio cassetto- aggiunse, indicandolo.

-Tu che ricerca stai facendo?- chiese Sho, più per curiosità che per altro.

-E' un lavoro un po' collaterale, mi occupo di classificare storicamente i contatti e le scoperte su Tempesta per dare una spiegazione ai miti che vedono gli elementi ignoti nascere lì- riassunse, sedendosi alla scrivania di fronte a quella di Sho, ruotando appena la sedia fluttuante: -Abbastanza noioso, dato che per ora sto solo compilando una linea del tempo. Ah, lì sopra ti ho caricato anche qualche ricerca passata, così puoi dare un'occhiata ai temi già trattati-.

Sho ringraziò e si mise subito a leggere, facendo passare così le prime ore di lavoro. Limitandosi poi a leggere solo i titoli e i riassunti delle varie tesi, si rese ben presto conto che uno degli argomenti che più gli stava a cuore e che ai suoi occhi poteva essere la chiave di tutto, non era stato trattato ancora da nessuno.

-Shingo, credi che possa occuparmi dell'esperimento leggendario?- chiese, sollevando lo sguardo per incontrare quello dell'altro ricercatore, che apparentemente si stava annoiando più che mai, stravaccato sulla sedia fluttuante con una sfera di acqua cristallina nella mano che faceva ruotare e mutare di forma a piacimento.

A quella domanda però sembrò riscuotersi dal torpore e lo guardò a metà fra il sorpreso e il perplesso: -Beh, immagino di sì...-.

-Mi sembra strano che nessuno ne abbia mai parlato prima- osservò l'elemento del fuoco, indicando per riflesso lo schermo sulla propria scrivania. Shingo fece un debole sorriso: -Quelle pubblicate e divulgate all'interno della stazione sono solo le ricerche che sono giunte a qualche risposta. Non è vero che nessuno abbia mai cercato un qualche documento che attestasse l'avvenimento, ma è probabile che nessuno l'abbia mai trovato per arrivare a pubblicare qualcosa di concreto-.

-Però a questo punto mi sembra inutile ricominciare da zero quando magari qualcuno ha già raccolto delle informazioni a riguardo...- mormorò Sho, il tono come se stesse pensando ad alta voce.

Shingo sembrò riflettere un attimo su cosa fosse giusto fare, abbassando lo sguardo e grattandosi inconsciamente un pollice con l'indice dell'altra mano e non ci fu bisogno del ricorso alla lettura della mente per Sho per intuire che stesse per rivelargli qualcosa: -L'ultimo che io sappia che se n'è occupato è Yoko e so che presto sarà trasferito al piano ospedaliero per delle analisi...-.

Sho quasi cadde dalla sedia fluttuante per l'informazione improvvisa: -Puoi farmi avere il permesso per un'intervista?- domandò.

-Devo chiedere ai superiori... non sarà semplice- pensò Hina ad alta voce: -Ma ci posso provare- decise, alzandosi quasi rincuorato per aver trovato finalmente qualcosa da fare che non fosse una noiosa linea del tempo. Sho gli sorrise riconoscente.

-Ah, Sho...- lo chiamò l'elemento dell'acqua prima di uscire dall'ufficio.

-Sì?- rispose, sollevando lo sguardo dal proprio schermo nuovamente illuminato. Shingo sembrò per un attimo tentennare, per poi scuotere la testa: -Nulla, non importa-. Erano giorni che il collega gli stava nascondendo qualcosa e Sho sperava solo che prima o poi si decidesse a rivelargli quel difficile segreto. Sospirò e tornò al lavoro, aprendo un nuovo documento per cominciare la ricerca.

L'opera di convincimento dei superiori durò quasi l'intera giornata con chiacchiere, permessi e scartoffie burocratiche di cui si occupò interamente Shingo. Così nel pomeriggio Sho si dedicò alla biblioteca, prelevando il pass dal cassetto della scrivania del collega. La piccola chiave magnetica era sepolta da oggetti e carte di ogni tipo, ma una cosa in particolare attirò la sua attenzione: un'etichetta di plastica familiare appiccicata al retro di una fotografia.

Si chiese cosa ci facesse una fotografia in un paese di palmari e scambi mentali, poi capì che doveva essere un ricordo personale di Shingo, che in fin dei conti era umano: nello scatto c'era i loro colleghi, evidentemente tutti sulla ventina, seduti al tavolo della mensa che occupavano di solito e sorridenti più che mai verso l'obbiettivo. Notò subito la presenza di Yoko, con ancora la tuta dai bordi arancioni e senza blocchi ai polsi; sembrava molto più sano, felice, spensierato. Maruyama gli cingeva le spalle con un braccio e Subaru gli si era appoggiato con la testa sulla spalla, il sorriso un po' perplesso sicuramente dovuto al fatto che vedeva una macchina fotografica per la prima volta. Sul tavolo c'erano dei barattoli e su di essi la stessa identica etichetta che ora Sho teneva in mano: sulla Terra, quel tipo di dolce era ancora in commercio. Si chiamava “purin” ed era molto dolce, dal sapore di latte e crema e il fondo un po' più scuro e amaro, di caramello. Nella foto Yoko teneva un cucchiaino in mano e il suo purin era già per metà consumato; il sorriso soddisfatto che gli illuminava il volto doveva essere anche merito della bontà del dolce.

Sho si soffermò, mentre le guance gli si tingevano leggermente di rosso come se stesse facendo qualcosa di proibito, sul Jun della fotografia: aveva i capelli molto più lunghi e un sorriso eccezionalmente rilassato. Yasuda gli stava appoggiato addosso, sporto sul tavolo per entrare nella fotografia, mentre Nishikido e Nino occupavano i posti ai suoi due lati. Sho non poté fare a meno di pensare, con una risatina idiota che sperò non si fosse sentita per tutto l'ufficio, che fosse bellissimo. Il più bello della tavolata. Beh, non che ci fosse mai stato qualcuno, in tutta la stazione, che potesse sconfiggerlo in bellezza... a suo parere personale.

Si impose di riprendere il controllo di sé e voltò la fotografia, leggendo una didascalia in veloce calligrafia maschile. Una freccia indicava l'etichetta del purin e sotto c'era scritto: “Hina, per il mio dolce preferito A-RI-GA-TOU♥”. Era firmata “Yuu”.

Ripose la fotografia nel cassetto, con una strana sensazione di calore nel cuore. Poi pensò all'innocenza di quel passato, a quello che era successo plausibilmente poco dopo lo scatto di quella foto... e al calore si sostituì un forte senso d'angoscia.

Con il pass in mano uscì dall'ufficio lasciando una nota per Shingo e con l'ascensore scese ancora due piani per andare in biblioteca. Non l'aveva mai vista: come entrò, altissime pareti di archivi, schermi digitali e addirittura libri cartacei componevano lunghi corridoi che sembravano infiniti. Se Sho si fosse immaginato, da piccolo, come fosse la biblioteca di Alessandria di cui aveva letto qualche mito o le antiche biblioteche delle università europee che aveva studiato a scuola, non sarebbe potuto essere nulla di più simile. Nella sezione più antica i libri si mescolavano ai manoscritti e alle pergamene, mentre fra gli schermi più moderni vi erano di tanto in tanto come delle sfere fluttuanti, probabilmente un più recente (o antico?) metodo di archivio.

Ci volle un po' per capire dove cercare: dovette aprire un manuale per comprendere come fosse sistemata la biblioteca e poi cercare in un indice quali titoli potessero interessarlo. Ogni libro o archivio era catalogato per nome, formato, autore (qualora ci fosse) e data di pubblicazione (qualora si sapesse), un po' come qualsiasi altra biblioteca dell'Universo, probabilmente.

Si decise a prendere qualche antico libro di miti e qualche più recente edizione dei quotidiani di Calidania e occupò una scrivania intera con tutto il materiale, accendendo una piccola luce, simile ad un sole sospeso a mezz'aria, per combattere la penombra quasi sacra gettata dalle altissime e fitte pareti. Si immerse così a fondo nello studio di ogni nota e ogni possibile citazioni in capitoli e capitoli di racconti che non si accorse dello scorrere del tempo e dell'arrivo di qualcun altro.

-Posso esserti d'aiuto?- chiese la voce di Jun, mentre l'elemento dell'acqua si appoggiava al suo tavolo.

Sho lesse ad alta voce, sovrappensiero, le ultime righe del trattato che aveva aperto: -E si potrebbe convenire, ordunque, che la parola ignoto delinei paura, la paura più pura, in una popolazione che fa della conoscenza il proprio gioiello-.

Jun sollevò un sopracciglio: -Ci voleva un tomo grosso così per convenire quest'ovvietà?- domandò.

-Eppure anni di persecuzione e sterminio sono proprio dovuti al fatto che solo quella cosa sfugge alla vostra sapienza- puntualizzò Sho, quasi per vendetta alle offese più volte perpetrate da Jun nei confronti degli esseri umani trogloditi.

Jun scelse di ignorarlo: -E' quasi ora di cena, non ti sei accorto di avere fame?-.

-Ero assorto nello studio- spiegò Sho, accorgendosi solo in quel momento che il colore della sua tuta era cambiato da nero a bianco, che si sentiva gli occhi gonfi e stanchi e gli gorgogliava lo stomaco.

Sorrise, ad ogni modo, quando si rese anche conto che finalmente Jun gli si era avvicinato e gli stava parlando senza imbarazzo.

-A cosa devo la tua visita?- chiese, alzandosi dalla posizione che aveva mantenuto da chissà quanto tempo e sistemando i documenti per metterli a posto.

-Hina che si impanica perché dopo 4 ore non rientri in ufficio e la mia preoccupazione di vederti morire di fame e stenti su un grosso libro che dice ovvietà- ritorse Jun, con un sorrisetto divertito.

-Beh, è commovente sapere che ti preoccupi per me. Comunque, anche se non l'hai chiesto, ti informo che la ricerca sta andando alla grande: non ho ancora trovato nulla di utile- scherzò. Jun sollevò lo sguardo verso i libri più in alto: -Hai già letto anche tutti quelli?- chiese, indicandoli.

-No, soffro di vertigini. Per quelli mi farò aiutare- rispose, serio, finendo di sistemare i volumi che aveva preso.

Sentì le mani di Jun cingergli i fianchi e dopo poco il corpo dell'elemento d'acqua era appoggiato contro il suo, la testa di Jun contro la propria nuca e il respiro incerto dell'altro si posò dopo un sospiro sulla sua schiena, sollecitando un riscaldamento della tuta in quel punto.

Rimasero immobili in quella posizione senza parlare, ad ascoltarsi il battito del cuore a vicenda, mentre Sho giocava con le mani sempre ghiacciate di Jun, tentando di scaldare il più possibile quella straordinaria creatura. Poi la pancia gli ruggì ancora e con una risata l'incantesimo si ruppe: -Uhm, cena- disse, senza però lasciare andare la mano destra dell'altro. Incrociarono gli sguardi per poi chiedere gli occhi e scambiarsi un nuovo bacio, forse ancora un po' incerto e casto, ma abbastanza perché la fiamma di entrambi gli elementi si risvegliasse ancora.

Lasciarono la biblioteca ancora intontiti, indecisi se lasciarsi la mano o no.

L'intervista che Shingo era riuscito a procurargli era fissata per la mattina seguente quindi si decise ad andare a letto presto: credeva che il ricordo del già secondo bacio con Jun l'avrebbe tenuto sveglio, ma a quanto pareva la stanchezza ebbe la meglio e riuscì a dormire tutta la notte, svegliandosi rilassato e pronto ad una nuova giornata di lavoro.

Si fece una doccia durante la quale riordinò i pensieri su cosa dovesse chiedere a Yoko e quando scese in mensa vi trovò solo Maruyama, chino sulla propria colazione. Sho notò sorpreso l'espressione triste e malinconica dell'altro, così diversa dal solito sorriso e tono rassicurante che mostrava in pubblico: un'ondata di pensieri negativi e un dolore quasi fisico lo investirono, senza che riuscisse a coglierne la ragione e capì che provenivano dai pensieri del Non-elemento. In quell'istante Maru si accorse della sua presenza e l'espressione seria si infranse in un radioso sorriso di energia: -Sho, buongiorno!-.

Salutò a sua volta, indeciso se chiedergli cosa lo tormentasse: se Maruyama aveva deciso di nascondergli tutto dietro un sorriso che faceva di tutto per sembrare autentico, voleva dire che preferiva tenersi i suoi problemi per sé; Sho poteva capire quell'atteggiamento e si trattenne dal leggere la mentre dell'alieno.

-Hina ha detto che oggi vedi Yoko! Chissà come sta, dopo tutti quei test...- fece pensoso Maru.

-Te lo saprò dire a pranzo- promise Sho.

-Posso chiederti di portargli una cosa?- chiese allora Maruyama, sollevando dalla sedia a fianco un sacchetto bianco e appoggiandolo vicino al vassoio di Sho: -Se te lo permettono, ovviamente. Sono i suoi dolci preferiti...-.

-I purin- concluse Sho, stupendolo: -Me l'ha detto una volta...- si corresse subito, incerto se rivelare di aver sbirciato fra gli effetti personali di un collega. Maru sembrò crederci e riprese a sorridere.

-Sono da parte di Hinachan, in realtà. Non so come riesca sempre a farsene dare un po' dalle navi merci che arrivano dalla Terra. Però solitamente li fa consegnare al mio ufficio per questioni di dogana. Sai, trattando di umani tutto il giorno non paghiamo dazi speciali se richiediamo materiale di commercio- spiegò.

Interruppero la chiacchierata quando arrivarono gli altri e Sho notò nuovamente uno sguardo imbarazzato di Jun quando Nino lo sgomitò ammiccante appena lo videro seduto al solito tavolo.

Dopo averli salutati senza fare commenti, si alzò e scese nel reparto medico, dove lo fecero accomodare in una piccola stanza.

Attese qualche minuto, seduto sull'unico pezzo di arredamento della stanza, una sedia fluttuante.

Era rivolto verso una parete trasparente che lo divideva da un'altra stanzetta, identica alla sua fatta eccezione per un grosso macchinario nero, simile a quelli nella camera di Yoko.

Mentre stava ancora fissando, immerso nei propri pensieri, la sedia di fronte alla propria, dall'altro lato del “vetro”, alcuni medici accompagnarono Yokoyama dentro, facendolo sedere di fronte a lui e collegandogli i blocchi ai polsi e alle caviglie alla macchina alle sue spalle.

Sembrava l'avessero trascinato dentro a fatica, non perché opponesse resistenza, ma perché non riuscisse a reggersi in piedi; i blocchi parevano molto più grossi e pesanti di quanto Sho se li ricordasse.

Yokoyama sembrava stanco e malato: aveva il viso spento di chi ha appena avuto una brutta influenza e sembrava addirittura respirare a fatica, schiudendo di tanto in tanto le labbra scure e rovinate per ingoiare ossigeno.

Quando i medici li lasciarono soli (probabilmente attendevano fuori dalla porta nel caso dovessero intervenire e Sho non sapeva neanche se riuscissero a sentire la conversazione, da lì) Sho richiamò l'attenzione dell'elemento ignoto.

Yoko aprì gli occhi che fino a quel momento aveva tenuto ermeticamente chiusi, forse per lo sforzo o per la luce intensa.

Sorrise, il miglior sorriso che Sho si sarebbe potuto aspettare da una creatura in quelle precarie condizioni di esistenza.

-Ehilà- lo salutò, quasi entusiasta, e Sho provò nuovamente quella strana sensazione di impatto con sentimenti tristi e dolorosi: stavolta si chiese se fossero suoi o di Yoko.

-Come stai?- domandò, senza riuscire a bloccare quelle parole ovvie, spinto dalla preoccupazione.

-Passata una brutta settimana, ma pare che per ora il peggio sia passato. Scusa l'aspetto impresentabile, ma ancora non mi sono abituato ai nuovi blocchi- rispose debolmente Yoko, socchiudendo gli occhi come se stesse per crollare addormentato.

-Allora, di cosa parliamo oggi?- domandò poi, con un nuovo sorriso.

Sho gli raccontò dell'avvenuta trasformazione e Yokoyama lo riempì di complimenti e auguri, poi parlò dell'ufficio e della ricerca che aveva deciso di iniziare.

-Hina ha ragione, avevo iniziato a occuparmene prima di stare troppo male... cosa ti interessa sapere?-.

-Tutto quello che sei riuscito a raccogliere- disse Sho, avvicinando il proprio palmare per iniziare a prendere appunti.

-Dubito che sia molto più di quello che già sai o hai letto in biblioteca... tutto ciò che può essere raccolto sull'esperimento leggendario sono solo miti e qualche testimonianza di ciarlatani che ne hanno sentito parlare senza sapere data o luogo con precisione- premise Yokoyama. Poi, stancamente, citò frammenti che aveva trovato o consigliò a Sho la lettura di qualche altro libro. Infine concluse: -Nei pochi mesi che ho dedicato alla ricerca sono giunto alla conclusione che è tutta una favola- con un tono di calma rassegnazione.

-Perché? Qualcosa ti ha fatto credere che siano solo voci false?- domandò.

-No, cioè... non ho ancora la prova assoluta di nulla. Semplicemente, ho perso le speranze. Preferisco dedicarmi a ricerche che mi permettano di diminuire le sofferenze, sai com'è... un po' più necessarie- lo disse senza alcun tono di accusa, ma Sho recepì il messaggio: stava indagando su qualcosa di astratto e, a parere di Yoko, inutile. Tuttavia, non si lasciò contagiare dal pessimismo.

-Potresti collaborare con Hina... da quello che so sta facendo studi su Tempesta e molti scritti che ho analizzato collegano l'esperimento o anche soltanto gli elementi ignoti a quella regione- propose Yoko con gentilezza.

-Ah...- cominciò Sho, ma si interruppe: non voleva dire a Yoko che Murakami gli stava quasi certamente nascondendo qualcosa, voleva evitargli preoccupazioni superflue e aveva anche il vago sentimento che Yoko non dovesse saperne niente.

-Sì, potrei proporglielo- si limitò a rispondere.

Poi si ricordò del sacchetto e lo sollevò dal pavimento, mostrandolo all'elemento ignoto: -Mi hanno chiesto di portarti dei purin- disse.

Gli occhi spenti di Yokoyama brillarono all'improvviso della solita eccitazione ingenua che Sho gli invidiava molto: -Poi dallo ai medici- diede istruzioni l'elemento ignoto, con già l'acquolina in bocca.

-Da che cosa deriva questa passione?- chiese allora Sakurai, curioso.

Yoko sembrò spegnersi nuovamente e Sho notò che cominciò a mordersi le labbra: forse quello era il principale motivo per cui erano già tutte tagliate.

-Quando ho conosciuto Hina...- cominciò dopo aver fatto una lunga pausa, ma subito si corresse: -Quando abbiamo conosciuto Hina e Ryo, in mensa era rimasto un solo purin. E' raro che qui su Myrthas si trovino prodotti terrestri ed è ancora più raro che li distribuiscano in mensa da noi... a quei tempi, poi, noi eravamo i più giovani e gli ultimi arrivati, quindi nessuno si preoccupava di dirci la minima cosa, specialmente che fosse arrivata un'astronave merci con due passeggeri speciali a bordo. Quel giorno però appena saputa la notizia, era deciso più che mai a non farmi fregare e assaggiare finalmente un dolce terrestre. Ero in ritardo e corsi in mensa per impossessarmi dell'ultimo rimasto ma appena finalmente ci misi sopra gli occhi, Hina me lo stava giusto rubando. Litigammo per un giorno intero, con gli altri che tentavano di dividerci e farci calmare temendo la rissa: e non ci conoscevamo neanche. E' troppo testardo, non ammetteva di potermelo cedere per farmelo assaggiare, dato che lui sulla Terra sicuramente ne aveva già mangiati a sufficienza. Fatto sta che forse riuscii a portarlo ad una compassione tale da farmi ordinare una spedizione straordinaria di purin. Da allora li adoro- spiegò Yoko, con gli occhi che tornavano ad accendersi per i ricordi.

Sho ne fu investito, nuovamente: non immaginava che fosse tutto legato a un affetto profondo, il sorgere di un'amicizia... lo provava in quel momento anche lui, nel proprio cuore... con il racconto dell'esperienza di qualcun altro.

-E' da un po' che non riesco più a mangiarli in compagnia- aggiunse con una certa amarezza Yokoyama. Fu allora che Sho provò una strana sensazione: rabbia nei confronti della totale rassegnazione dell'altro, del suo tono patetico. All'improvviso si sentì dentro come se quell'avversione alla negatività fosse invece un suo modo per infondere vita a Yoko, fargli capire che le sue ricerche e i suoi sforzi non fossero inutili.

Non fece in tempo a chiedersi se quelli fossero veramente i propri sentimenti e non si trattenne dal dire qualcosa di veramente stupido: -Quando guarirai li mangeremo tutti insieme-.

Yoko cambiò subito espressione e sollevò un sopracciglio: -Quando guarirò?- chiese, tagliente.

-Sono stufo di ripetere sempre le stesse cose, ma... Sho, guardami- disse dopo un sospiro, indicando con lo sguardo attorno a sé, la stanza asettica, i blocchi, i macchinari. -Chi crede ancora che io possa guarire? Non esiste una cura a tutto questo, posso solo sperare che finisca il più presto possibile- il tono gelò il sangue nelle vene di Sho. Si guardarono, poi Sakurai chiese, con un filo di voce: -Allora perché non chiedi di venire ucciso?-.

Fu come se avesse staccato la spina che alimentava l'animo di Yoko: impallidì ancora di più, lo fissò con le pupille vuote di una persona incredula, poi consapevole, poi colpevole.

-Tu non sai cosa significhi-gli rispose, dopo lunghi istanti di silenzio irreale: -Non sai cosa significhi morire così, lentamente. Giorno dopo giorno vivere come se fosse l'ultimo e sperare che sia l'ultimo. Ma sperare che in fondo si venga graziati, che qualcuno chieda la tregua al posto mio... per paura-.

Sho tentò di intervenire, ma non c'era freno al flusso di parole di Yoko, mentre si sfogava: -Io non sono come credi. La morte mi spaventa, non voglio morire!- esclamò. Sho notò una lacrima silenziosa solcare il viso dell'altro e l'angoscia gli bloccò la gola.

-Anche se so che ci vado incontro ogni giorno, ancora ho paura della morte. Non lo puoi sapere com'è vivere così- sollevò i polsi, con uno sforzo incredibile: -Non poter vedere gli amici, amare una persona ma non poterlo dire, non poterlo dimostrare... non poterlo neanche toccare!- un singhiozzo forte e improvviso lo scosse, costringendolo ad interrompersi.

Sho si scusò con un profondo inchino e Yoko non disse più nulla, smettendo lentamente di piangere senza riuscire ad asciugarsi il viso per il peso eccessivo dei blocchi ai polsi. I medici bussarono alla porta di Sho chiedendo se avessero finitio.

Scambiò uno sguardo di assenso con Yokoyama e con un secondo inchino si alzò, uscì dalla stanza del colloquio e consegnò il sacchetto per Yoko ai due medici.

Prese l'ascensore ancora scosso da quello che aveva visto e sentito. Si sentiva in colpa per aver costretto Yokoyama a pronunciare quelle parole, ma in fondo al cuore sentiva che, dopo quel pianto di rabbia, Yoko l'aveva silenziosamente ringraziato per lo sfogo. E, stupidamente, non si fermò al piano della mensa per raggiungere l'ufficio e mettersi subito al lavoro, testardo fino al punto di credere in quello a cui Yokoyama non credeva più.

Murakami era ancora in ufficio e percepì il flusso dei suoi pensieri. Prima ancora che Sho potesse sedersi lo prese per un braccio e lo portò nel corridoio, in un angolo riparato dove non passava nessuno.

-Ho capito che posso fidarmi di te e scusami se non te l'ho detto prima- esordì l'elemento dell'acqua: -E' una cosa pericolosa ed è proibita e Yoko non la deve sapere-.

Sho rimase in attesa, dopo aver annuito.

-Sono al corrente di testimonianze che accertano la presenza, a Tempesta, di persone che da elemento puro si sono trasformate in elemento ignoto e questo vuol dire- prese fiato: -Che il processo potrebbe essere reversibile-.

-Se si può fare da puro a ignoto si può fare da ignoto a puro?- domandò Sho, con il cuore in gola. Shingo si limitò ad annuire.

-Come lo sai? Chi...?-.

-Conosco due persone che vivono in Tempesta, sono in contatto con loro- spiegò Shingo. Sho si ricordò all'improvviso dello schermo luminoso nella notte stellata di qualche tempo prima.

-L'obbiettivo, Sho... è ottenere una spedizione autorizzata per Tempesta. Ho appena mandato la richiesta per un colloquio con il re-.

Sho si stupì, poi annuì ancora: -Sono con te-.

Shingo gli sorrise grato mentre si stringevano la mano. Fece per tornare in ufficio quando Sho lo richiamò: -Queste persone con cui sei in contatto... chi sono?-.

-Ah...- fece Murakami, come se si fosse scordato di dirlo: -Tsutomu e Mitsuru... Yokoyama. Sono i fratellini di Yoko- rivelò, senza voltarsi.

:g: arashi, p: sakumoto, gnr: future, r: pg-13, p: subassan, g: kanjani8, p: ohmiya, gnr: au, p: yokohina, gnr: fantasy

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